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Autore: Raimondo    18/03/2012    1 recensioni
Anno 2008: i Digiprescelti hanno creato il Progetto Armonia, un imponente sforzo internazionale per mischiare umani e Digimon grazie ad insediamenti nel mondo digitale. Ma la situazione è tutt'altro che tranquilla: prive di un dittatore, le terre virtuali sono cadute in un vuoto di potere e varie fazioni si sollevano a riempirlo. Mentre i Digiprescelti devono affrontare nemici antichi e nuovi, un ragazzino incomincia la sua avventura nel mondo digitale, ma il suo modo di pensare non è quello dei Digiprescelti...
La trama contiene un personaggio umano originale che riveste un ruolo di notevole importanza. Siete avvisati.
Questa storia è incentrata sull'azione e l'avventura, e quindi la parte romantica non sarà sviluppata sistematicamente, ma neanche ignorata. Coppie? Non lo so neanche io quali saranno, quindi mettetevi l'animo in pace...
Genere: Avventura, Generale, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Cap.3 LAST

IL REGNO DELLA RAGIONE

Colonia Giapponese

I circa quattromila giapponesi della colonia, insieme agli innumerevoli digimon loro concittadini, stretti nella piazza centrale dell’abitato, guardarono speranzosi la loggia del municipio.  Erano passate appena cinque ore dall’arrivo di Imperialdramon e l’intera popolazione era stata convocata in piazza per un discorso definito “di estrema importanza”. Ormai l’ora era già passata e nella folla circolavano le idee più assurde sull’improvvisa crisi.
“La Terra è stata distrutta”
“Myotismon è tornato in una nuova forma”
“No, è Apokarymon, rigenerato dagli stermini dell’Imperatore”
“L’Imperatore stesso ha tagliato il confine fra i mondi”
L’ultima ipotesi non si sviluppò molto perché il portone del palazzo si aprì e apparvero Davis e Ken, i loro Digimon  e due guardie d’onore.
Ken restò due passi dietro a Davis, che si rivolse al pubblico con uno sguardo terribilmente serio.
“Concittadini giapponesi, valorosi Digimon …” Il discorso, dopo i convenevoli, fu estremamente conciso. Che nessuno si facesse prendere dal panico, e proseguisse coi suoi compiti abituali. Era stata selezionata una lista di persone che avrebbero dovuto cambiare lavoro per far sì che la colonia potesse sopravvivere.
“Se restiamo uniti, possiamo farcela! Mostriamo al mondo che l’alleanza fra umani e digimon, il nostro sogno che ci ha portati a fare tanto, non è solo un bel motto da sventolare! Noi Digiprescelti saremo in prima linea a testimoniarlo, ve lo prometto!” concluse Davis. E stava parlando con la stessa convinzione di quando aveva dieci anni, senza neanche preoccuparsi degli appunti buttati giù in fretta. Si poteva dire molto di Davis, ma credeva in quel che faceva, e la ragion politica faceva pochissima presa su di lui. Per questo preferiva portare il suo contributo dal dorso di Paildramon piuttosto che da una poltrona all’ONU.
La folla lo aveva capito e reagì molto bene al discorso. Scoppiò un applauso e molti urlarono il proprio supporto. Dopo che si furono sfogati, Ken si fece avanti e spiegò ancora un paio di cose, poi si sentirono nell’aria le note dell’inno giapponese. A beneficio dei Digimon, notoriamente apolidi, esso fu seguito dall’inno del Progetto Armonia, poi l’adunanza fu sciolta.
“Perché non hai detto niente, Ken?” chiese Davis all’amico, mentre si dirigevano verso gli impianti industriali fuori dalla città.
“In realtà ho detto qualcosa, Davis. Alla fine.”
“Non fare il finto tonto, Ken! Sai benissimo di cosa parlo. Hai ancora paura che qualcuno si metta a urlarti che sei l’Imperatore dopo tutto il bene che hai fatto? Sei un Digiprescelto quanto me e te ne sei stato schiscio come se tu fossi un sottosegretario. Adesso sarò io a sembrare il dittatore, qui.”
Ken si morse il labbro inferiore, distogliendo gli occhi.
“Per la verità, proclamare lo stato di emergenza ci dà amplissimi poteri… è più o meno quello che succedeva con i dittatori romani.”
“E allora? Li useremo bene. Piantala di farti problemi. Dopo quello che hai passato, sei l’ultima persona che ne abuserebbe. La gente si fida di te! Mi hanno addirittura detto che secondo alcuni tu e l’Imperatore siete due persone distinte, tanto è incredibile la vostra differenza.”
“Se lo dici tu, Davis…”
“E inoltre, adesso come adesso ci fanno comodo. Dobbiamo risolvere il problema del firewall, ed evitare che le colonie precipitino nel caos!”
“Certo che siete dei dittatori” disse al suo partner ExVeemon, che non si era ancora ripreso del tutto dal volo. “Ci avete fatti correre come pazzi.”
“E con buona ragione” disse risentito Ken, mostrando il tablet su cui aveva lavorato anche durante il discorso. “La situazione economica delle colonia Giapponese è critica.”
“In che senso, Ken? I commerci con i popoli digimon dovrebbero bastare, no?”
“Purtroppo non è così semplice. Ci sono un sacco di cose che possono provenire solo dalla Terra: medicine, ad esempio. Il problema principale sono le materie prime, però.” Indicò le alte torri del distretto industriale.
“Quasi tutte le fabbriche, qui, producono beni ad alta tecnologia per il commercio e hanno bisogno di semilavorati, che i Digimon locali non producono. Appena finiranno le scorte, l’economia della colonia stagnerà.”
“E cosa pensi di fare?” disse Davis.
“Per ora, controlleremo le riserve e stabiliremo le quote di produzione” Ken ebbe un fremito involontario. “Controllo statale diretto… come se non bastasse tutto il resto.”
“Cosa?” chiese ExVeemon che non aveva capito la perplessità del Prescelto.
“Nulla, nulla.” Continuò Ken. “Almeno i coloni hanno preso con calma la questione.”
Entrarono in silenzio in un grande capannone a cupola. Al centro di esso era alloggiato il Digigate merci della colonia, che ovviamente era inattivo, circondato da una quantità di apparecchiature elettroniche.
“Ehi, Ken, dimmi. Non c’è qualche città digimon che produce questi semilavorati?”
“Certo, ma sono tutte parecchio lontane. Importarli da una distanza talmente grande sarebbe troppo costoso.”
“Potremmo usare Imperialdramon.”
“No.” Disse Ken con decisione. “Dobbiamo comunque difendere Digiworld nel frattempo. Inoltre l’esercito del Progetto Armonia è bloccato ad Antivirus. Le colonie hanno solo la protezione delle guarnigioni umane.”
Il giovane estrasse il suo Digivice e lo collegò ad un computer. Provò a digitare rapidamente qualche riga di codice, ma non successe nulla.
“Inutile, come previsto.”
Il digivice si illuminò sempre di più, tentando di stabilire una connessione.
“Va bene” disse Ken, spegnendo il terminale. “Almeno ci ho provato… chi è là?” disse, girandosi improvvisamente verso la porta.
“Ehi, Ken, non è il caso di esagerare. È solo un messaggero.” Disse Stingmon a bassa voce.
L’uomo entrò, trafelato. “Finalmente vi trovo, Eccellenze…”
“Lascia perdere gli onorifici e piglia fiato!” disse amichevole Davis. “Che è successo?”
“Il tempio di Azoulongmon, nella città dei Digimon…” disse ansimando il messaggero “Il tempio si è illuminato!”
“Stingmon!” disse Ken mettendosi subito a correre. “Dobbiamo andare subito!” “OK!” rispose il Digimon, seguendolo a ruota.
I due uscirono dall’edificio e imboccarono una strada, senza rallentare minimamente.
“In che senso si è illuminato?” chiese Davis.
“Il sacerdote digimon ha visto la statua centrale brillare di azzurro. È un segno sicuro che Azoulongmon intende apparire.”
“Allora è bene affrettarci” disse Davis al partner. “Cosa può essere successo, ExVeemon?”
“Per una volta Ken è stato più impulsivo di te.” disse il Digimon “La fine del mondo è certamente vicina.”
“Spiritoso” borbottò Davis, incamminandosi a passo svelto.
“Ma comunque Ken mi preoccupa. Mi sembrava che fosse finalmente uscito dal suo stupido senso di colpa.”
“Sarà lo stress” commentò ExVeemon. “Anche Tai e gli altri sono un po’come lui, negli ultimi tempi.”

Colonia Europea

Dopo un lungo e noioso viaggio in groppa ai Digimon, anche T.K., Cody, Yolei e Kari raggiunsero un insediamento. Passavano raramente dalla Colonia Europea, visto che la loro area di operazioni era notevolmente distante da essa, e perciò quella era la prima volta da molti mesi in cui potevano visitare la città. Essa era più piccola delle altre, ma molto meglio organizzata, e questo sia perché il parlamento di Bruxelles aveva lasciato ampio spazio decisionale ai Digiprescelti, sia perché la colonia era praticamente nata già fatta. Un villaggio preesistente, creato dal mischiarsi dei dati di un’infinità di stili architettonici, era stato adattato con pochissime modifiche ai bisogni di duemilacinquecento persone.
Delle tre colonie era anche la meno dipendente dalle importazioni terrestri, visto che quasi tutto il necessario veniva prodotto o commerciato localmente: lo stile di vita era più spartano, e questo aveva a suo tempo scatenato una controversia politica che al momento era l’ultima delle preoccupazioni di chiunque.
I quattro Digiprescelti osservarono con meraviglia la strana città, sorvolando di secondo in secondo cupole orientali a fianco di edifici di gusto ottocentesco, schiere di case suburbane vicino a torri d’età comunale italiana.  Al centro del paese dominava un grande castello turrito, con tetti ardesia azzurra a cono, simile a quelli delle favole, che era stato subito trasformato in municipio.
Il cortile di fronte al castello era popolato da gente che li aspettava. Appena arrivati nella zona con copertura telefonica Kari aveva subito avvertito del loro arrivo, e quindi la cosa non stupiva.
Quello che li stupì fu la ragazza a capo della piccola folla. Catherine, la digiprescelta francese che avevano conosciuto nel 2002, li salutava amichevolmente.
T.K. sollevò la mano ricambiando il saluto, e si chiese se fosse necessario seguire il costume del luogo e fare il baciamano. Ma un rapido sguardo all’espressione di Kari lo dissuase con estrema efficacia.
Mentre una decina di guardie digimon prendevano in custodia Phelesmon, ancora svenuto e saldamente legato, la giovane mise i nuovi venuti al corrente di quel che era successo nella colonia: non molto, a parte la paura e lo sconcerto. La maggior parte della popolazione era composta di Digimon, abituati a situazioni d’emergenza, e la loro calma si era trasmessa in parte anche agli uomini.
“Fortunatamente i miei concittadini hanno dato ascolto alla ragione, evitando confusioni.” Disse Catherine con il suo fortissimo accento francese chiudendo il suo rapporto.
“Bene.” Disse Kari.
“Ma tu, scusami, come mai sei qui?” chiese T.K.
“È una cosa abbastanza nuova, ma… beh, ho raggiunto il grado di Sovrintendente della Colonia” rispose Catherine mentre entravano nel municipio. Sovrintendente indicava uno degli incarichi amministrativi più alti nel Progetto Armonia.
“Davvero? Complimenti, a quest'età è un bel risultato.” Disse T.K.
“Grazie!” disse lei illuminandosi tutta. Oltrepassarono una porta e si ritrovarono nella sala del trono, simile in tutto e per tutto ad una chiesa bizantina.
“Certo che Digiworld è veramente strambo” le disse velocemente Kari.
“Almeno stavolta non è Digiworld ad essere strambo  – le rispose Catherine sorridendo– anche l’originale è fatto così.”
“C’è anche sulla Terra?” disse incredula Yolei.
“Sì, in Germania” disse un uomo avanzando verso di loro. Si trattava di Gennai, completo di saio e cappuccio. “Ciao Gennai!” esclamarono tutti e quattro contemporaneamente.
“Ciao, ragazzi. Appena ho sentito del firewall mi sono subito precipitato qui per aiutarvi.”
“Grazie” disse Cody.
“Dovere!” rise il giovane uomo digitale, ma solo per un istante. “Purtroppo ci sono notizie molto gravi oltre a quella del firewall.”
Li condusse tutti in una sala del palazzo, simile ad una caverna. Stalattiti e stalagmiti di stucco ornavano soffitto e pavimento, e la mobilia sembrava fatta tutta in calcare.
“Anche questa è originale?” chiese Yolei.
Catherine annuì.
Una parete si aprì mostrando un enorme hangar sotterraneo, foderato completamente di acciaio. La luce si rifletteva su ogni pannello, dando l’impressione di trovarsi in un geode.
Yolei spalancò gli occhi e si voltò lentamente verso Catherine.
“No, a quanto io sappia, sulla Terra questo non c’è.” Disse Gennai mentre un montacarichi li portava a livello del pavimento. “Comunque controlleremo un’altra volta. Ora dobbiamo risolvere il nostro problema.”
“Il blocco delle comunicazioni? Hai qualche idea su come distruggerlo?”
“No, purtroppo… è un firewall, ossia un programma informatico creato nel mondo reale. La sua proprietà è quella di influenzare i varchi dimensionali. Visto da questo mondo è una sorta di nuvola cava che circonda tutto il globo.”
“Ma noi non vediamo nulla…”
Uno schermo si accese di fianco al saggio, mostrando un mappamondo virtuale.
“Il firewall è invisibile ed intangibile. Ma se si potesse vedere, in realtà sarebbe…” L’uomo digitale premette alcuni pulsanti. Il mappamondo fu subito oscurato da una coltre grigia.
“Questo programma è invisibile perché è estremamente rarefatto. Inizia all’altezza di quarantamila metri e giunge almeno fino ai sessantamila.”
“In che senso, almeno?”
“Potrebbe raggiungere i confini dell’atmosfera, l’orbita lunare o andare ancora oltre. Bisognerebbe controllare, ma non abbiamo i mezzi per farlo.”
“Se è intangibile, non possiamo semplicemente distruggerlo” disse Yolei. “Bisognerebbe agire sul suo codice.”
“Ma il codice viene dalla Terra, e la Terra è irraggiungibile.” Notò Gennai. “Siamo bloccati.”
“Un momento, il codice viene dalla Terra?” disse Cody.
“Certo, l’origine è quella. È anche molto probabile che sia stato un terrestre a crearlo, visto che la maggior parte degli esperti di digivarchi risiede nel vostro mondo.”
“Il colpevole è un terrestre?” esclamò Yolei.
“Non è certo, ma è probabile. Ora, risolvere questo problema richiederà un lavoro enorme… Per cominciare, gli essenziali: il mio gruppo sta stabilendo un sistema di comunicazione fra le varie Colonie simile a quello che usiamo noi. Purtroppo la fortezza di Antivirus è in una zona difficilmente raggiungibile e servirà un sacco di tempo prima di allacciarla. Quella testa dura di Tai doveva proprio scegliere quel posto fra tutti i…” il saggio si bloccò a mezza frase.
“Un momento! I Supremi… mi stanno chiamando…” si riprese dopo un attimo. “Dobbiamo recarci il prima possibile ad un tempio di Azoulongmon. Questa città ne ha uno, vero?”
“Sì” disse Catherine. “Vi posso indicare la strada.”
“Allora muoviamoci.”

* * *
Il sacerdote digimon sollevò le due pietre e le fece cozzare ripetutamente, facendo scaturire un getto di scintille. Tale getto si allungò, circondando le pareti dell’edificio circolare. Le scintille si intersecarono e si annodarono, fino a formare due figure di umani e due di Digimon. Le immagini spettrali di Ken, Davis e i loro partner apparvero vicino ai quattro loro compagni. Una corona di fulmini riempì il tetto del tempio bianco e blu, e la voce del Supremo Azoulongmon si fece finalmente sentire.
“Miei diletti…” rombò l’antico drago. “Ho visto la catastrofe che ha avvolto il nostro amato mondo digitale. Ho deciso di chiamarvi per darvi la vitale illuminazione in quest’ora di bisogno. Purtroppo sono riuscito a contattare solo voi Prescelti della seconda generazione, ma non preoccupatevi per gli altri.
I miei fedeli vi aiuteranno quanto possibile, perché la nostra amicizia non sia dimenticata.”
Gennai chinò il capo. “Faremo come ci viene ordinato.”
“Aiutare il prossimo non è un ordine sgradito, ne sono certo.” Disse la voce benevola del Supremo. “Sono sicuro che anche se non lo avessi espresso, tu avresti agito come se l’avessi dato.”
“Grazie, mio Signore.”
“Passando al motivo per cui il mio intervento è necessario… La grande aurora rossa che avete osservato non è che un’onda simile a quella generata da un sasso che affonda nell’acqua.
“Un meteorite, o qualcosa di similare, ha colpito un’isola del nord di questo continente. Da li si sono allungati i drappi infuocati che hanno avvolto il mondo. Noi, i Supremi, siamo sicuri che quello sia il vascello che ha portato a Digiworld il firewall.”
I Prescelti accavallarono domande su domande.
“Da dove viene il meteorite?” chiese Yolei.
“Possiamo distruggere il firewall?” disse T.K.
“Gli altri stanno bene?” esclamò Cody.
Azoulongmon attese pazientemente che i suoi prescelti si calmassero.
“Risponderò alle vostre domande una per volta… Le Colonie sono tutte sane e salve. Sarà necessario cercare qualche disperso, tuttavia la maggior parte degli uomini a Digiworld non ha subito danni. In quanto a distruggere il firewall, non sarà facile. Occupa un volume enorme, e per eliminarlo fisicamente bisognerebbe bruciare completamente l’atmosfera. Il meteorite non è che il seme del firewall. La nostra speranza è che studiarlo mostri un modo plausibile di risolvere il problema.
Infine, l’origine di quel vascello… è sicuramente terrestre.”
Prima che i ragazzi potessero esprimere il loro sconcerto, il drago ricominciò a parlare.
“Su questo non c’è alcun dubbio. La traccia dimensionale è inequivocabile.”
“Dobbiamo raggiungere quel meteorite il prima possibile, quindi” disse Ken, deciso. La sua immagine di scintille azzurre tremolava vistosamente. “Sbrighiamoci a raggiungerlo e facciamola finita.”
“Calma, Ken” disse la voce vibrante di Azoulongmon. “Il tuo impeto sarà utile in futuro, e so che scaturisce dal sincero amore che provi per i cittadini umani, quindi non ti criticherò. Ma ora ascolta quello che vi devo ancora dire.
I motivi di chi ha creato il firewall nel mondo reale mi sfuggono. Le informazioni che possediamo sono troppo vaghe per formare un giudizio sereno, e preferiamo evitare le condanne ingiustificate. Ma in questo mondo, Digimon forti e ambiziosi tramano in segreto per incrementare la propria forza e saziare la propria ambizione.
Da sei anni i popoli dei digimon hanno potuto crescere indisturbati sotto la nostra pace, e voi conoscete molti esempi in cui questa crescita è stata un arricchimento… le grandi città digimon di Laito e Dhassali, le nazioni degli altri continenti. Ma dove c’è forza si accumula il desiderio di gloria e di potenza.
Il firewall in sé non è molto diverso da una catastrofe naturale; i vostri veri avversari saranno altri: l’avidità, la sete di gloria, il desiderio dei pochi di governare i molti. State attenti, perché le vostre battaglie non saranno più quelle di una volta.
Ma vi posso dare un’ultima, gioiosa notizia. I Digimon prescelti stanno raggiungendo il pieno delle loro forze. Fra breve voi potrete tentare di raggiungere il livello Evoluto, e i più anziani il Mega.”
I fulmini si diradarono. Le immagini spettrali di Ken, Davis, ExVeemon e Stingmon persero consistenza.
“Raggiungeremo il livello Evoluto!” esclamarono Armadillomon e Hawkmon. Nonostante mantenessero la loro forma intermedia, erano in realtà di livello Campione, e già da tempo avevano raggiunto i limiti della loro struttura fisica. Digievolvere al penultimo livello è un momento speciale per tutti i Digimon.
“Immagino che sia necessario raggiungere quell’isola il prima possibile.” Esclamò T.K.
“Sì, è vero” affermò Gennai. “Dovremo studiare il vascello, e la strada è ancora lunga. Ma almeno sappiamo cosa fare.”
“C’è solo una cosa che non capisco.” Disse Cody, riflessivo.
“Cosa?” gli chiese il suo partner.
“Azoulongmon ha parlato di avidità e desiderio di governo come di nuovi nemici. Ma i nostri vecchi avversari erano già avidi di potere. Quale sarebbe il cambiamento?”
“Non lo so…” disse Armadillomon. “Probabilmente ci stava mettendo in guardia contro gli Stati digimon, non credi?”
“In che senso?”
“Beh, in passato dovevamo combattere contro demoni e mostri. Li abbiamo sconfitti tutti. Gli unici pericoli che potremmo fronteggiare sono probabilmente qualche governante corrotto delle nazioni digimon.”
“Forse” disse Cody. “Forse…” Non solo non appariva convinto, sembrava addirittura più inclinato a non credere all’ottimistica interpretazione dell’amico. Ma quali che fossero i suoi dubbi, li tenne per sé.


Settore sconosciuto.

Valeri si passò una mano fra i capelli, mentre ricominciava ad addentrarsi nella foresta. “Ah, beh. Ti sei proclamato imperatore. E speravi che ti seguissero?”
A Datamon parve di sentire un accento ironico. “Il momento era il migliore possibile. Vedi – disse voltandosi a guardare il ragazzo – i Digiprescelti dopo la sconfitta di Malomyotismon hanno cominciato a ripulire il mondo digitale da tutti i digimon malvagi. I settori controllati dai diadochi di Machinedramon erano continuamente sconvolti da guerre. Per risolvere il problema senza dover danneggiare ulteriormente la zona i Digiprescelti decisero di scegliere un governatore responsabile della buona condotta dei digimon residenti.
Venne scelto Boltmon, l’unico che avesse raggiunto il livello Mega. Era l’ex capo della sezione mutante dell’Esercito Metallico e neanche Machinedramon lo sopportava, tanto che in un momento di rabbia gli ha tagliato un tendine con un colpo di tridente.”
“E perché proprio lui è diventato Governatore?”
“Non lo so. Probabilmente per attitudine: Boltmon è stato pronto ad accettare ogni condizione pur di ottenere predominio sugli altri. Sta di fatto che parecchi di noi hanno deciso di ribellarsi. Io mi proposi di coordinarli, ma Boltmon, forte del suo mandato, ci attaccò e ci fece a pezzi. La mia situazione diventò tremendamente pericolosa e dovetti scappare.”
“Ma che cosa ha fatto di male Boltmon?”
“Ama molto le cose degli altri, come si dice. Nel senso che le prende per sé e le ammassa nel suo castello. E ha paura che qualcuno possa distruggerlo, arrivando fino a decimare i suoi sudditi che avessero raggiunto il livello Evoluto e fossero una minaccia per lui e gli altri marescialli.”
“Orribile!”
“Più che altro, miope. Le sue truppe sono tutte di digimon Campione e Intermedio. Se qualche nemico esterno decidesse di invadere la regione, potrebbe fare ben poco. Per fortuna è una zona desolata, coperta di strati di cemento e rovine. Nessuno la vuole.”
“E i Digiprescelti non fanno nulla?”
“Questo è un problema spinoso anche per loro. Certo, non ci metterebbero nulla ad ammazzarlo. Ma il vero avversario è l’intero sistema di Metal Gate. Esso è corrotto fino alla radice, ed eliminare Boltmon non cambierà la situazione. I Prescelti di Azoulongmon dovrebbero assumere direttamente il controllo della regione, cosa che non possono fare sia per motivi di carattere politico sia perché hanno un mondo intero da gestire.”
Valeri non si sentì molto convinto dalla spiegazione, ma poi pensò per un attimo al maestoso Imperialdramon, capace di scacciare digimon di livello Evoluto solo con il battito delle ali. E si rese conto di una cosa: per quanto potente e veloce, il grande drago non poteva essere dovunque. I digiprescelti capaci di fare veramente la differenza – in senso militare – erano dodici e non uno di più. Dodici per un mondo vasto quanto la Terra.
In quanto alle motivazioni politiche… non erano così prive di senso. Gli accordi di Phoenix permettevano agli umani di controllare solo le Colonie. Era una clausola fondamentale, inserita per stroncare sul nascere il rischio dell’imperialismo.
Il ragazzo continuò a camminare in silenzio, abbandonando quei problemi così distanti per uno più vicino a lui. Stava chiedendosi se Datamon doveva essere considerato un amico od un semplice alleato. Non sembrava simile a quello della piramide di Etemon. Certo non era un cavaliere senza macchia, ma d’altra parte, era vissuto sotto un mostro meccanico disposto allo schiavismo e allo sterminio. Avrebbe potuto finire molto peggio.
“Apprezzo il fatto che tu mantenga questo ritmo – disse Datamon – saremo al villaggio a mezzogiorno.”
“Allenamento in montagna –sorrise Valeri – Grazie, comunque.”
“Prego” rispose meccanicamente Datamon.
“Hai già pensato come fare a non farti riconoscere quando saremo al villaggio?”
“Non ho programmato di doverci entrare. Mi basta nascondermi lì per un po’ e tentare di autoripararmi, ma non credo che ci sia un roboticista capace in mezzo alla foresta. Poi devo trovare qualcuno di discreto che mi indichi la strada”
“Ah, ma allora è tutto a posto! Io posso entrare tranquillamente e dormire su un letto. E cambiarmi.”
“E con cosa speri di pagare?”
Valeri sorrise e si toccò una tasca. “Dati rari. Mi stavo dirigendo a Laito e ho portato con me della valuta accettata ovunque.”
Datamon manifestò la sua approvazione.
“Perfetto. Appena avremo le informazioni sarà un viaggio lungo, quindi preparati.”
“Sai cosa sto pensando?”
“No.”
“Che se continua così mi farò una cultura digimon sufficiente a mantenere la borsa di studio.”
“Di che stai parlando?”
“Oh, giusto, non te l’ho detto. Sono riuscito ad ottenere questa borsa di studio contribuendo all’analisi delle funzioni secondarie del Digivice. Grazie ad essa sono potuto venire qui a Digiworld per studiare questo mondo. Per poter stare qui devo provare che ho le conoscenze adatte. Ma con te che mi spieghi la storia almeno non resterò indietro, una volta tornato a casa”
“Credi che ai Digiprescelti interessi la storia di una singola, ininfluente regione di Digiworld, talmente piccola che non possono neanche preoccuparsene senza sbilanciare il mondo?”
Valeri si rese conto della sciocchezza che aveva detto. “Vero. Vabbè.”
“Fermo!” scattò Datamon. Valeri si irrigidì.
“È strano - continuò la macchina – non sento alcun rumore. Eppure dovremmo essere abbastanza vicini… Mettiti dietro un albero e aspetta.”
Il digimon cominciò a salire su una pianta altissima, aiutandosi con le braccia estensibili. Non arrivò in cima: ridiscese giù in fretta e si avvicinò a Valeri.
“Avanziamo con cautela”
Il ragazzo si curvò e seguì la macchina fino a raggiungere i margini di una radura attraversata da un fiumicello.
Al centro sorgeva il villaggio, o meglio, delle rovine annerite e fumiganti.
Gli edifici erano stati sventrati e parzialmente demoliti, alcune pareti crollate rivelavano scene di vita quotidiana brutalmente interrotte. I ponti sul fiume erano stati sradicati dai piloni e portati sull’altra riva. Ovunque crateri da esplosione e cenere di legno, rottami di ogni genere e carcasse di carri.
Valeri stava per sussurrare qualcosa, ma Datamon lo zittì. Entrarono con discrezione da una delle porte del villaggio.
“Questa” disse il digimon “è opera dei miei ex compatrioti”
Il ragazzo cominciò a rilevare i particolari della scena. Notò dei bossoli vicino agli angoli delle case e i tetti ancora integri. La devastazione non era stata totale. “Sei sicuro che siano stati digimon?”
Indicò uno dei cilindretti metallici a terra “Questo è un bossolo di fucile”.
“Alcuni digimon sviluppano armi con l’evoluzione. E comunque non possono essere stati umani. Vedi quei graffi sulle pareti?” disse Datamon indicando dei segni causati sicuramente da artigli.
I due esplorarono la città devastata. Evidentemente non c’era più nessuno, né amici né nemici.
“Un raid per procurarsi risorse” concluse Datamon. “Andiamocene. Non troveremo nulla di valore, qui.”
“In che senso un raid?”
“Metal Gate, la regione governata da Boltmon, è quasi sterile. A molti cyborg serve nutrimento organico e per procurarselo non esitano ad allontanarsi di parecchio da casa.”
“E perché è sterile?”
“È ciò che rimane della vecchia città di Machinedramon. Cemento, vetro e acciaio per chilometri. Un tempo le fabbriche biologiche producevano cibo in abbondanza, ma ora nessuno sa più farle funzionare” Sembrava quasi che una punta di nostalgia si fosse introdotta in Datamon. “Capisci? Non è solo il disuso. Mancano le competenze. La mia è ormai una nazione di razziatori e barbari”
Valeri si ricordò di quando studiava storia classica sulla Terra. Leggere della lenta morte dell’impero romano gli aveva messo addosso una tristezza incredibile; la semplice idea che una tal gloria fosse persa per sempre lo aveva depresso al punto che non aveva quasi più aperto il libro.
Sentì una qual compassione per il suo compagno.
“Non è detto che sarà sempre così”
Datamon non rispose. Si diressero verso l’uscita, stando rasenti al muro.
Girarono l’angolo.
Una raffica di fucileria. Valeri si accasciò.

I Commandramon caddero al suolo uno dopo l’altro, colpiti dalle bombe batteriologiche di Datamon. Si trattava di una sola squadra di cinque individui, probabilmente retroguardia rimasta nella zona come sentinella. Datamon afferrò l’ultimo e lo trapassò con un ago che nascondeva nel palmo. Attraverso quel collegamento gli estrasse l’informazione che non c’erano altre truppe nelle vicinanze, per poi ucciderlo.
Si voltò a guardare Valeri, disteso a terra. Non poteva permettersi di trascinarlo ad un altro villaggio, sia per motivi energetici, sia perché un viaggio in condizioni così precarie l’avrebbe comunque condannato. Non poteva stare lì a lungo: anche se i dati del Commandramon gli davano un po’di respiro, la presenza della squadra indicava che prima o poi qualcuno sarebbe tornato.
Datamon fece qualche passo verso l’uscita del villaggio. L’utilità del ragazzo si limitava al possibile appoggio che poteva dargli nella Colonia, ma i costi avrebbero superato i benefici se si fosse attardato ad aiutarlo.
La piccola macchina si fermò. Valeri era stato ferito alle gambe – i Commandramon non erano molto più alti dell’ esiliato e avevano sparato in basso vedendolo. Se il ragazzo doveva morire, sarebbe morto dissanguato, lentamente. Se doveva vivere, la ferita si sarebbe probabilmente infettata, e se la gamba fosse andata in gangrena, avrebbero dovuto amputarla. Lasciarlo così era una crudeltà inutile da parte di Datamon.
Dalle sue dita si allungarono due puntali metallici.
“AARGH!” urlò Valeri. Datamon lo ignorò e continuò nella sua operazione. Evidentemente il dolore lo aveva svegliato, ma la macchina si era premunita e lo aveva legato con dei pezzi di corda, impedendogli di agitarsi. La tortura durò ancora poco. La mano meccanica si risollevò, stringendo in mano una sbarra metallica incandescente.
“Fatto.” Datamon strinse delle bende intorno alla gamba del ragazzo e la steccò.
Egli ricominciò a urlare come un ossesso, e l’altro lo lasciò sfogare. Quando non ebbe più voce, si guardò intorno. Datamon aveva fatto bollire una pentola d’acqua ottenuta al fiume, sterilizzato della tela stracciata a mo’ di bende e scaldato un cauterio. C’era abbondanza di sangue in giro ma le ferite non ne perdevano più.
La rabbia dovuta al dolore lasciò il ragazzo muto per un bel po’, ma poi seppe contenersi. La macchina gli mostrò un proiettile che aveva estratto con gli aghi e poi cominciò a slegarlo.
“Non puoi più tenere il mio passo – cominciò- è meglio che tu ti diriga in qualche anfratto e aspetti che i tuoi ti ritrovino. Le truppe dei marescialli non ti cercano.”
Valeri non rispose.
“È stato piacevole incontrarti, anche se alla fine mi hai fatto solo perdere tempo. Cercherò di raggiungere una Colonia, quindi forse ci rincontreremo. Addio.” Datamon gli mise in mano un rottame di legno. “Usalo come gruccia.”
Valeri lo guardò sorridendo. “No.”
“Come no?”
“Non ti lascerò da solo, soprattutto perché stai andando a farti ammazzare.”
Datamon lo guardò perplesso, pensando che lo shock lo avesse danneggiato cerebralmente.
“Tu vuoi prendere il sentiero, vero?” disse indicando quello che si allungava nella foresta oltre il fiume.
“Sì. Il villaggio più vicino…”
“… è probabilmente stato assaltato dalle stesse truppe che hanno distrutto questo. Vedi le impronte? L’Esercito Metallico si è diretto da quella parte. Inoltre non hanno distrutto il ponte, l’hanno solo spostato. Non so chi possa averlo fatto, ma è grosso come un palazzo e intende tornare da quella strada.”
La parlantina di Valeri si dimostrava ancora una volta instancabile.
“È noto che voi digimon meccanici non avete grande affinità con l’acqua. Ci conviene controllare le barche. Se ne troviamo una non sfondata il sistema migliore è seguire il fiume.”
Datamon non poté che dargli ragione. Ci sarebbe arrivato anche lui, in realtà, ma l’idea di navigare su una barchetta era rischiosa nel suo stato. Avrebbe preferito seguire il sentiero e poi inoltrarsi nella foresta.
“E su una barca posso seguirti anch’io. Al massimo ci lasceremo al prossimo villaggio lungo il fiume. È logico che ce ne sia uno.”
Datamon si indicò la cupola di vetro che gli copriva al testa, incrinata in più punti.
“Coprila con questa.” Valeri gli mostrò la giacca. Poi si avvicinò – trascinandosi – dove erano caduti i cinque Commandramon. I draghetti in tuta mimetica si erano digitalizzati da tempo, ma al suolo restavano i loro fucili d’assalto. La piccola macchina lo precedette lì e ne afferrò uno. “Sai sparare?” chiese.
“No.”
“Solo due, allora. Fossi in te preparerei uno zaino o una sacca qualsiasi” Ne scelse un altro e staccò i caricatori dai tre che rimanevano.
Il ragazzo obbedì sbuffando all’ordine dell’altro e raccolse le bende pulite in una tovaglia malandata presa da una casa. Poi raggruppò i caricatori in un secondo fagotto.
Valeri si incamminò verso il fiume. Non osava appoggiare la gamba steccata e aveva problemi di equilibrio.
Le barche erano state tutte portate sull’altra riva del fiume e dovette aspettare che Datamon lo superasse in volo e ne conducesse una sulla sua riva.
Quando partirono, erano entrambi distrutti dalla fatica.

Palazzo di Stato dei Chessmon, Digiworld.

Una piccola figura bianca stava assorta su uno sgabello in stile romano di fronte ad un ampio tavolo al centro di una vasta stanza a cupola. Le pareti marmoree con finiture dorate e le alte finestre inondate dal sole davano un’idea di incredibile nitore a tutto ciò che si trovava nella sala: le statue nelle nicchie, il pavimento a quadrati bianchi e neri, i mobili in legno laccato.
Si sentì un lieve bussare ad una delle varie porte. Il piccolo essere seduto al tavolo non alzò lo sguardo dalle carte che stava consultando. “Avanti!”
La porta si aprì e apparve un umanoide alto e slanciato, perfettamente intonato all’ambiente con i suoi ampi vestiti candidi e la corazza argentea. Impugnava con una mano un grosso compasso dorato, come fosse una piccozza.
Il digimon seduto saltò giù dallo sgabello senza schienale, facendo perno su un bastone che portava con sé. Alzò lo sguardo per incontrare gli occhi dell’altro digimon, a cui arrivava al massimo alle anche. “TempleKnightmon” disse a mo’ di saluto.
“Ti saluto, o re dei Chessmon.” rispose il nominato. “ E ti porto una notizia della massima importanza. Gli emissari della Lega dei Re sono arrivati”
“Bene.”
I due uscirono dalla stanza, incamminandosi per un nitido corridoio, illuminato da finestroni davano su un largo giardino interno. Alberi e cespugli di mille tonalità di verde, punteggiati dai colori accesi dei fiori e dei frutti, mostravano anni di attenta cura e lavoro.
“KingChessmon… ” disse il cavaliere. “Questa è la nostra ultima opportunità per tirarci indietro. Fra non molto, se non già adesso, quel mostro che si fa chiamare il Supremo Azoulongmon invierà il suo corpo d’élite nel settore 2543. Ci vorrà almeno un giorno prima che arrivino. Puoi ancora dare l’ordine di sospensione attività alle truppe.”
“No. Non tentare di ingannarmi” rispose il piccolo sovrano, con un tono di voce quasi divertito. “Il firewall è un’occasione irripetibile. Il regno è pronto a quest’impresa.”
“Bravo” rispose soddisfatto TempleKnightmon. “Il tuo coraggio ti onora.”
“Non è coraggio. È la prospettiva di realizzare il nostro sogno che mi spinge.”
Il templare annuì, aprendo le porte bianche con decorazioni nere in fondo al corridoio.
“Uellàh, Temple, Chess!” esclamò una voce sguaiata. Il suo proprietario era un grosso scimmione dorato, che indossava un mantello e una corona da sovrano europeo. Nella sala senza finestre, la sua corazza brillava riflettendo la luce delle fiaccole.
“I miei rispetti, eccellenza” disse impeccabile TempleKnightmon. Il re dei Chessmon non salutò, preferendo esprimersi con un gesto di stizza.
C’erano altri ospiti nella sala, emissari di vari Stati digimon. Nessuno di loro parlò.
“Ci siamo tutti. Possiamo chiudere le porte.” A questa voce un paio di digimon guerrieri armati di spada uscirono e richiusero i battenti.
“Perfetto.” Disse KingChessmon. “Immagino che tutti voi sappiate il motivo di questa convocazione” continuò. “è giusto che riceviate le ultime informazioni. TempleKnightmon, parla pure.”
“Grazie, Maestà” disse il templare. Si rivolse all’assemblea di Digimon.
“Quello che ci apprestiamo a fare è un’opera di giustizia. La giustizia consiste nella distruzione delle forze dell’oscurantismo e nella manifestazione della verità. E nel mondo digitale non è rimasto che un bastione della menzogna e dell’ignoranza.” Fece una pausa.
“La sua forza si estende ovunque, sia su questo mondo che sulle dimensioni parallele. Il suo giogo è sottile, perché avvince le anime ancor prima dei corpi. Esso è stato distrutto più volte, ridotto in catene, sterminato, bruciato, percosso. Ma dove la sua forza è stata infranta, la sua vigliaccheria e capacità di strisciare gli ha dato la possibilità di trionfare.
Io sto parlando di un Potere che ha vinto dopo essere stato ucciso. Io parlo di un Potere che ha utilizzato mercenari venuti da un altro mondo per legittimare il proprio imperio. Io parlo dei Supremi.”
Gli ascoltatori si fecero tesi.
“Le vostre nazioni si proclamano libere e indipendenti, ma fino a che punto è vero? I Quattro Supremi si atteggiano a fonte del diritto di questo mondo. Se un giorno i vostri interessi si scontrassero con quelli dei Supremi, vedreste la vostra libertà calpestata come se nulla fosse. È questa l’indipendenza? Opporsi ai Supremi è considerato più che tradimento. È considerato peccato. Ma i Supremi…” e qui TempleKnightmon alzò lo sguardo verso l’alto, come a sfidare il cielo. “…I Supremi, con i loro templi, i loro oracoli, i loro rituali e il loro fasto, non sono che digimon come noi. Si sono elevati su di noi sfruttando forze straniere, e ora ardiscono usurpare il nome che spetta al Grande Ordinatore dell'Universo.
Gli umani, voi non li avete mai conosciuti se non da lontano. Appaiono così deboli, ma hanno una forza infinita nella loro diversità individuale. E chi ha forza, prima o poi la usa.” Il templare tirò un respiro e guardò gravemente i dignitari.
“È legge storica che ciò che ha avuto un inizio avrà anche una fine, e ciò vale anche per i falsi dèi. Ma chi sarà lo strumento di questa legge storica? Gli umani sono perfettamente in grado di svolgere quel ruolo nel prossimo mutamento epocale, e ottenere così il controllo completo di Digiworld.

“Cosa sceglierete? L’oscurantismo superstizioso che strangola le ragioni ora, e il colonialismo e la schiavitù domani, oppure il nostro Grande Progetto? Questo è l’inizio di uno sforzo che chiamerei sacro, se questo termine non fosse stato svilito da ciarlatani. Abbiamo l’opportunità, noi digimon assetati di giustizia e libertà, di creare il Regno della Ragione. Chi non lo sogna? Chi non combatterà per quell’alto ideale?”
L’assemblea tacque. Poi un digimon dal retro disse, con voce forte e chiara: “Io combatterò per questo ideale. Il mio popolo è con te, TempleKnightmon. Pagheremo il prezzo necessario.” Era MetallifeKuwagamon, ambasciatore dello Stato dei Beemon, il più forte impero digimon del continente di Server. I Beemon erano sempre stati amichevoli verso i Supremi e i Prescelti, ma in segreto desideravano da tempo intraprendere guerre di conquista. Il loro appoggio era strumentale: non solo per la loro potenza e influenza politica, ma anche per la loro posizione strategica a sud delle Colonie.
Uno dopo l’altro, gli emissari delle nazioni digimon si alzarono e assentirono in ordine e con calma. Solo un gruppo abbastanza ridotto, fra cui KingEtemon, si astenne.
Quando tutti ebbero espresso il loro supporto il re dei Chessmon sollevò la mano e tuonò: 
“La Lega dei Re nasce oggi!” e l’assemblea fu sciolta.

“Ci devo pensare” disse KingEtemon al re dei Chessmon. “Ho bisogno di conoscere un po’meglio la situation, se mi capite. Del resto, per l’adesione chiedete parecchio, e io…”
“La situazione è delle migliori, te lo assicuro” disse TempleKnightmon. “Il firewall, qualunque sia la sua origine, sarà impenetrabile ancora per mesi. Dobbiamo semplicemente assicurarci il controllo del meteorite, e le truppe da sbarco della nazione dei Chessmon sono già sull’isola.”
“Vuoi dire che non sai chi ha mandato il firewall? Questa è una roba bella importante. Magari sono stati i digiprescelti stessi e questa è una trappola.”
“E perché mai dovrebbero mettere a rischio le loro tre teste di ponte su questo mondo? Per stanare una cospirazione che esiste solo da mezz’ora?” disse KingChessmon.
“Eehh… che ne so?” disse grattandosi la crapa lo scimmione.
“Lasciamo perdere” disse il re dei Chessmon.
“Un momento, KingChessmon. La domanda è lecita, e mostra una giusta cautela.”
“Visto?” disse KingEtemon con aria di sfida.
“Il firewall è un’opportunità unica. Oserei dire che grazie ad esso potremmo addirittura eliminare alcuni dei Prescelti in tempi brevi.”
KingChessmon sobbalzò. “Di già?”
“Permettetemi di mostrarvelo, Maestà.”
Ma fa pure, TempleKnightmon
Ad uno schiocco di dita del re una mappa del mondo intarsiata fu portata a spalla da quattro PawnChessmon.
“Questo ad est è il continente di Folder, e questa grande penisola è il subcontinente di Directory dove ci troviamo noi. Oltre questo stretto di oceano c’è l’isola dove è precipitato il meteorite. Ancora oltre verso Ovest c’è il continente di Server dove si trovano i nostri nemici. Le tre colonie sono queste.” disse, indicando tre punti sparsi nell'enorme estensione di Server.
Il cavaliere estrasse da un piccolo cassetto dodici figurine di legno laccato. “La nostra preoccupazione sono i Dodici digiprescelti. Tre di loro sono sulla Terra.” E così dicendo mise da parte Izzy, Matt e Mimi.
“Uno è lontano, e gli serveranno settimane per arrivare.” Anche Joe fu messo con gli altri tre.
“Una è in mezzo alle montagne più remote del continente, con un compito importante. Anche lei è assolutamente ininfluente, per ora.” Sora fu collocata dall’altra parte della mappa, in mezzo alle cime innevate del suo settore.
“Ne restano sette.” Il cavaliere appoggiò nelle piccole riproduzioni delle città le ultime sette figurine.
“Ho ricevuto notizia che MetalGreymon ha lasciato Antivirus e si è diretto alla Colonia Americana. Secondo le mie stime, solo lui e Imperialdramon possono raggiungere in tempo l'isola e impedirci di consolidare la nostra posizione. Gli altri digimon non hanno la loro stessa resistenza o velocità, perciò è improbabile che muovano dalla loro colonia, tenendo conto dei problemi che devono già affrontare.”
“Queste informazioni sono incredibili!” esclamò KingChessmon.
“Il mio rispetto, bro. Sei eccezionale.” disse KingEtemon, nascondendo a stento il suo stupore.
L’espressione di KingEtemon fece storcere le labbra sottili del templare, ma solo per un secondo.
In realtà la maggior parte di questi fatti sono di pubblico dominio... si tratta di applicare un minimo di logica. La collocazione di MetalGreymon è l'unico dato per ottenere il quale ho dovuto veramente tirare dei fili. ”
“Quindi rischiamo di scontrarci al massimo con MetalGreymon ed Imperialdramon. Riusciremo certamente a respingerli e stabilire una piazzaforte.” Disse KingChessmon, sollevato. “Una volta fortificati, i Digiprescelti potranno assediarci, ma serviranno mesi prima che riescano a mettere le mani sul meteorite.”
“La cosa migliore sarebbe un attacco su larga scala alla Colonia Americana.” Disse TempleKnightmon. “Se MetalGreymon fosse impegnato, potremmo persino sconfiggere Imperialdramon.”
“Non sarebbe più sicuro il contrario?” chiese KingChessmon. 
Imperialdramon è un Mega.
“Anche se MetalGreymon è di livello Evoluto, ha un vantaggio sostanziale su Imperialdramon e sulle altre forme combinate. Il suo livello è stato raggiunto definitivamente, mentre gli altri devono ancora affidarsi alla fusione digitale. Ha meno forza di Imperialdramon, ma può combattere per molto più tempo… ma è inutile parlarne. Solo un grande guerriero, a capo di uno stato potente avrebbe la forza di combattere contro il leader dei Prescelti.”
KingEtemon nel sentire quei discorsi si era illuminato sempre di più. Quando il templare tacque, chiese:
“E se la Colonia Americana venisse distrutta?”
“Saremo ancora più vicini al Regno della Ragione, ovviamente...” disse TempleKnightmon. Era di spalle, e osservava il giardino interno. La luce del sole faceva sfolgorare le finiture dorate della sua elaborata armatura e il suo compasso.
“...E chiunque lo faccia avrà la gratitudine concreta della Lega dei Re.”
“Penserò alla tua offerta, TempleKnightmon” disse il primate,
sghignazzando compiaciuto. “E ora vi saluto! Bye bye!

“Non ci si può fidare di loro” disse KingChessmon. Era pomeriggio inoltrato, e la luce esterna era di color ottone brunito. “Non sono qui per il nostro ideale. Tutto quello che vogliono è divorare il mondo.”
TempleKnightmon non si scompose. “Un vero guerriero non può essere più forte degli ideali per cui combatte. Chi è guidato dal denaro e dall’ambizione non durerà mai quanto chi è guidato dal desiderio di instaurare il Nuovo Ordine. Coloro che sono corrotti non reggeranno le prove che ci aspettano, e cercheranno di cambiare campo all’ultimo momento.
E allora li uccideremo tutti.” concluse con straordinaria naturalezza.


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Purtroppo l'università è un fatto e perciò questo capitolo esce un po'in ritardo rispetto agli standard che mi ero fissato, ma almeno ho potuto aggiustarlo secondo i miei desideri. In futuro dovrei riuscire a mantenere due-tre settimane di stacco.
Ormai ci addentriamo nel vivo della storia! Potrei dire un sacco di cose ma ho paura di annoiarvi. Perciò, senza indugio, ora è...
... il momento delle ANTICIPAZIONI:
Nel prossimo capitolo di Digimon: Vuoto di Potere!
Ritorna finalmente un po'di azione su tutti i fronti! Non c'è solo la Lega dei Re in giro: qualcosa d'altro trama nell'ombra... Ma ci saranno anche rivelazioni su cosa è successo veramente nella battaglia finale contro MaloMyotismon. E infine, vedrete di che cosa è capace TempleKnightmon... e perchè pur essendo un Evoluto è una minaccia seria.
L'autore qui ha finito. Ora tocca a voi: recensite! Chè le vostre parole m'addolciscono il cor! - R.
  
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