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Autore: Cathy Earnshaw    18/03/2012    0 recensioni
Alcesti è una giovane donna orgogliosa e intraprendente. Vive con la madre e le tre sorelle minori nella ricca città di Darkfield grazie all'eredità lasciata loro da Sir Merthin, suo padre, Cavaliere scomparso in circostanze non accertate. Ma il vento sta per cambiare. La ragazza sta per intraprendere un viaggio sulle orme del genitore che la porterà a scoprire il potere della magia, il valore dell'amicizia e la forza dell'amore.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Uccidetemi e fatela finita! Coraggio!-.
La lama di Spartacus stava là, a pochi centimetri dalla gola di Alcesti, come sospesa nel vuoto. Perché non la colpiva?
Dopo un istante lungo un’eternità, il Re abbassò l’arma. Davanti agli occhi pieni di stupore della nemica vinta, sorrise.
- Non ho nessuna intenzione di uccidervi. Siete una donna troppo intelligente, sarebbe uno scempio-.
Spartacus rinfoderò la spada e allungò una mano ad Alcesti per aiutarla ad alzarsi.
- Cosa significa tutto questo?- domandò la Fenice scuotendosi la polvere di dosso.
- Cosa siete disposti a fare per fermare questa strage?-.
La Regina volse lo sguardo al campo di battaglia. Migliaia di corpi senza nome giacevano coperti di sangue e di polvere. E ogni volto che riconosceva era una fitta al cuore.
- Qualunque cosa- sussurrò.
- E sia- Spartacus puntò un braccio verso il cielo e una stella luminosissima comparve ed esplose.
Ogni anima presente nella piana fissò gli occhi su di loro. Alcesti incrociò lo sguardo terrorizzato di Kysen. Sembrava ancora tutto intero.
- Dite a vostro marito di ordinare la ritirata e seguitemi con lui-.
Alcesti fece ciò che Re Spartacus le aveva detto: dopo che i soldati di Alia si furono ritirati, Kysen guardò sua moglie con stupore.
- Pronto ad accettare qualunque accordo?- disse lei con un sorriso mesto.
- Finalmente…- sospirò lui.
 
La tenda di Spartacus sembrava un luogo fuori dal tempo e dallo spazio. Era arredata in modo semplice ma raffinato. Era evidente che il proprietario non sapeva rinunciare alle comodità.
- Accomodatevi- disse, indicando un tavolo e alcune sedie.
Kysen ed Alcesti si sedettero silenziosamente. Alcesti si sentiva il cuore esplodere. Non riusciva a credere di essere stata risparmiata. Spartacus le sorrise.
- Devo riconoscere che le voci sul vostro conto sono veritiere-.
- Grazie, Signore- ripose con un filo di voce.
- Dunque… per prima cosa desidero complimentarmi con voi per la fiera resistenza che avete saputo oppormi- offrì agli ospiti due calici di acqua fresca – e in secondo luogo voglio farvi una proposta-.
- Siamo tutt’orecchi- disse Kysen, accettando il calice.
- Cercate di capirmi, la mia situazione è difficile. I miei alleati scalpitano, mi chiedono una dimostrazione di forza, mi chiedono conquiste… Voi, Kysen, mi conoscete, sapete bene quanto poco incline io sia alla guerra… ma le richieste si sono fatte troppo pressanti per poter continuare a ignorarle. Questi due giorni di massacri hanno leggermente migliorato la mia posizione. Sarò sincero con voi: potrei conquistare la città, ridurla mia serva e tornare a Roth trionfante, ma non ho intenzione di farlo, se si può evitarlo. Alia è lontana, è fiera, sarebbe difficile da controllare… inoltre non voglio dovermi fare carico del problema della difesa della faglia. Insomma, credo che Alia mi porterebbe più grattacapi che vantaggi. Senza contare che ho anch’io una coscienza! Non abbiamo mai avuto alcun tipo di contrasto, mi pesa già abbastanza la strage che ho dovuto compiere in questi due giorni. In breve, vorrei negoziare. Vi offro due alternative: salvate Alia cedendola a me, voi venite deposti e ridotti in sudditanza come tutti gli altri cittadini, e la popolazione sarà sottoposta ai miei tributi; oppure conservate la vostra indipendenza e libertà, cedendomi però i territori assoggettati al vostro dominio, e lasciandomi appiccare il fuoco alla città. Nel secondo caso, naturalmente, garantirei l’incolumità dei cittadini, dell’esercito, dei Cavalieri, vostra e di vostro figlio, di ogni anima, insomma!-.
Kysen era pallido come la morte.
- Che cosa ci guadagnereste voi nel secondo caso?- domandò in un sussurro Alcesti.
- Materialmente i vostri territori coloniali, astrattamente avrò compiuto un gesto dimostrativo, e i miei alleati mi rispetteranno, e mi considereranno l’uomo che ha avuto pietà dei cittadini della grande potenza caduta-.
Kysen strinse convulsamente la mano di Alcesti.
- Possiamo avere qualche minuto per discuterne?- domandò la ragazza.
- Naturalmente! Avete dieci minuti-.
 
Una volta soli, Alcesti abbracciò Kysen e lo strinse forte.
- Come posso scegliere tra la città e i cittadini?- domandò lui con un filo di voce. – Come posso condannarli ad un’esistenza di schiavitù, di tributi gravosi, di mediocrità? E come posso condannarli a veder bruciare la loro vita?-.
Alcesti sospirò.
- Un altro non ci avrebbe concesso di scegliere- rispose.
- Che cosa devo fare, amore mio? Aiutami a capire qual è la scelta migliore per il popolo, tu che sei sempre stata la mia consigliera più fidata, la mia coscienza…-
- Se tu fossi un cittadino, Ky, che cosa sceglieresti, la schiavitù perenne o un dolore e una povertà momentanei?-
- Lo so, la scelta più saggia sarebbe evacuare la città e lasciare che Spartacus la bruci, ma…-
- … ma ti si spezza il cuore. Lo so-.
Gli diede un bacio sulla fronte.
- Amore mio… mio Re… solo tu puoi prendere questa decisione. Nelle tue vene scorre il sangue di Alcibiàdes. Ogni cosa tu dovessi decidere, sono sicura che sarà la cosa migliore-.
Il Re abbracciò forte la sua Regina e lasciò che le lacrime corressero libere sulle sue guance, per perdersi nei capelli di lei.
 
- Allora, amici… avete preso la vostra decisione?- disse Spartacus, rientrando nella tenda qualche minuto dopo.
Alcesti strinse forte la mano di Kysen.
- Si, Signore- sussurrò.
- Ebbene?- incalzò Spartacus.
- Bruciate la città. Scegliamo di salvare il popolo- rispose Kysen.
Il Re annuì.
- Saggia scelta, miei giovani amici. Non credete che non mi costi distruggere una simile meraviglia architettonica, non fatemi il torto di credermi insensibile all’arte… ma sapete com’è, l’egemonia richiede sacrifici-.
Kysen gemette.
- Quanto tempo abbiamo per evacuare?- domandò Alcesti.
Spartacus guardò fuori dalla tenda.
- Il sole sta tramontando. Direi che entro l’alba potrebbe essere ragionevole- rispose. – Venite! Vi riaccompagno in città-.
Così dicendo fece loro segno di precederlo fuori dalla tenda.
 
I sovrani varcarono le porta bianche tra gli applausi. Ogni che accordo avessero accettato, era già una vittoria aver fermato il massacro. Il popolo si riunì davanti al sagrato della Cattedrale in attesa del responso. I Cavalieri erano in prima fila ammaccati e malconci, Ares sostenuto da Antigone, Chris per mano ad Hermione. Connor mugolava in braccio a Lady Philippa, che insieme a Lady Ingrid e ad Elettra era accorsa. Vincent, impose il silenzio ai pochi lupi restanti, e Clodia si unì a Chris e alla ragazza con due sorelle Ninfe. Frate Rudolph fasciava un polso di Yurika, mentre Siegfried e Sinéad si sostenevano a vicenda. Miyrdin, più vecchio che mai, aveva gli occhi pieni di lacrime.
- Amici miei- esordì il Re, con voce roca – una decisione difficile grava sul cuore mio e della mia consorte. Ci è stato chiesto di scegliere: la città integra assoggettata al potere e alle tasse di Roth… o la libertà alla condizione di dare Alia alle fiamme…-.
La piazza trattenne il respiro.
- … abbiamo scelto la libertà- concluse Kysen.
Il popolo esplose in un boato di gioia. Avrebbero perso ogni cosa, ogni ricordo, ma sarebbero stati liberi! E la libertà valeva questo sacrificio.
 
I Cavalieri disposero un piano di evacuazione che consentì a tutti i cittadini, entro l’alba, di essere al sicuro nella piana. Come da accordo, alle prime luci dell’alba, Spartacus appiccò le fiamme. Il rombo che si levò era spaventoso. Connor strillava, terrorizzato dal ruggito del fuoco.
Il popolo piangeva: piangeva per i loro cari che erano morti nel combattimento, per le loro case; piangevano per quella paura che attanaglia le ossa, e per la fine di quell’incubo; piangevano per il meraviglioso marmo bianco, nero di fumo, segnato dalle fiamme; per la grande opera di ricostruzione che li attendeva. Piangevano per la libertà, e per il coraggio del loro Re, che aveva rischiato tutto per il suo popolo. 
   
 
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