La piacevole e
imponente
presenza di Thad Harwood presenta:
l'agenda
più geniale e
crudelmente ingegnosa che una mente umana potesse creare
Oggi ho
maltrattato per bene il mio vicino di stanza: perché sono
figo e perché io posso permettermelo.
Tra
l’altro ho visto il culo di Anderson e so già che
sarà mio. NESSUNO mi
resiste, sia chiaro.
Ho già in mente un modo per far sì
che diventi mio. Sono o non sono una
mente geniale?
Tutte
le piattole di questo mondo si piegheranno a me.
(E appena Sebastian scopre che gli ho fatto il verso per
iscritto mi
uccide).
“Dio,
Thadduccio, appena ti si dà un po’ di confidenza
tu ti prendi tutto il
braccio.”
Sebastian
era spaparanzato sul letto, al fianco di Thad, mentre lo guardava con
un
sopracciglio elegantemente alzato.
“Eddai!
Sono mesi che avrei voluto farlo,” disse Thad, saltellando
leggermente sul
letto. “Ho scritto sull’Agenda di Sebastian,
ah!”
Quando
da appena svegli Thad si era ritrovato Sebastian praticamente sopra di lui, gli era venuto un infarto.
Eppure Sebastian si era comportato bene, limitandosi a qualche battuta
maliziosa e senza avvicinarsi troppo – per quanto si
può essere lontani in un
letto a una piazza. Per questo avevano deciso di restare lì
ancora per un po’,
saltando le prime ore di lezioni.
Era
strano, molto strano fare qualcosa
con Sebastian che poteva definirsi “chiacchierare”,
ma Thad stava scoprendo che
non gli dispiaceva per niente.
Probabilmente
ormai non esisteva lato dell’altro che non gli piacesse, e
ciò non andava affatto
bene.
“Qualsiasi
cosa che mi riguarda ti emoziona così tanto? Allora potrei
concederti di tenere
i miei pantaloni per un po’.”
“Non
li voglio!”
“Oh,
vero, tu preferisci i miei Boxer,” sorrise Sebastian,
provocandolo apertamente.
Tenere
i boxer di Sebastian nascosti dentro ad
un cassetto… Mica male come idea.
No.
Non
doveva pensarci neanche.
“Tieniteli,”
rispose, burbero.
Sebastian
ridacchiò, soffiandogli leggermente sul collo e facendogli
chiudere leggermente
gli occhi.
“Sai,
non sei male quando sei tranquillo,” disse Thad, ragionando
su quella
situazione. Su lui e il suo compagno di stanza che per una volta non si
uccidevano a vicenda.
“Non
dirmi che ora vuoi che diventiamo amichetti,” rispose
Sebastian, con una
smorfia ironica sul viso.
Thad
si voltò sul letto, mettendosi comodo a pancia in sotto. Poi
si appoggiò sui
gomiti per fissare meglio l’altro.
“Perché,
che hai contro l’amicizia?”
“Non
mi piace. A questo punto preferisco che diventiamo scopamici.”
Thad
diventò di diversi colori – dal porpora
al viola – e quasi si strozzò con la saliva.
“Sei
pazzo?”
Sebastian
gli si avvicinò, arrivando a due centimetri dalle sue
labbra. Aveva uno sguardo
malizioso e l’espressione furba.
Thad
non era certo che il suo cuore avrebbe retto, questa volta.
“Non
ti piacerebbe, Thadduccio?”
Eccome.
“Per
nulla.”
Incredibile
come la sua mente e la sua bocca andassero collegate: doveva
incominciare a
preoccuparsi di soffrire di qualche strano disturbo?
Lo
sguardo di Sebastian era eloquente.
“Ok,
forse un pochino…” non doveva cedere, accidenti!
“Ma non voglio dartela vinta,
diciamo così. Ho dei miei valor…”
Sebastian
si avvicinò ancora di più, mentre li divideva
soltanto un soffio. Thad si
chiede di nuovo che sapore avessero quelle labbra, e quel pensiero non
lo aiutò
molto nei suoi principi da scaccia-Sebastian.
“Sicuro?
E cosa vuoi che faccia, ora?”
Ma
prima che Thad potesse rispondere con un ‘baciami’
gigante come una villa, il
suo telefono squillò improvvisamente; sobbalzò
talmente tanto che si sbilanciò
troppo e ruzzolò per terra.
In
modo molto poco dignitoso.
Thad
si rialzò poco dopo, massaggiandosi il sedere e intimando a
Sebastian di non
ridere e di non prenderlo in giro – cosa che era in procinto
di fare.
Rispose
al telefono bruscamente.
“Pronto?”
“Thad…
Emergenza.”
“Non
dirmi che Flint è di nuovo dipendente dalle Pringles.”
“No…
Peggio.”
“Oh
mio Dio, Jeff, cosa succede?”
Vide
Sebastian alzare un sopracciglio, probabilmente incuriosito.
“…
Trent ha il singhiozzo.”
Trent
con il singhiozzo significava ore e ore a cercare di farglielo passere.
Il
poveretto aveva il singhiozzo tanto forte che le spalle vibravano a
ogni colpo,
e tanto duraturo e potente che nemmeno quintali d’acqua
risolvevano il
problema.
“…
Quindi tu mi stai dicendo che ti ha proposto di diventare il tuo
scopamico e tu
hai rifiutato?”
Jeff
era seduto di fronte a lui, nella stanza di Trent – il quale
ancora
singhiozzava come un povero scemo – , Nick alla sua destra.
Thad si sentiva
leggermente braccato.
Non
avrebbe dovuto confessare loro di quella mattina.
“Esatto,”
disse, svogliato.
“Ah…
E adesso dimmi: COSA ACCIDENTI TI PASSA PER LA TESTA?”
Thad
spalancò gli occhi. “Io…”
“Hic,”
il singhiozzo del povero Trent lo fermò per un attimo.
“Che
avrei dovuto fare, scusa?” continuò, leggermente
infervorato, fissando Jeff.
“Per
esempio approfittarne?” gli rispose Jeff, scuotendo la testa.
“Visto la
quantità di ormoni che produci con lui in giro, sarebbe
stata la volta buona
che ti saresti sfogato un po’.”
“Ma
è probabile che mi stia prendendo soltanto in giro. E non
voglio essere
umiliato da lui.”
Jeff
restò in silenzio per un attimo.
“Che
te ne fregava? Intanto ti godevi l’attimo.”
Nick
decise che era ora d’intervenire. Jeff era carino e il
miglior fidanzato del
mondo, ma, davvero, era un demente.
“Beh,
effettivamente questo interesse improvviso è sospetto. E
conoscendo il
soggetto...” disse, cercando di analizzare la situazione.
“A
me sembrava sincero…” sussurrò Thad.
Tutti
spalancarono gli occhi.
“Thad,
Sebastian non è mai sincero,” disse Jeff,
fissandolo con prepotenza.
“Hic.”
Un
attimo di silenzio, poi Jeff continuò. “Un
conto è che tu voglia avere una specie di relazione
clandestina con lui, un
conto è che ci siano di mezzo i sentimenti.”
“Che
sentimenti?”
“Hic.”
“Thad,
lo hanno capito anche i muri che lui ti piace tanto. Non fingere con
noi,” gli
disse Nick, con sguardo ammonitore.
“Hic.”
“Ecco,”
gli diede man forte Jeff. “E sappiamo bene che ciò
che ti passa per la testa lo
dici, quindi vedi di darti un contegno. Non farti coinvolgere troppo,
chiaro?”
“E
soprattutto non credere che lui si stia comportando così
perché prova qualcosa,
lui ne approfitta soltanto.”
Thad
rimase in silenzio, sapendo che i suoi amici avevano ragione: il
dormire
insieme senza impegno, la chiacchierata mattutina… Sebastian
lo stava come “incantando”
e lui ci stava cascando come una pera cotta.
“Hic.”
“Ok,”
disse, poco convinto Thad.
“Però
nel frattempo non ti farebbe male una sana scop…”
Si
fermò per un leggero calcio che Nick gli lanciò.
Jeff immediatamente gli
sorrise, come scusandosi, con la faccia più angelica che
aveva.
Thad
sorrise per quanto erano piccioncini quei due.
“Hic.”
Si
ricordarono improvvisamente del povero Trent che sembrava star per
morire con
le convulsioni per il troppo singhiozzo.
Sebastian
odiava le professoresse lecchine che cercavano soltanto di circuirlo
–
ignorando che lui era dell’altra sponda. Sapeva di essere
seducente, ma la
popolazione femminile non era di suo interesse.
Quindi
dopo aver passato un intero pomeriggio a subirsene una, non era
dell’umore
adatto per giochetti o altro.
Umore
che peggiorò quando, andando in giardino, si
ritrovò davanti un Jeff e un Thad
accucciati dietro ad un muretto. Sembravano dei poveri deficienti, e
decise che
era meglio ignorarli.
L’ultima
cosa che voleva era venire coinvolto nei loro giochetti idioti.
Avanzò
con tranquillità, sperando vivamente che non si accorgessero
di lui.
Speranze
vane.
“Sebastian,
abbassati!” gli gridò Jeff, mentre Thad lo
prendeva per le spalle e lo
abbassava di forza.
Sebastian
si ritrovò in ginocchio sull’erba, rischiando
anche di sporcare i suoi
pantaloni e senza un motivo valido perché ciò
avvenisse.
“Mi
dite che cazzo state facendo?” sputò, piuttosto
brusco.
I
due non gli risposero, restando in silenzio come a voler lasciare
più suspance.
“Ripeto:
mi dite che…”
“Shhh,
” lo zittì Jeff.
Ok,
voleva morire.
“Vaffanculo,
Sterling!”
Lo
ignorarono ancora, e si abbassarono ancora di più.
All’improvviso Jeff tirò
fuori un Walkie Talkie, dove Sebastian sentì provenire la
voce di Flint.
‘Nemico in vista. Nemico in vista a ore 12.’
Ma
cosa cazz…”
“Ok,”
si preparò Thad. “Al tuo tre, Jeff.”
Jeff
annuì, solenne.
“Tre…”
“Mi
volete spiegare?”
“Due…”
“Che
cazzo succede?”
“UNO!”
Sia
Thad che Jeff si alzarono all’improvviso gridando un
‘bu’ che probabilmente
avrebbero sentito anche gli abitanti dell’altra parte del
paese.
Alzandosi
a sua volta, Sebastian, con le orecchie sanguinanti e la pazienza al
limite,
notò un Trent piuttosto scosso e sull’urlo di un
infarto.
“Questo
dovrebbe aver funzionato, Jeff, controlla le sue condizioni. E speriamo
non
svenga come la volta scorsa.”
Sebastian
si voltò verso Thad, con un sopracciglio alzato.
“Quindi…
Voi avete organizzato tutto questo soltanto per far passare il
singhiozzo a
Trent?”
Thad
annuì, solenne: era stata una missione di primaria
importanza.
Si
stupì poco dopo, notando Sebastian venir scosso da piccole
risa.
Non
sembrava ridere di cattiveria, o prenderlo in giro: pareva ridere di
gusto. Davvero.
Thad
notò i suoi denti bianchi e il sorriso, con una stretta
improvvisa allo
stomaco.
“Devo
dire che siete totalmente idioti, ma mi avete rallegrato la
giornata,” detto
questo, Sebastian si avviò verso l’entrata della
scuola.
Quando
Jeff tornò, ritrovò Thad che aveva ancora la
bocca spalancata e la mente chissà
dove.
“Tutto
bene, Thad?”
Ci
mise un po’ a rispondere.
“Chi
è Thad?”
Quando
Thad rientrò in camera, non si aspettava di trovarci
già Sebastian dentro.
Decise
di ignorarlo.
“Trent
è guarito?” chiese l’altro,
però, deciso ad attentare alla sua sanità mentale.
“Sì,
anche se abbiamo quasi dovuto accompagnarlo nell’infermeria
della scuola,”
rispose, sorridendo al pensiero.
Ok,
non avrebbe dovuto essere divertente, ma la faccia di Trent era stata comica.
“Immagino.”
Sebastian
si alzò in piedi, e solo allora Thad si accorse che era
vestito elegantemente.
Stava uscendo.
“Vai
da qualche parte?” chiese, con nonchalance.
Sebastian
annuì soltanto, mentre si accingeva a infilarsi le scarpe.
Erano belle, quasi
quanto il suo completo. Indossarlo significava partecipare a qualche
evento (o
appuntamento) importante.
“Con
chi?”
Non
avrebbe voluto dirlo. Si morse la lingua non appena quella domanda gli
scappò.
Sebastian
ridacchiò, prendendolo in giro – era tornato tutto
come al solito, in questo
modo.
“Sei
geloso?” disse, avvicinandoglisi.
Thad
capì subito che tirava aria brutta, quindi scelse di
allontanarsi. “Certo che
no, era solo per sapere,” disse, cercando di sviare.
“Sarà…”
perché non la smetteva con quel tono malizioso?
“Comunque vado con mio padre a
una cena. Lì ci sarà qualche produttore,
chissà che non riesca a ottenere
qualche lavoretto carino.”
“Il
solito fortunato,” sbuffò Thad, guardandolo mentre
l’altro finiva di
prepararsi.
“La
fortuna le persone se la creano, non arriva da sola.”
“Wow.
Questa è filosofia-Smythe.”
Cadde
un attimo di silenzio, in cui Thad ponderò bene cosa dire.
Aveva qualcosa sulla
punta della lingua, ma non sapeva bene se dirla o no.
Insomma,
Sebastian gli sembrava così umano, così
interessato…
No.
Non
fare scemenze. Non fare scemenze. Non fare scemenze.
“Bene,
Thadduccio, io me ne vado. Comportati bene e non usare troppo federica
in mia
assenza.”
Thad
ancora rimase in silenzio, senza nemmeno ascoltarlo.
Stava
davvero per… No.
Non
poteva, non…
“Ciao,
cia..”
“Tu
mi piaci.”
Sebastian
rimase bloccato sulla porta, una mano sulla maniglia e
l’espressione stupita
dipinta sul volto.
Dio,
Thad si sarebbe seppellito, ma ormai aveva fatto la cazzata. Insomma,
avrebbe
sfruttato per bene questa sua impulsività.
“Sì…
Beh, credo di amarti. Cioè, non lo so, forse è
troppo presto, ma comunque provo
qualcosa di forte e non so classificarlo e…” si
incartò. “Dio, Smythe, sono
pazzo di te, va bene?”