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Autore: MissCobain    18/03/2012    2 recensioni
La vita di Rebecca, 17 anni, cambiò radicalmente a causa della morte prematura del padre che la portò nel baratro dell'alcolismo. Sarà l'amore a salvarla da una brutta fine?
Genere: Drammatico, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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“Hai finito di poltrire a letto? Se non scendi subito da quel cazzo di letto a scuola ci vai a piedi”.
Mia madre era sempre un’ amore. Diedi un’occhiata al mio pikachu-radiosveglia. Segnava le 7,47. Maledissi il tasto Snooze.
“Se arrivo tardi anche stamattina la Mazzini prima mi prende,  poi mi taglia in minuscoli cubetti, mi condisce con verdurine biologiche  e mi spaccia per un piatto tipico di qualche villaggio della Thailandia” pensai, mentre mi infilavo la maglietta sgualcita del The Works Tour del ‘84 dei Queen appartenuta a mio padre.  Indossai le mie All Star rosse e il primo paio di jeans che mi capitò sott’occhio, e corsi nella Volkswagen nera di mia madre.
“Hai intenzione di continuare ad alzarti a quest’ora? Io di permessi  non te ne firmo più.” Mi minacciò, mentre si sistemava i riccioli biondo miele nello specchietto.
“Non ti ho sentito rientrare stanotte” furono le uniche parole che mi uscirono. Scartai il mio kinder pinguì e feci colazione.  Alle 8.05 non ci vedevo più dalla fame. Mi sentivo una nausea pazzesca.
8.10, arrivo in classe. “Mainardi anziché andare a sgiranzolare per pub la sera vai a letto prima la sera così ti alzi a un orario decente!” mi rimproverò la Mazzini. “Domani porta la giustifica del ritardo” aggiunse.
Non mi azzardai a replicare ma la guardai con lo sguardo di sfida più truce e altezzoso che mi riuscì e mi diressi al mio posto sulla solita sedia scricchiolante di fianco a Mauri.
“E’ solo gelosa perché vorrebbe potersela scolare lei una birretta” mi disse. La Mazzini aveva una malattia cronica al fegato e doveva stare attentissima all’alimentazione. “Comunque, ieri sera hai bevuto?” aggiunse.
“No, non tocco una goccia di nettare degli dei da tre giorni ormai.” risposi ridacchiando.
Si fece serio: “Rebs, hai due occhiaie pazzesche e puzzi di alcool.”
“Non sono andata per pub, davvero.”
“Ti stai riducendo uno straccio…”
“Sto bene, Mauri.”
Il fatto che non fossi andata per pub era vero. Ma era vero anche il fatto che mi ero bevuta 5 lattine di Guinness.
Mi specchiai nel riflesso dello schermo touch del mio cellulare e inorridì. Le mie lentiggini si mischiavano alla mia pelle giallastra e alle mio occhiaie blu. I miei occhi verdi erano come appassiti. Ero davvero ridotta uno straccio.
E così passai l’ora di storia a dormire con il sottofondo le divagazioni storiche della Mazzini.
Mi mancava papà. 72esimo giorno senza di lui. Mi mancava la famiglia che eravamo. Io, la mamma, papà e Luca, mio fratello maggiore.
La nostra villetta a schiera adesso era abitata solo da me e mamma, perché Luca aveva appena iniziato Giurisprudenza a la Sapienza di Roma, quindi lo vedevamo al massimo due volte al mese.
Mio padre era un architetto affermato e viaggiava spesso per lavoro. Fu’ una delle 8 vittime della sparatoria all’Aeroporto Valerio Catullo di Verona. Mi sentivo persa senza di lui. Era la mia base di appoggio, perché anche se non era  mai stato molto presente era la persona alla quale ero più legata e non ho mai potuto ringraziarlo abbastanza per tutto quello che faceva per me.
Mia madre invece, tra una riunione e l’altra e viaggi di lavoro era a casa al massimo tre giorni a settimana, quindi Luca, di quattro anni più grande di me, mi aveva tirato su.
La sera precedente era una di quelle notte solitarie, passate a suonare la mia chitarra Bernie tra una sigaretta e un sorso di troppo. La mia vita non aveva alcun senso.
  
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