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Autore: Ella_Sella_Lella    18/03/2012    1 recensioni
Perchè non possiamo sempre parlare solo dei buoni.
Le cose brutte nella vita accadono, anche quelle belle, ma scommetteteci tutto quello che avete in tasca, che siano spiccioli, gomme da masticare o l’anello di fidanzamento più costoso del mondo, ai mezzosangue capitano sempre e solamente cose brutte. Prima di tutte e bene che spieghi alle vostre menti, di fragili, ingenui e ciechi, sopratutto ciechi, mortali cosa siano i mezzosangue, sono semplicemente una razza di creature, una spanna più alta degli uomini, una spanna più bassa degli dei, sono il frutto dell’amore proibito tra questi, dei e umani, simili in vizi e pregi, diversi in potere. I mezzosangue sono gli eroi della mitologia Greca, o Romana o Tuscia, alla fine qualunque religione politeista arcaica studierai, comprenderai che esistevano questi fantomatici Eroi, a cui i fumettisti si sono ispirati per descrivere quei divertenti machoman in calza maglia, fico no?
Buona Lettura
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio, Luke Castellan, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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OMGs chi non ci sperava più? Praticamente chiunque.

Allora in primis vorrei ringraziare Jishiku, che so che mi amerà e che mi odierà letto questo capitolo.

Vorrei ringraziare anche chi legge solamente, perché sono i più importanti, chi recensisce – o segue sporadicamente -, chi segue(diversamente dagli sporadicamente) e chi preferisce.


Vorrei dedicare questo a :
La mia migliore amica, perchè ha l'arte di scegliere il momento meno appropriato per avere una crisi di nervi. Ed ora sono al telefono con lei. Ti adoro.
Cat, quella che solitamente mi aiuta per i Grecismi, anche se non lo sa, perchè ha cominciato a leggere questa storia, contro il mio volere. Grazie tante.
E la pecora Dolly, che bazzica su questo sito e non vuole dirmi qual'è il suo nome. Tanto lo scoprirò.


Bene bene, il prossimo capitolo vi comunico sarà particolare, posso già dirvi il titolo, ( A tutti spetta la propria manciata di semi di zucca) ma non è questo che conta. Ciò che conta è che questo capitolo e Chrisse, Marian, ThaKe, Maris, leggermente Manny, vagamente Kezia e qualche altra coppia.


Riguardo al sogno di Mary, provate ad indovinare che significa :)

Grazie mille.
Baci baci
EsL Ps- Buona lettura.







La storia mai detta di Mary Unknown




La trilogia di Inverno : Il giorno dopo il Solstizio (Nutriente come le Mele)









Quella notte i sogni furono tranquilli, nessuna fanciulla dai capelli di fiamma, nessun fantasma dalle manie suicide e nessun filosofo. Semplicemente c’ero io, che prendevo bevevo un cocktail colorato, davanti una roulette. Erik Sweatheart con indosso un abito bianco, legato ad una sola spalla, che lasciava scoperta una parte del petto, una cordicella legata alla vita un gonnellino che arrivava appena sopra al ginocchio, indossava anche un paio di sandali alla schiava e la cosa più strana erano un paio di enormi ali bianche. Erik aveva tra le mani una piccola pallina scintillante, “Andrew per favore fa girare la Roulette” esclamò Erik. Allora mi accorsi che c’era l’altro Sweatheart, vestito come Giulio Cesare, con tanto di alloro intrecciato tra i capelli biondi ed anche lui con un paio di ali bianchissime; mi sorrise. Andrew fece girare la ruota ed Erik lanciò la pallina, che cominciò a correre anche più velocemente della roulette. “Io non ho puntato!” esclamai, con il drink in mano, “Non spetta a te” mi disse comunque Andrew, “Dodici” esclamò Erik con soddisfazione, “Sette” annunciò il fratello, “10” una terza voce si aggiunse al coro, Erika – o Eris – con indosso un abito da Cleopatra ed il sorriso soddisfatto. La Roulette cominciò a rallentare, la pallina no. Quando entrambe si fermarono, la pallina era sul Sette. “Non mi stupisce che abbia vinto lui” disse di malavoglia Erika, il fratello maggiore rise, poi disse: “In realtà quel sette mi piace, anche di più del dodici”.


Poi semplicemente mi svegliai. “Strano, strano sogno” bisbigliai. Ma almeno ringraziai Crono ed i titani, di non essermi accucciati in bagno a piangere, quella volta. Mi alzai dal letto, per incrociare gli occhi con quelli sorridenti di Thalia Grace, sulla foto sul mio comò. Rimasi in silenzio qualche istante. “Buon compleanno Thalia” bisbigliai prendendo la foto. Mi avevano detto di star lontana da Luke in quel particolare giorno, ma io li dovevo quella foto. Presi un bel respiro ed afferrai la foto. “Su Mary, ci attende morte certa” sussurrai a me stessa, alzandomi dal mio letto, incerta sul da farsi. Uscì dalla cabina, ritrovandomi davanti i piedi il solito vassoio d’argento con la solita mela verde, ridacchiai, chiedendomi chi fosse l’autore di quello. Presi la mela, era bagnata, chiunque fosse l’autore di quel gesto si era presa anche la briga di lavarla, l’addentai con gusto. “Nutrienti le mele, non sapevo ti piacessero” mi disse Ian, posandosi al muro accanto a me. Saltai del tutto colta dall’improvviso arrivo, maledicendo ancora una volta i miei sensi in dolce letargo ancora ora che insistevo ad allenarmi pedissequamente. “Per l’Ade mi hai fatto prendere un infarto Ian!” urlai. Il biondo ridacchiò molto divertito da quella situazione, lo guardai male e diedi un altro morso alla mela, “Si comunque mi piacciono molto” risposi con ironia lieve. Ian sogghignò, “Vuoi allenarti?” mi chiese, senza tradire alcuna emozione, “Devo prima risolvere un impiccio” risposi, continuando a tenere la mela tra le mani, lui crucciò le sopracciglia folte, “Cosa?” chiese, “Luke” sospirai, con ancora la foto di Thalia infilata nella tasca dei pantaloni larghi. Il ragazzo sorrise schietto, “Buona fortuna” mi disse battendomi una mano sopra la spalla, risposi con un sorriso stirato ed andai via, verso quella che pensavo morte precoce.


Camminai tranquilla per il corridoio, quando una porta all’improvviso si aprì. Uscirono fuori ridacchiando, come se fossero state da sempre amica, le uniche due more che non mi sarei aspettata. Nya aveva la risata allegra e contagiosa come sempre, con gli occhi socchiusi, tinti di viola accesso ed i capelli neri sempre raccolti, insieme a lei c’era con lo stesso riso onesto Aziza, priva di ogni falsità, che continuava a infilarsi dietro l’orecchio una ciocca di capelli neri, come sempre scomposti. “Che novità?” chiesi io vedendole, belle solari fra loro, Az distese le labbra in un sorriso frizzante, “Tante” trillò ed immaginai che da un momento all’altra avrebbe cominciato a saltellare dalla gioia. Kenya sorrideva così tanto allegra, che i denti di perla erano scoperti, “Vi lascio ai vostri affari per oggi, che devo aiutare Jazz con del veleno” ci enunciò poi con tranquillità, Aziza la guardò, annui e la salutò con un abbracciò. Era più alta, ma meno appariscente, se mi avessero chiesto chi dei due fosse la più bella effettivamente non l’avrei mai saputo dire, ma sapevo per certo la risposta del mio amico Kenny, indubbiamente Az. Lui avrebbe detto che il sorriso della mediorientale era di caramella tanto fosse ilare, la pelle baciata dal sole del deserto, gli occhi grandi ed appena un po’ allungati, di un miele idilliaco, come l’ambrosia degli dei. Così l’avrebbe detto, con gli occhi bruni sognanti, cercando di disegnarla senza l’utilizzo della vista ma con solo le proprie capacità.


Nya salutò anche me, nello stesso modo zelante che aveva solitamente Prunilde ed era andata via con un andatura saltellante, con l’abaya* di un tenue celeste, che svolazzava al suo passo astrale, così eterea. “Si vede che è una spalla più alta di noi, che è più divina” bisbigliò Aziza riferendosi alla ninfa, ben lontana, non c’era invidia ne rabbia nella sua voce. La guardai scettica per qualche istante, del tutto intenzionata a comprendere come mai forse sparita ogni traccia di rancore. “Come mai questo?” chiesi, sapendo che Az avrebbe compreso, l’altra mi sorrise, “Ho avuto una delucidazione sul rapporto tra Nya e Kenny” enunciò poi, con un sorriso parecchio malandrino, “Eh?” fomentai, ricordandomi quando Chris aveva liquidato la storia dicendomi fosse una faccenda lunga. Aziza ridacchiò lievemente imbarazzo e si spostò una ciocca di capelli scuri dietro l’orecchio, “Diciamo che le risate di Luke e Sam, erano fondate” rispose poi, evasiva, eccessivamente.


Avrei voluto insistere, credetemi, ma mi ricordai della foto piegata nella tasca dei miei pantaloni, ed anche se non la conoscevo dovevo a Thalia quello. La sua foto apparteneva a Luke e con lui doveva essere, non importava se probabilmente quella foto avrebbe reso Luke ancora più folle di quanto non fosse. Infilai una mano in tasca, per sentire i chiari contorni della fotografia. Az mi vide perplessa probabilmente, visto che posò una mano sul mio braccio e preoccupata mi chiese se avessi qualcosa che non andava, “Si, oggi non mi sono accasciata in bagno a piangere” la tranquillizzai leggermente irriverente, Aziza mi sorrise comprensiva, “E allora cosa ti turba?” mi chiese, onestamente allarmata, non risposi limitandomi a sfilare la foto dalla tasca e mostrargliela. La figlia di Moros rimase qualche secondo in un sacrale silenzio, mentre la pelle caramello era lievemente sbiancata. Teneva tra le dita affusolate la foto, appena un poco stropicciata, guardandola abbastanza assente, “Perché l’hai tu?” mi chiese, senza alzare gli occhi dalla foto, “Era scivolata dalla tasca di Luke e non ho ancora avuto tempo di ridargliela” risposi, sfilando la foto dalle mani di Az, lei mi guardò un attimo, “Oggi Luke sarà più intrattabile del solito” enunciò, annui e rinfilai la foto in malo modo nella tasca dei pantaloncini. Aziza incrociò le braccia al petto, abbastanza pensierosa, scioccò le labbra e poi mi disse:“Buona fortuna, se ti dovessi servire sono sul pontile”, feci un cenno d’assenso, ma prima che potessi salutarla, mi aveva già stretto in un abbraccio. Sapevo che Luke non era effettivamente così pazzo come voleva far credere, era più lo stress, ma sapevo quanto pericoloso potesse essere quando si infuriava, mi aveva puntato una spada alla gola e prima di averlo incontrato non avevo mai pensato alla morte, ma mi rifiutavo di credere che in quel giorno fosse così fuori.


Lasciai Az poi, per dirigermi verso la cabina di Luke, con un’andatura abbastanza timorata. La foto in tasca, con un dito giocherellavo con la punta di physis che aveva l’aspetto di un pendente. Quando raggiunsi la porta, a guardia di essa non c’erano i soliti due abnormi mezzi orsi, ma vi erano Kelli in un aspetto abbastanza umano, che continuava ad inumidirsi le labbra con la lingua e Jazz che di tento in tanto le lanciava sguardi preoccupati. Mi piazzai davanti a due, con fierezza, “Occhi di Pioggia!” esclamò il figlio di Eris, sbilanciandosi in entusiasmo vedendomi, “La piccola figlia di Ate” bisbigliò invece Kelli, non toccata in alcun modo dalla mia presenza. Esitai qualche istante, poi dissi: “Devo vedere Luke”, i due mi guardarono straniti, davvero tanto. L’empusa aveva trattenuto una risata sarcastica, l’avevo fissata abbastanza intensamente, da non permettere più alla foschia di ingannarmi, e l’avevo vista con il suo vero ed immondo aspetto; “Non puoi il mio Luke ha dato ordini di non far entrare nessuno” calcò troppo sull’aggettivo. Jazz accennò un sorriso malefico, “L’ha detto, ma personalmente sconsiglierei a chiunque di incontrarlo” preciso, con un tono abbastanza perfidia.


Prima che potessi lamentarmi o mettere in atto il mio potere, la porta alle loro spalle si era già aperta e la testa bruna di Kenny era fuori uscita, aveva uno splendido sorriso soddisfatto. Doveva aver predetto il mio arrivo e doveva davvero essere soddisfatto di averci preso, come ogni volta, d’altronde. “Mary può, anzi deve, entrare” enunciò con il sorriso trionfale sul volto, gli sorrisi sperando interpretasse quel gesto come un grazie e quando Jazz si fece da parte entrai. Kelli aveva guardato il veggente con uno sguardo famelico, di una fame davvero diversa da quello che aveva quando guardava Luke o quello di Ian verso di me, una fame molto letterale. La stanza era più buia di quanto ricordassi, l’unica luce che la illuminava era la barra d’orata di Crono. Luke era posato alla finestra, che dava sul elegante balconcino, con le tende scure tirate, che guardava vacuo qualche punto indefinito della cabina. Il solito divanetto su cui normalmente sedeva era stato avvicinato a letto e Prue vi era seduta sopra, che guardava l’addormentata.


“Perché sei qui?” chiese Luke, ma prima che provassi anche solamente a rispondere, Kenny l’aveva già fatto, “Lo scoprirai” disse, prima di volgersi verso la bionda, “Penso dovremmo andare Cornelia” disse gravoso l’indovino, essere chiamata con quel nome portò automaticamente Prunilde a voltarsi, dall’espressione dell’altro, decise saggiamente di allontanarsi senza opporre resistenza. Uscirono, Prue mi regalò un sorriso dolceamaro uscendo dalla stanza. Rimanemmo io e Luke lì immobili, “Allora cosa vuoi?” chiese irritato il figlio di Ermes, voltando appena gli occhi verso di me, c’era qualcosa di più che mai profondo e malinconico. Infilai una mano nella tasca e finalmente estrassi la foto, lo sguardo di Luke non si spostò di un minimo, “Volevo restituirtela. L’hai persa l’altro giorno” bisbigliai, lo sfregiato si avvicinò, lanciando sguardi preoccupati al letto e al sarcofago, poi quando fu a pochi passi da me, mi guardò di nuovo, “Non la rivoglio” disse solamente. Silenzio più totale. Volevo chiederli perché, ma gli occhi di Luke parlavano da solo. L’avrebbe uccisa, probabilmente possedere un vecchio ricordo di quando erano insieme, felici e vivi, nel senso vero del termine, perché probabilmente Luke era morto con lei, quel giorno. “Lei capirebbe” sussurrai, il volto del mio comandante si indurì, pregai non avesse Vipera a portata di mano, “Capirebbe perché la sto uccidendo? Pensi davvero lo capirebbe? Era la mia migliore amica e tu pensi che lei capirebbe? Non la conoscevi neanche, come fai a dirlo?” mi urlò, afferrandomi per le braccia. Si era come incrinato qualcosa nella sua anima. Il troppo stress, quel particolare giorno e quella colpa di cui si sarebbe macchiato, l’avevano portato a perdere totalmente il suo auto controllo. Tutti avevano un punto di rottura ed in quel momento davanti a me, Luke era fragile. Tutti lo erano prima o poi. Solo non pensavo che dopo aver visto un Ian ed un Jazz del tutto imponenti con una Jenny disperata, non mi ero preparata a vedere anche il mio comandante.


Scivolai alla sua presa, ma invece di ritrarmi indietro, mi fermai tra le sue braccia e lo strinsi, fu la prima e l’unica volta che Luke non si sottrasse ad un abbraccio, uno mio almeno. “Perché da come sei sconvolto posso solo capire che lei ti avrebbe appoggiato in tutto” gli sussurrai, l’elfo congiuratore, decise di muoversi, invece di scappare via, mi strinse a se, tanto che mi ritrovai il naso schiacciato sulla sua clavicola, “Si, lei mi avrebbe aiutato. Avrebbe smontato l’Olimpo, pezzo per pezzo, personalmente. Era tutto quello che avrei potuto desiderare” aveva aggiunto il biondo, rivelandomi che Thalia era stata anche uno dei motivi per cui aveva accettato di adempiere in questa folle crociata. Rimanemmo in quella situazione per del tempo, non so quanto effettivamente, ma ci allontanammo quando la porta si aprì di nuovo e Kenny e Prunilde rientrarono.


“Mary occupati del veleno, segui le istruzioni che ti dirà Jazz” enunciò Kenny, prima che Luke riuscisse anche solo ad aprire la bocca, “Stavi per dire questo, no?” aggiunse malandrino il veggente, guardando il suo comandante con una certa irriverenza, il biondo annui spedendomi fuori, non prima che gli lasciassi tra le mani la foto, con un sorriso onesto, “Lei è con noi” sussurrai, con una certa dolcezza. “Sei viva” constatò abbastanza accigliata Kelli, sbattendo più volte gli occhi, “Occhi di pioggia è una tosta” esclamò malizioso Jazz, circondandomi le spalle con un braccio, “Per oggi mi pare di aver capito che sei mia” esordì, il suo tono non mi piacque affatto. Così mi diressi con il figlio della dea della discordia verso i piani bassi della nave, il sorriso sul suo volto era più che mai spaventoso, “Non avevi trovato i veleni già?” chiesi ad un tratto, “Ho problemi con la vespa di mare, alla bella donna ci pensa Prunilde, ma ho bisogno che qualcuno distilli i veleni dai pungiglioni degli scorpioni, comprate dal ranch 3G” rispose con tranquillità Jazz, senza smettere di sorridere come un folle desideroso di dominare il mondo, non che effettivamente non lo fosse.


“Ma tu sei sempre così fuori di testa” mi lamentai, portando il figlio di Eris a sorridere mellifluamente, “Si, da sempre. Chiedi ad Ian se vuoi. Ti dirà che sono sempre stato così folle, anche quando lavoravo part-time” rispose alla fine Jazz. Lo guardai in silenzio, “Non so se sono più stupita dal fatto che qualcuno possa averti accolto o che tu ed Ian siate amici” sentenziai, il moro non si scompose guardandomi dal suo metro e novanta o su di lì, con ancora la mano ben stretta sulla mia spalla. I suoi occhi verdi erano penetranti e maliziosi, “Si io ed Ian siamo amici da quando abbiamo quattro anni” aveva esclamato, poi mi aveva guardato, “E per quanto il lavoro, lavoravo part-time ad Abercrombie” mi disse con nonchalance, “Non ci credo” gli dissi, facendo ridere Jazz di puro gusto, che cominciò a difendere con ossessività la sua bellezza. Lo guardai. Era carino d’accordo. Sorrideva in modo elegante, aveva un profilo perfetto, era alto, i capelli riempiti di brillantina, la pelle diafana e gli occhi che ti facevano impazzire, ma era solamente carino. Chris aveva un fascino più dolce, Luke era più attraente, forse per la sua fraudolenza affascinante ed Ian, inquietante quanto voleva essere, era molto più intrigante.


“Sai io e Cox ne abbiamo davvero passate molte insieme” aveva esclamato soddisfatto il figlio di Eris. Ebbi un lapsus. Il bagno di un motel, una Jen con gli occhi lucidi che scongiurava Jazz di aiutarla, Ian sulla soglia della porta, animato da una fragilità quasi finta. Pintia scritto in rosso sullo specchio. “Immagino” mormorai, non osando chiedere a Jasper se avesse impugnato la lama ed accontentato Jenny, regalandoli la morte che non riusciva a raggiungere. “Occhi di pioggia, siamo arrivati” esclamò indicando una porticella coperta di grasso che dava ad una stanza con tutte pelli appesi, sporche di non so cosa, “Fine” sussurrai, “Spezza i pungiglioni e filtra il liquido. Devo andare, mia bella occhi di pioggia” sussurrò. Entrai nella stanzetta, trovando Chaz in un silenzio assoluto. Mi sono sempre chiesta perché quel ragazzino usasse chiudersi in un mutismo assoluto, quando lo ritrovai nel Campo degli Asfodeli gli feci proprio quella domanda, mi sorrise, onesto e buono come sempre, “Non avevo niente da dire, Mary” e basta; era silenziosa da vivo come da morto.


Chaz scuoiava qualche pelle d’animale, lasciando cadere il viscoso sangue giù in una serie di bacinelle. “Mary” mi sentì chiamare, voltandomi trovai Chris in panciolle su una sedia, con i capelli castano scuro di solito legati in un codino sciolti che cadevano sul viso, armeggiava con dei vari filtri cercando di mischiare due liquidi, “Chris” sussurrai, le gote si arrossarono appena. Intravidi i pungiglioni degli scorpioni giganti e mi accomodai accanto al latino a spezzare per raccogliere in una bacinella, l’oleosa sostanza violacea che ne filtrava da essi. Parlammo di argomenti stupidi, come consigliare vivamente a Chris di dare un taglia ai fluenti capelli o alla mele che ricevevo quasi tutti giorni, speravo fosse lui a mandarmele, ma non lo era. Poi scivolammo lentamente nella serietà, arrivammo a Thalia Grace, era il suo compleanno e tutti parlavano di lei almeno una volta.


“Io non penso potrei avere mai tutto quel coraggio” esclamò Chris, guardandomi negli occhi. Morire per gli amici? Sacrificarsi per gli altri? Accettare il destino perché altre persone sopravvivessero, “Neanche io” risposi con onestà. Perché davvero pensavo che non avrei avuto il coraggio di morire per gli altri, ma non sapevo quanto l’amicizia sarebbe stato importante, ora da morta con lucidità mi accorgo che non ero morta solo per Chris, ero morta per ognuno di loro. “No, sono uno smidollato senza neanche mezza vertebra” aveva sussurrato affranto, alzai lo sguardo, crucciando le sopraciglia confuse, “Almeno è quello che mi ha detto Clarisse l’ultima volta” esclamò con tristezza, “Quando le ho detto che me univo a Luke” aggiunse. E così iniziò il peggiore dei discorsi, entrai nelle turbe dell’amore di Chris e Clarisse. Un amore sospinto a metà e male espresso, senza alcuna via d’uscita.


Chris amava la figlia di Ares, il dio dell’amore doveva averlo colpito con duecento frecce, perché un amore tale in quegli occhi non l’avevo mai visto. Eppure il fato era davvero ingiusto avvolto. Chris e Clarisse non potevano stare insieme ed io ero legata a Chris. “Mi ha detto che sono un codardo e che la prossima volta che ci saremmo visti, mi avrebbe ucciso con le sue mani” aggiunse il latino, continuando a far travasare i liquidi, continuammo a parlare ancora, sotto il silenzio di Chaz. Spezzai l’ultimo pungiglione, il più grande si voltò verso il più piccolo, “Hermano, me voy**” esclamò Chris con quel suo accento caliente e suadente, “Vieni con me, Mary?” mi chiese, annui salutando Carlos, che mi salutò con uno dei suoi soliti sorrisi dolci. Io e l’altro uscimmo dalla stanza, con le mani impastate di qualche strana sostanza.


“Clarisse ha giurato di uccidermi e be sono certo che lo farebbe. Ma io non potrei mai sfiorarla” enunciò Chris, mentre ci infilavamo nello stesso ascensore, quello dove c’eravamo conosciuti. Lo guardai qualche secondo, era tristemente malinconico, “Continuo a sperare lasci tutto per me” aveva aggiunto. Afferrai la sua mano con un movimento di scatto, avrei voluto dirgli moltissime cose, avrei voluto riempire quel silenzio che opprimeva quei due metri scarsi d’aria, avrei voluto risollevare quel suo sguardo triste. Ma non dissi nulla, perché nessuna parola avrebbe migliorato quella situazione. “Io penso di non poter mai amare nessuno come Clarisse” enunciò lui dopo quello che mi era parso un interminabile silenzio, “E neanche nessun’altro oltre lei” aggiunse. Pensai che il suolo sotto i miei piedi si aprisse. Pensai di sprofondare nel buio più profondo. “Non sono stupido Mary, so che provi qualcosa per me” sussurrò. Lasciai la presa dalla sua mano, mi imposi di parlare ma la lingua era impastata. E mi sentì stupida. “Te ne sei accorto?” ammisi, riprendendomi leggermente, strisciando nervosamente una mano sull’altro braccio, scegliendo malamente quello ustionato, “Non sei stata molto discreta” esordì l’indeterminato. L’aveva capito lui, Ian, Ken e c’avrei scommesso anche Az e Luke – cosa che effettivamente si rivelò vera – , evidentemente non dovevo davvero essere stata discreta.


Guardai Chris nei suoi grandi occhi bruni, solitamente così accoglienti, in quel momenti mi sentì così a disaggio, come se mi stesse guardando Ian con quel suo sguardo malefico. “Come fai a sapere che non potresti mai amare nessun’altra?” chiesi, dopo aver distolto lo sguardo, stringendo il bordo della maglietta tra i pugni, con tutta la forza che avevo, gli occhi fissi sulle mie scarpe. Non udì nessuna risposta, così sollevai gli occhi ed incrociai i suoi. Vuoto allo stomaco. “Perché so che non proverei niente …” esordì Chris con una voce alquanto tremante, insicura, forse. Lasciò la frase a metà per un po’, sotto il mio sguardo sempre più confuso, “Facendo questo” terminò. Allora aggrottai le sopraciglia chiedendomi di cosa parlasse, non feci in tempo a dar voce ai miei pensieri, che le mani del latino erano attorno alle mie guancie ed il mi ero ritrovata con l’impossibilità di proferir parola. Chris aveva zittito ogni mia parola, bloccando le mie labbra, con le sue.


L’ascensore suonò, per comunicarci che le porte si erano aperte e qualcuno probabilmente stava entrando, trovandosi spettatore di un bacio a timbro, forse anche veloce, ma che nella mia mente era stato di una lentezza scoraggiante, che mi aveva inizialmente colta di sorpresa. Chris non mi disse mai cosa provò in quel bacio, ma per tutto quello che accadde dopo, non penso che fosse vero che non provò niente. Ma io so quel che provai: una tormenta di farfalle svolazzanti nello stomaco, il tempo bloccato, un calore nel ventre e una scarica d’adrenalina lungo ogni singola vena. Non mi sarei mai voluta staccare da quelle labbra. “Penso sia meglio che facciamo le scale” esclamò divertita una voce, ci voltammo per vedere Rod con un sorriso sornione e le braccia incrociate, accanto a lui c’era Ian Cox, nessun sorriso malizioso o sguardo carnale, non era neanche una maschera o una lastra di ghiaccio era prettamente sconvolto. “Si faremo le scale” ripeté Rod, dando un’occhiata più approfondita a l’aria creata, Ian sconvolto, io imbarazzata e Chris abbastanza sconcertato, ma prima che potesse allontanarsi dalle ante dell’ascensore per permettere che esse si richiudessero, qualcosa accadde. E che accadde. Ian aveva caricato il pugno ed aveva sferrato con forza una botta nel pieno ventre del latino, poi si erano educatamente spostati, “Le scale sono più adatte” aveva concluso freddamente il biondino, riferendosi al figlio di Atena, prima che le ante si chiudessero.


Chris nel frattempo si era accasciato a terra, con le mani attorno il ventre, che tossiva abbastanza pesantemente. Mi lanciai su di lui, “Come ti senti?” chiesi apprensiva ed amorevole, il figlio del dio sconosciuto sollevò lo sguardo verso di me, sulle labbra fino a qualche istante prima contratte da una smorfia di dolore, si era dipinto un sorrisetto soddisfatto e malizioso, “Direi che questo bacio deve averti aperto gli occhi” aveva detto con pacatezza, essendo il dolore leggermente diminuito, lo guardai confusa. Chris rise un istante, afferrò la mia mano per farsi da leva per sollevarsi da terra, aveva adesso sul volto un sorriso genuino, “Ian Cox dirà di essere immune all’amore, ma non lo è di sicuro alla gelosia” aveva aggiunto, guardandomi dritta negli occhi. Cosa stava dicendo Chris? Che mai stava ipotizzando? Me e Cox?


Quello che non sapevo e che Chris aveva ragione, che io ed Ian avremmo avuto qualcosa. L’unica occasione che mi sarei concessa, vana perché il mio cuore sarebbe stato sempre di Rodriguez, ma non è da sottovalutare quello che ci fu tra me ed il biondo, l’unica cosa e che preferisco non anticiparvi nulla ed aspettare che la storia faccia il suo corso. “Dovresti concederti una possibilità” esclamò il latino, “Dovrei?” gli chiesi confusa, pensavo si parlasse di Ian non di me, Chris annui con il sorriso sulle labbra, “A te stessa. Dovresti concederti un ragazzo che ti ami” aveva aggiunto, con quell’aria così candida ed onesta, “Che condivida con te ogni cosa e che non ti chieda di condividerlo con un’altra, che amerà sempre di più” terminò il ragazzo dall’aspetto lievemente elfico. Mi sbilanciai ed abbracciai il ragazzo, “Forse, dovrei” sussurrai, allontanandosi appena da lui, il ragazzo allungò una mano verso i miei capelli, accarezzandoli abbastanza dolcemente, da farmi sorridere stupidamente ed arrossare le guancie, era davvero splendido, “Se ti servisse qualcuno con cui parlare o che ti conforti oppure che ti aiuti a sfamare il drago. Vieni da me” concluse con quel sorriso trionfale. Le porte dell’ascensore si aprirono e Chris scivolò fuori con un saluto dolce, ma prima di andar via aveva bloccato le ante, “A proposito di consigli: Per le ustioni è utilissima l’acqua salata” aveva terminato, con quel sorriso capace di farmi sciogliere, prima di andar via.


Il resto del pomeriggio lo passai a spettegolare con Az, non le dissi niente nel bacio ne delle questione di Ian, parlammo solo della Mela e chi me le mandava. Dal canto suo Aziza aveva passato quasi tutto il tempo a scambiarsi occhiate d’intesa con Nya, non rivelandomi cosa mai avesse scoperto tra Kenya e Kenny. “Bene signorine, questa è una nave da guerra vi ricorderei?” si piazzò davanti a loro Marge, con le mani arpionate sulla vita, i capelli rossi tirati tutti all’indietro e la cicatrice ben evidenti, gli occhi di diverso colore scintillavano fieri. “Aziza vai dal mio biscottino al miele per capire come funziona quella cosa” disse la rossa, indicando la collana dalle funzioni non ancora identificate che Morso aveva lasciato a Soraya per la loro bambina, “Tu indossa un’armatura e va a combattere contro Mad” aveva ben decretato la figlia di Ares con totale fierezza ed un tono che non ammetteva repliche. Annuimmo e ci apprestammo a svolgere i compiti assegnatoci. Per indossare l’armatura fui costretta a raggiungere Ian che come ogni giorno era a quella specie di chiosco, in cui era riposte tutti li arnesi da guerra. Il biondo stava studiando con incredibile perizia l’aerodinamicità di un arco. “Ian” esclamai, lui distolse appena lo sguardo, regalandomi un occhiataccia gelida, priva di qualunque inflessione, era davvero una maschera, “Mary” bisbigliò freddamente. “Mi serve l’imbracatura” enunciai, il volto di Ian cambiò, sul volto si aprì un sorriso più che mai sornione e sconfortante, per me, “Sono qui per questo, dolcezza” enunciò calcando molto il nomignolo.


Inutile dirvi che pochi minuti dopo stavo urlando di dolore, perché Ian era un dannato semidio senza cuore. Aveva stretto le cinghie più possibile, non permettendo al sangue di scorrere tranquillamente e nel caso del busto neanche l’aria. Stavo soffocando ed urlavo di dolore. Il cuoio ed il ferro premevano sui lividi che Ian stesso mi aveva fatto giorni prima, mentre un braccio mi stava davvero logorando, quello con l’ustione dove il bracciolo di ferro premeva tantissimo a causa dei nodi strettissimi del cuoio. Mi voltai di scatto verso di lui, “Per l’Ade Ian Cox, qual’è il tuo perverso problema?” gli chiesi, urlante, cercando di allentare uno dei lacci dell’avambraccio sinistro, “Non è il mio. È il tuo perverso problema” aveva risposto lui. Guardai Ian sufficientemente scioccata, cercando la giusta combinazione di parole, ma non la trovai, “Trovo schifoso che tu perda ancora tempo dietro Chris Rodriguez quando sai che Ateros la colpito. Puoi sfuggire da una freccia di Eros non di Ateros” aveva aggiunto Ian, con furore, afferrandomi per un braccio. Nei suoi occhi blu, divampavano fiamme di una certa fierezza e rabbia, tanta rabbia. “Evidentemente devi davvero mandare quella diffida ad Eros” dissi alla fine, portandolo a tacere, confuso, “Perché non sei immune proprio a niente” terminai, ignorando tutto il dolore fisico che avevo addosso. Ian rimase spiazzato dalle mie parole, si era come improvvisamente chetato ed in quel momento era lui a cercare le parole graffianti adatte, “Non so di che parli, Mary Unknown” aveva detto malizioso, con quel sorriso scanzonato, che aveva cominciato a farmi impazzire, perché era davvero bello. Ian non aveva un sorriso rassicurante, dolce, amichevole, affascinante o che altro, era semplicemente splendente, anzi folgorante. “Dimenticati di Chris” aveva aggiunto poi, ritornando di una serietà inquietante. “Preferisco quando sorridi scanzonato” gli dissi, riuscendomi finalmente a liberare dai nodi almeno al braccio, lasciando ad Ian un’espressione sconvolta sul volto bello, “Sei più carino”. E quello signori miei, fu la prima volta che lasciai Ian Cox nel più sconvolto dei silenzi.


Fino a sera non feci altro che menare fendenti a destra e a manca con la mia Physis, mentre Mad cercava in ogni modo di non farsi troppo male, ma con la spada la figlia di Lyssa non era un granché brava, così sotto gli incitamenti del suo pseudo fidanzato figlio di Ecate, aveva rinunciato alle armi fisiche e c’eravamo sfidate in una guerra di menti. Follia contro Dissennatezza. Bella sfida, eh? Volete sapere chi delle due vinse? Io o la sfrenata Amish figlia della pazzia stessa? Decretarono me vincitrice poiché ero riuscita a chiudere prima la mia mente dell’altra, ma prima che riuscissi a farlo, entrambe temo passammo un pessimo quarto d’ora, infilando orribili immagini e plagiando rispettivamente le nostre menti in malo modo, portandoci entrambe in una condizione davvero poco lucida. “Mai più” sputò fuori Mad, con le ginocchia strette al petto e le mani premute sulle tempie, mentre cercava di liberarsi dalla mia impronta mentale ed io lentamente scivolavo fuori da lei, “Concordo” esclamai, allungando una mano verso di lei, che l’afferrò per aiutarsi ad alzare. “Sei brava, nessuno si era mai schermato a me” aveva detto la bruna, passandosi una mano tra i capelli mossi, “È la prima volta che ci riesco” le sussurrai, ricordando che non ero mai riuscita a sfuggire al controllo mentale di qualcuno, o forse era solo ad Ian che non riuscivo a scappare, “Però tu sei brava ad insinuarti” le dissi, indicandomi una tempia, “Tu di più” si complimentò lei, arrossendo comunque per il complimento. Sorriso soddisfatta, “Mi sono esercitata su Luke” sussurrai, lasciando che Mad ridesse un po’. Se ero riuscita ad impormi sul fraudolento elfo malefico nessuno poteva resistermi.


Poi semplicemente giunse la notte. Non era ancora arrivata la mezza notte, quando esausta mi stava dirigendo verso la mia cabina, quando mi accorsi che qualcuno mi si era affiancato, mi voltai per intrecciare lo sguardo con quello di Rod. Due occhi grigi tempestosi intensi e profondi. “Cosa vuoi?” chiesi, cercando di non essere scortese, lui mi guardò attentamente, “Non so perché tu e Chris vi stavate baciando. Ma devi sapere che il mio amico ha una concezione estremamente particolare dell’amore” enunciò con fare da maestrino quello, guardandomi tremendamente serio, “Per lui l’amore ha senso solo con Clarisse. Hai presente le favolette amorose con l’unico grande amore che dura per sempre, che non potrà mai avere un’altra forma?” chiese retorico, annui comunque, così mi disse: “Ecco conosco Chris da una vita, non esisterà mai nessun’altra al posto di Clarisse, e bene che tu lo sappia” aveva terminato. Non sembrava esserci nel suo tono l’arroganza che scoprì lungo la mia vita essere il difetto fatale di tutti i figli di Atena, sembrava solo preoccupato, forse per Chris, forse per me, o per l’equilibrio precario che a stento si erigeva in quella nave. “Tranquillo Parmenide ne abbiamo parlato oggi” dissi solamente, aumentando il passo per svicolare a lui e quello che voleva dirmi. “Volevo solo assicurarmi che non costruissi castelli in aria, Marylin” mi urlò lui, prima di voltarsi e cambiare strada.


Raggiunsi la mia stanza e trovai su un vassoio d’argento, una mela verde chiaro attendermi. Sorrisi, aspettandomi di veder spuntare qualche biondo a caso. La prima volta c’era Luke, la seconda volta Erik e l’ultima volta Ian, quella volta chi? “Mary” mi sentì chiamare, trovandomi davanti un biondino dagli occhi verdi, prevedibile, il minore degli Sweetheart, “Andrew” dissi. Il ragazzo non rimase a guardarmi, si chinò e raccolse la mela dal vassoio, la guardò e poi la morse, “Lo so che in questo momento le cose non ti sembrano di un senso chiaro” aveva detto il dio. Mi chiesi qualche istante se parlasse della mia missione o semplicemente della confusione nel mio cuore. Optai per l seconda, mi sembrava parlasse proprio della seconda cosa, “Mi devo fidare di una qualche specie di divinità sconosciuta?” chiesi retorica, Andrew mi allungò la mela che presi, “Si dovresti, ne capisco d’amore e di ragazzi” mi rispose quello tremendamente divertito, addentai la mela, guardandolo ambigua, nel suo modo di dire c’era stato qualcosa di più particolare. “Sarò un dio, ma sono comunque un maschio” aveva spiegato la divinità, eppure c’era come qualcosa di strano e non detto, “E mi è concessa la pansessualità” aveva stabilito con un sorriso sbarazino, “Ovviamente” avevo detto io, addentando un altro pezzo di mela. Andrew aveva ridacchiato.


“E quindi prima o poi farò pace con l’amore?” chiese, sospirante, il biondo annui con un sorriso soddisfatto, “Ora, be, va da Luke, perché la signorina sta per svegliarsi” mi enunciò il biondo, toccandomi con una mano la spalla, “Grazie per questa ambigua chiacchierata, Andrew” dissi, il ragazzo scomparve davanti i miei occhi, lanciai uno sguardo languido alla porta della camera, ero davvero stanca, ma addentando un altro pezzo di mela mi diressi verso l’alloggio del mio comandate, con una certa curiosità. Lei si stava per svegliare e la cosa mi interessava, era come se il mio destino fosse inevitabilmente legato a quello della bella addormentata.

Ed era vero.







Abaya: Abito tradizionale mediorientale, un copricapo per i capelli tipico delle donne.
Hermano, me voy: Fratello, io vado. Fratello inteso ovviamente con il senso Bromance del termine.
   
 
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