«Dove mi stai portando, Edward?».
Il suo fidanzato sorrise, sfiorandole il mento con un dito. «È una sorpresa.
Non posso dirtelo»
Isabella avrebbe voluto dirgli di guardare la strada e non lei, ma sapeva che
sarebbe stato inutile. La macchina non deviava mai di un centimetro.
«Uffa», borbottò. «Sai che odio le sorprese.
Questo è un rapimento!».
Edward rise, ammiccando. «Nah, solo il tuo regalo di compleanno!».
Bella sprofondò nel sedile. Aver dimenticato di proibire esplicitamente ad
Edward di farle regali o auguri era stato l’errore più colossale che avrebbe
mai potuto fare. Sembrava quasi un gioco per Edward, che l’aveva svegliata
quella mattina con un sorrisone sulle labbra ed un vassoio colmo di cibo fra le
mani.
Bella aveva fissato la colazione per un minuto intero prima di rendersi conto
di che giorno era.
Si. Aveva dimenticato anche quello.
Ed ora si ritrovava nella macchina del suo fidanzato, a percorrere una
strada che non aveva mai visto e diretta verso una meta sconosciuta. Incrociò
le braccia, irritata.
Edward le lanciò un occhiataccia e, al vederla così, inchiodò con la macchina
senza preavviso.
Bella rimbalzò: se non ci fosse stata la cintura di sicurezza a tenerla stretta
contro il sedile, sarebbe piombata dritta contro il parabrezza.
Il vampiro le prese con dolcezza la testa fra le mani, accorciando notevolmente
la distanza fra i loro visi. «Hai intenzione di tenermi il broncio per tutto il
giorno? Ci ho messo tanto ad organizzarle questa sorpresa, signorina Swan. Non
può deludermi così».
Edward le sfiorò la punta del naso con il suo, respirando il suo odore. Al
contrario, Bella era paralizzata, completamente alla sua mercé… come al solito,
a lui era bastato un attimo per incantarla.
Chiuse gli occhi, stringendogli le braccia intorno al collo. Azzerò la distanza
fra le loro labbra, lasciando che si incontrassero.
Fu un bacio tenero, dolce. Le loro lingue si ricorrevano e giocavano tra di
loro, le labbra di una lambivano quelle dell’altro. Bella intrecciò le dita ai capelli di lui,
avvicinandolo più che poteva a sé, e gli mordicchiò il labbro granitico. Un
momento dopo Edward gli baciava il mento, e poi scendeva a baciarle il collo,
per poi risalire sulle guance e sulle palpebre lasciando dietro di sé una scia
infuocata.
Lasciò che lei lo baciasse un ultima volta e poi l’allontanò con delicatezza,
gesto spontaneo che eseguiva quando decideva che erano andati troppo in là.
«Mmmh», gemette.
Bella arrossii. «Ehm, credo che tu mi abbia convinta…».
«Ora devo bendarti», mormorò Edward ad un certo punto.
«Che cosa?!», esclamò lei, sciogliendo l’intreccio delle loro dita. Si era
quasi rassegnata all’idea che Edward le avrebbe fatto un regalo, si sentiva
anche quasi… curiosa. Ma la benda no. Fuori discussione. Out.
Lui rise della sua espressione sconvolta, ed estrasse dalla tasca dei jeans un
pezzo di stoffa scura, lunga e sottile. «Se scopri dove ti sto portando
quindici minuti prima di arrivare non sarà più una bella sorpresa, non credi?».
Sgranò gli occhi. «Perché, c’è qui in giro un cartello pubblicitario della
nostra destinazione?». Si mise una mano davanti agli occhi, comprendo il sole
per scrutare le insegne in lontananza. «Devo scoprirlo, ti prego!».
Ma non fece in tempo ad afferrare la maniglia della portiera per uscire fuori
che Edward aveva già bloccato le sicure, eliminando ogni possibile scappatoia.
«È una sfida, Edward Cullen?».
«Se fossi in te mi arrenderei subito».
«Mai».
«No, NO, NO!», gridò Bella per
l’ennesima volta, contorcendosi sul sedile.
Ormai non respirava più dalle risate.
«Sicura?», ridacchiò beffardo Edward, facendo correre più velocemente le sue
dita sul ventre della fidanzata. Ormai erano cinque minuti che resisteva…
avrebbe ceduto presto. Rise più forte, convinto di sé.
«SI!», urlò. «Non mi… lascerò… mettere… quella co…», biascicò fra una risata e
l’altra. Scalciò contro il petto di Edward, ma fu come combattere contro un
muro.
Muro che, accortosi della sua testardaggine, sollevo una mano dai suoi fianchi
e prese a solleticarle anche il collo.
«NO, IL COLLO NO!». Ormai non ce la
faceva più. Sarebbe crollata.
«Ti arrendi?».
«Va bene, va bene!».
Bella si lasciò andare contro il sedile, scoppiando in una risata isterica.
Si sentiva le guance in fiamme e probabilmente non sarebbe mai più riuscita a
respirare come si deve, ma l’importante era che aveva fatto valere i suoi
diritti, no?
No. Perché Edward si stava avvicinando comunque a lei con quella benda nera ed
oscura.
«Non fare la difficile, o ricomincio!».
Quella frase bastò per mettere fine ad ogni altra lamentela.
«Siamo arrivati?».
«Mmmh», acconsentì Edward, aprendo la portiera a Bella e cingendole la vita con
un braccio. «Ma devi tenere la benda ancora per un po’».
La fece camminare per un po’ su qualcosa che pareva un sentiero sterrato –
terra o sabbia? - fino a quando, con grande sua grande sorpresa, la sollevò
inaspettatamente fino a farla sedere a cavalcioni su una superficie liscia.
Bella non capiva ancora dov’era, ma una cosa l’aveva capita.
Era in alto, molto in alto.
«Edward, oddio, cos’è? Posso togliere la benda?». Mosse piano i piedi, che
penzolavano nel vuoto. Oddio.
«Un’attimo», si affrettò a dire lui. Un momento dopo lo sentì sedersi al suo
fianco e cingerle la vita con dolcezza, posarle il mento sulla spalla.
Lei rimase immobile, terrorizzata. La cosa su cui erano seduti aveva iniziato a
muoversi dopo un impercettibile movimento del braccio di Edward.
«Edward, cosa succede?», mormorò Bella, spaventata.
«Ssh», la rassicurò lui. «Sono qui».
E poi le sciolse la benda.
Bella sbatté le palpebre, disorientata dalla forte luce che improvvisamente gli
batteva sugli occhi. E poi, una volta superato l’annebbiamento…
Lo spettacolo davanti a sé era meraviglioso. Era seduta con Edward sul dorso di
un bellissimo stallone bianco, che passeggiava su una magnifica spiaggia sotto
i suoi comandi.
L’oceano era di un blu fantastico, della stessa tonalità del cielo. Il sole di
mezzogiorno splendeva sulla pelle di Edward, facendolo brillare sotto ai suoi
occhi.
«Oh». Una lacrima solitaria mi rigò il viso. «Edward, è… è… io non riesco
nemmeno a trovare le parole per descriverlo», singhiozzò Bella, commossa. Lui
la strinse più forte contro il suo petto e, senza mollare le redini, le baciò
le lacrime. «Va tutto bene», mormorò, lievemente… deluso? «Lo so, è stata
un’idea terribile. Non c’è bisogno che tu pianga».
Soffocò una risatina isterica. «Edward, che sciocchezze stai dicendo? Io… io
credo di non aver mai vissuto un giorno bello quanto questo. Davvero».
Edward sgranò gli occhi. «Dici sul serio? Non lo dici solo per compiacermi, vero?».
«Lo giuro».
Lui le fece fare una lunga passeggiata a cavallo, riempendola di baci e di
carezze. Bella avrebbe giurato: non si era mai sentita così bene in vita sua.
Edward era un angelo.
E poco importava della curiosità di sapere dove aveva preso il cavallo, della
preoccupazione per il fatto che Edward era uscito allo scoperto in una giornata
di sole o del fatto che era il suo compleanno e Bella non meritava tutto ciò.
Erano soli, insieme, e quello era tutto ciò che contava.
«Ti va se lo faccio correre?», chiese Edward ad un certo punto. Bella annuì, e,
con una scrollata delle briglie, il cavallo partì al galoppo.
Era una bella sensazione. Bella era abituata alla velocità, dato che Edward
l’aveva portata spesso in spalla durante alcune delle sue corse più sfrenate,
ma stare a cavallo era tutt’altra emozione.
Era indescrivibile. Sentiva tutto, gli zoccoli del cavallo falciare l’aria ed
affondare nell’acqua bassa, il vento che le accarezzava i capelli, il petto di
Edward che si abbassava contro la sua schiena al ritmo del suo respiro…
«Hai paura?», mormorò lui, vedendola rabbrividire.
Si lasciò andare contro di lui. «No. Non avrò mai paura se ci sei tu. Mai».
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Dai, ragazzi.
Giù
quei forconi. Giù i coltelli e le fruste. Anche le torce infuocate, vi prego.
Giuro che è l’ultima volta che vengo a rompervi con le mie storie pessime,
davvero.
Si, vabbé, questa l’avete già sentita, lo so! e.e
Ho 3 fanfictions che aspettano di
essere aggiornate da secoli e sono qua a pubblicare un’altra storia demente
delle mie. Ma non vedevo l’ora di pubblicare questa, davvero.
Apriamo una piccola parentesi di quelle che fanno nelle biografie dei grandi
scrittori per la serie
Da cosa è nata questa storia?
Io. Un libro di storia da studiare, un foglio bianco e vuoto. Ovviamente
qual è la cosa più interessante fra un libro di storia colmo d’informazioni ed
un normalissimo e noiosissimo foglio inutile e bianco?
Il foglio, ovvio.
Dove e quando è ambientata?
Boh. No, dai, via quelle facce alla “ma quanto la piglierei a sberle?”, lo
vorrei fare anche io.
È che, rileggendomi la saga per la millemillesima volta, mi sorge un dubbio:
Ma Bella è talmente sfortunata da non poter avere nemmeno un compleanno umano
sereno?
E quindi parte questa storia, ambientata in un contesto molto vago.
La smetterò di parlare a vanvera prima o
poi?
Spero di si. Il mio cervello si sta ribellando oggi, si vede?
WaryJMS
P.S. Perdonate questo angolo autore leggermente demenziale. Per chi non mi
conosce, giuro che non faccio sempre così. È il raffreddore.
P.P.S. Ovviamente le recensioni sono molto gradite,
grazie!