Capitolo 2: Incontro in centro.
I
miei mi fanno domande su
domande e le prime ore del pomeriggio volano via in un batter
d’occhio.
–Mamma guarda che
più tardi esco. Ho un
incontro di lavoro.- devo incontrarmi con un giornalista italiano, che
ho
incontrato a Londra e mi ha aiutato per un articolo. Ma tutto questo a
mia
madre non lo spiego. Ho 26 anni. Direi che non mi serve una spiegazione
per
uscire. Ed il più tardi è arrivato in fretta.
Mi cambio e mi vesto con un paio di jeans neri e una
camicia blu e
bianca a scacchi, aperta, mentre sotto lascio intravvedere una
canottiera
bianca semplice, che mette in risalto la mia forma snella e la mia
pancia
piatta, che dopo tanto, duro lavoro è arrivata anche a me.
Mi trucco: matita
nera, mascara, un po’ di terra e un bel rossetto rosso.
Quanto mi piace il
rossetto! Infilo un paio di scarpe nere con il tacco, un magione nero e
il
giaccone. Borsa, cellulare, chiavi .. ok ho tut…azz, la
macchina … –Papà! Mi
presti la macchina!- mi guarda stranito, ma sorride.. –Vai
vai, ma sta attenta.-
-Certo!- gli do un bacio sulla guancia e scappo.
In
strada c’è traffico, come
sempre. E quando sono quasi arrivata, sono in ritardo. Perfetto!
Posteggio
e cammino spedita
verso piazza Duomo. Sono super in ritardo. Eccolo! Christian mi sorride
nel suo
completo da ufficio scuro. Elegante, affascinate. La sua carnagione
abbronzata
è messa in risalto dalla camicia bianca un po’
sbottonata e sgualcita, ma con
classe. –Ciao.
Scusami per il ritardo!
Milano è sempre un casino- Sorride e mi lascia vedere i suoi
denti bianchissimi,
curati, che si contrano con la sua barba scura lasciata incolta, ma
volutamente
e regolata perfettamente. I
suoi occhi
verdi incrociano i miei nocciola. Si passa una mano tra i capelli
scuri, corti,
ma non troppo. –Tranquilla, non è molto che
aspetto. – due baci sulle guance,
la sua mano sul mio fianco e sento il suo profumo di marca, forte,
mascolino.
Un po’ mi eccita. Ho sempre trovato intrigante
quell’uomo. Sorrido. –Ti
vedo in forma!- ammicca. –Grazie, anche
tu stai molto bene, anche se sei appena arrivata. Il viaggio tutto a
posto?- -Si, ti
ringrazio. – ci
incamminiamo verso il bar e ci sediamo a un tavolino sulla piazza.
Parliamo del
più e del meno e lui mi stuzzica. –Allora, avrai
lasciato a Londra mille cuori
spezzati ..- ammicca. –No..- esito, distolgo lo sguardo ..
conosco questo
gioco.. –Non mille .. un paio.- Ride.. – Eh brava!
E qui .. c’è qualche cuore
solitario che ti attende?- mi fissa, penetrate. Ha due occhi stupendi.
Intanto
allunga la mano sul tavolino e prende la mia, la sfiora appena. Io
scappo al
suo tocco. –Ma non dovevamo parlare di lavoro?- sorride.
–D’accordo.- Mi parla
della sua proposta di fare un articolo incrociato tra Milano e Londra e
una
collaborazione per diverse interviste e sondaggi. Parliamo di lavoro
per un ora
e si sono fatte le sei. Ci scambiamo i numeri di telefono per
risentirci
sull’offerta di lavoro, che mi pare abbastanza interessante. –E poi, mi puoi
chiamare se ti senti sola qua
a casa.- sorrido e lo guardo .. –Si, potrei farlo.- Mi posa
la mano sul fianco
e mi bacia sulla guancia. Un bacio intenso, prolungato, speranzoso di
un
proseguimento che va oltre i vestiti. –Ci sentiamo, allora,
Chris.- Mi guarda. Sorride
e spera. –Quando vuoi.-
Mi incammino
verso il posteggio, ma mi giro per l’ultima volta a
guardarlo. Lui è ancora li
e mi fissa allontanarmi. Si, mi sa proprio che lo chiamerò
presto.
Passeggio
spedita ed è buio.
Il Duomo illuminato mi emoziona sempre e senza accorgermi mi sono
fermata a
fissarlo, rapita dalla sua magia.
Trenta
secondi che mi sono fermata e BAAAM .. cado. Ho il sedere per terra e
mi fa
male. –Ahia! .- -Scusami, scusami tantissimo. Non guardavo
dove andavo.- Una voce
calda, maschile si scusa, frettolosamente e una mano forte e grande mi
prende
per un braccio e mi aiuta a mettermi in piedi. –Aah che mano
fredda!- Tolgo il
braccio dalla stretta. La mano era
congelata. –Scusa, ho sempre le mani fredde.- Sbuffo. Mi
ricorda qualcuno.
Scaccio il pensiero. –Bè, stai più
attento e non andare in giro ad ammazzare le
persone!- -Che tragica. Mi pare che sei ancora viva, o sbaglio?- -Ah .
Ah
spiritoso.. guarda che mi sono fat..- alzo lo sguardo per fissare
irritata il
mio assalitore e mi gelo. Mi pietrifico sulle mie gambe che tremano, ma
riescono ancora a sorreggermi. Non è possibile! No! Non
può essere lui! Su
centinaia di persone in piazza duomo a quest’ora : lui! Eh
no! No! Non è
possibile…. –Ti senti bene?-
No, non è
lui, non mi ha riconosciuta. Ok che in 5 anni sono cambiata parecchio,
li
taglio di capelli, ho tolto gli occhiali, sono
dimagrita…però se fosse lui
saprebbe chi sono. Scuoto la testa. –Si, scusa è
che mi pareva.. – Lo guardo
ancora e sembra perplesso, un po’ preoccupato.
–Niente. Sto bene. – Sorrido. E
lui mi sorride. Un tuffo al cuore. Ha lo stesso sorriso. È il tipico
uomo dai colori meridionali.
Capelli scuri, occhi scuri. Fisico snello, ma robusto. Indossa un
bellissimo
completo nero e camicia bianca con cravatta, un po’allentata.
La barba incolta
gli sta divinamente. Avrà sui 28 anni. Dio! Gli assomiglia
cosi tanto! Raccoglie
la sua valigetta –Bene allora,
scusami ancora .. davvero non volevo ucciderti, come dici tu.- Sorride
ancora.
Io mi passo una mano nei capelli, mentre lui aggrotta la fronte e mi
studia. Mi
guarda per un po’ e poi sgrana gli occhi. Apre la bocca e poi
la richiude.
Scuote la testa. Apre di nuovo la bocca per dire qualcosa, ma non la
dice. Non
ho tempo da perdere. –Bè , si ok … ora
vado. Arriderci.- Lo supero. Mi blocca
per un braccio. –Aspetta!- Lo guardo un po’
spaventata, non mi aspettavo questa
reazione. –Posso vedere il tuo polso destro.?- Lo guardo
stranita… ma che
domanda è? Perplessa
mi sgancio dalla
sua presa e mi tiro su leggermente la manica: - ok. Ecco.- Lui guarda
il mio
polso e impallidisce. – Non è possibile.-
-E’ un tatuaggio .. niente di che. –
Mi fissa. –Come ti chiami?- Lo
guardo, non capisco, non capisco cosa vuole. –Serena. Tu?-
Sbianca ancora di
più. –Non è possibile. - -Strano nome..
– Sorrido. Ma lui è paralizzato e
scuote la testa.. –Non puoi essere tu..- ..E allora capisco.. il mio
timore iniziale era
vero. È lui.. questa volta sono io a sbiancare e scuotere la
testa..
–Federico..- Lo sussurro .. ho quasi paura di dirlo. Paura
che sparisca , paura
che scappi.. lo fisso e a stento trattengo le lacrime. Mentre sta per
dirmi
qualcosa , un bambino gli si affianca e gli tira la giacca.
–Papà ! Sono
arrivato io da te ! –Sorride felice.
Papà?! .. mi manca il fiato, mi viene da
svenire. Papà? No, no avrò
capito male. Lui guarda il bambino e poi di scatto torna a fissarmi,
mentre una
donna si avvicina: -Ah signor Fumagalli, mi scusi .. ma è
voluto correrle in
contro.- Lui si
gira: - Non c’è
problema signora Bianchi.- Sorride
gentile. –Allora ci vediamo domani mattina.- -Certo- -Ciao,
Enea! Ci vediamo
domani!- -A domani, signora Bianchi.- Il bambino è
bellissimo, biondo scuro e
occhi chiari, e molto educato. Avrà, più o meno,
quattro anni e fa fatica a
pronunciare le “n”, ma si vede che si impegna.
Lui mi guarda ancora stupefatto. –Ma sei davvero
tu, Sere? – Sospiro.
–Si..-Non so che altro dire e continuo a fissare il bambino
che ora mi guarda
interessato. Cala il silenzio per qualche minuto e mi sembra di sentire
un gran
peso sulle spalle. Lui guarda il bambino. –Sere, lui.. lui
è mio figlio Enea.-
Trattengo il fiato. Sapevo che stava con una donna, lo sapevo. Ma non
sapevo di
nessun figlio e di nessuna moglie.
Però
guardando quel bel bambino mi si addolcisce lo sguardo.
–Ciao, Enea.. - Sorrido.
–Lo sai che sei proprio un bel
bambino.- e mi sporgo verso di lui. Lui, forse impaurito, si nasconde
dietro
alla gamba del padre. –Enea! Fai il bravo. Ringrazia.- Il suo
tono è dolce,
affettuoso. –Grazie.- Enea
lo sussurra.
Lui mi guarda –Scusalo, non ama molto gli estranei.- Sorride,
dolce,
buono. Lo guardo e
rimango a fissarlo un
po’, ancora mi sembra di
provare l’eco
di quei sentimenti che pensavo assopiti. Quei sentimenti che ci hanno
tenuti
legati per 4 lunghi anni. Anche lui mi guarda, mi guarda con occhi
brillanti.
Quei suoi occhi scuri cosi densi, cosi intensi, cosi belli.
–Sei sempre più
bella.- Sorrido. –Grazie. Anche tu. .. cioè ti
vedo in forma!- Mi sento cosi
impacciata. Mi sembra di essere tornata indietro nel tempo, a quando
avevo 18
anni e siamo usciti insieme per la prima volta. Ride.
–Grazie. Lui mi mantiene
in forma. Devo corrergli dietro.- e indica il piccolo aggrappato alla
sua
gamba. Mi guarda –Perché non mangi con noi.
Parliamo un po’- Sorride, benigno,
sincero, speranzoso. Mi guarda con occhi carichi di aspettative e che
in
silenzio mi pregano di dire si. E io non me ne accorgo, le parole
escono da
sole: -Si, certo.- Ci
incamminiamo verso
casa sua, o meglio, casa loro e restiamo per un po’ in
silenzio. – Allora
quando sei tornata?- -Stamattina.
Ero in
centro per lavoro.- Annuisce. –Capisco.-
Cade di nuovo il silenzio.
–Hai
intenzione di rimanere o riparti subito?-
-No, no rimango un po’.
Magari un
paio di settimane.- Sorride. –Dormi dai tuoi?-
Mi sento un po’ imbarazzata. –Si, mi
pare l’idea più economica.- Ride.
–Hai ragione.- Dopo
pochi passi
raggiungiamo un gran palazzo con un bel portone di legno e ferro
battuto.
–Casa.- Il
bambino saltella sul gradino
d’ingresso. Mi sento a disagio. –Sei sicuro che non
disturbo. Magari tua moglie
non gradisce ospiti, soprattutto tue ex. E poi così
all’ultimo momento, non è
educato.- Parlo in fretta, agitata, in ansia. Lui mi guarda e aggrotta
la
fronte –Mia moglie?!- -Si
tua moglie, la
madre del bambino.. suppongo viva con voi.- Sorride e scuote la testa.
–No, no
.. non sono sposato. La madre di Enea è… via.
Molto lontano da qui.- E sembra
un po’ triste, sospira quasi quelle parole fossero pesanti
macigni, che si
porta dentro da tanto tempo -Oh.-
Non so
bene che altro dire. Ero felice che non ci fosse nessuna donna in casa
ad
aspettarlo, ma dall’altra parte mi sorprendeva che avesse
fatto un figlio con
una donna che non fosse sua moglie e che non abitasse con loro.
Varcammo
il portone ed Enea
fece tutte le scale di corsa. –Papà ho fame!-
Sorrido e lui mi guarda. Sorride a sua volta.
–Adesso mangiamo. Fai il
bravo che abbiamo un ospite.- Arrossisco. Un po’ mi sento in
imbarazzo. Entriamo
in un bel appartamento arredato
accuratamente, con i mobili in legno scuro e le pareti bianche
alternate da
colori accesi. Una cucina all’avanguardia e ben ordinata
nell’angolo a sinistra,
un salone con due bei divani color crema, davanti
all’ingresso, con un
televisore al centro. Una scala portava al piano superiore dove,
supponevo, si
trovava la camera matrimoniale e una singola con un bagno.
-Bè,
non è molto grande,
però..- -E’ bellissima.- Sorrido sincera. Mi pace
d’avvero. E mi vengono in
mente i nostri sogni, i nostri progetti insieme. Mi si stringe il
cuore. Non abbiamo
fatto nulla di quello che c’eravamo promessi.. –Fai
come se fossi a casa tua,
mentre preparo un piatto di pasta.-
-Sii
la pasta!- Enea ride. Il padre gli sorride. –Vuoi una mano?- Mi guarda. –Sei
gentile, ma no.. d’avvero,
faccio da solo.- Posa
la giacca sul
divano e la valigetta ai piedi della scala. Mi tolgo anche io la giacca
e vedo
che Enea fatica un po’a togliere la sua. –Aspetta ,
ti aiuto.- Aiuto il bambino
a spogliarsi e a mettersi le ciabatte. Intanto parliamo un
po’ e facciamo
amicizia. Mi sono sempre piaciuti i bambini e lui è tanto
dolce. Ci mettiamo
sul tappeto di fronte alla tv e cominciamo a giocare insieme e io,
dispettosa,
gli faccio il solletico. Lui ride, ride forte. E Fede esce dalla cucina
e ci
guarda sorpreso. Io rido con Enea perché non riesco a
trattenermi quando sento
un bambino felice. –Pazzesco!-
sento
dire a quell’uomo che conosco, ma non poi così
bene come pensavo. Guardo
ancora quel bambino che rotola sul
tappeto e ride, mentre gli faccio il solletico. Penso a tutto quello
che c’eravamo
promessi, alle mille cose che c’eravamo detti e, guardando
quegl’occhi chiari e
dolci e quella risata felice, capisco che tutto è stato
messo da parte. Tutto è
stato lasciato indietro in un piccolo angolo del cuore, ma magari non
del tutto
perduto. Alla fine, la speranza è sempre l’ultima
a morire.
Mando
qualche messaggio,
per annullare i
piani della serata:
questa cena sarà più lunga del previsto! Metto il
silenzioso e ripongo il
telefono in borsa, mentre con voce leggermente tremante Fede chiama
entrambi a
rapporto, posando tre piatti a tavola.