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Autore: fiammah_grace    19/03/2012    4 recensioni
[RufusxTifa]
Rufus Shinra, giovane ed arrogante ex-presidente della Shin-Ra corporation. Tifa Lockheart, dolce e tenace membro AVALANCHE. Lei odia la Shin-Ra, Mako, SOLDIER e tutto ciò che vi riguarda. Lui è il maggior esponente di tutto questo. Eppure...
Genere: Generale, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Rufus Shinra, Tifa Lockheart, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Advent Children
Capitoli:
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Salve a tutti. Se ve lo stesse chiedendo, ebbene sì, sono ancora qui!! 
  
I prossimi capitoli sono già pronti, e concluderanno questa storia dedicata alla coppia RufusxTifa. 
  
Vi ringrazio per la pazienza avuta, soprattutto considerando i miei poco costanti aggiornamenti. 
  
Nel giro di questa settimana posterò tutti gli ultimi capitoli. 
Spero li seguirete sicché io possa concludere questo percorso con voi che mi avete tanto incoraggiata e sostenuta a intraprendere. 
  
Ammetto infatti che se in questi ultimi giorni ho deciso di mettermi a tavolino e completare l’opera è stato per tutti voi che mi seguite con tanto affetto! 
Per voi era giusto non lasciare incompleta questa fanfiction, alla quale anche io sono affezionatissima. 
  
Come ribadisco spesso,Rufus e Tifa sono una coppia che mi ha sempre fatto fantasticare. 
Adoro entrambi i personaggi, e nonostante il tempo, continuano sempre ad emozionarmi. 
  
Cosa aggiungere? Ringrazio tutti tantissimo! Godetevi il primo degli ultimi quattro capitoli di “Oblivion”. 
  
Un bacio sincero a tutti voi!! 
  
fiammah_grace 
  
  
  
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CAPITOLO 16 
  
  
  
  
“Tu hai fatto di tutto perché il mio tempo impazzisse ma, per la mia ragion d’essere perduta, non potevo che incolpare me stessa.” 
  
  
  
  
Era passato diverso tempo da quando Tifa aveva smesso di contare i minuti. Da quando si era addormentata, il tempo le era sfuggito completamente di mano. 
Era quasi del tutto sdraiata sulla poltroncina della carrozza, col capo chinato sul bracciolo. La posizione non era per nulla comoda, ma non aveva pensato minimamente né di lamentarsene né di cambiare posizione. 
Alzò gli occhi per sbirciare dalla finestra il paesaggio e non le fu difficile intuire che, dalla vegetazione fitta e il grande lago oramai lontano, il treno fosse nella regione di Junon. 
  
Sospirò appena e socchiuse gli occhi per ricercare quella quiete che aveva quasi raggiunto mentre dormiva. Tifa, ventitré anni quasi, stava fuggendo con … Rufus Shinra? 
Non una fuga qualsiasi. Una fuga del tutto infantile, volta a risolvere un bel niente, se non per dare un attimo di tregua ai due, fuori dai loro contesti e vite. 
  
Il biondo Rufus Shinra era seduto di fronte a lei e aveva un volto molto pensieroso. Tifa poteva sostenere fosse persino preoccupato. Qualcosa lo turbava, ma lei non sapeva cosa. Certamente non era per gli stessi motivi che non facevano dormire lei. 
Aveva lo sguardo fisso sul computer che era poggiato sulle sue gambe e di tanto in tanto premeva la tastiera assumendo un’espressione sempre più lontana dalla realtà. 
  
Di tanto in tanto lanciava un fugace sguardo verso Tifa, che fu abile nel fargli credere che stesse dormendo ancora. 
  
All’improvviso il telefono del ragazzo squillò e Tifa sbarrò gli occhi che andarono a incrociarsi istantaneamente con quelli azzurri di lui. 
  
“Chi è?” chiese. 
  
Rufus, che sembrò un attimo pensarci su, riattaccò la chiamata. 
  
“…  Tseng. Scusa un attimo, vado a fumare.” Disse alzandosi e uscendo dalla carrozza. 
  
A quella reazione, che le sapeva tanto di -se te lo dico, poi ti dovrei un mucchio di spiegazioni-, Tifa si alzò e si affacciò appena dalla carrozza. 
Rufus era sparito dalla sua visuale. Era sgattaiolato in chissà quale angolo del treno per evitare che lei s’impicciasse in qualche modo. 
Si gettò all’indietro cadendo sul sedile con forza. Sbuffò più volte, terribilmente infastidita da atteggiamenti di quel tipo. 
Come se Rufus di per sé non sembrasse un raggiratore e un bugiardo, in più i suoi atteggiamenti ambigui lo rendevano persino peggio. 
E dire che sapeva benissimo lei chi fosse. 
  
Il fatto che un ex-AVALANCHE avesse deciso di dargli fiducia, di fuggire con lui … 
Non era saggio, poi, giocarsi tutto facendo il bel misterioso, specie nella sua posizione da ex- presidente dell’azienda Shin-Ra. 
Incrociò le braccia sul petto e, di tanto in tanto, faceva per sporgersi sperando di intravederlo fuori, nel corridoio. 
I suoi occhi, poi, andarono di colpo sul computer portatile poggiato proprio sul sedile di fronte a lei. Lo guardò incerta, elaborando sempre di più che in quel computer, probabilmente, vi erano le risposte a tutte le sue domante legate a Rufus. 
Archivi, piante, piani legati a tutto quel che faceva parte del suo lavoro. 
Senza volerlo, le balenò immediatamente in testa quel logo che intravide quel giorno in quella lunga pila di fogli poggiati sulla scrivania di Rufus. 
Il cuore cominciò a batterle e Tifa aveva solo due domande da porsi: farlo o non farlo? 
Sbirciare avrebbe significato che non aveva ancora raggiunto un livello sufficiente di fiducia nei riguardi del ragazzo. 
Tuttavia era un’occasione poco ripetibile. Non dare nemmeno un’occhiata, le avrebbe fatto scappare sicuramente delle informazioni cui non era detto che Rufus l’avrebbe mai fatta partecipe. 
Guardò un’ultima volta verso il corridoio, Rufus non sembrava nelle vicinanze. 
Con il cuore in gola, si sporse appena verso il computer e, con occhi fugaci, sbirciò il documento che lui stava controllando fino a qualche momento prima. 
Cercò di scorrere le pagine, ma non riuscì a capire di cosa trattassero esattamente. Le prime pagine erano decisamente tutte dedicate all’aspetto burocratico dell’azienda edile, le sembrava. 
  
“Cosa stai facendo?” 
  
La voce leggermente accigliata di Rufus all’improvviso piombò nello scompartimento e Tifa, sobbalzando, si rimise velocemente al suo posto, sedendosi con un lancio sul sedile. 
  
“… niente.” Disse guardandolo serafica. 
  
“… ‘niente’?” le fece eco lui, per niente convinto. “Se dovessi giudicare dall’evidenza, direi che controllavi se mi comportassi da bravo ragazzo.” 
  
Tifa tese le spalle e fece finta di non capire. 
  
“Mi era caduto un orecchino. Tutto qui. Devo, forse, darti conto di una cosa simile?” 
  
“Anche se sono entrambi al loro posto, giusto?” disse secco. Indicando verso i lobi delle sue orecchie. 
  
“Oh! Beh … è un bene che non abbia perso uno dei pochi cimeli della mia famiglia.”  Vaneggiò Tifa, con voce frettolosa. 
  
Rufus prese posto accanto a lei e Tifa, in quel momento, sentì il cuore tremare. Era indubbiamente turbata per tutte quelle emozioni positive e negative che quel ragazzo suscitava in lei. 
Non si fidava, fondamentalmente. 
Quando invece se lo ritrovava di fronte, sentiva che non aveva più nessun motivo per dubitare del ‘nuovo Rufus’, ben lontano dalla figura del presidente della Shin-Ra, oramai. 
Eppure, queste due emozioni spesso si fondevano e si scambiavano in continuazione, creando in lei dei turbini che andavano a scontrarsi una continuazione. 
  
Rufus, dal suo canto, rimase ad osservare il viso corrucciato di Tifa per un po’, poi le sfiorò la mano con fare elegante fino ad avvicinarla alle sue labbra. 
Tifa si voltò verso il finestrino, incerta. 
  
“C-che hai?” chiese. 
  
Rufus rise appena inarcando le sopracciglia. 
  
“Tesoro, ti sei appena svegliata e già cominciamo a discutere. Credi riusciremo, per il resto del viaggio che ci rimane, a trovare un sano equilibrio?” 
  
Tifa sgranò gli occhi e lì per lì non seppe bene come mostrarsi. 
  
“Non so … direi che dipende da te.” 
  
“Da me? Io direi che tutto dipende dalla tua testa.” Controbatté leggermente ironico, accarezzandole appena i capelli che scivolavano sulle guance. “Mi sembra che da parte mia, sia più che chiaro.” 
  
Tifa non era abituata a lasciarsi andare. Non era abituata a simili gesti. Non era abituata a fidarsi delle persone, dopo la fatica che aveva fatto per sopravvivere da quando aveva quindici anni. 
Rufus invece era disinvolto, così tanto, che il tocco delle sue mani su di lei fu così efficace da annebbiare tutti quei pensieri che già cominciavano a galleggiare nella sua mente. 
Non riusciva, all’improvviso, a capire più se la stesse ingannando, amando o se invece fosse proprio lei quella che non riusciva a dare un nome a quel che provava. 
Lui l’accarezzò e la baciò appena sulle labbra creando un momento di calore e contatto a cui Tifa non era abituata per nulla. 
A dispetto di come si mostrava, non aveva mai avuto un ragazzo vero e proprio. 
Poggiò le mani sulle braccia di lui e lo allontanò, non in maniera brusca, ma ferma. 
  
“Noi non stiamo assieme, ricordalo.” Disse non appena i loro occhi si incrociarono, separati da quel contatto. 
  
“Oh, ma certo …” rispose lui, ironico.  
  
Il biondo presidente quasi sembrava beffeggiarsi di lei. Tifa strinse le mani sul collo della camicia mentre lui si chinava di fronte a lei continuando a scrutarla divertito e curioso. 
  
Per lei, che era così difficile esprimere chiaramente i suoi sentimenti, avere la mente offuscata solo nell’incrociare i suoi occhi, era un qualcosa di così strano e bello allo stesso tempo. 
  
A lei la vita aveva negato tutto. Dalla felicità familiare che le spettava di diritto, ai piccoli scherzi del destino che l’avevano sempre portata lontano da chi, invece, si era sempre figurata vicino. 
  
E in tutto questo, era apparso lui. 
  
Un uomo che non avrebbe mai e poi mai immaginato così simile a lei. Un uomo segnato dal fato e da circostanze cui era impossibile sottrarsi. Qualcuno che nella sua vita, in maniera indiretta, c’era sempre stato. 
  
Eppure, ora la Shin-Ra sembrava così lontana da ‘Rufus’. 
  
Si strinse a lui abbandonandosi, lentamente, sulle sue spalle. 
In verità, Rufus rimase sorpreso dalla dolcezza che trasmetteva Tifa in quel momento. 
  
“Ehi, vorresti dire che ci stai ripensando?” disse, cingendole la schiena. 
  
“Vaffanculo.” rispose lei con voce ovattata, avendo la testa completamente sprofondata sulla spalla di Rufus. 
  
“Lo prendo come un sì.” Disse ridendo fra i denti. 
  
In quel momento, venne annunciato l’arrivo alla stazione di Junon. 
Questo significava che la loro fuga era giunta al capolinea. Tifa alzò lo sguardo verso l’alto ascoltando apatica, mentre Rufus faceva per alzarsi. 
  
A differenza di lei, Rufus fu molto veloce nel mettere sotto braccio giacca e computer e sollevare la propria valigia. 
Tifa seguì il ragazzo che intanto non faceva altro che telefonare. Appena ne ebbe l’occasione, si strinse al suo braccio in silenzio, vogliosa di non importarsi di nulla e di dipendere, almeno quella volta, completamente da qualcuno. 
  
  
[…] 
  
  
Il sole era già alto e filtrava con la sua luce eterea le antiche vetrate della chiesa del settore cinque della ex-Midgar City. 
  
La chiesa era stata completamente rimessa a nuovo. Nel progetto, era stata prevista persino una porzione di giardino proprio davanti a quello che un tempo era l’altare della chiesa sconsacrata. 
  
Aerith era poggiata proprio lì, ad osservare in silenzio il posto, e a sua volta a sentire quello stesso silenzio che tanto la faceva sentire a casa. 
Aerith non sapeva cosa fosse il silenzio, continuando ad udire le voci del lifestream echeggiare in ogni istante della sua vita. Ma in quel piccolo mondo di pace le sembrava quasi che, assieme al suo animo, le voci lenissero anch’elle il loro dolore. 
  
Portò le mani dietro la schiena e cominciò a camminare in lungo, pensierosa, finché dei passi non si fusero ai suoi, al che si fermò. 
  
Davanti a sé vide quell’uomo alto, con i lunghi capelli neri, in un distinto abito scuro: Tseng. 
  
“Perché sei sola in un posto simile?” le chiese lui con fare distaccato, ma con la confidenza di un uomo che la conosceva da quando era bambina. 
  
“Stona tanto vedermi qui?” disse ironizzando su quella chiesa che tanto aveva significato anche per lei. 
  
“Assolutamente. La mia era una domanda a senso unico.” Le rispose tranquillo, mentre osservava i cartelli che ancora segnavano i lavori in corso. Come previsto dal suo copione personale, poi, le si rivolse nuovamente. “Immagino semplicemente che tu non sia qui per un malaugurato caso.” 
  
Aerith si allontanò dall’altare per dirigersi verso Tseng. Si poggiò appena ad una colonna situata proprio vicina a lui e cominciò a giocare con lo sguardo, divertita da quell’atteggiamento così formale e costruito di Tseng. 
  
“Io pensavo che lo trovassi più ‘fortuito’, Tsengi.” Gli ammiccò, perfettamente consapevole che avrebbe ottenuto da lui uno sguardo accigliato che non tardò a venire. “Sapevo che venendo qui avrei trovato uno di voi.” 
  
“Prego?” chiese, non comprendendo perché attendesse lui o qualcun altro dei vecchi membri turks ai quali probabilmente si riferiva. 
  
“Anche tu sei qui per Tifa, no?” disse scuotendo il capo, lasciando ondeggiare i lunghi capelli castani. “Tsengi, speravo tu sapessi qualcosa in più di me.” 
  
Tseng, dal suo canto, stava per pregare Aerith di non usare quel fastidioso diminutivo per rivolgersi a lui, ma preferì sorvolarci e si limitò a sospirare pazientemente. 
Lui non sapeva fino a che punto Tifa ed Aerith fossero in confidenza, ma preferì evitare di metterla al corrente sulla situazione di Rufus Shinra, visto che anche di lui si erano perse le tracce dalla sera prima. 
  
Se la ragazza in rosa non bleffava, voleva dire che era proprio come lui aveva supposto. Rufus, ovunque fosse, aveva portato Tifa con sé. 
  
In verità era seriamente perplesso e preoccupato della situazione che si stava creando e di come Tifa, alla fine, fosse stata coinvolta in un progetto che, invece, doveva semplicemente mettere l’azienda sotto una luce migliore grazie alla sua presenza in quando AVALANCHE. 
Arrivò alla conclusione che non era il caso lasciar trapelare qualcosa e che qualsiasi informazione inopportuna, avrebbe potuto nuocere la situazione già delicata dietro tutti i progetti legati al presidente. E quindi a lui stesso. 
  
“Cos’è quell’espressione,Tsengi? Non ti sarai preso una cotta per lei? O no?” osò lei all’improvviso, dondolandosi appena. 
  
Tseng alzò lo sguardo in sua direzione e abbozzò un sorriso divertito. 
  
“Miss Aerith, piuttosto sono io che mi domando da che pulpito venga questa domanda, tipica di una ragazza gelosa. L’ultima volta è stato molto tempo fa.” 
  
Aerith sgranò gli occhi sorpresa di vedere Tseng divertito e persino un po’ nostalgico. Rise e prese ad accarezzare i suoi lunghi capelli. 
  
“Oh, forse. Infondo ti ho sempre considerato il mio primo ragazzo.” Gli rispose scherzosamente. 
  
“Mi chiedo cosa direbbe ‘quello’, nell’udire simili parole…” 
  
Tseng sembrò stare persino al gioco. In quel momento si accorse che, forse, gli mancava persino un po’. 
  
Lei, l’atmosfera di quei tempi… 
  
La ragazza al contrario sembrò cancellare dal volto quel sorriso, avendo afferrato perfettamente la battuta di Tseng riguardo Cloud. 
  
“Cloud? Dici che glie ne importerebbe?” gli chiese curiosa. 
  
“Non dovrebbe? Sei la sua attuale fidanzata se non erro.” Tentennò, poi continuò a parlare.
  
Il viso di Tseng si fece perplesso. Una parte di lui si smosse nel pensare che Aerith avesse un ragazzo. Forse si poteva per davvero parlare di gelosia o qualcosa del genere. Di fatto, però, dopo aver pronunciato quelle parole, gli sembrò persino difficile rivolgere nuovamente lo sguardo su di lei. 
  
“...non lo so bene cosa io significhi per Cloud…dopo quello che è successo.” Disse lei cupa e a quel punto, Tseng si lasciò incuriosire. 
  
La guardò pazientemente, aspettando che lei prendesse un po’ di respiro e si aprisse a lui. Aerith, dal suo canto, non aspettava nient’altro che quel momento. Il momento in cui potesse per davvero aprirsi e sfogarsi con qualcuno su quello che le stava accadendo. 
Si girò e diede e Tseng le spalle. 
  
“E’ da un po’ che ci siamo presi una pausa, per così dire…” disse, poi cercò di controllare il tono della voce con un bel respiro. “In realtà ora le cose sono leggermente migliorate, ma onestamente non so come andremo a finire.” 
  
Tseng era un uomo perspicace, non gli ci volle molto nel capire che tipo di situazione stesse vivendo Aerith. 
  
 “Ha qualcosa a che vedere con Tifa Lockheart?” Detto questo le si avvicinò. “Gli parlerò io stesso. Da uomo a uomo certe cose si posso dire in maniera più…convincente.” 
  
Aerith chinò il capo, assumendo un’espressione infastidita che fece sentire Tseng leggermente a disagio. 
  
“Niente minacce…ma è come hai capito tu.” Disse con sforzo. 
  
“E dunque?” 
  
“Intendo che al momento…passa.” 
  
Tseng quasi si paralizzò nell’udire quelle parole. 
Il silenzio regnò fra i due in quell’atmosfera che sembrava quasi creare appositamente il contesto giusto per un momento così delicato. 
Fu ovvio capire, a quel punto, che Aerith non stesse esattamente con Cloud Strife. O almeno che, dal suo canto, la storia stava prendendo una piega che non era stata rivelata a nessuno per via di Tifa. 
  
“E questa situazione rimane così per Tifa?” le chiese con un tono che aveva un che di rimprovero.
  
“Non ho mentito. Solo che come posso mettere in mezzo anche i miei problemi con Cloud dopo quello che state passando tutti? E comunque è una cosa di Cloud e mia che dura da un pò…” 
  
“E’ comunque assurdo anche far credere a tutti che voi siate una coppia felice.” La interruppe lui, accigliato e agitato quasi più di lei. 
  
“…si è tutto complicato per via di Tifa e così mi sono ritrovata a parlargliene seriamente solo qualche settimana fa. Volevo solo capire, trovare le parole giuste per non perdere nessuno.” 
  
Ripiombò nuovamente il silenzio fra i due e Tseng si rese conto solamente in quel momento di aver agito troppo d’impulso. 
Mosse le labbra cercando di dire qualcosa, ma si bloccò nell’istante in cui provò a pronunciare il nome della ragazza. 
Aerith fece per uscire, completamente scossa da quella situazione. Quando si avvicinò al portone e fece per spingerlo, però, una mano veloce l’assisté. 
Aerith si girò e vide Tseng al suo fianco. Sobbalzò un attimo, visto che non si era per nulla resa conto che lui le si fosse avvicinato. 
  
“Tsengi!” disse. Poi cambiò tono e cercò di essere più scherzosa, come le piaceva farsi vedere da lui. “Ora di tutte queste attenzioni la bugiarda non ne ha bisogno, no?” 
  
Aerith abbozzò un sorriso e Tseng si ritrovò a guardarla dritto negli occhi,serio. Subito si lasciò andare ed emise un sonoro sospiro mentre apriva il portone facendola passare a mo di galantuomo. 
  
“Più che ‘bugiarda’ direi, che ogni volta che conosci un uomo vuol dire è un presagio di ‘guai in vista’.” 
  
“Ma sei impossibile!” disse lei, leggermente in imbarazzo. “Non ti ci vedo a dire queste cose.” 
  
“Non mi ci vedi a fare o dire un sacco di cose, miss Aerith.” le rispose con disapprovo, sapendo di dare un’impressione surreale di sé a gran parte delle persone. Si affiancò a lei e insieme si addentrarono verso le strade di Edge. 
  
“Vedrai che ‘quello’ non è affatto in collera con te. Ha solo bisogno di ricordarsi del tuo sorriso.” 
  
Aerith sorrise e poggiò delicatamente le mani sul braccio di Tseng. Lui si mostrò noncurante mentre cominciarono a battibeccare su Cloud, lei e il loro rapporto il generale. Specie alla luce del fatto che Tseng fosse sempre stato contrariato riguardo ogni uomo che avesse avvicinato a sé. 
  
  
[…] 
  
  
“Cloud è mezzogiorno. Ho fame.” Urlò Marlene, che era già a tavola da un bel po’. 
  
“Un po’ di pazienza…” disse lui dalla cucina, distratto. “Come diavolo si aprono queste?” disse fra sé irritato osservando un uovo. 
  
“Sicuro che non vuoi una mano? Tra poco abbiamo il bus.” Chiese Denzel, ma l’occhiataccia di Cloud lo fece azzittire di colpo. 
  
Il biondo Strife finalmente arrivò e servì ai due ragazzini una sostanziosa e disgustosa colazione. 
  
“Uhg! Il mio uovo è bruciato sotto e crudo sopra!” disse Marlene. 
  
“Io invece per poco non mi affogavo con le schegge.” Continuò Denzel, nell’udire che anche Marlene era decisamente nauseata da quel vedere. 
  
Effettivamente dire che Cloud Strife cucinasse da schifo era dire poco. 
  
Le uova erano crude, bruciate e piene di schegge di guscio. Non essendoci latte, quel giorno, Cloud aveva riempito loro due bei bicchieri di chinotto e per fare un po’ di caffè non era stato capace di far funzionare nemmeno una delle macchine del Seventh Heaven. 
Come paradosso, aveva dovuto ordinarlo da un altro bar lì vicino. 
  
“Ehi, mocciosi! Ancora qui?! I grandi devono parlare! Forza, a scuola!” 
  
La voce di Barrett irruppe nel locale mentre con un passo pesante si avvicinava al bancone sotto gli occhi infastiditi di Cloud e quelli felici dei ragazzi. 
  
Barrett scrutò perplesso Cloud per poi cominciare a ridere. 
  
“Ah ah ah! Che immagine pietosa, testa chiodata! Mi sembri una brava donna di casa che si è preparata troppo in fretta col make up! Ah ah! Non è che quel grembiule è troppo piccolo per te, ‘cara’?” 
  
Gli rise letteralmente in faccia. Cloud fu tentato di usare impropriamente lo sbattiuova come arma. Effettivamente il grembiule di Tifa e la farina sul viso non erano il look più appropriato per quel giovane che invece passava la maggior parte del suo tempo sulla moto. 
  
“Ah…ah…divertente, Barrett.” Disse a denti stretti. 
  
Marlene e Denzel intanto approfittarono della situazione per sgattaiolare via verso scuola. Lontani dai due uomini e soprattutto lontani dal quel ‘cibo’. 
Cloud sfilò il grembiule e pulì il viso con un vecchio straccio. 
  
“Senza Tifa, è tutt’altro che facile sistemare quei due. A proposito, notizie?” 
  
Barrett scosse la testa. 
  
“Affatto. Ma ho fatto una mappatura della zona! Così TU che la conosci e TU che sei PROBABILMENTE il responsabile di questa sua fuga, saprai SICURAMENTE dove cominciare a cercare.” Disse sottolineando così forte , il‘TU’, il ‘PROBABILMENTE’ e il ‘SICURAMENTE’, che Cloud fu costretto ad allontanarsi per non stonarsi. 
  
Prese i fogli di Barrett e li osservò. 
  
“Se è dipeso da me, è altamente probabile che si farà viva telefonando Aerith. E io sono pronto ad intercettare la telefonata.” Si fermò, poi riprese a parlare. “Ma se, come invece suppongo io, è con Rufus…li la cosa cambia…” 
  
“Che cazzo c’entra quello della Shin-Ra?!” urlò Barrett sgomentato. 
  
“Oh, nulla, nulla. Comincia a fare una capatina nella zona ovest e dopo telefona Ae’. Io vado a Edge e chiedo un po’ in giro nell’azienda.” 
  
Cloud fece per andare mentre Barrett inveiva contro di lui. 
  
“MA PORC…! DEMENTE che non sei altro! COSA dici?  La mia povera Tifuccia…quel…quel…QUELL’IDIOTA CHE LE PUO’ AVER FATTO?! Andiamo, Chiodo! Tifa non si lascerebbe mai rapire o battere da un verme come quello, no? Eh, Cloud, vero? Che può c’entrare la Shin-Ra, no? Cloud? CLOUD! Cloooouuuud…!!!” 
  
Cloud chiuse la porta, sentendo ancora l’eco di Barrett disperato. 
  
“…” tentennò. “Povero Barrett.” Disse infine fra sé. 
  
Montò sulla fenrir e con forte velocità si diresse verso l’azienda edile di Rufus Shinra. 
  
  
[…] 
  
  
L’ambiente che le si mostrò davanti agli occhi era completamente nuovo e sapeva dell’inverosimile. Specie rappresentando che Junon fosse una cittadina, tutto sommato, sobria e legata ancora alle piccole tradizioni. 
  
Tifa non avrebbe mai potuto credere che li, invece, esistessero alberghi con suite simili. 
  
Vi era un grande salone dai toni caldi, e un paio di divani in velluto affiancati da mobili moderni in noce. Tifa si avvicinò immediatamente alla grande balconata che affacciava proprio sul mare. Da lontano si poteva persino intravedere la famosa costa del Sol. 
  
Con ancora le valige in mano e il cappotto sulle spalle, spalancò tutte le porte ed esplorò gli interni. Arrivata alla camera da letto, inciampò sul tappeto e finì per sprofondare completamente sul morbido materasso. 
  
“Wow…” disse, con voce soffocata. 
  
“Cos’è, Tifa? Sei stanca?” 
  
Tifa alzò il viso scompigliando tutti i capelli e con un balzo si rimise composta sul letto. Cominciò a dondolare i piedi come una ragazzina, emozionata, ma anche leggermente spaventata. 
  
“E’ tutto così moderno e spazioso…non so se mi ci abituerò.” 
  
Rufus rise appena e prese posto accanto a lei. 
  
“Mia cara, non è poi così difficile. Pensala come una casa normale ma in scala più grande.” 
  
“La fai facile tu! Hai visto il buco dove abito.” Disse lei sarcastica. 
  
“A me piace. Trovo che casa tua sia…stuzzicante.” Le disse con fare accattivante. 
  
“Che vorresti dire?” gli chiese perplessa, ma in qualche modo divertita. 
  
“Dico che fare l’amante nascosto nell’armadio delle scope di un bar non è la stessa cosa di un amante nell’armadio di una suite.” 
  
Mentre parlava, prendeva ad avvicinarsi sempre di più a lei, portandosi avanti fino a scavalcarla del tutto. Tifa si sentì leggermente a disagio. Aveva ancora un mucchio di pensieri per la testa e avvertire la vicinanza di Rufus in quel momento la portò in uno stato d’incertezza. 
  
“Sai una cosa?” disse lui all’improvviso, mentre faceva per sdraiarla e portarsi sopra di lei. “Una parte di me sa che è assurdo, ma vedere come siamo qui, lontani da Edge, mi fa credere che abbandonare ogni cosa a volte potrebbe essere la scelta migliore.” 
  
“Possibile che tu sia un po’ meno presidente qui, non credi?” gli rispose lei accarezzandogli il viso. “Forse quella figura che dai di te sta cominciando ad andarti un po’ stretta.” 
  
“Forse.” Le rispose distratto, cominciando a baciarla sul collo. 
  
Tifa avvicinò il viso di Rufus a sé e lo baciò sulle labbra con un gesto così disinvolto che sorprese persino sé stessa. 
Lui l’assecondò stringendola, accarezzandole i lunghi capelli corvini. 
  
Guidata in quel momento unicamente dai suoi sentimenti, si ritrovò a pensare che forse Rufus aveva ragione. 
  
I loro unici problemi erano legati ad Egde. 
  
A ciò che era stato distrutto e costruito lì. 
  
Delle trappole pirandelliane, in quei luoghi, rendevano loro difficile vivere sotto le vesti di Rufus Shinra e Tifa Lockheart. 
  
Levati quei contesti sembrava, invece, tutto più semplice. 
  
Desiderarlo non era più un qualcosa di sbagliato. 
Sentiva che era giusto che desiderasse la sua vicinanza e che nessuno aveva il diritto di giudicarla nelle sue azioni e nei suoi pensieri. 
  
Strinse forte a sé Rufus e prese a ricambiare quei baci con un’intensità maggiore, sentendo i loro respiri confondersi, i loro abiti diventare lentamente sempre più disordinati. 
Scivolò adagio dalle sue braccia e si portò sopra di lui scavalcando le sue gambe senza mai cercare di spezzare quel contatto. 
Rufus prese ad accarezzare la sua schiena portando, con le dita, la sua maglia sempre più in alto. 
  
All’improvviso il telefono di Rufus prese a squillare. 
  
Preso dalla sua ragazza, li per li non ci diede troppo peso, ma gli bastarono pochi attimi per staccarsi da lei e avvicinarsi alla sua giacca. 
  
“Scusami un attimo. Suppongo sia una cosa da niente.” Le disse distratto mentre frugava cercando il telefono. 
  
“Co-cosa?” rispose lei disorientata. 
  
Si alzò appena dal letto e, sistemando i capelli, che in quel momento erano completamente scompigliati, vide Rufus sgattaiolare via e chiudere la porta della camera da letto dietro di sé. 
  
*** 
  
La sera Rufus portò Tifa in giro per Junon. Era necessario snellire un po’ quel clima che li faceva sentire un po’ dei fuggitivi, dunque Rufus pensò di distendere i nervi per un po’ e di godersi la permanenza di quel posto con lei. In piena tranquillità. 
Guardava Tifa mentre mangiava a stento la sua cena, persa più che altro sul bel paesaggio notturno che aveva davanti agli occhi. 
Rufus e Tifa stavano cenando su una monorotaia che offriva ai turisti un delizioso giro panoramico sulle coste della città, attraversando i paesaggi più pittoreschi e d’atmosfera che la città di Junon poteva offrire. 
  
“Non ero mai stata in un posto così.” Disse lei distratta. 
  
Rufus bevve un sorso di vino e incrociò le dita fra loro guardando il viso assorto di lei. 
  
“Junon, nonostante tutto, rimane una delle mete turistiche più ambite nel mondo.” Guardò anch’egli quell’atmosfera così d’impatto e, perdendosi in quelle acque cristalline, si lasciò sfuggire una piccola considerazione personale. “In questo devo dire che mio padre fu lungimirante. Riuscì a capire subito il potenziale di Junon…” 
  
“Non credo si riferisse ai paesaggi, o no?” rispose lei, ricordando perfettamente quanto la Shin-Ra, guidata dal padre di Rufus, avesse poco a cuore le sorti del pianeta. 
  
Rufus vaneggiò e annuì alle parole di Tifa. Tuttavia sembrava per davvero riflettere su quell’epoca. 
  
“Vero. Eppure ancora oggi avrei il potere per rendere questa città il secondo centro del mondo. C’è così tanto quì che è un vero peccato limitare Junon ad una mera località marittima e basta.” 
  
Tifa si sorprese di quelle parole pronunciate così, a bruciapelo. 
  
Era stata la Shin-Ra a distruggere il pianeta, ad inquinare le acque e distruggere tutto con il suo monopolio assoluto dell’energia mako. 
Rufus sembrava vivere questa sua condizione, quella di essere l’ultimo erede Shinra, con forte razionalità. Aveva il potere e l’esperienza per fare tutto ciò che diceva, tuttavia era anche divenuto il simbolo di quelle stesse disgrazie che lui desiderava, in qualche modo, recuperare. 
Era fin troppo evidente ciò che aveva fatto per Edge, ciò nonostante, quanto doveva spingersi uno come lui? 
  
Una parte di Tifa, proprio in quel momento, sentì tanta malinconia nel pensare al suo status. 
Rufus, per quanto si sforzasse, non sarebbe mai stato estraneo a tutto quello che li circondava in quel momento. 
Se Midgar era caduta, se Junon era caduta, il simbolo che rappresentava ciò, era ancora lui. 
  
“Saresti in grado, certo…ma non credi di pretendere un po’ troppo?” disse lei all’improvviso. 
  
Rufus poggiò il mento su dorso della mano. 
  
“Tu credi che io pretenda troppo?” le chiese sott’intendendo di spiegarsi meglio. 
  
“Quel che stai facendo è…insomma…” cercò di trovare nella sua mente le parole più adatte. “Nessuno potrà evitare di avere della riconoscenza, ma nemmeno può dimenticare…io, non sono brava a spiegare, ma…” 
  
“Capisco quello che intendi. Ma ti sembra davvero così strano che io continui ad essere un imprenditore?” 
  
“Rufus, guardati in giro! Tutto questo è accaduto per causa della vecchia Shin-Ra corporation. Nonostante gli assegni, i lavori…io, beh, quel che sto cercando di dirti è…che non è colpa tua.” 
  
Rufus rimase sorpreso di quelle parole. 
  
“Posso cambiare le sorti di questo pianeta di nuovo, ma non voglio farlo solo firmando assegni. Il mio nome non può essere cancellato così. Qualcosa devo pur fare, per risollevare il nome Shinra e l’opinione pubblica che si addensa su di me.” 
  
“Rufus…” Tifa cercò di dire qualcosa, ma il biondo la interruppe. 
  
“La Shin-Ra rimane l’unica cosa che ho. Ovvio che non posso cancellare le sue ombre. Ma nessuno può chiedermi di affossarla con le mie stesse mani.” Terminò finendo definitivamente il vino che aveva versato nel bicchiere. 
  
“Non è facile far capire le tue intenzioni. Diavolo Rufus, lo sai! Chi, dimmi. CHI ti crederebbe? Persino io ho avuto bisogno di tempo e…” si bloccò un attimo. Sapeva nel suo cuore, di provare anche in quel momento difficoltà nell’affiancarlo. “…e anche la Shin-Ra. Come puoi credere di essere in una posizione tale da permetterti una simile ambizione?” 
  
Le parole di Tifa turbarono molto l’ex- presidente, che non riuscì più a godersi quella serata con la serenità con la quale era cominciata. 
  
“Anche ora tu non dici nulla. Non cerchi di allontanare da te quest’aura che quasi sembra nasconderti…e allontanarti. Io non ti riesco a capire.” Il tono di Tifa era profondo e molto provato. Sperava per davvero che Rufus si confidasse di più con lei. 
  
“Cosa dovrei dirti? Che sono cambiato? Pentito? Certo che c’è questo. Ma dopo tre anni non ne posso più di una vita unicamente dedicata alla redenzione.” Le rispose con un tono basso e controllato, tuttavia irritato. 
  
“Dici che provi qualcosa nei miei confronti. Mi hai portata qui con te, eppure in tutto questo non hai mai previsto di rivelarmi quell’aspetto di te che tieni ben celato al resto del mondo…” 
  
Rufus a quel punto non rispose, guardò apaticamente il panorama in silenzio. Quel che diceva Tifa, non era completamente sbagliato. 
Il girò turistico terminò di li a poco, sicché i due si ritrovarono sulla via del ritorno percorrendo le strade contornate di luci suggestive e romantiche. 
Un vero peccato che, anche in un luogo simile, Rufus e Tifa non riuscissero ad allontanare da loro le evidenti problematiche che li separavano una continuazione. 
  
E al fulcro di tutto c’era solo una cosa, e Tifa lo sapeva bene. 
  
Una volta dentro la suite, Rufus si sistemò a letto silenzioso. Tifa dubitava profondamente che dormisse, tuttavia preferì lasciarlo solo. In quel momento, le sembrava la cosa migliore. 
  
Si affacciò al balcone e, nel vedere le acque del mare, qualcosa si andò a rasserenare dentro di lei. 
Rufus l’aveva portata in quel luogo così bello. 
Si ritrovò a pensare all’improvviso che anche lui aveva avuto bisogno di essere lì, in quel momento. Con lei. 
  
Erano profondamente diversi, con vite così diverse. 
Eppure sia in Rufus che in lei c’era più di qualche analogia. Persino uno come lui desiderava di fuggire, di avere una vita diversa, di volerla, in qualche modo, ricostruire. 
  
Rufus, esattamente come lei, desiderava un mondo che attualmente non esisteva ancora, ma che desiderava far diventare presente. 
  
Aveva anche la determinazione e la forza di farcela. 
Solo allora comprese a fondo le sue parole. 
  
Rufus voleva sì ricostruire Edge  e ciò che la Shin-Ra aveva distrutto, ma lo voleva fare con il suo nome e la sua dignità di persona. 
  
Sentì un groppo in gola e non riuscì più a starsene con le mani in mano, al che chiuse il balcone e si diresse in camera da letto. 
Montò sul letto e avanzò verso di lui, controllando se stesse dormendo. 
  
“Che vuoi?” disse lui vedendola china verso di lui. Il suo tono era rauco e abbastanza distaccato. Le ci volle poco per capire che non avesse ancora digerito la precedente discussione. 
  
“Mi chiedevo se tu eri sicuro di questa fuga.” Disse lei cercando di essere ricambiata dal suo sguardo. Non era abitudine di Rufus quella di parlare con qualcuno distogliendo lo sguardo, dunque le ci volle poco per attirare la sua attenzione. 
  
Rufus sembrò pensarci su mentre lei prendeva posto sgattaiolando vicino a lui. 
  
“Junon è l’ideale per me. Il luogo dove ricomincerei da zero. Ma sembra che non esista un posto dove io non sia uno Shinra ai tuoi occhi, vero tesoro?” le disse, girando il capo verso di lei. 
  
“Già...” Gli rispose, stringendosi lungo la sua schiena. 
  
Il calore del corpo di Rufus era un qualcosa di cui non riusciva a stancarsi. Nonostante le mille perplessità, quel momento significava troppo per lei per preoccuparsi del resto. 
Sapeva benissimo cosa le sarebbe accaduto quando sarebbe tornata, quando Cloud avrebbe scoperto che non si era licenziata, ma che invece era scappata proprio con il suo bel presidente. 
  
Tuttavia di questo, al momento, non se ne voleva preoccupare. Per una volta, voleva provare a pensare che Rufus l’avrebbe potuta nascondere dal resto del mondo. 
Si sentiva come una principessa innamorata una volta tanto dall’antagonista di turno. Un amore contrastato, eppure passionale come lo aveva sempre desiderato. 
  
Strinse Rufus più forte a sé, poggiando la testa sui capelli biondi di lui. 
  
“Che c’è? Sei tentata di concedermi una seconda chance, AVALANCHE?” le chiese beffardo. 
  
“Forse potrei anche concedertelo, ma solo se levi quel tono da diavolo.” 
  
Tifa portò le braccia attorno al suo collo mentre lui faceva per allungarsi verso di lei. 
Rufus poggiò le labbra sulle sue generando appena il calore scaturito da quel contatto. Si staccò da lei quasi subito per poi riprenderla a baciare con maggiore intensità. 
Lei schiuse le labbra e si lasciò andare a quel momento, prendendoci sempre più gusto nell’assaporare quel suo presidente che non sapeva ancora giudicare. 
  
Sapeva però di desiderarlo fortemente. 
  
Sentiva le sue labbra pulsare e cercare quel contatto di cui aveva bisogno, mentre portava a se quel corpo di cui lentamente cominciava ad intravedere le cicatrici. 
  
Si lasciò cingere dalle sue braccia mentre i pensieri che albergavano nella sua mente, man mano, andavano dissipandosi. 
  
*** 
  
La luce accecante del mattino seguente svegliò Tifa. Sentiva la testa così pesante e non aveva affatto voglia di aprire gli occhi. 
  
“Rufus…che ore sono?” chiese. 
  
Non sentendo alcuna risposta, portò le coperte fin sopra il capo, infastidita ancora da quella luce. Alla fine, stanca, decise di allungarsi fino al tavolino basso situato vicino al letto. Da sotto le coperte, fece uscire fuori il braccio, prendendo così la sveglia e trascinandola vicino a sé. 
Nel leggere che non era affatto primo mattino, sbandò. 
  
“M-ma perché non mi sveglio mai?!” disse alzandosi di colpo, lanciando all’aria lenzuola e cuscino. “Eh?” si guardò attorno perplessa. “Ma Rufus dov’è?” 
  
Indossò velocemente una vestaglia e uscì dalla camera, ma ben presto si rese conto che Rufus doveva essere uscito. 
Sbuffò seccata di quella situazione. Eppure sperava che dopo la discussione di prima avesse deciso di rifarsi, in qualche modo, e invece come al solito, non c’era mai. 
Si affacciò appena dalla porta della suite, sperando di vederlo nei paraggi. Chissà, una parte di lei si illudeva di vederlo magari con un bel caffé… 
  
Stava per chiudere la porta seccata, quando, all’improvviso, udì quella voce. Quella voce arrogante a lei tanto familiare. 
  
Si lasciò incuriosire e si inoltrò cautamente lungo il corridoio di moquette. Prima di girare l’angolo si affacciò e, sbirciando, vide proprio lui, Rufus Shinra. 
Il cuore le sembrò quasi fermarsi non riuscendo a credere a ciò che stava vedendo. 
  
Rufus stava parlando con dei distinti uomini e stava discutendo di…Edge? 
Cercò di concentrarsi meglio ma non riuscì proprio a capire di cosa stessero parlando nello specifico. 
  
“E i gas? Non siamo ancora certi della loro composizione, mister Shinra.” 
  
“Oh, non sono particolarmente nocivi. Vedrete che se rispetterete i tempi, presto tutti si dimenticheranno di questa storia.” 
  
“Abbiamo bisogno di ulteriori dettagli. Le chiediamo, nel caso, di provvedere al prolungamento della vostra ’vacanza’ a Junon, presidente.” 
  
“Nessun problema. Diciamo che ho un ottimo alibi che non desterà alcun sospetto.” 
  
“Ha detto ‘alibi’?” disse Tifa fra sé e sé, e sentì lentamente qualcosa esplodere dentro di lei. 
  
Stava parlando di lei? Della loro ‘fuga’? Era quello l’alibi? 
Non riusciva proprio a credere che l’avesse portata lì con l’inganno eppure era questo ciò che rimbombava nella sua mente. 
Rufus aveva usato una scusa per trascinarla li? Aveva sfruttato i suoi sentimenti, già di loro così complicati, per costruirsi un alibi che lo portasse lontano dall’azienda di Edge? 
  
Un vortice di pensieri cominciò ad echeggiare così forte che fu costretta a portarsi le mani sul capo. 
La sera precedente aveva deciso di dargli una chance. Si era sentita in colpa di quel che gli aveva detto. Lui le aveva detto delle cose. 
Era stata…una messa in scena? 
  
Alzò gli occhi disorientata e solo allora si accorse che Rufus aveva appena congedato gli uomini e si stava dirigendo verso di lei. 
Tifa si sentì smarrita e il suo corpo si fece così rigido che capì che il quel momento aveva assolutamente bisogno di parlargli. 
  
Rufus girò l’angolo e, dal suo canto, se la trovò davanti di colpo. 
  
“Oh!” disse sorpreso. “Buongiorno, tesoro.” 
  
“Buongiorno…” rispose lei perplessa, poi scosse la testa. “Buongiorno?! Buongiorno un corno!” urlò. 
  
Rufus rimase indignato a quella reazione. 
  
“Ma non ti svegli mai di buon umore tu?” le rispose stringendo gli occhi. Poi sorrise beffardo. “A-ah! Ho capito. Hai un altro dei tuoi sensi di colpa. Ma non c’è bisogno di reagire così, cara. Anzi, dopo che…” 
  
Tifa lo interruppe, facendogli capire solo allora che lei faceva sul serio. 
  
“Non parlare a vanvera! Per una volta, nella tua vita, dai la priorità a qualcosa di diverso! La tua amata azienda va bene! Ma almeno non mettermi in mezzo nei tuoi piani!” gli urlò contro. 
  
“Di cosa stai parlando?” le chiese cercando di mantenere la calma. 
  
“Oh, non hai ancora capito? Io credo invece che hai capito fin troppo bene! Nel caso tu faccia sul serio, comunque eccoti accontentato. Io non ho problemi di dirti in faccia quel che penso! Io non ho intenzione di essere solo un alibi per le tue sporche manie di grandezza!” 
  
Tifa sentì il suo respiro farsi sempre più affannato. Tremava, tremava eccome. Tremava di rabbia, di cosa Rufus potesse dirle. Di cosa lei stessa potesse dire. 
  
Il volto di Rufus si fece serio nel vedere gli occhi di lei così languidi e disorientati. Sospirò profondamente e cercò di temporeggiare. 
  
“Tifa, ho lavorato tanti anni a Junon e molti dei miei finanziatori hanno sede proprio qui. Questo non ha nulla a che vedere con te.” 
  
“Per chi mi hai preso? Non sono un’idiota! Tu sei qui prima per loro e poi per me! Non sei capace nemmeno di conservare la faccia. Ma come cazzo fai ad essere così ipocrita?” 
  
Rufus a quel punto si innervosì e, afferrandola per le spalle, la sbatté sul muro così inaspettatamente che lei non fu capace di opporsi in nessun modo. 
  
“Okay, Tifa. Hai colto nel segno.” La guardò fissa negli occhi con il suo sguardo gelido. Avvicinò il viso verso quello di lei che, intanto, era paralizzata e lo guardava con sgomento. “Non sono qui solo per te. Ma questo non significa che tu venga prima o dopo il mio lavoro o le mie ambizioni. Ho colto l’occasione per anticipare un importante incontro con dei rappresentanti che potrebbero tornarmi utili.” 
  
Si allontanò da lei e allentò la presa. Tifa rimase contro il muro ad osservarlo. Vedere Rufus di colpo reagire così l’aveva lasciata senza parole. 
Rufus le diede le spalle e girò leggermente il capo verso di lei. 
  
“Tifa, tu dimentichi che io ho perso ogni cosa. Il mio nome un tempo era simbolo di rispetto. Ora invece sembra quasi che debba nascondere al mondo intero io chi sia!” disse con una punta di rabbia. “Forse ne ho in parte approfittato, ma solo in parte. Questo perché tu sei il motivo principale della mia presenza qui. Ma io devo anche far qualcosa per non crollare.” A quel punto si girò completamente verso di lei. “Capisci ciò che voglio dire? Manca poco è crollerò del tutto. Sai bene come la mia azienda vada più a rotoli di quanto sembri. Hai lavorato per me. Sai che il tempo per me stringe. Sai che non posso permettermi di crollare perché nessuno mi sorreggerà, quel giorno.” 
  
Rufus aveva gli occhi sgranati, sorpreso lui stesso di cosa fosse stato capace di dirle. Se Tifa non lo conoscesse, avrebbe giurato che era sul punto di tremare. Tremare per aver rivelato un qualcosa per ora restato sempre celato nel suo cuore. Sembrava urlarle contro di stargli vicino. Di non abbandonarlo in quel momento così duro che durava da così troppo tempo. 
Lui che un tempo faceva parte di quelli che contavano. 
  
Tifa chinò il capo e socchiuse gli occhi. 
  
“Io ho bisogno di tempo, Rufus. Il tuo mondo è completamente diverso dal mio, così come la nostra visione delle cose.” 
  
Detto questo fece per andarsene, ma Rufus la bloccò prendendola per il braccio. 
  
“Scapperai di nuovo?” le chiese con tono basso. 
  
“Ho solo bisogno di una boccata d’aria. Tutto qui.” 
  
Aveva voglia di scappare. Di fare le valige e tornare ad Edge facendo finta che tutto quello che le stava accadendo fosse solo una fantasia. 
Il problema era che non riusciva a scappare. Continuava, nonostante tutto, a non comprendere, ma a desiderare fortemente di essere vicina a quel ragazzo, il cui mondo gli stava crollando addosso. 
  
Rufus le si era aperto. 
Ogni giorno le sembrava di fare un passo indietro, ma anche un passo avanti. 
Li per li non seppe opporsi, non seppe scappare da quel suo sguardo che nella vita aveva odiato e amato con la stessa intensità. 
  
Rufus, nel vederla sparire, rimase circondato da un tetro silenzio. 
  
Durante la giornata, Tifa continuò a pensare all’accaduto, ma fece del suo meglio per non chiedersi troppo di ciò che aveva visto. 
Se amava per davvero Rufus, doveva accettare anche l’ambizione che lo caratterizzava. Sperare che sarebbe cambiato per lei sarebbe stato ingenuo. 
  
Passarono dei piacevoli momenti che andarono ad alleggerire l’inizio di quella mattinata. 
  
Qualcosa dentro di Tifa, però, continuava a ripeterle che Rufus continuava a non essere del tutto sincero con lei. A non renderla partecipe di gran parte della sua vita. 
Dunque si domandava: a cosa valevano quelle attenzioni? A cosa valevano quelle lusinghe che annebbiavano la sua mente e al tempo stesso la viziavano? 
Il disagio di tutto questo generava in lei forti sentimenti contrastanti. 
  
Lui non era sincero, certo, ma l’oblio continuava ad accecarla e quell’uomo, nonostante tutto, era diventato il centro dei suoi pensieri. 
  
Mentre Rufus e Tifa facevano per ritirarsi nella propria suite, Rufus si fermò a parlare con qualcuno di qualcosa di incomprensibile per Tifa riguardo l’ingegneria. 
Vedendo che la discussione sarebbe tirata per le lunghe, Tifa ne approfittò per fare un qualcosa che si riproponeva da tempo oramai. 
  
Doveva assolutamente riaprire i contatti con il mondo esterno. 
  
Sospirò agitata e dopo due giorni interi accese il suo cellulare. 
  
“Bene…al momento nulla di insolito..:” 
  
BIP!! 
  
“AH!” 
  
BIP 

BIP
 

BIP

BIP BIP BIP!!! 
  
Tifa aprì velocemente tutta la messaggeria che le era arrivata. 
  
“Ma quanti avvisi di chiamata sono?!” disse, poi altri ‘bip’ sopraggiunsero. “Ancora?! Caspita…” 
  
A quel punto aprì velocemente la rubrica e cercò un numero di telefono. Selezionò il numero di Aerith, essendo lei la persona che riteneva più sensato contattare. 
Prima che il telefono cominciasse a squillare, però, riattaccò la chiamata. 
  
“Che cazzo faccio?!” rimproverò a sé stessa. “Non posso chiamare così, su due piedi! Se è in compagnia di Cloud, cosa altamente probabile, lui la sentirà di sicuro! Cretina!” si picchiò con un pugno il capo. 
  
Così preferì utilizzare il buon vecchio SMS: 
  
“Chiamami a questo numero solo se sei da sola.” 
  
Di li a un quarto d’ora ecco che il telefono di Tifa squillò. 
Tifa intanto andò a sistemarsi fuori la hall dell’albergo, dove era allestita una deliziosa zona bar con panchine e tavolini in pietra. 
  
“A-Aerith?” disse a voce bassa. 
  
“Tifa!” rispose una voce squillante e femminile. 
  
Tifa sobbalzò nell’udire una voce tanto pimpante e li per li rimase senza parole. Subito dopo, però, il timbro di voce di Aerith cambiò e si mostrò più severo, anche se comunque giocoso. 
  
“Oh, ma che modi che hai! Ma lo sai che qui sono tutti preoccupati per te? Dove sei? Possibile che debba comportarti così? Insomma…non è da te non consultarti almeno con la tua migliore amica!” 
  
“Mi dispiace…Aerith.” disse con il sorriso sulle labbra. Solo nel parlarle si rese conto quanto tutti le mancassero, in verità. 
  
“E comunque hai fatto benissimo a mandarmi un messaggio. Qui si sono tutti parcheggiati a casa mia. Beh…c’è un aspetto positivo in tutto questo visto che mia madre è entusiasta di vedere la casa così piena di persone. Poi adora Denzel e Marlene.” Si fermò di colpo, non sentendo Tifa dall’altro lato. “Ehi! Che fai, mi dai corda? Dimmi dove sei? Cos’è successo?” 
  
Tifa cominciò a parlare con voce bassa e insicura. Aerith aveva visto davvero poche volte Tifa parlare così. 
  
“Non so da dove cominciare io…io…è complicato.” 
  
“Sei con Rufus Shinra, vero?” le chiese la fioraia, all’improvviso. 
  
Tifa rimase senza parole. 
  
“Te l’ha detto Cloud?” chiese e a quel punto sentì ridere Aerith dall’altro lato. Tifa si sentì perplessa. “Cosa c’è da sogghignare tanto?” 
  
“Ah ah ah! Perdonami! No, comunque, non me l’ha detto Cloud, ma da come sta inveendo in malo modo contro di lui assieme a Barrett l’ho dovuto per forza dedurre!” 
  
“Non ho mai sentito Cloud inveire…” disse lei perplessa. 
  
“Questa è una fortuna, fidati!” le rispose trattenendo ancora le risate. 
  
Cloud era polemico, serioso, pessimista, ma non lo aveva mai sentito parlare con volgarità o, appunto inveire. Tifa, comunque, preferì non indagare oltre sul suo amico d’infanzia. 
  
Tirò su un sospiro prima di parlare. 
  
“Io sono con Rufus, è vero. Non so bene da dove cominciare. Io e lui…da quando lavoro nella sua azienda…” 
  
Senza rendersene nemmeno conto, Tifa cominciò a parlare ad Aerith di lui, di come lo aveva conosciuto, di quando l’aveva fatta lavorare per Tseng, di quando gli aveva sferrato un pugno, del loro primo bacio. 
Così cominciò a parlare a raffica di un qualcosa che era sempre stato celato nel suo cuore. Dei suoi sentimenti che erano lentamente mutati. 
Di quanto si sentisse presa da lui e da quei sentimenti. Ma anche di quanto si sentisse usata da quel ragazzo. 
Lei era un AVALANCHE e si era innamorata dell’ex-presidente Rufus Shinra. Lo amava terribilmente e talvolta lo odiava. Un odio che, comunque, accendeva la sua passione per quell’uomo che tanto l’aveva sconvolta. 
Non seppe nemmeno chiedersi quanto avesse parlato esattamente o su cosa si fosse soffermata o quanti minuti fosse durata quella chiamata. 
A un certo punto smise di parlare e regnò per un attimo il silenzio. 
  
“Io…ecco…” 
  
“Tifa, non sapevo nulla di tutto quel che ti stava accadendo. Certo che ti sei cacciata in una situazione fuori del comune…” le rispose Aerith non sapendo bene che dirle. 
Non aveva mai avuto modo di sapere tutte queste cose. 
All’improvviso, però, il timbro della sua voce cambiò e si mostro meno perplesso e più rassicurante. “Ma devo dire che avete una storia così avvincente! Che dire? Sono di base una romantica! Sai? Forse restare soli a volte fa bene. E tu Tifa…non ti preoccupare. Vedrai che un giorno ricorderai questi momenti con il sorriso. Avere a che fare con un uomo appartenente alla Shin-Ra è complicato, lo so bene. Mezze parole, sorrisi spesso non sinceri, quell’aria misteriosa che li accompagna una continuazione…vedrai che tutto passerà, anche per me è stato così.” 
  
Tifa si alzò dalla panchina e prese a camminare in lungo e in largo. 
  
“Perché sei stata con un soldier? Anche loro sono così?” chiese curiosa. 
  
“Oh, non solo! Dimentichi che, essendo un Cetra, ho praticamente vissuto l’infanzia con i membri Shin-Ra! Ti assicuro che sono così! Odiosi e affascinanti. Senza contare che uno in particolare, particolarmente vicino a Rufus, mi è stato particolarmente alle calcagna, dunque, si!” rise fra sé calcando la parola ‘particolarmente’. “Eh, eh…credo proprio di poterti capire.” 
  
“Ah, si?” le rispose Tifa poco convinta e davvero sorpresa della sua amica. Aerith, in qualche modo, era stata capace di alleggerire quella situazione tanto opprimente con parole così semplici. Le fu grata davvero e fu felice di aver fatto quella telefonata. 
  
Cominciarono a parlare del più e del meno. Degli uomini, di quanto fossero idioti. Paragonarono persino Cloud e Rufus che, con loro grande sorpresa, furono molto facili da rapportare. 
  
Aerith fu capace di ironizzare persino sulla grande ambizione di Rufus perché almeno lui si alienava dal mondo per il suo lavoro, mentre Cloud aveva la medesima reazione solo e soltanto per la sua adorata moto che Aerith più e più volte aveva avuto la tentazione di fracassargli. 
  
Il tempo passò piacevolmente. 
  
“Tifa, ora però cerca con calma di rasserenarti,eh! Torna a casa, che qui nessuno ti mangerà, lo sai. Ci manchi.” 
  
Tifa annuì, poi la sua voce si abbassò nuovamente. 
  
“Sai Aerith. Una parte di me sente che non riesce a sopportare questa situazione. Sente che è impossibile…” 
  
“Tifa…” Aerith sentì una morsa al cuore nel sentire Tifa mentre le parole le si strozzavano in gola. Tifa cercò di controllarsi. 
  
“Ora che sono fuori da ogni contesto però…ora che sono lontana da tutto…compresa me stessa. Si, compresa quella me che non potrebbe mai stare con Rufus. Una parte di me vorrebbe cancellare tutto e sparire per davvero. Sparire e ricominciare.” 
  
Tifa cominciò a singhiozzare e Aerith a quel punto si fece seria. 
  
“Tifa, lo sai bene che fuggire non serve a nulla. Questa frase non è solo una convenzione. È la verità. Dovrai prima o poi affrontare i fatti. Così, sennò, continuerai a complicare la situazione rischiando di incastrarti in una condizione creata da te stessa.” Sospirò, poi aggiunse. “La Tifa-AVALANCHE, la Tifa di sempre che deve tornare da noi e la Tifa che ama Rufus…non sono persone diverse, lo sai? Tu sei sempre la stessa. Le persone non si scindono, si trasformano col tempo. Questo spero ti aiuti a scegliere la cosa giusta da fare.” 
  
“Aerith…” 
  
Le sue parole le entrarono nel profondo. 
Era cambiata…ma era pur sempre Tifa Lockheart. 
  
La stessa Tifa che aveva abbandonato le spoglie di ragazza innocente ed era diventata una determinata barista di Midgar. 
La stessa barista che poi era divenuta una ribelle AVALANCHE. 
La stessa AVALANCHE che aveva deposto le armi e si era presa cura di Denzel, Marlene e Cloud. 
La stessa che aveva contribuito a salvaguardare Edge e poi aveva perdonato un vecchio nemico per poi innamorarsene. 
  
Tifa era cambiata in continuazione. 
Era semplicemente cominciato un nuovo capitolo. Uno di quelli difficili, ma che aveva intenzione di portare fino in fondo. 
  
Una volta salutate e chiuso il telefono, ritornò dentro l’albergo. Non vedendo più Rufus nella hall, risalì in camera, dove trovò il ragazzo affacciato al balcone. Gli andò vicino e gli strappò dalla bocca la sigaretta buttando il mozzicone giù. 
  
“Non devi fumare.” 
  
Rufus la guardò perplesso. Poi le sorrise. 
  
Portò le sue braccia attorno alla vita della ragazza e la tirò verso di se, avvicinando il viso al suo. 
  
“Con chi parlavi al telefono?” disse dolce chiudendo gli occhi e abbandonandosi sulla sua testa. 
  
Tifa lo imitò e gli accarezzo il viso. 
  
“Con un’amica…” 
  
“Torneremo presto ad Edge, non ho intenzione di sequestrarti, tranquilla.” 
  
“Peccato.” Rispose lei scherzosa, dopodiché si allungò verso di lui baciandolo sulle labbra. 
  
Rufus la strinse più forte, assaporando con maggiore intensità un contatto stabilito da lui. 
Preso dai sentimenti, la portò lentamente verso il letto. 
La lieve brezza serale accarezzava i due che leggiadri si lasciarono andare sul materasso morbido, accompagnati dalla magia di quel posto. 
  
  
[…] 
  

  
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