Salve
a tutti. Se ve lo stesse chiedendo, ebbene
sì, sono ancora qui!!
I
prossimi capitoli sono già pronti, e
concluderanno questa storia dedicata alla coppia RufusxTifa.
Vi
ringrazio per la pazienza avuta, soprattutto
considerando i miei poco costanti aggiornamenti.
Nel
giro di questa settimana posterò tutti gli
ultimi capitoli.
Spero
li seguirete sicché io possa concludere
questo percorso con voi che mi avete tanto incoraggiata e sostenuta a
intraprendere.
Ammetto
infatti che se in questi ultimi giorni ho
deciso di mettermi a tavolino e completare l’opera
è stato per tutti voi che mi
seguite con tanto affetto!
Per
voi era giusto non lasciare incompleta questa
fanfiction, alla quale anche io sono affezionatissima.
Come
ribadisco spesso,Rufus e Tifa sono una
coppia che mi ha sempre fatto fantasticare.
Adoro
entrambi i personaggi, e nonostante il
tempo, continuano sempre ad emozionarmi.
Cosa
aggiungere? Ringrazio tutti tantissimo!
Godetevi il primo degli ultimi quattro capitoli di
“Oblivion”.
Un
bacio sincero a tutti voi!!
fiammah_grace
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CAPITOLO
16
“Tu
hai fatto di tutto perché il mio tempo
impazzisse ma, per la mia ragion d’essere perduta, non potevo
che incolpare me
stessa.”
Era
passato diverso tempo da quando Tifa aveva
smesso di contare i minuti. Da quando si era addormentata, il tempo le
era
sfuggito completamente di mano.
Era
quasi del tutto sdraiata sulla poltroncina
della carrozza, col capo chinato sul bracciolo. La posizione non era
per nulla
comoda, ma non aveva pensato minimamente né di lamentarsene
né di cambiare
posizione.
Alzò
gli occhi per sbirciare dalla finestra il
paesaggio e non le fu difficile intuire che, dalla vegetazione fitta e
il
grande lago oramai lontano, il treno fosse nella regione di Junon.
Sospirò
appena e socchiuse gli occhi per
ricercare quella quiete che aveva quasi raggiunto mentre dormiva. Tifa,
ventitré anni quasi, stava fuggendo con … Rufus
Shinra?
Non
una fuga qualsiasi. Una fuga del tutto
infantile, volta a risolvere un bel niente, se non per dare un attimo
di tregua
ai due, fuori dai loro contesti e vite.
Il
biondo Rufus Shinra era seduto di fronte a lei
e aveva un volto molto pensieroso. Tifa poteva sostenere fosse persino
preoccupato. Qualcosa lo turbava, ma lei non sapeva cosa. Certamente
non era
per gli stessi motivi che non facevano dormire lei.
Aveva
lo sguardo fisso sul computer che era
poggiato sulle sue gambe e di tanto in tanto premeva la tastiera
assumendo
un’espressione sempre più lontana dalla
realtà.
Di
tanto in tanto lanciava un fugace sguardo
verso Tifa, che fu abile nel fargli credere che stesse dormendo ancora.
All’improvviso
il telefono del ragazzo squillò e
Tifa sbarrò gli occhi che andarono a incrociarsi
istantaneamente con quelli
azzurri di lui.
“Chi
è?” chiese.
Rufus,
che sembrò un attimo pensarci su,
riattaccò la chiamata.
“… Tseng.
Scusa un attimo, vado a fumare.” Disse alzandosi e uscendo
dalla carrozza.
A
quella reazione, che le sapeva tanto di -se
te lo dico, poi ti dovrei un mucchio di spiegazioni-, Tifa si
alzò e si
affacciò appena dalla carrozza.
Rufus
era sparito dalla sua visuale. Era
sgattaiolato in chissà quale angolo del treno per evitare
che lei s’impicciasse
in qualche modo.
Si
gettò all’indietro cadendo sul sedile con
forza. Sbuffò più volte, terribilmente
infastidita da atteggiamenti di quel
tipo.
Come
se Rufus di per sé non sembrasse un
raggiratore e un bugiardo, in più i suoi atteggiamenti
ambigui lo rendevano
persino peggio.
E
dire che sapeva benissimo lei chi fosse.
Il
fatto che un ex-AVALANCHE avesse deciso di
dargli fiducia, di fuggire con lui …
Non
era saggio, poi, giocarsi tutto facendo il
bel misterioso, specie nella sua posizione da ex- presidente
dell’azienda
Shin-Ra.
Incrociò
le braccia sul petto e, di tanto in
tanto, faceva per sporgersi sperando di intravederlo fuori, nel
corridoio.
I
suoi occhi, poi, andarono di colpo sul computer
portatile poggiato proprio sul sedile di fronte a lei. Lo
guardò incerta,
elaborando sempre di più che in quel computer,
probabilmente, vi erano le
risposte a tutte le sue domante legate a Rufus.
Archivi,
piante, piani legati a tutto quel che
faceva parte del suo lavoro.
Senza
volerlo, le balenò immediatamente in testa
quel logo che intravide quel giorno in quella lunga pila di fogli
poggiati
sulla scrivania di Rufus.
Il
cuore cominciò a batterle e Tifa aveva solo
due domande da porsi: farlo o non farlo?
Sbirciare
avrebbe significato che non aveva
ancora raggiunto un livello sufficiente di fiducia nei riguardi del
ragazzo.
Tuttavia
era un’occasione poco ripetibile. Non
dare nemmeno un’occhiata, le avrebbe fatto scappare
sicuramente delle
informazioni cui non era detto che Rufus l’avrebbe mai fatta
partecipe.
Guardò
un’ultima volta verso il corridoio, Rufus
non sembrava nelle vicinanze.
Con
il cuore in gola, si sporse appena verso il
computer e, con occhi fugaci, sbirciò il documento che lui
stava controllando
fino a qualche momento prima.
Cercò
di scorrere le pagine, ma non riuscì a
capire di cosa trattassero esattamente. Le prime pagine erano
decisamente tutte
dedicate all’aspetto burocratico dell’azienda
edile, le sembrava.
“Cosa
stai facendo?”
La
voce leggermente accigliata di Rufus
all’improvviso piombò nello scompartimento e Tifa,
sobbalzando, si rimise
velocemente al suo posto, sedendosi con un lancio sul sedile.
“…
niente.” Disse guardandolo serafica.
“…
‘niente’?” le fece eco lui, per niente
convinto. “Se dovessi giudicare dall’evidenza,
direi che controllavi se mi
comportassi da bravo ragazzo.”
Tifa
tese le spalle e fece finta di non capire.
“Mi
era caduto un orecchino. Tutto qui. Devo,
forse, darti conto di una cosa simile?”
“Anche
se sono entrambi al loro posto, giusto?”
disse secco. Indicando verso i lobi delle sue orecchie.
“Oh!
Beh … è un bene che non abbia perso uno dei
pochi cimeli della mia famiglia.” Vaneggiò
Tifa, con voce frettolosa.
Rufus
prese posto accanto a lei e Tifa, in quel
momento, sentì il cuore tremare. Era indubbiamente turbata
per tutte quelle
emozioni positive e negative che quel ragazzo suscitava in lei.
Non
si fidava, fondamentalmente.
Quando
invece se lo ritrovava di fronte, sentiva
che non aveva più nessun motivo per dubitare del
‘nuovo Rufus’, ben lontano
dalla figura del presidente della Shin-Ra, oramai.
Eppure,
queste due emozioni spesso si fondevano e
si scambiavano in continuazione, creando in lei dei turbini che
andavano a
scontrarsi una continuazione.
Rufus,
dal suo canto, rimase ad osservare il viso
corrucciato di Tifa per un po’, poi le sfiorò la
mano con fare elegante fino ad
avvicinarla alle sue labbra.
Tifa
si voltò verso il finestrino, incerta.
“C-che
hai?” chiese.
Rufus
rise appena inarcando le sopracciglia.
“Tesoro,
ti sei appena svegliata e già cominciamo
a discutere. Credi riusciremo, per il resto del viaggio che ci rimane,
a
trovare un sano equilibrio?”
Tifa
sgranò gli occhi e lì per lì non seppe
bene
come mostrarsi.
“Non
so … direi che dipende da te.”
“Da
me? Io direi che tutto dipende dalla tua
testa.” Controbatté leggermente ironico,
accarezzandole appena i capelli che
scivolavano sulle guance. “Mi sembra che da parte mia, sia
più che chiaro.”
Tifa
non era abituata a lasciarsi andare. Non era
abituata a simili gesti. Non era abituata a fidarsi delle persone, dopo
la
fatica che aveva fatto per sopravvivere da quando aveva quindici anni.
Rufus
invece era disinvolto, così tanto, che il
tocco delle sue mani su di lei fu così efficace da
annebbiare tutti quei
pensieri che già cominciavano a galleggiare nella sua mente.
Non
riusciva, all’improvviso, a capire più se la
stesse ingannando, amando o se invece fosse proprio lei quella che non
riusciva
a dare un nome a quel che provava.
Lui
l’accarezzò e la baciò appena sulle
labbra
creando un momento di calore e contatto a cui Tifa non era abituata per
nulla.
A
dispetto di come si mostrava, non aveva mai
avuto un ragazzo vero e proprio.
Poggiò
le mani sulle braccia di lui e lo
allontanò, non in maniera brusca, ma ferma.
“Noi
non stiamo assieme, ricordalo.” Disse non
appena i loro occhi si incrociarono, separati da quel contatto.
“Oh,
ma certo …” rispose lui, ironico.
Il
biondo presidente quasi sembrava beffeggiarsi
di lei. Tifa strinse le mani sul collo della camicia mentre lui si
chinava di
fronte a lei continuando a scrutarla divertito e curioso.
Per
lei, che era così difficile esprimere
chiaramente i suoi sentimenti, avere la mente offuscata solo
nell’incrociare i
suoi occhi, era un qualcosa di così strano e bello allo
stesso tempo.
A
lei la vita aveva negato tutto. Dalla felicità
familiare che le spettava di diritto, ai piccoli scherzi del destino
che
l’avevano sempre portata lontano da chi, invece, si era
sempre figurata vicino.
E
in tutto questo, era apparso lui.
Un
uomo che non avrebbe mai e poi mai immaginato
così simile a lei. Un uomo segnato dal fato e da circostanze
cui era
impossibile sottrarsi. Qualcuno che nella sua vita, in maniera
indiretta, c’era
sempre stato.
Eppure,
ora la
Shin-Ra sembrava
così lontana da
‘Rufus’.
Si
strinse a lui abbandonandosi, lentamente,
sulle sue spalle.
In
verità, Rufus rimase sorpreso dalla dolcezza
che trasmetteva Tifa in quel momento.
“Ehi,
vorresti dire che ci stai ripensando?”
disse, cingendole la schiena.
“Vaffanculo.”
rispose lei con voce ovattata,
avendo la testa completamente sprofondata sulla spalla di Rufus.
“Lo
prendo come un sì.” Disse ridendo fra i
denti.
In
quel momento, venne annunciato l’arrivo alla
stazione di Junon.
Questo
significava che la loro fuga era giunta al
capolinea. Tifa alzò lo sguardo verso l’alto
ascoltando apatica, mentre Rufus
faceva per alzarsi.
A
differenza di lei, Rufus fu molto veloce nel mettere
sotto braccio giacca e computer e sollevare la propria valigia.
Tifa
seguì il ragazzo che intanto non faceva
altro che telefonare. Appena ne ebbe l’occasione, si strinse
al suo braccio in
silenzio, vogliosa di non importarsi di nulla e di dipendere, almeno
quella
volta, completamente da qualcuno.
[…]
Il
sole era già alto e filtrava con la sua luce
eterea le antiche vetrate della chiesa del settore cinque della
ex-Midgar City.
La
chiesa era stata completamente rimessa a
nuovo. Nel progetto, era stata prevista persino una porzione di
giardino
proprio davanti a quello che un tempo era l’altare della
chiesa sconsacrata.
Aerith
era poggiata proprio lì, ad osservare in
silenzio il posto, e a sua volta a sentire quello stesso silenzio che
tanto la
faceva sentire a casa.
Aerith
non sapeva cosa fosse il silenzio,
continuando ad udire le voci del lifestream echeggiare in ogni istante
della
sua vita. Ma in quel piccolo mondo di pace le sembrava quasi che,
assieme al
suo animo, le voci lenissero anch’elle il loro dolore.
Portò
le mani dietro la schiena e cominciò a
camminare in lungo, pensierosa, finché dei passi non si
fusero ai suoi, al che
si fermò.
Davanti
a sé vide quell’uomo alto, con i lunghi
capelli neri, in un distinto abito scuro: Tseng.
“Perché
sei sola in un posto simile?” le chiese
lui con fare distaccato, ma con la confidenza di un uomo che la
conosceva da
quando era bambina.
“Stona
tanto vedermi qui?” disse ironizzando su
quella chiesa che tanto aveva significato anche per lei.
“Assolutamente.
La mia era una domanda a senso
unico.” Le rispose tranquillo, mentre osservava i cartelli
che ancora segnavano
i lavori in corso. Come previsto dal suo copione personale, poi, le si
rivolse
nuovamente. “Immagino semplicemente che tu non sia qui per un
malaugurato
caso.”
Aerith
si allontanò dall’altare per dirigersi
verso Tseng. Si poggiò appena ad una colonna situata proprio
vicina a lui e
cominciò a giocare con lo sguardo, divertita da
quell’atteggiamento così formale
e costruito di Tseng.
“Io
pensavo che lo trovassi più ‘fortuito’,
Tsengi.” Gli ammiccò, perfettamente consapevole
che avrebbe ottenuto da lui uno
sguardo accigliato che non tardò a venire. “Sapevo
che venendo qui avrei
trovato uno di voi.”
“Prego?”
chiese, non comprendendo perché
attendesse lui o qualcun altro dei vecchi membri turks ai quali
probabilmente
si riferiva.
“Anche
tu sei qui per Tifa, no?” disse scuotendo
il capo, lasciando ondeggiare i lunghi capelli castani.
“Tsengi, speravo tu
sapessi qualcosa in più di me.”
Tseng,
dal suo canto, stava per pregare Aerith di
non usare quel fastidioso diminutivo per rivolgersi a lui, ma
preferì
sorvolarci e si limitò a sospirare pazientemente.
Lui
non sapeva fino a che punto Tifa ed Aerith fossero
in confidenza, ma preferì evitare di metterla al corrente
sulla situazione di
Rufus Shinra, visto che anche di lui si erano perse le tracce dalla
sera prima.
Se
la ragazza in rosa non bleffava, voleva dire
che era proprio come lui aveva supposto. Rufus, ovunque fosse, aveva
portato
Tifa con sé.
In
verità era seriamente perplesso e preoccupato
della situazione che si stava creando e di come Tifa, alla fine, fosse
stata
coinvolta in un progetto che, invece, doveva semplicemente mettere
l’azienda
sotto una luce migliore grazie alla sua presenza in quando AVALANCHE.
Arrivò
alla conclusione che non era il caso
lasciar trapelare qualcosa e che qualsiasi informazione inopportuna,
avrebbe
potuto nuocere la situazione già delicata dietro tutti i
progetti legati al
presidente. E quindi a lui stesso.
“Cos’è
quell’espressione,Tsengi? Non ti sarai
preso una cotta per lei? O no?” osò lei
all’improvviso, dondolandosi appena.
Tseng
alzò lo sguardo in sua direzione e abbozzò
un sorriso divertito.
“Miss
Aerith, piuttosto sono io che mi domando da
che pulpito venga questa domanda, tipica di una ragazza gelosa.
L’ultima volta
è stato molto tempo fa.”
Aerith
sgranò gli occhi sorpresa di vedere Tseng
divertito e persino un po’ nostalgico. Rise e prese ad
accarezzare i suoi
lunghi capelli.
“Oh,
forse. Infondo ti ho sempre considerato il
mio primo ragazzo.” Gli rispose scherzosamente.
“Mi
chiedo cosa direbbe ‘quello’, nell’udire
simili parole…”
Tseng
sembrò stare persino al gioco. In quel momento
si accorse che, forse, gli mancava persino un po’.
Lei,
l’atmosfera di quei tempi…
La
ragazza al contrario sembrò cancellare dal
volto quel sorriso, avendo afferrato perfettamente la battuta di Tseng
riguardo
Cloud.
“Cloud?
Dici che glie ne importerebbe?” gli
chiese curiosa.
“Non
dovrebbe? Sei la sua attuale fidanzata se
non erro.” Tentennò, poi continuò a
parlare.
Il
viso di Tseng si fece perplesso. Una parte di
lui si smosse nel pensare che Aerith avesse un ragazzo. Forse si poteva
per
davvero parlare di gelosia o qualcosa del genere. Di fatto,
però, dopo aver
pronunciato quelle parole, gli sembrò persino difficile
rivolgere nuovamente lo
sguardo su di lei.
“...non
lo so bene cosa io significhi per
Cloud…dopo quello che è successo.”
Disse lei cupa e a quel punto, Tseng si
lasciò incuriosire.
La
guardò pazientemente, aspettando che lei
prendesse un po’ di respiro e si aprisse a lui. Aerith, dal
suo canto, non
aspettava nient’altro che quel momento. Il momento in cui
potesse per davvero
aprirsi e sfogarsi con qualcuno su quello che le stava accadendo.
Si
girò e diede e Tseng le spalle.
“E’
da un po’ che ci siamo presi una pausa, per
così dire…” disse, poi cercò
di controllare il tono della voce con un bel
respiro. “In realtà ora le cose sono leggermente
migliorate, ma onestamente non
so come andremo a finire.”
Tseng
era un uomo perspicace, non gli ci volle
molto nel capire che tipo di situazione stesse vivendo Aerith.
“Ha
qualcosa a che vedere con Tifa
Lockheart?” Detto questo le si avvicinò.
“Gli parlerò io stesso. Da uomo a uomo
certe cose si posso dire in maniera
più…convincente.”
Aerith
chinò il capo, assumendo un’espressione
infastidita che fece sentire Tseng leggermente a disagio.
“Niente
minacce…ma è come hai capito tu.” Disse
con sforzo.
“E
dunque?”
“Intendo
che al momento…passa.”
Tseng
quasi si paralizzò nell’udire quelle
parole.
Il
silenzio regnò fra i due in quell’atmosfera
che sembrava quasi creare appositamente il contesto giusto per un
momento così
delicato.
Fu
ovvio capire, a quel punto, che Aerith non stesse
esattamente con Cloud Strife. O almeno che, dal suo canto, la storia
stava
prendendo una piega che non era stata rivelata a nessuno per via di
Tifa.
“E
questa situazione rimane così per Tifa?” le
chiese con
un tono che aveva un che di rimprovero.
“Non
ho mentito. Solo che come posso mettere in
mezzo anche i miei problemi con Cloud dopo quello che state passando
tutti? E
comunque è una cosa di Cloud e mia che dura da un
pò…”
“E’
comunque assurdo anche far credere a tutti
che voi siate una coppia felice.” La interruppe lui,
accigliato e agitato quasi
più di lei.
“…si
è tutto complicato per via di Tifa e così mi
sono ritrovata a parlargliene seriamente solo qualche settimana fa.
Volevo solo
capire, trovare le parole giuste per non perdere nessuno.”
Ripiombò
nuovamente il silenzio fra i due e Tseng
si rese conto solamente in quel momento di aver agito troppo
d’impulso.
Mosse
le labbra cercando di dire qualcosa, ma si
bloccò nell’istante in cui provò a
pronunciare il nome della ragazza.
Aerith
fece per uscire, completamente scossa da
quella situazione. Quando si avvicinò al portone e fece per
spingerlo, però,
una mano veloce l’assisté.
Aerith
si girò e vide Tseng al suo fianco.
Sobbalzò un attimo, visto che non si era per nulla resa
conto che lui le si
fosse avvicinato.
“Tsengi!”
disse. Poi cambiò tono e cercò di
essere più scherzosa, come le piaceva farsi vedere da lui.
“Ora di tutte queste
attenzioni la bugiarda non ne ha bisogno, no?”
Aerith
abbozzò un sorriso e Tseng si ritrovò a
guardarla dritto negli occhi,serio. Subito si lasciò andare
ed emise un sonoro
sospiro mentre apriva il portone facendola passare a mo di galantuomo.
“Più
che ‘bugiarda’ direi, che ogni volta che
conosci un uomo vuol dire è un presagio di ‘guai
in vista’.”
“Ma
sei impossibile!” disse lei, leggermente in
imbarazzo. “Non ti ci vedo a dire queste cose.”
“Non
mi ci vedi a fare o dire un sacco di cose,
miss Aerith.” le rispose con disapprovo, sapendo di dare
un’impressione
surreale di sé a gran parte delle persone. Si
affiancò a lei e insieme si
addentrarono verso le strade di Edge.
“Vedrai
che ‘quello’ non è affatto in collera
con
te. Ha solo bisogno di ricordarsi del tuo sorriso.”
Aerith
sorrise e poggiò delicatamente le mani sul
braccio di Tseng. Lui si mostrò noncurante mentre
cominciarono a battibeccare
su Cloud, lei e il loro rapporto il generale. Specie alla luce del
fatto che
Tseng fosse sempre stato contrariato riguardo ogni uomo che avesse
avvicinato a
sé.
[…]
“Cloud
è mezzogiorno. Ho fame.” Urlò Marlene,
che
era già a tavola da un bel po’.
“Un
po’ di pazienza…” disse lui dalla
cucina,
distratto. “Come diavolo si aprono queste?” disse
fra sé irritato osservando un
uovo.
“Sicuro
che non vuoi una mano? Tra poco abbiamo
il bus.” Chiese Denzel, ma l’occhiataccia di Cloud
lo fece azzittire di colpo.
Il
biondo Strife finalmente arrivò e servì ai due
ragazzini una sostanziosa e disgustosa colazione.
“Uhg!
Il mio uovo è bruciato sotto e crudo
sopra!” disse Marlene.
“Io
invece per poco non mi affogavo con le
schegge.” Continuò Denzel, nell’udire
che anche Marlene era decisamente
nauseata da quel vedere.
Effettivamente
dire che Cloud Strife cucinasse da
schifo era dire poco.
Le
uova erano crude, bruciate e piene di schegge
di guscio. Non essendoci latte, quel giorno, Cloud aveva riempito loro
due bei
bicchieri di chinotto e per fare un po’ di caffè
non era stato capace di far
funzionare nemmeno una delle macchine del Seventh Heaven.
Come
paradosso, aveva dovuto ordinarlo da un
altro bar lì vicino.
“Ehi,
mocciosi! Ancora qui?! I grandi devono
parlare! Forza, a scuola!”
La
voce di Barrett irruppe nel locale mentre con
un passo pesante si avvicinava al bancone sotto gli occhi infastiditi
di Cloud
e quelli felici dei ragazzi.
Barrett
scrutò perplesso Cloud per poi cominciare
a ridere.
“Ah
ah ah! Che immagine pietosa, testa chiodata!
Mi sembri una brava donna di casa che si è preparata troppo
in fretta col make
up! Ah ah! Non è che quel grembiule è troppo
piccolo per te, ‘cara’?”
Gli
rise letteralmente in faccia. Cloud fu
tentato di usare impropriamente lo sbattiuova come arma. Effettivamente
il
grembiule di Tifa e la farina sul viso non erano il look più
appropriato per
quel giovane che invece passava la maggior parte del suo tempo sulla
moto.
“Ah…ah…divertente,
Barrett.” Disse a denti
stretti.
Marlene
e Denzel intanto approfittarono della
situazione per sgattaiolare via verso scuola. Lontani dai due uomini e
soprattutto lontani dal quel ‘cibo’.
Cloud
sfilò il grembiule e pulì il viso con un
vecchio straccio.
“Senza
Tifa, è tutt’altro che facile sistemare
quei due. A proposito, notizie?”
Barrett
scosse la testa.
“Affatto.
Ma ho fatto una mappatura della zona!
Così TU che la conosci e TU che sei PROBABILMENTE il
responsabile di questa sua
fuga, saprai SICURAMENTE dove cominciare a cercare.” Disse
sottolineando così
forte , il‘TU’, il
‘PROBABILMENTE’ e il
‘SICURAMENTE’, che Cloud fu costretto
ad allontanarsi per non stonarsi.
Prese
i fogli di Barrett e li osservò.
“Se
è dipeso da me, è altamente probabile che si
farà viva telefonando Aerith. E io sono pronto ad
intercettare la telefonata.”
Si fermò, poi riprese a parlare. “Ma se, come
invece suppongo io, è con
Rufus…li la cosa cambia…”
“Che
cazzo c’entra quello della Shin-Ra?!”
urlò
Barrett sgomentato.
“Oh,
nulla, nulla. Comincia a fare una capatina
nella zona ovest e dopo telefona Ae’. Io vado a Edge e chiedo
un po’ in giro
nell’azienda.”
Cloud
fece per andare mentre Barrett inveiva
contro di lui.
“MA
PORC…! DEMENTE che non sei altro! COSA dici? La
mia povera
Tifuccia…quel…quel…QUELL’IDIOTA
CHE LE PUO’ AVER FATTO?! Andiamo, Chiodo! Tifa
non si lascerebbe mai rapire o battere da un verme come quello, no? Eh,
Cloud,
vero? Che può c’entrare la
Shin-Ra, no? Cloud? CLOUD! Cloooouuuud…!!!”
Cloud
chiuse la porta, sentendo ancora l’eco di
Barrett disperato.
“…”
tentennò. “Povero Barrett.” Disse infine
fra
sé.
Montò
sulla fenrir e con forte velocità si
diresse verso l’azienda edile di Rufus Shinra.
[…]
L’ambiente
che le si mostrò davanti agli occhi
era completamente nuovo e sapeva dell’inverosimile. Specie
rappresentando che
Junon fosse una cittadina, tutto sommato, sobria e legata ancora alle
piccole
tradizioni.
Tifa
non avrebbe mai potuto credere che li,
invece, esistessero alberghi con suite simili.
Vi
era un grande salone dai toni caldi, e un paio
di divani in velluto affiancati da mobili moderni in noce. Tifa si
avvicinò
immediatamente alla grande balconata che affacciava proprio sul mare.
Da lontano
si poteva persino intravedere la famosa costa del Sol.
Con
ancora le valige in mano e il cappotto sulle
spalle, spalancò tutte le porte ed esplorò gli
interni. Arrivata alla camera da
letto, inciampò sul tappeto e finì per
sprofondare completamente sul morbido
materasso.
“Wow…”
disse, con voce soffocata.
“Cos’è,
Tifa? Sei stanca?”
Tifa
alzò il viso scompigliando tutti i capelli e
con un balzo si rimise composta sul letto. Cominciò a
dondolare i piedi come
una ragazzina, emozionata, ma anche leggermente spaventata.
“E’
tutto così moderno e spazioso…non so se mi ci
abituerò.”
Rufus
rise appena e prese posto accanto a lei.
“Mia
cara, non è poi così difficile. Pensala come
una casa normale ma in scala più grande.”
“La
fai facile tu! Hai visto il buco dove abito.”
Disse lei sarcastica.
“A
me piace. Trovo che casa tua sia…stuzzicante.”
Le disse con fare accattivante.
“Che
vorresti dire?” gli chiese perplessa, ma in
qualche modo divertita.
“Dico
che fare l’amante nascosto nell’armadio
delle scope di un bar non è la stessa cosa di un amante
nell’armadio di una
suite.”
Mentre
parlava, prendeva ad avvicinarsi sempre di
più a lei, portandosi avanti fino a scavalcarla del tutto.
Tifa si sentì
leggermente a disagio. Aveva ancora un mucchio di pensieri per la testa
e
avvertire la vicinanza di Rufus in quel momento la portò in
uno stato
d’incertezza.
“Sai
una cosa?” disse lui all’improvviso, mentre
faceva per sdraiarla e portarsi sopra di lei. “Una parte di
me sa che è assurdo,
ma vedere come siamo qui, lontani da Edge, mi fa credere che
abbandonare ogni
cosa a volte potrebbe essere la scelta migliore.”
“Possibile
che tu sia un po’ meno presidente qui,
non credi?” gli rispose lei accarezzandogli il viso.
“Forse quella figura che
dai di te sta cominciando ad andarti un po’
stretta.”
“Forse.”
Le rispose distratto, cominciando a
baciarla sul collo.
Tifa
avvicinò il viso di Rufus a sé e lo
baciò
sulle labbra con un gesto così disinvolto che sorprese
persino sé stessa.
Lui
l’assecondò stringendola, accarezzandole i
lunghi capelli corvini.
Guidata
in quel momento unicamente dai suoi
sentimenti, si ritrovò a pensare che forse Rufus aveva
ragione.
I
loro unici problemi erano legati ad Egde.
A
ciò che era stato distrutto e costruito lì.
Delle
trappole pirandelliane, in quei luoghi,
rendevano loro difficile vivere sotto le vesti di Rufus Shinra e Tifa
Lockheart.
Levati
quei contesti sembrava, invece, tutto più
semplice.
Desiderarlo
non era più un qualcosa di sbagliato.
Sentiva
che era giusto che desiderasse la sua
vicinanza e che nessuno aveva il diritto di giudicarla nelle sue azioni
e nei
suoi pensieri.
Strinse
forte a sé Rufus e prese a ricambiare
quei baci con un’intensità maggiore, sentendo i
loro respiri confondersi, i
loro abiti diventare lentamente sempre più disordinati.
Scivolò
adagio dalle sue braccia e si portò sopra
di lui scavalcando le sue gambe senza mai cercare di spezzare quel
contatto.
Rufus
prese ad accarezzare la sua schiena
portando, con le dita, la sua maglia sempre più in alto.
All’improvviso
il telefono di Rufus prese a
squillare.
Preso
dalla sua ragazza, li per li non ci diede
troppo peso, ma gli bastarono pochi attimi per staccarsi da lei e
avvicinarsi
alla sua giacca.
“Scusami
un attimo. Suppongo sia una cosa da
niente.” Le disse distratto mentre frugava cercando il
telefono.
“Co-cosa?”
rispose lei disorientata.
Si
alzò appena dal letto e, sistemando i capelli,
che in quel momento erano completamente scompigliati, vide Rufus
sgattaiolare
via e chiudere la porta della camera da letto dietro di sé.
***
La
sera Rufus portò Tifa in giro per Junon. Era
necessario snellire un po’ quel clima che li faceva sentire
un po’ dei
fuggitivi, dunque Rufus pensò di distendere i nervi per un
po’ e di godersi la
permanenza di quel posto con lei. In piena tranquillità.
Guardava
Tifa mentre mangiava a stento la sua
cena, persa più che altro sul bel paesaggio notturno che
aveva davanti agli
occhi.
Rufus
e Tifa stavano cenando su una monorotaia
che offriva ai turisti un delizioso giro panoramico sulle coste della
città,
attraversando i paesaggi più pittoreschi e
d’atmosfera che la città di Junon
poteva offrire.
“Non
ero mai stata in un posto così.” Disse lei
distratta.
Rufus
bevve un sorso di vino e incrociò le dita
fra loro guardando il viso assorto di lei.
“Junon,
nonostante tutto, rimane una delle mete
turistiche più ambite nel mondo.”
Guardò anch’egli quell’atmosfera
così
d’impatto e, perdendosi in quelle acque cristalline, si
lasciò sfuggire una
piccola considerazione personale. “In questo devo dire che
mio padre fu
lungimirante. Riuscì a capire subito il potenziale di
Junon…”
“Non
credo si riferisse ai paesaggi, o no?”
rispose lei, ricordando perfettamente quanto la
Shin-Ra, guidata dal padre di Rufus, avesse poco a cuore le sorti del
pianeta.
Rufus
vaneggiò e annuì alle parole di Tifa.
Tuttavia sembrava per davvero riflettere su quell’epoca.
“Vero.
Eppure ancora oggi avrei il potere per
rendere questa città il secondo centro del mondo.
C’è così tanto quì che
è un
vero peccato limitare Junon ad una mera località marittima e
basta.”
Tifa
si sorprese di quelle parole pronunciate
così, a bruciapelo.
Era
stata la
Shin-Ra a
distruggere il pianeta,
ad inquinare le acque e distruggere tutto con il suo monopolio assoluto
dell’energia mako.
Rufus
sembrava vivere questa sua condizione,
quella di essere l’ultimo erede Shinra, con forte
razionalità. Aveva il potere
e l’esperienza per fare tutto ciò che diceva,
tuttavia era anche divenuto il
simbolo di quelle stesse disgrazie che lui desiderava, in qualche modo,
recuperare.
Era
fin troppo evidente ciò che aveva fatto per
Edge, ciò nonostante, quanto doveva spingersi uno come lui?
Una
parte di Tifa, proprio in quel momento, sentì
tanta malinconia nel pensare al suo status.
Rufus,
per quanto si sforzasse, non sarebbe mai
stato estraneo a tutto quello che li circondava in quel momento.
Se
Midgar era caduta, se Junon era caduta, il
simbolo che rappresentava ciò, era ancora lui.
“Saresti
in grado, certo…ma non credi di
pretendere un po’ troppo?” disse lei
all’improvviso.
Rufus
poggiò il mento su dorso della mano.
“Tu
credi che io pretenda troppo?” le chiese
sott’intendendo di spiegarsi meglio.
“Quel
che stai facendo è…insomma…”
cercò di
trovare nella sua mente le parole più adatte.
“Nessuno potrà evitare di avere
della riconoscenza, ma nemmeno può
dimenticare…io, non sono brava a spiegare,
ma…”
“Capisco
quello che intendi. Ma ti sembra davvero
così strano che io continui ad essere un
imprenditore?”
“Rufus,
guardati in giro! Tutto questo è accaduto
per causa della vecchia Shin-Ra corporation. Nonostante gli assegni, i
lavori…io, beh, quel che sto cercando di dirti
è…che non è colpa tua.”
Rufus
rimase sorpreso di quelle parole.
“Posso
cambiare le sorti di questo pianeta di
nuovo, ma non voglio farlo solo firmando assegni. Il mio nome non
può essere
cancellato così. Qualcosa devo pur fare, per risollevare il
nome Shinra e
l’opinione pubblica che si addensa su di me.”
“Rufus…”
Tifa cercò di dire qualcosa, ma il
biondo la interruppe.
“La
Shin-Ra rimane
l’unica cosa che ho. Ovvio che non posso cancellare le sue
ombre. Ma nessuno
può chiedermi di affossarla con le mie stesse
mani.” Terminò finendo
definitivamente il vino che aveva versato nel bicchiere.
“Non
è facile far capire le tue intenzioni.
Diavolo Rufus, lo sai! Chi, dimmi. CHI ti crederebbe? Persino io ho
avuto
bisogno di tempo e…” si bloccò un
attimo. Sapeva nel suo cuore, di provare
anche in quel momento difficoltà nell’affiancarlo.
“…e anche la
Shin-Ra. Come puoi
credere di essere in una
posizione tale da permetterti una simile ambizione?”
Le
parole di Tifa turbarono molto l’ex-
presidente, che non riuscì più a godersi quella
serata con la serenità con la
quale era cominciata.
“Anche
ora tu non dici nulla. Non cerchi di
allontanare da te quest’aura che quasi sembra
nasconderti…e allontanarti. Io
non ti riesco a capire.” Il tono di Tifa era profondo e molto
provato. Sperava
per davvero che Rufus si confidasse di più con lei.
“Cosa
dovrei dirti? Che sono cambiato? Pentito?
Certo che c’è questo. Ma dopo tre anni non ne
posso più di una vita unicamente
dedicata alla redenzione.” Le rispose con un tono basso e
controllato, tuttavia
irritato.
“Dici
che provi qualcosa nei miei confronti. Mi
hai portata qui con te, eppure in tutto questo non hai mai previsto di
rivelarmi quell’aspetto di te che tieni ben celato al resto
del mondo…”
Rufus
a quel punto non rispose, guardò
apaticamente il panorama in silenzio. Quel che diceva Tifa, non era
completamente sbagliato.
Il
girò turistico terminò di li a poco,
sicché i
due si ritrovarono sulla via del ritorno percorrendo le strade
contornate di
luci suggestive e romantiche.
Un
vero peccato che, anche in un luogo simile,
Rufus e Tifa non riuscissero ad allontanare da loro le evidenti
problematiche
che li separavano una continuazione.
E
al fulcro di tutto c’era solo una cosa, e Tifa
lo sapeva bene.
Una
volta dentro la suite, Rufus si sistemò a
letto silenzioso. Tifa dubitava profondamente che dormisse, tuttavia
preferì
lasciarlo solo. In quel momento, le sembrava la cosa migliore.
Si
affacciò al balcone e, nel vedere le acque del
mare, qualcosa si andò a rasserenare dentro di lei.
Rufus
l’aveva portata in quel luogo così bello.
Si
ritrovò a pensare all’improvviso che anche lui
aveva avuto bisogno di essere lì, in quel momento. Con lei.
Erano
profondamente diversi, con vite così
diverse.
Eppure
sia in Rufus che in lei c’era più di
qualche analogia. Persino uno come lui desiderava di fuggire, di avere
una vita
diversa, di volerla, in qualche modo, ricostruire.
Rufus,
esattamente come lei, desiderava un mondo
che attualmente non esisteva ancora, ma che desiderava far diventare
presente.
Aveva
anche la determinazione e la forza di
farcela.
Solo
allora comprese a fondo le sue parole.
Rufus
voleva sì ricostruire Edge e
ciò che la
Shin-Ra aveva
distrutto, ma lo voleva fare con
il suo nome e la sua dignità di persona.
Sentì
un groppo in gola e non riuscì più a
starsene con le mani in mano, al che chiuse il balcone e si diresse in
camera
da letto.
Montò
sul letto e avanzò verso di lui,
controllando se stesse dormendo.
“Che
vuoi?” disse lui vedendola china verso di
lui. Il suo tono era rauco e abbastanza distaccato. Le ci volle poco
per capire
che non avesse ancora digerito la precedente discussione.
“Mi
chiedevo se tu eri sicuro di questa fuga.”
Disse lei cercando di essere ricambiata dal suo sguardo. Non era
abitudine di
Rufus quella di parlare con qualcuno distogliendo lo sguardo, dunque le
ci
volle poco per attirare la sua attenzione.
Rufus
sembrò pensarci su mentre lei prendeva
posto sgattaiolando vicino a lui.
“Junon
è l’ideale per me. Il luogo dove
ricomincerei da zero. Ma sembra che non esista un posto dove io non sia
uno
Shinra ai tuoi occhi, vero tesoro?” le disse, girando il capo
verso di lei.
“Già...”
Gli rispose, stringendosi lungo la sua
schiena.
Il
calore del corpo di Rufus era un qualcosa di
cui non riusciva a stancarsi. Nonostante le mille
perplessità, quel momento
significava troppo per lei per preoccuparsi del resto.
Sapeva
benissimo cosa le sarebbe accaduto quando
sarebbe tornata, quando Cloud avrebbe scoperto che non si era
licenziata, ma
che invece era scappata proprio con il suo bel presidente.
Tuttavia
di questo, al momento, non se ne voleva
preoccupare. Per una volta, voleva provare a pensare che Rufus
l’avrebbe potuta
nascondere dal resto del mondo.
Si
sentiva come una principessa innamorata una
volta tanto dall’antagonista di turno. Un amore contrastato,
eppure passionale
come lo aveva sempre desiderato.
Strinse
Rufus più forte a sé, poggiando la testa
sui capelli biondi di lui.
“Che
c’è? Sei tentata di concedermi una seconda
chance, AVALANCHE?” le chiese beffardo.
“Forse
potrei anche concedertelo, ma solo se levi
quel tono da diavolo.”
Tifa
portò le braccia attorno al suo collo mentre
lui faceva per allungarsi verso di lei.
Rufus
poggiò le labbra sulle sue generando appena
il calore scaturito da quel contatto. Si staccò da lei quasi
subito per poi
riprenderla a baciare con maggiore intensità.
Lei
schiuse le labbra e si lasciò andare a quel
momento, prendendoci sempre più gusto
nell’assaporare quel suo presidente che
non sapeva ancora giudicare.
Sapeva
però di desiderarlo fortemente.
Sentiva
le sue labbra pulsare e cercare quel
contatto di cui aveva bisogno, mentre portava a se quel corpo di cui
lentamente
cominciava ad intravedere le cicatrici.
Si
lasciò cingere dalle sue braccia mentre i
pensieri che albergavano nella sua mente, man mano, andavano
dissipandosi.
***
La
luce accecante del mattino seguente svegliò
Tifa. Sentiva la testa così pesante e non aveva affatto
voglia di aprire gli
occhi.
“Rufus…che
ore sono?” chiese.
Non
sentendo alcuna risposta, portò le coperte
fin sopra il capo, infastidita ancora da quella luce. Alla fine,
stanca, decise
di allungarsi fino al tavolino basso situato vicino al letto. Da sotto
le
coperte, fece uscire fuori il braccio, prendendo così la
sveglia e
trascinandola vicino a sé.
Nel
leggere che non era affatto primo mattino,
sbandò.
“M-ma
perché non mi sveglio mai?!” disse
alzandosi di colpo, lanciando all’aria lenzuola e cuscino.
“Eh?” si guardò
attorno perplessa. “Ma Rufus
dov’è?”
Indossò
velocemente una vestaglia e uscì dalla
camera, ma ben presto si rese conto che Rufus doveva essere uscito.
Sbuffò
seccata di quella situazione. Eppure
sperava che dopo la discussione di prima avesse deciso di rifarsi, in
qualche
modo, e invece come al solito, non c’era mai.
Si
affacciò appena dalla porta della suite,
sperando di vederlo nei paraggi. Chissà, una parte di lei si
illudeva di
vederlo magari con un bel caffé…
Stava
per chiudere la porta seccata, quando,
all’improvviso, udì quella voce. Quella voce
arrogante a lei tanto familiare.
Si
lasciò incuriosire e si inoltrò cautamente
lungo il corridoio di moquette. Prima di girare l’angolo si
affacciò e,
sbirciando, vide proprio lui, Rufus Shinra.
Il
cuore le sembrò quasi fermarsi non riuscendo a
credere a ciò che stava vedendo.
Rufus
stava parlando con dei distinti uomini e
stava discutendo di…Edge?
Cercò
di concentrarsi meglio ma non riuscì proprio
a capire di cosa stessero parlando nello specifico.
“E
i gas? Non siamo ancora certi della loro
composizione, mister Shinra.”
“Oh,
non sono particolarmente nocivi. Vedrete che
se rispetterete i tempi, presto tutti si dimenticheranno di questa
storia.”
“Abbiamo
bisogno di ulteriori dettagli. Le
chiediamo, nel caso, di provvedere al prolungamento della vostra
’vacanza’ a
Junon, presidente.”
“Nessun
problema. Diciamo che ho un ottimo alibi
che non desterà alcun sospetto.”
“Ha
detto ‘alibi’?” disse Tifa fra
sé e sé, e
sentì lentamente qualcosa esplodere dentro di lei.
Stava
parlando di lei? Della loro ‘fuga’? Era
quello l’alibi?
Non
riusciva proprio a credere che l’avesse
portata lì con l’inganno eppure era questo
ciò che rimbombava nella sua mente.
Rufus
aveva usato una scusa per trascinarla li?
Aveva sfruttato i suoi sentimenti, già di loro
così complicati, per costruirsi
un alibi che lo portasse lontano dall’azienda di Edge?
Un
vortice di pensieri cominciò ad echeggiare
così forte che fu costretta a portarsi le mani sul capo.
La
sera precedente aveva deciso di dargli una
chance. Si era sentita in colpa di quel che gli aveva detto. Lui le
aveva detto
delle cose.
Era
stata…una messa in scena?
Alzò
gli occhi disorientata e solo allora si
accorse che Rufus aveva appena congedato gli uomini e si stava
dirigendo verso
di lei.
Tifa
si sentì smarrita e il suo corpo si fece
così rigido che capì che il quel momento aveva
assolutamente bisogno di
parlargli.
Rufus
girò l’angolo e, dal suo canto, se la
trovò
davanti di colpo.
“Oh!”
disse sorpreso. “Buongiorno, tesoro.”
“Buongiorno…”
rispose lei perplessa, poi scosse
la testa. “Buongiorno?! Buongiorno un corno!”
urlò.
Rufus
rimase indignato a quella reazione.
“Ma
non ti svegli mai di buon umore tu?” le
rispose stringendo gli occhi. Poi sorrise beffardo. “A-ah! Ho
capito. Hai un
altro dei tuoi sensi di colpa. Ma non c’è bisogno
di reagire così, cara. Anzi,
dopo che…”
Tifa
lo interruppe, facendogli capire solo allora
che lei faceva sul serio.
“Non
parlare a vanvera! Per una volta, nella tua
vita, dai la priorità a qualcosa di diverso! La tua amata
azienda va bene! Ma
almeno non mettermi in mezzo nei tuoi piani!” gli
urlò contro.
“Di
cosa stai parlando?” le chiese cercando di
mantenere la calma.
“Oh,
non hai ancora capito? Io credo invece che
hai capito fin troppo bene! Nel caso tu faccia sul serio, comunque
eccoti
accontentato. Io non ho problemi di dirti in faccia quel che penso! Io
non ho
intenzione di essere solo un alibi per le tue sporche manie di
grandezza!”
Tifa
sentì il suo respiro farsi sempre più
affannato. Tremava, tremava eccome. Tremava di rabbia, di cosa Rufus
potesse
dirle. Di cosa lei stessa potesse dire.
Il
volto di Rufus si fece serio nel vedere gli
occhi di lei così languidi e disorientati.
Sospirò profondamente e cercò di
temporeggiare.
“Tifa,
ho lavorato tanti anni a Junon e molti dei
miei finanziatori hanno sede proprio qui. Questo non ha nulla a che
vedere con
te.”
“Per
chi mi hai preso? Non sono un’idiota! Tu sei
qui prima per loro e poi per me! Non sei capace nemmeno di conservare
la
faccia. Ma come cazzo fai ad essere così ipocrita?”
Rufus
a quel punto si innervosì e, afferrandola
per le spalle, la sbatté sul muro così
inaspettatamente che lei non fu capace
di opporsi in nessun modo.
“Okay,
Tifa. Hai colto nel segno.” La guardò
fissa negli occhi con il suo sguardo gelido. Avvicinò il
viso verso quello di
lei che, intanto, era paralizzata e lo guardava con sgomento.
“Non sono qui
solo per te. Ma questo non significa che tu venga prima o dopo il mio
lavoro o
le mie ambizioni. Ho colto l’occasione per anticipare un
importante incontro
con dei rappresentanti che potrebbero tornarmi utili.”
Si
allontanò da lei e allentò la presa. Tifa
rimase contro il muro ad osservarlo. Vedere Rufus di colpo reagire
così l’aveva
lasciata senza parole.
Rufus
le diede le spalle e girò leggermente il
capo verso di lei.
“Tifa,
tu dimentichi che io ho perso ogni cosa.
Il mio nome un tempo era simbolo di rispetto. Ora invece sembra quasi
che debba
nascondere al mondo intero io chi sia!” disse con una punta
di rabbia. “Forse
ne ho in parte approfittato, ma solo in parte. Questo perché
tu sei il motivo
principale della mia presenza qui. Ma io devo anche far qualcosa per
non
crollare.” A quel punto si girò completamente
verso di lei. “Capisci ciò che
voglio dire? Manca poco è crollerò del tutto. Sai
bene come la mia azienda vada
più a rotoli di quanto sembri. Hai lavorato per me. Sai che
il tempo per me
stringe. Sai che non posso permettermi di crollare perché
nessuno mi
sorreggerà, quel giorno.”
Rufus
aveva gli occhi sgranati, sorpreso lui
stesso di cosa fosse stato capace di dirle. Se Tifa non lo conoscesse,
avrebbe
giurato che era sul punto di tremare. Tremare per aver rivelato un
qualcosa per
ora restato sempre celato nel suo cuore. Sembrava urlarle contro di
stargli
vicino. Di non abbandonarlo in quel momento così duro che
durava da così troppo
tempo.
Lui
che un tempo faceva parte di quelli che
contavano.
Tifa
chinò il capo e socchiuse gli occhi.
“Io
ho bisogno di tempo, Rufus. Il tuo mondo è
completamente diverso dal mio, così come la nostra visione
delle cose.”
Detto
questo fece per andarsene, ma Rufus la
bloccò prendendola per il braccio.
“Scapperai
di nuovo?” le chiese con tono basso.
“Ho
solo bisogno di una boccata d’aria. Tutto
qui.”
Aveva
voglia di scappare. Di fare le valige e
tornare ad Edge facendo finta che tutto quello che le stava accadendo
fosse
solo una fantasia.
Il
problema era che non riusciva a scappare.
Continuava, nonostante tutto, a non comprendere, ma a desiderare
fortemente di
essere vicina a quel ragazzo, il cui mondo gli stava crollando addosso.
Rufus
le si era aperto.
Ogni
giorno le sembrava di fare un passo
indietro, ma anche un passo avanti.
Li
per li non seppe opporsi, non seppe scappare
da quel suo sguardo che nella vita aveva odiato e amato con la stessa
intensità.
Rufus,
nel vederla sparire, rimase circondato da
un tetro silenzio.
Durante
la giornata, Tifa continuò a pensare
all’accaduto, ma fece del suo meglio per non chiedersi troppo
di ciò che aveva
visto.
Se
amava per davvero Rufus, doveva accettare
anche l’ambizione che lo caratterizzava. Sperare che sarebbe
cambiato per lei
sarebbe stato ingenuo.
Passarono
dei piacevoli momenti che andarono ad
alleggerire l’inizio di quella mattinata.
Qualcosa
dentro di Tifa, però, continuava a
ripeterle che Rufus continuava a non essere del tutto sincero con lei.
A non
renderla partecipe di gran parte della sua vita.
Dunque
si domandava: a cosa valevano quelle
attenzioni? A cosa valevano quelle lusinghe che annebbiavano la sua
mente e al
tempo stesso la viziavano?
Il
disagio di tutto questo generava in lei forti
sentimenti contrastanti.
Lui
non era sincero, certo, ma l’oblio continuava
ad accecarla e quell’uomo, nonostante tutto, era diventato il
centro dei suoi
pensieri.
Mentre
Rufus e Tifa facevano per ritirarsi nella
propria suite, Rufus si fermò a parlare con qualcuno di
qualcosa di
incomprensibile per Tifa riguardo l’ingegneria.
Vedendo
che la discussione sarebbe tirata per le
lunghe, Tifa ne approfittò per fare un qualcosa che si
riproponeva da tempo
oramai.
Doveva
assolutamente riaprire i contatti con il
mondo esterno.
Sospirò
agitata e dopo due giorni interi accese
il suo cellulare.
“Bene…al
momento nulla di insolito..:”
BIP!!
“AH!”
BIP
BIP
BIP
BIP
BIP BIP!!!
Tifa
aprì velocemente tutta la messaggeria che le
era arrivata.
“Ma
quanti avvisi di chiamata sono?!” disse, poi
altri ‘bip’ sopraggiunsero. “Ancora?!
Caspita…”
A
quel punto aprì velocemente la rubrica e cercò
un numero di telefono. Selezionò il numero di Aerith,
essendo lei la persona
che riteneva più sensato contattare.
Prima
che il telefono cominciasse a squillare,
però, riattaccò la chiamata.
“Che
cazzo faccio?!” rimproverò a sé stessa.
“Non
posso chiamare così, su due piedi! Se è in
compagnia di Cloud, cosa altamente
probabile, lui la sentirà di sicuro! Cretina!” si
picchiò con un pugno il capo.
Così
preferì utilizzare il buon vecchio SMS:
“Chiamami
a questo numero solo se sei da
sola.”
Di
li a un quarto d’ora ecco che il telefono di
Tifa squillò.
Tifa
intanto andò a sistemarsi fuori la hall
dell’albergo, dove era allestita una deliziosa zona bar con
panchine e tavolini
in pietra.
“A-Aerith?”
disse a voce bassa.
“Tifa!”
rispose una voce squillante e femminile.
Tifa
sobbalzò nell’udire una voce tanto pimpante
e li per li rimase senza parole. Subito dopo, però, il
timbro di voce di Aerith
cambiò e si mostrò più severo, anche
se comunque giocoso.
“Oh,
ma che modi che hai! Ma lo sai che qui sono
tutti preoccupati per te? Dove sei? Possibile che debba comportarti
così?
Insomma…non è da te non consultarti almeno con la
tua migliore amica!”
“Mi
dispiace…Aerith.” disse con il sorriso sulle
labbra. Solo nel parlarle si rese conto quanto tutti le mancassero, in
verità.
“E
comunque hai fatto benissimo a mandarmi un
messaggio. Qui si sono tutti parcheggiati a casa mia.
Beh…c’è un aspetto
positivo in tutto questo visto che mia madre è entusiasta di
vedere la casa
così piena di persone. Poi adora Denzel e
Marlene.” Si fermò di colpo, non
sentendo Tifa dall’altro lato. “Ehi! Che fai, mi
dai corda? Dimmi dove sei?
Cos’è successo?”
Tifa
cominciò a parlare con voce bassa e
insicura. Aerith aveva visto davvero poche volte Tifa parlare
così.
“Non
so da dove cominciare io…io…è
complicato.”
“Sei
con Rufus Shinra, vero?” le chiese la
fioraia, all’improvviso.
Tifa
rimase senza parole.
“Te
l’ha detto Cloud?” chiese e a quel punto
sentì ridere Aerith dall’altro lato. Tifa si
sentì perplessa. “Cosa c’è da
sogghignare tanto?”
“Ah
ah ah! Perdonami! No, comunque, non me l’ha
detto Cloud, ma da come sta inveendo in malo modo contro di lui assieme
a
Barrett l’ho dovuto per forza dedurre!”
“Non
ho mai sentito Cloud inveire…” disse lei
perplessa.
“Questa
è una fortuna, fidati!” le rispose
trattenendo ancora le risate.
Cloud
era polemico, serioso, pessimista, ma non
lo aveva mai sentito parlare con volgarità o, appunto
inveire. Tifa, comunque,
preferì non indagare oltre sul suo amico
d’infanzia.
Tirò
su un sospiro prima di parlare.
“Io
sono con Rufus, è vero. Non so bene da dove
cominciare. Io e lui…da quando lavoro nella sua
azienda…”
Senza
rendersene nemmeno conto, Tifa cominciò a
parlare ad Aerith di lui, di come lo aveva conosciuto, di quando
l’aveva fatta
lavorare per Tseng, di quando gli aveva sferrato un pugno, del loro
primo
bacio.
Così
cominciò a parlare a raffica di un qualcosa
che era sempre stato celato nel suo cuore. Dei suoi sentimenti che
erano
lentamente mutati.
Di
quanto si sentisse presa da lui e da quei
sentimenti. Ma anche di quanto si sentisse usata da quel ragazzo.
Lei
era un AVALANCHE e si era innamorata
dell’ex-presidente Rufus Shinra. Lo amava terribilmente e
talvolta lo odiava.
Un odio che, comunque, accendeva la sua passione per
quell’uomo che tanto
l’aveva sconvolta.
Non
seppe nemmeno chiedersi quanto avesse parlato
esattamente o su cosa si fosse soffermata o quanti minuti fosse durata
quella
chiamata.
A
un certo punto smise di parlare e regnò per un
attimo il silenzio.
“Io…ecco…”
“Tifa,
non sapevo nulla di tutto quel che ti
stava accadendo. Certo che ti sei cacciata in una situazione fuori del
comune…”
le rispose Aerith non sapendo bene che dirle.
Non
aveva mai avuto modo di sapere tutte queste
cose.
All’improvviso,
però, il timbro della sua voce
cambiò e si mostro meno perplesso e più
rassicurante. “Ma devo dire che avete
una storia così avvincente! Che dire? Sono di base una
romantica! Sai? Forse
restare soli a volte fa bene. E tu Tifa…non ti preoccupare.
Vedrai che un
giorno ricorderai questi momenti con il sorriso. Avere a che fare con
un uomo
appartenente alla Shin-Ra è complicato, lo so bene. Mezze
parole, sorrisi
spesso non sinceri, quell’aria misteriosa che li accompagna
una
continuazione…vedrai che tutto passerà, anche per
me è stato così.”
Tifa
si alzò dalla panchina e prese a camminare
in lungo e in largo.
“Perché
sei stata con un soldier? Anche loro sono
così?” chiese curiosa.
“Oh,
non solo! Dimentichi che, essendo un Cetra,
ho praticamente vissuto l’infanzia con i membri Shin-Ra! Ti
assicuro che sono
così! Odiosi e affascinanti. Senza contare che uno in
particolare,
particolarmente vicino a Rufus, mi è stato particolarmente
alle calcagna,
dunque, si!” rise fra sé calcando la parola
‘particolarmente’. “Eh,
eh…credo
proprio di poterti capire.”
“Ah,
si?” le rispose Tifa poco convinta e davvero
sorpresa della sua amica. Aerith, in qualche modo, era stata capace di
alleggerire quella situazione tanto opprimente con parole
così semplici. Le fu
grata davvero e fu felice di aver fatto quella telefonata.
Cominciarono
a parlare del più e del meno. Degli
uomini, di quanto fossero idioti. Paragonarono persino Cloud e Rufus
che, con
loro grande sorpresa, furono molto facili da rapportare.
Aerith
fu capace di ironizzare persino sulla
grande ambizione di Rufus perché almeno lui si alienava dal
mondo per il suo
lavoro, mentre Cloud aveva la medesima reazione solo e soltanto per la
sua
adorata moto che Aerith più e più volte aveva
avuto la tentazione di
fracassargli.
Il
tempo passò piacevolmente.
“Tifa,
ora però cerca con calma di
rasserenarti,eh! Torna a casa, che qui nessuno ti mangerà,
lo sai. Ci manchi.”
Tifa
annuì, poi la sua voce si abbassò
nuovamente.
“Sai
Aerith. Una parte di me sente che non riesce
a sopportare questa situazione. Sente che è
impossibile…”
“Tifa…”
Aerith sentì una morsa al cuore nel
sentire Tifa mentre le parole le si strozzavano in gola. Tifa
cercò di
controllarsi.
“Ora
che sono fuori da ogni contesto però…ora che
sono lontana da tutto…compresa me stessa. Si, compresa
quella me che non
potrebbe mai stare con Rufus. Una parte di me vorrebbe cancellare tutto
e
sparire per davvero. Sparire e ricominciare.”
Tifa
cominciò a singhiozzare e Aerith a quel
punto si fece seria.
“Tifa,
lo sai bene che fuggire non serve a nulla.
Questa frase non è solo una convenzione. È la
verità. Dovrai prima o poi
affrontare i fatti. Così, sennò, continuerai a
complicare la situazione
rischiando di incastrarti in una condizione creata da te
stessa.” Sospirò, poi
aggiunse. “La Tifa-AVALANCHE, la
Tifa di
sempre che deve tornare
da noi e la
Tifa che
ama Rufus…non sono persone
diverse, lo sai? Tu sei sempre la stessa. Le persone non si scindono,
si
trasformano col tempo. Questo spero ti aiuti a scegliere la cosa giusta
da
fare.”
“Aerith…”
Le
sue parole le entrarono nel profondo.
Era
cambiata…ma era pur sempre Tifa Lockheart.
La
stessa Tifa che aveva abbandonato le spoglie
di ragazza innocente ed era diventata una determinata barista di Midgar.
La
stessa barista che poi era divenuta una
ribelle AVALANCHE.
La
stessa AVALANCHE che aveva deposto le armi e
si era presa cura di Denzel, Marlene e Cloud.
La
stessa che aveva contribuito a salvaguardare
Edge e poi aveva perdonato un vecchio nemico per poi innamorarsene.
Tifa
era cambiata in continuazione.
Era
semplicemente cominciato un nuovo capitolo.
Uno di quelli difficili, ma che aveva intenzione di portare fino in
fondo.
Una
volta salutate e chiuso il telefono, ritornò
dentro l’albergo. Non vedendo più Rufus nella
hall, risalì in camera, dove
trovò il ragazzo affacciato al balcone. Gli andò
vicino e gli strappò dalla
bocca la sigaretta buttando il mozzicone giù.
“Non
devi fumare.”
Rufus
la guardò perplesso. Poi le sorrise.
Portò
le sue braccia attorno alla vita della
ragazza e la tirò verso di se, avvicinando il viso al suo.
“Con
chi parlavi al telefono?” disse dolce
chiudendo gli occhi e abbandonandosi sulla sua testa.
Tifa
lo imitò e gli accarezzo il viso.
“Con
un’amica…”
“Torneremo
presto ad Edge, non ho intenzione di
sequestrarti, tranquilla.”
“Peccato.”
Rispose lei scherzosa, dopodiché si
allungò verso di lui baciandolo sulle labbra.
Rufus
la strinse più forte, assaporando con
maggiore intensità un contatto stabilito da lui.
Preso
dai sentimenti, la portò lentamente verso
il letto.
La
lieve brezza serale accarezzava i due che
leggiadri si lasciarono andare sul materasso morbido, accompagnati
dalla magia
di quel posto.
[…]