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Autore: _joy    19/03/2012    1 recensioni
E – diciamocelo – cosa sarà mai una mail importante nell’ordine delle priorità dell’universo?
Ordine che ha fatto sì che oggi Ben Barnes – BEN BARNES – sia seduto a pochi metri da me?
Gin/Ben
[Serie "Forever" - Capitolo I]
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Forever'
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Sto sognando, non c’è altra spiegazione.

 

Ben Barnes. A tre metri da me. Vero. In carne e ossa.

Sto impazzendo, credo.

 

Fingo di lavorare, di essere concentrata, ma fisso lo schermo del computer e non vedo niente, in realtà. Mi si è svuotata la testa. 

Io ho sempre mille pensieri concomitanti, sono disordinata e caotica persino nella mia mente… non c’è proprio ordine in nessuna fibra di me: sono irruenta nei sentimenti, nelle idee… è come se non fossi mai sola per il gran turbinare di cose che ho dentro. 

E nemmeno tutte salgono alla coscienza; ci sono e basta. Borbottano in sottofondo. Questa sono io. Un gran caos. 

E fuori, mi basta sedermi in un angolo con l’ipod, e trovo la pace. Cioè, trovo la quiete apparente.

 

Ma ora? C’è silenzio totale in me. E shock. E niente altro. Dov’è finita Ginevra? Aiuto.

 

Non riesco a pensare. E non è solo questo. È come se dormissi, ma in realtà sono sveglia. Come se volessi mettermi a correre ma non riuscissi ad alzarmi dalla sedia. Come se avessi disperatamente bisogno di urlare, ma fossi senza voce.

 

Alzo gli occhi. È lui. Davvero. È davvero, davvero lui.

 

Seduto a un tavolino del bar in piazza, con gli occhiali da sole inforcati. Sembra un ragazzo qualunque che fa colazione al bar.

 

Eccetto per il fatto che è bellissimo. È bello come il sole, è aggraziato, è meraviglioso.

 

Come, come, come ho fatto a non riconoscerlo? Ce lo avevo davanti. Mi ha parlato.

 

Stupida, stupida, stupidissima idiota.

 

Ben Barnes è in Italia.

 

E non in Italia circondato da guardie del corpo e attori famosi per qualche prima super-blindata, ma in Italia qui, dove sono io, e non nel senso di sotto lo stesso cielo ma nel senso letterale di qui, nello stesso minuscolo, sperduto paesello dove sono io, per puro caso, per lavoro, pensa se il capo non portava me, ma anche se ha portato me tu dimmi il fato che me lo fa incontrare e non incontrare e basta, perché io ovviamente dovevo combinare un casino, figurati se non lo facevo, figurati se questa poteva essere la mia occasione, la giornata più bella della mia vita, no, ma và, Ginevra, voglio dire, vuoi che non lo incontri di nuovo in mezzo al niente in un giorno qualsiasi così puoi fare di nuovo la figura della cretina totale …. ARGH!!!!     

 

I pensieri stanno tornando. Sarebbe meglio di no, visto che martellano così forti e accusatori che sembrano volermi trapanare la testa.

 

Abbasso gli occhi sul computer. Mi tremano le mani. Sto per mettermi a piangere.

 

BEN BARNES.

 

Già mi sentivo idiota ad aver appeso una sua foto alla mia bacheca in ufficio, a divorare ogni articolo, posto sui blog, pagina facebook o video su youtube che lo riguarda… e ora sono in piena crisi adolescenziale con lui seduto a poca distanza, vivo, vero, e stupendo. Qui.

 

Oddio, impazzirò.

 

A parte che l’ho chiamato coglione. A parte che stava cercando di parlarmi. A parte che sono qui, ancora con questo maledetto vestito strappato.

 

E non so nemmeno come ho fatto a tornare in ufficio, visto che mi è quasi preso un infarto prima, a sentire dalla voce di Francesca il nome “Ben Barnes”.

 

O mio Dio! Come posso essere così maledettamente stupida?

Come ho fatto a non riconoscerlo?

Non me lo perdonerò mai, mai. Assolutamente mai.

 

Insomma, me lo sogno la notte. Poi me lo trovo davanti di giorno, e niente. Cervello, ma sei connesso???

 

E la cosa incredibile è che, mentre prima l’ho guardato in modo talmente distratto da non vederlo nemmeno (e a parte non riconoscere il viso di Ben Barnes – già di per sé un crimine contro l’umanità – non mi sono nemmeno accorta che stavo parlando con un figo galattico, perché non si può negare che lui lo sia! Insomma, sono una cialtrona totale! Mi vergogno di me!), ora non vedo altro. Come se quel tavolino al bar brillasse di luce propria. Se alzo gli occhi e guardo da un’altra parte, è come se un magnete mi facesse girare la testa verso di lui. E mi incatenasse lo sguardo. 

Deglutisco, mentre lo vedo posare la tazza (cosa ha bevuto, cosa? Cappuccino? Latte macchiato? Thè? Lo voglio sapere, voglio sapere tutto! Anche le parole precise che ha detto alla cameriera!!!) e sorridere all’uomo seduto con lui.

 

Continuo ad alzare lo sguardo ogni dieci secondi e spio ogni sua mossa. Sono impazzita. Non riesco a pensare, non riesco quasi a respirare. Cosa faccio se si alza? Lo seguo? Lo pedino? Ma come faccio a farlo senza che se ne accorga?

 

«Ginevra?»

Ah, certo. Piccolissimo, insignificante particolare. Io starei lavorando.

Guardo il mio capo, trasognata.

«Sì?»

Lui mi osserva perplesso.

«Hai scritto la mail che ti ho detto di inviare prima? Quella per cui mi sono raccomandato, perché è importantissima?»

«Certo»

Mento spudoratamente. Annuivo mentre me la dettava, ma quando ho riguardato il blocco ho visto che ci avevo disegnato sopra dei fiorellini. Allora ho aperto Outlook, ma poi ho alzato gli occhi e ho visto Ben passarsi una mano tra i capelli (quei meravigliosi, folti, serici capelli) e – diciamocelo – cosa sarà mai una mail importante nell’ordine delle priorità dell’universo? Ordine che ha fatto sì che oggi Ben Barnes – BEN BARNES – sia seduto a pochi metri da me?

Ma scherziamo? È niente! È una sciocchezza! Sbircio lo schermo del computer, sui cui è aperta una mail che recita, semplicemente: “Caro, “

O il capo mi aveva detto di scrivere “Gentile, ”? Va bè, tanto non ho idea di cosa avrei dovuto scrivere dopo, per cui è inutile agitarsi.

 

«Tutto a posto, non preoccuparti»

«Sicura? Perché non mi sembri affatto stare bene»

Oh, ma davvero? Deve essere perché c’è Ben Barnes seduto dietro di te. Ah sì, prima potevo intavolarci una conversazione, ma non l’ho fatto per andare a seguire una stupida intervista con una stupida giornalista e uno stupido ombrellone. Tranquillo, è la mia giornata migliore.

 

«Ok. Allora, definiamo le priorità di oggi. La scaletta interviste 

è decisa, prendile tu quelle del pomeriggio e lascia Francesca in ufficio. Voglio pronto tra un’ora un comunicato sugli eventi di domani, lo mandiamo nel primo pomeriggio ai quotidiani locali. Chiama il fotografo, voglio foto di oggi. Mi raccomando, che i quotidiani locali siano ben riforniti di immagini. E anche i siti internet. Mandate via le foto nuove, voglio fotogallery aggiornate nella rassegna di domani mattina…»

 

Annuisco e fingo di prendere appunti, ma per me potrebbe parlare di come si costruisce un motore stirling, per quanto capisco. Butto un’occhiata casuale oltre le sue spalle e … AAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!! Ben non c’è più!

AAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHH!!! NOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOOO!!!!!!!!!!!

Dov’è? DOV’È??

Sto iperventilando. Calma, Gin. Calma. Sono due metri quadrati di paese, dove vuoi che sia? Infatti lo localizzo due metri più avanti, con il suo amico e… Francesca? OH MIO DIO!!!! Sta parlando con Francesca!!!

 

Mi alzo di scatto e rovescio la sedia. Mi chino a raccoglierla e, così facendo, rovescio dal tavolo la borsa, la cartelletta con tutti i miei fogli e il portapenne. Annaspo raccogliendo penne e matite dal pavimento e, nel rialzarmi, sbatto la testa contro il tavolo.

«AHI!!»

Oh no. Mi avranno sentita fino a Firenze. Aiuto, no. Un’altra figura con Ben no. Non lo sopporterei. Mi verrà un infarto prima della fine di questa giornata. Resto accucciata sotto il tavolo e mi auguro di diventare invisibile. Ecco: vorrei essere una mosca. Potrei seguirlo indisturbata e ronzargli attorno tutto il giorno! Sarebbe fantastico! Finché non mi spruzza il DDT sul muso, almeno.

Sempre accucciata per terra, cerco di gettare un’occhiata oltre le gambe del mio capo… eccoli, sono ancora lì che parlano. Sento una fitta stringermi il petto: cosa si staranno dicendo? Perché Francesca parla con Ben mentre io sto nascosta sotto un tavolo? Oddio! Ben trova Francesca carina? Oh no. Devo assolutamente andare a vedere che succede.

 

Vedo delle ginocchia piegarsi. Il mio capo si accuccia sui talloni finché i suoi occhi non sono alla mia altezza e scandisce minaccioso:

«Ginevra, che cazzo stai facendo?»

«Raccolgo le penne!»

Rispondo pronta. E gliene mostro tre che stringo in mano. Sono talmente nervosa che sto per frantumarle in mille pezzi.

«Raccogli le penne» ripete, stringendo gli occhi.

«Sì, ma non posso raccoglierle tutte. Perché ho il vestito strappato. Vado un attimo a cambiarmi»

«Cosa?»

« La giornalista di prima, quella della radio, mi ha strappato il vestito»

«Ti ha…che cosa? Strappato il vestito? Ma che stai dicendo? Sei impazzita?»

Come mi è uscita questa? Non fa niente, devo andare. Mi serve una scusa. Pensa, Gin.

«Sì» ribadisco decisa. «E sappi che mi sento molto in imbarazzo. Mi si vede tutto (bugia) e mi guardano tutti (altra bugia) con sguardi che non mi piacciono proprio, se te la devo dire tutta»

«Tutti…chi?» si guarda attorno basito. Nella piazzetta ci sono tre bambini che giocano con una palla colorata.

«Ehm… tutti!» faccio un gesto vago con il braccio e indico…. Il niente.

Mi alzo e scatto prima che possa acchiapparmi.

«Torno subito. Davvero, ci metto tre secondi.»

Probabilmente teme che lo accusi di essere uno dei guardoni che ho millantato, se mi dice di no.

Grugnisce qualcosa che prendo per un ok.

 

Scatto in piedi talmente veloce che quasi mi vengono le vertigini e sfreccio verso Francesca e Ben.

Mi avvicino cercando di avere l’aria di una che pensa ai fatti suoi e non di una stalker che li ha puntati.

Ah!!!! Perché non ho messo gli occhiali da sole?

Maledetta me! Allungo la mano verso la cerniera della borsa e in quel momento Francesca alza gli occhi e mi vede.

«Ginny!»

 

Il tempo si ferma. La guardo e poi guardo Ben, che ha voltato la testa all’esclamazione della mia collega.

Mi sta guardando. Mi-sta-guardando.

Ed è lui. Oh, se è lui. Alto, magro, capelli scuri. Un accenno di barba. Bello e perfetto come nelle foto che passo il tempo a divorare. Solo che non è una foto, è lui. LUI. Potrei toccarlo. Mio Dio, se allungassi la mano potrei sfiorargli il braccio. Deglutisco e sento un ronzio riempirmi le orecchie. Ben Barnes.

 

«Stai bene? Ginny?»

Ah. Devo essere rimasta a bocca aperta in mezzo alla strada. Cioè, alla piazza. Lo sto ancora fissando. Oh no. Riprenditi, pensa. Forza.

 

Ma non riesco a parlare. Peggio, non riesco nemmeno a fare un passo.

Oddio, che beota. Che cogliona galattica.

Ginevra, riprenditi, non fare la seconda figura di merda in un’ora, non te lo perdonerai mai per tutta la vita.

Apro la bocca…e mi esce uno squittio.

 

No!!! Arrossisco furiosamente. Ben mi guarda perplesso. Il suo amico si sfila addirittura gli occhiali da sole, per guardarmi meglio. Apposto.

 

Accenno un movimento e… mi cade la borsa.

«Cazzo!»

Oh no! Maledetta la mia boccaccia. Mi tappo la bocca con la mano, ma è a dir poco tardi.

A Ben scappa un mezzo sorriso, mentre si china per prendermi la borsa, visto che io sono rigida come un pezzo di marmo. Anche il suo amico ha fatto il gesto di chinarsi. Ne approfitto per lanciare un’occhiata a Francesca. Vorrei essere capace di lanciare un SOS silenzioso, un messaggio in codice, un’onda telepatica. Vorrei essere Obi Wan Kenobi. Obi Wan Kenobi praticava la telepatia? Io ne sarei capace? Credo che tutto quello che riesco a fare sia fare una faccia da pazza sbarellata totale a Francesca, che sgrana gli occhi e mi fa un cenno come a dire “calma!!!”

 

Sì, certo, calma. Come no. Facilissimo.

 

Ben mi tende la borsa.

Sussurro un grazie (almeno non strido come un pipistrello stavolta) e arrossisco furiosamente. Perfetto. Sembro un’adolescente in piena crisi ormonale. Il prossimo passo sarà chiedergli l’autografo e dirgli se mi scrive sul braccio con il rossetto.

 

Lui si rivolge a Francesca: «Ecco, quello che dicevamo prima. Le parolacce sono la prima cosa che si impara di una lingua.»

Lei ride.

«Già! Ehi, Gin, Ben è inglese, sai? Eppure parla benissimo l’italiano, vero? Glielo stavo proprio dicendo»

Oh, ma va?? Ben è inglese!!!! Francesca, ma stai scherzando? Lo dici a me? Per chi mi prendi? Io so tutto di Ben Barnes, tutto. Cioè, tutto quello che si legge in giro e su cui posso mettere le mani e le antenne.

Però, a ben pensarci, non sapevo che parlasse l’italiano. E non so perché è qui. Ok, forse non ne so così tante. Ma di certo so che è inglese.

Sorrido, perché non fido a parlare, sai mai gracidassi, stavolta.

 

«Ragazzi, comunque, lei è la mia collega Ginevra. Loro sono Ben (MA VA!!!!) e Tommaso»

Mi tendono la mano. Nemmeno a dirlo, ignoro del tutto Tommaso e mi fiondo su Ben. Lui mi prende la mano e la stringe e io penso di toccare il cielo con un dito. Mi sta stringendo la mano. Ha una presa forte e insieme delicata e delle mani meravigliose, aggraziate, con le dita sottili, asciutte. Io invece, visto che ho gli ormoni a mille a sto sudando dall’ansia, probabilmente ho il palmo sudaticcio e non c’è cosa più schifosa al mondo.

No! Farò schifo a Ben Barnes!

 

Ritraggo la mano di scatto e mi giro verso Tommaso. Noto che è più grande di noi. Si presenta:

«Tommaso Giuggioli»

Come mai questo cognome mi dice qualcosa? Non ho tempo di pensarci, sto cercando qualcosa da dire. Ma il cervello si è di nuovo azzerato. Penseranno che non sono normale.

Francesca mi salva ancora:

«Tommaso è il fratello di Livia Giuggioli, sai…la moglie di Colin!»

Eh? Mi sa che la mia faccia è tutta un programma, perché la mia collega scoppia a ridere e dice:

«Ma insomma Gin, che hai oggi? Non sembri tu! Colin Firth! Prima che tu me lo chieda, il Colin Firth che ha vinto l’Oscar! Ben è ospite loro…cioè di Colin, Livia e Tommaso»

Poi, captando la mia occhiata omicida, il suo sorriso si spegne di botto e per qualche miracolo – forse sono la reincarnazione di Obi Wan Kenobi e le ho trasmesso la Forza - dice al volo:

«I ragazzi mi stavano dicendo che vorrebbero assistere a un incontro oggi pomeriggio. Non ci sono più i biglietti, però…»

«Non importa!» le parole mi escono di getto «Vi facciamo entrare noi. Vi diamo i nostri pass di ufficio stampa, se serve»

Francesca mi guarda attonita (lo farei anche io, al suo posto, perché questa è una cosa severamente, tassativamente vietata, ma che me ne frega? Per fare un favore a Ben farei qualsiasi cosa, compreso dare una botta in testa a uno spettatore per rubargli poi il biglietto e la mia soluzione dei pass mi sembra più elegante, no?) e i ragazzi si scambiano un’occhiata perplessa.

«No, troppo disturbo … » dice Tommaso.

«Nemmeno per sogno!» ribatto decisa.

Poi prendo fiato e faccio un sorriso:

«Davvero, non è un problema (grossa, enorme bugia). Davvero. Dai, dite di sì. Sarà un incontro davvero interessante. Forse il migliore di tutta la manifestazione»

 

Oh, grande Gin. Ho detto tre frasi. Tre frasi intere davanti a Ben. Facciamo passi da gigante.

Sorridono. Sì!! Ci vengono!

«Grazie» mi dice Ben.

«Il minimo che possiamo fare per ringraziare è invitarvi a pranzo» aggiunge Tommaso.

Ben Barnes mi ha ringraziata oddio…oh, cosa? Pranzo?? Evviva!!!!

 

Boccheggio dalla gioia e per fortuna ci pensa Francesca a confermare, perché io sono senza parole. Di nuovo. Di questo passo, dovrò imparare il linguaggio dei segni.

Ci accordiamo per vederci di lì a un quarto d’ora e io trascino via Francesca, perché devo cambiarmi il maledetto vestito. 

Fortuna che il nostro B&B è praticamente in piazza.

 

«Fra!!! Francescaaaaa!!!!»

Urlo selvaggiamente mentre butto all’aria l’armadio. Ho tre cose in croce. Certo, sono venuta per lavorare. Che ne sapevo io che veniva pure Ben, eh?? Aiuto, devo calmarmi, sto impazzendo. Cosa mi metto? Mi viene da piangere?

Francesca mi guarda preoccupata.

«Gin, stai calma»

«Non sto calma per niente. Fra, è lui. Lui!! È qui! Come mai è qui? Cosa ti ha detto? Di cosa avete parlato?»

«Ma no, niente… due frasi al volo…»

Due frasi al volo? Sto per avere un attacco. Francesca probabilmente lo intuisce perché mi fa sedere sul letto e mi dice:

«Capito. Vuoi sapere ogni singola sillaba»

Meno male, così sì che ragioniamo.

Allora, è qui in vacanza da Colin Firth e signora (e fratello della signora, a quanto pare). Non è proprio una vacanza, stanno discutendo di un progetto di lavoro, ma lui ne approfitta per esplorare un po’ la Toscana, di cui Colin gli parla sempre. E poi fa da zio-babysitter ai due figli dei Firth, con Tommaso.

 

Ok. Ci sono. Francesca mi passa dei jeans e un top. Oddio, no. Non posso mettermi i jeans. Sono grassa! Ma non posso mettermi nemmeno un vestito, perché sono grassa!! Help!!!

«Fra» piagnucolo «Non ho niente da mettermi, sono una cicciona!»

«Ma smettila! Non sei una cicciona! Sei formosa! E sei bella per questo!»

«Nooooooooooooooo!!!!» ululo «Formosa è il modo educato di dire cicciona! Oddio, Ben Barnes ci aspetta per pranzo ma io non posso venire perché sono grassa uaaaaaaaaaaaa»

«Ginny! Ma insomma! Lo sai che piaci ai ragazzi, no?»

«Non è vero. Sono un disastro. Sono single da sempre. E poi se ti fanno un complimento ma poi scappano non vuol dire che piaci. E poi, lui non è un ragazzo, è Ben Barnes»

«Bè, sai, avevi ragione. È proprio figo. E così dolce, è davvero simpatico»

No. Scatto in piedi e mi paro davanti a lei.

«Francesca, ti prego no. Non dirmi che ti piace. Non dirmelo perché mi prende un colpo. Ti prego. Ben Barnes. Qui. Lo so che non gli piacerò mai, nemmeno tra un miliardo di anni, ma fammelo sperare. Fammelo solo sognare!»

«Ginevra, ma stai calma! Ho solo detto che è carino! Insomma, è vero. E poi…» arrossisce furiosamente.

«E poi? E POI?» sto praticamente urlando.

«…e poi, sai… ecco, non volevo dirtelo, ma…a me, insomma, piace…ehm…»

«Bè? Tommaso? Oh, ti piace Tommaso! Bè, bel colpo Fra!»

«No…Arnaldo» sussurra.

E chi diavolo è Arnaldo?

AAAAAAAAAAAAAAAAAAHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH!!!!!!!!!!!!!!!!!

Arnaldo è il nostro capo!! Ommamma! Ora sì che mi prende un colpo.

Stramazzo sul letto.

Francesca arrossisce furiosamente.

«Ehm… ma non piace piace. Solo…piace. Insomma, è affascinante ma io non penserei mai di…»

Affascinante? Come un topo spelacchiato. Bleah.

Comunque, i gusto sono gusti. E poi, basta che non le piaccia Ben.

«Ma non me lo hai mai detto? Perché? Io ti parlo di Ben ogni giorno»

«Ma Ben Barnes mica è reale! Cioè, sì, è reale…adesso è reale, ma Arnaldo lo vediamo tutti i giorni»

Purtroppo. Io farei volentieri a cambio.

E comunque, che storia.

«Ma non è vecchio?»

«Ma no, ha una quarantina d’anni» Se, certo. E Ben mi chiederà di sposarlo appena scendo le scale.

«E poi, a me piacciono gli uomini maturi…» arrossisce ancora.

Ok, i gusti sono gusti. Starò a preoccuparmi se le piace Arnaldo? Arnaldo il nazista-stakanovista del lavoro? Se si mettono insieme, scommetto che la sottopaghrebbe comunque. E lavorerebbero pure di sera, di notte e nei weekend. Tutti i weekend. La devo salvare.

Ma adesso no. C’è Ben Barnes che mi aspetta per pranzo.

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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