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Autore: Hoel    20/03/2012    5 recensioni
Fiction liberamente ispirata a "La Bisbetica Domata" di W. Shakespeare.
Light Yagami è conosciuto all'interno della Yagami Corporation per il suo carattere scontroso, irascibile, lunatico e altamente intrattabile, facendo di lui un autentico bisbetico e guadagnandosi il soprannome di Kira da parte dei suoi dipendenti. Inoltre, una proposta suggeritagli dal padre onde migliorare le prestazioni dell'azienda e salvare "l'onore" della famiglia lo incastrerà in una situazione grottesca con un personaggio altrettanto fuori dagli schemi.
L'arena è pronta e tigre e domatore si affronteranno all'ultimo dispetto pur di prevalere l'uno su l'altro!
Genere: Commedia, Sentimentale, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: L/Light, Matt/Mello
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Hi there!

A quasi due settimane di distanza (e non l’ho fatto apposta coi tempi del capitolo! ;-)) rieccoci qua con il 6°capitolo! Ancora più dialoghi che mai, mi sa che qua i personaggi avranno la gola scorticata alla fine di questa fic dal tanto parlare! XD

E tanto si è cicalato in questo capitolo, che ho sgarrato di ben 4 pagine! XD 22 pagine, sono un caso perso. (Uh, le 4 pagine in più *si flagella* uh, non dovevo! *si flagella* uh, che orrore!)

Non oso immaginare a che quota raggiungeremo il prossimo capitolo, che è uno dei più importanti di questa storia! >_>

Una cosa last minute che volevo precisare su Mello, notando quanto sia amato in questo fandom: allora, so che gli autori hanno indicato il suo vero nome come “Mihael Keehl”. Tuttavia, in tedesco, Michele si dice appunto Michael, solo che il “ch” si pronuncia aspirato come la “h” di “Mihael”. Come Michael Schumacher, per fare un esempio. Forse gli autori hanno trascritto il nome in base alla fonetica invece che alla scrittura, avendo loro stessi affermato che Mello è tedesco. Questo è per giustificare il perché scrivo Michael Keehl, invece che Mihael.

Detto questo, un sentito ringraziamento ai miei lettori, a coloro che hanno messo questa storia tra le preferite, ricordate e seguite.

Uno speciale ringraziamento ai miei recensori: Cyborg22 e Sagitta72, pochi ma buoni! Yup!

Spero che questo capitolo vi piaccia! Buona lettura!

 

 

H.

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Capitolo 6: Laddove  un’allarmante notizia si sparge e tutti ne discutono assai perplessi tra di loro.

 

 

 

 

 

Due settimane dopo …

 

Forse, la vita non era esattamente così bastarda come certi ottimisti solevano descriverla sui blog, FB, Twitter o quant’altro: talora essa riservava degli inaspettati twist che la sconvolgevano piacevolmente e l’interessato in questione non poteva far a meno di ricredersi e proclamare ai quattro venti la sua contentezza di essere a questo mondo.

Mello si trovava proprio in un simile stato di grazia, il morale fluttuante tra i cerchi di anelli di Saturno in dolci piroette. Era quasi persuaso a gridare al miracolo, tanto gli eventi stavano prendendo una piega così favorevole e pacifica: non solo Sayu aveva impressionato positivamente il produttore di LA, ottenendo il ruolo di protagonista nel prossimo film, ma la ragazza si era comportata in maniera davvero esemplare durante l’intero soggiorno, ritornando al suo hotel puntuale e trascorrendovi tranquillamente la notte, magari al telefono o via Skype con B.B., a.k.a il famoso tizio di San Francisco, nonché spasimante “ufficiale” – per quanto la stampa non ne sapesse ancora nulla – di Sayu.

No, sul serio, a Mello era venuto un semi-infarto nell’istante in cui la giovane glielo aveva presentato, memore, infatti, del profondo affetto fraterno che Beyond Birthday Pierston e Lawliet Coil-Deneuve si portavano, il quale li invitava a mandarsi in malora a vicenda ogniqualvolta incrociavano i loro cammini. Il che era ad ogni morte di papa, sebbene lasciasse puntualmente il segno e che segno! Lividi dappertutto, vestiti a brandelli e qualche capello in meno, strappato dolorosamente alle rispettive capigliature corvine. Eppure, tra loro sussisteva un reciproco e ben rispettato patto di non aggressione della rispettiva privacy che era a dir poco commovente: i due non sembravano neanche compartire una goccia del medesimo sangue, tanto poco conoscevano l’uno dell’altro. E non davano neppure l’impressione di voler approfondire detta conoscenza.

Sinceramente, il manager si era spesso chiesto il motivo dietro a quell’inspiegabile antagonismo vigente tra i due fratellastri. O perlomeno poteva comprendere quello di L., ergo una sottile invidia nei confronti di B.B. che era stato privilegiato rispetto a lui dalla presenza della madre durante la sua crescita, nonostante il divorzio dei genitori di quest’ultimo a sedici anni. Magari B.B.  gli stava semplicemente sul gozzo: il problema con L. era che non si sapeva mai fino a che punto ciò che diceva e le emozioni che manifestava corrispondessero al vero. Ma Beyond Birthday, allora?  Quale ragione aveva lui di invidiare Lawliet? Non poteva essere per motivi pecuniari, giacché anche il fratellastro minore era benestante; non poteva trattarsi neppure del ruolo importante ricoperto dal maggiore – capo di una brand in continua crescita come la Wammy’s House – visto che B.B. pareva più interessato all’avvocatura. E decisamente era da escludersi una qualsivoglia contesa amorosa, in quanto il minore era schifosamente eterosessuale, mentre L. stava con chi gli piaceva e se il candidato in questione fosse uomo o donna, la cosa non gli creava alcun disagio.

Perché, dunque, si odiavano così appassionatamente? Forse, ognuno vedeva nell’altro quel che avrebbe voluto avere in passato? O quel che non avrebbe voluto diventare in futuro?

O semplicemente, quei due erano dei gran rompiscatole rintronati ed era meglio lasciarli annientarsi a vicenda per la propria pace?

Mello già da tempo aveva scelto quest’ultima opzione, anche perché la “faida” – che a confronto pareva una scaramuccia – tra Kira e Sayu lo occupava a sufficienza e lui al suo fegato ci teneva. Di conseguenza, il poveraccio aveva iniziato a sudare non freddo, bensì congelato, quando B.B. e Sayu avevano deciso di mettere le carte in tavola e venire – discretamente – allo scoperto. Il manager, infatti, sapeva quanto L. odiasse avere contatti col fratellastro più del dovuto e il fatto che quest’ultimo frequentasse la cliente di un suo caro amico lo avrebbe fatto arrabbiare più di Willy il Coyote sotto acidi pesanti. Sarebbe equivalso, secondo un suo ragionamento molto tortuoso, ad ammettere il ragazzo nel suo cerchio delle conoscenze intime, cosa che L. avrebbe preferito piuttosto farsi squartare pur di evitarlo.

E malgrado ciò, Michael Keehl si era sentito abbastanza sicuro: era il manager di Sayu, non suo padre, ergo se doveva porgere una visitina al moro, non sarebbe stato così stupido da portarsi seco B.B., no?

No.

La vera sudorazione-granatina aveva avuto luogo durante la rissa apocalittica, nella quale Kira aveva tentato di prendersi coi denti lo scalpo di B.B., avendolo appunto scambiato per una versione più mondana di L. Al biondo era bastato un semplice 2+2 per realizzare con suo sommo orrore, che il Bisbetico e L. si erano incontrati per una perversa volontà celeste e che il panda antropomorfo doveva in aggiunta essersi comportato assai indelicatamente con lui, così da scatenarne le brame omicida alla sola vista di uno che potesse anche vagamente assomigliargli.  Si parlava di sudore-granatina, poiché se Lawliet aveva messo gli occhi su Light (e il suo posteriore incluso nel pacchetto), di certo non si sarebbe esibito in salti di gioia alla notizia che non solo B.B. era il fidanzato della cliente di Mello, ma pure che sarebbe presto divenuto il suo futuro cognato! Fratellastro e cognato! E lo odiava fieramente? Insomma, cosa poteva esserci di peggio?

La voglia matta di L. di rifarsi su Mello, che nulla c’entrava se non aver deciso di vivere in questo mondo, al posto di chiudersi in un eremo sperduto nella tundra siberiana.

Voilà donc il secondo miracolo. Nessuna reazione da parte di L. No, nessuna. Vero, il biondo era stato deliziato da un sms inquietante da parte del moro (So tutto!, era stato più o meno il messaggio di fondo) due settimane prima; tuttavia, oltre all’sms non si era spinto. Almeno in apparenza.

Nelle due settimane che seguirono quel stressante lunedì sera, Mello era rimasto costantemente sul chi vive, sospettando una qualche vendetta da parte di L. a suo danno. Invece, niente. Sayu e B.B. si erano congedati qualche giorno dopo il loro arrivo ad LA – lui doveva ritornare ai suoi corsi universitari e lei doveva guadagnarsi la pagnotta -  la giovane attrice aveva frignato per qualche ora, per poi (ri)scoprire le gioie di Skype e del telefono; la parte era stata ottenuta con successo e la signorina Yagami pareva aver ritrovato infine la sua pace dei sensi in ogni modo.

Un viaggio perfetto, riassumendo, e Mello scalpitava di ritornare a casa per raccontarlo a Matt: infatti, le riprese sarebbero incominciate da lì a un mese e il manager aveva ogni sacrosanta intenzione di trascorrere in assoluto relax assieme al suo meco quei giorni a lui concessi.

Manager e cliente erano appena giunti dall’aeroporto alla casa del primo – in uno slancio di generosità Sayu aveva concesso a Mello di andare a salutare il suo compagno, prima di riaccompagnarla al suo appartamento – quand’ecco che il cellulare della giovane prese a squillare vivacemente.

“Ciao mamma! Come stai?”, cinguettò Sayu, intanto che saliva assieme al biondo le scale, giusto per aiutare la circolazione delle gambe a riattivarsi dopo ore di aereo. “Dove sono? A casa di Mello … sì, sì il viaggio non è stato affatto faticoso … prima classe … sì, siamo arrivati giusto qualche ora fa, il tempo di levarci i paparazzi di torno e di guidare fin qui …”, rispose l’attrice paziente alle domande di routine della madre, il cui tono della voce un po’ troppo su di giri la insospettiva parecchio. Non a caso, la paranoia doveva essere un attributo genetico degli Yagami.

“Ne sono contenta, tesoro. Allora, ti hanno presa?”

“Certo, mamma! Lo mettevi in dubbio?”, replicò sorniona Sayu, suonando tuttavia falsamente scandalizzata. La nobile arte della dissimulazione. “Ma te ne parlerò con più calma stasera, d’accordo?”

“Sicuro, tesoro, sicuro! E dimmi … tutto a posto con B.B.?”

Il sorriso della ragazza divenne preoccupatamente ebete, nel frattempo che Mello, dopo aver letto il messaggio contenuto in una busta appiccicata alla porta, si tirava i capelli biondi, gli occhi dilatati e un urlo ingolato trattenuto a viva forza. “Siamo molto innamorati, mamma …”, le rivelò stranamente timida, arrossendo pure in maniera graziosa, che la rese sul serio carina.

Dall’altra parte della linea, Sachiko ululò di acuto piacere. “Che bello, che bello!” e Sayu giurò di averla quasi udita battere perfino le mani. “Quante soddisfazioni in così poco tempo! Non vedo l’ora di vedere te e B.B. al matrimonio!” e un altro stridente risolino, che fece rabbrividire lungamente la giovane attrice, non meno tuttavia della vista dell’improvviso stato deplorevole in cui il suo manager stava versando in quel preciso istante: sguardo morto; testa appoggiata sconsolata al muro e le dita che scorrevano inquiete i grani del rosario che portava al collo, sotto la camicia.

“Matrimonio?”, ripeté Sayu tra lo scombussolata e il civettuolo. Se sua madre a volte non era un po’ troppo sognatrice e romantica! “Nah, è ancora presto, mamma! C’è tempo! Ci conosciamo da così poco e poi, dobbiamo essere entrambi sicuri prima di compiere questo passo importante” e si voltò verso Mello, sperando in una sua scocciata reazione. Ne rimase delusa: a quanto pareva, lo stato di choc del manager era tale da averlo isolato alle altre influenze esterne.

Buon per lui, poiché … “Come? Oh no, sciocchina! Non sto parlando di voi due! Mi riferivo a tuo fratello!”

Nell’arco di un nanosecondo, l’intero corpo della giovane si irrigidì in piena fase di rigor mortis e tanti saluti al becchino. Aveva ben udito? Non aveva avuto delle allucinazioni acustiche? E soprattutto, stava sognando o era dannatamente sveglia?

“C-cosa …? P-puoi … ri-ripetere scusa …? Hai de-detto … mi-mio fra-fratello …?”, farfugliò Sayu sull’orlo di una crisi isterica, della serie mal comune mezzo gaudio, visto che anche Mello si trovava nelle medesimi condizioni.

“Ovvio che sì, bambolina mia! Quanti fratelli maggiori hai?”

Chissà perché, in quel momento Sayu stava ardentemente desiderando di non averne alcuno.

Ignorando alla grossa l’eloquente silenzio della figlia minore, il quale denunciava una forte – e giustificata – incredulità, Sachiko proseguì imperterrita: “Sì, sì tesorino! Tuo fratello si sposa sabato prossimo! Ancora non ci posso credere! Mi raccomando! Non disfare la valigia ché questo lunedì partiamo per New York! A tuo padre è venuto quasi un infarto dalla notizia,  seppur per altri motivi … anzi, gli è venuto proprio … fra poco esco e vado a pigliarlo all’ospedale … Ma …”, s’interruppe poi bruscamente, intrigata dal pesante mutismo della figlia solitamente anche fin troppo ciarliera “… Light non … non t’ha detto … niente?”

Silenzio di conferma.

“Sayu?”

“Wow!”, esclamò infine Sayu debolmente, sforzandosi con ogni fibra del suo essere di uscire dallo stato catatonico nel quale la novità a dir poco sconvolgente la aveva scaraventata brutalmente. “Insomma, è … Light che si sposa non è una notizia che si sente ogni giorno …”

No, sul serio, no.

“Comunque, mamma, non vedo l’ora di discuterne stasera, specie con lo sposo!”, scherzò la ragazza, il suo autocontrollo che riguadagnava punti ad ogni parola pronunciata. “Dopodiché, lo riferirò a …”

“Ci scusi, signora Yagami, ma Sayu sta ritornando adesso a casa. Causa imprevisto domestico”, le strappò improvvisamente Mello il cellulare di mano, afferrando l’attrice per il braccio e trascinandola seco nell’ascensore. Infine, chiuse in maniera assai brusca la conversazione, intascandosi il telefonino, completamente sordo alle appassionate e colorite proteste di Sayu circa una pronta restituzione assieme a delle valide giustificazioni per il suo sgarbato comportamento.

Mello optò invece per il silenzio stampa.

Poiché le parole mica tanto innocue stampate sulla lettera trovata sulla porta sembravano bruciargli il cranio, tanto era stata angosciosa la sorpresa.

 

All’attenzione del gentilissimo Mr. Michael Keehl.

Sono spiacente di informarla, che il suo compagno, Mr. Mail Jeevas, è stato rapito dal sottoscritto a causa di un’incresciosa circostanza venutasi a creare sotto il di lei naso. Ritengo inoltre utile aggiungere, che ho gettato nelle immondizie l’intera sua scorta di cioccolata, fino all’ultima barretta. 

So che tutto questo può sembrare un po’ estremo e teatrale; tuttavia è anche vero che era suo compito attivarsi a troncare la relazione tra Miss Sayu Yagami e l’abominevole gobbo di Alcatraz, Mr. Beyond Birthday Pierston. Siccome ho notato nelle ultime settimane che i suoi sforzi non solo sono stati miserrimi, ma che lei se n’è addirittura lavato allegramente le mani, favorendo anzi quel connubio contro natura, ebbene temo che lei non mi abbia lasciato altra scelta, che ricorrere a tali drastici ripari.

Ho dunque come ostaggio il carissimo Mr. Jeevas e le tue numerose fidelity card delle cioccolaterie; se vuoi rivedere entrambi intatti sia nella forma che nella virtù (soprattutto Mr. Jeevas), le consiglio di seguire alla lettera questa mia indicazione: devi evitare che Miss Yagami si metta in contatto con Mr. Pierston fino a a sabato prossimo; recidi il collegamento internet, getta nel gabinetto il suo cellulare, rinchiudila nell’armadio; amputale le mani e le orecchie;  tutto affinché i due non si parlino fino alla cerimonia. È indispensabile che Miss Yagami e famiglia siano persuasi che il loro erede si accasa con il cugino del capo della Wammy’s House. Al resto ci abbiamo già pensato noi!

Fallisci e costringerò Mr. Jeevas ad un matrimonio combinato con Mr. Nate Rivers e lei non immagina quanto lui FREMI dalla voglia di impalmarlo!

La ringrazio del tempo accordatomi e della sua attenzione.

Le auguro un buon rientro a Tokyo e attendo con impazienza di rivederla questo lunedì a NY,

con affetto,

 

L.

 

A volte Mello si chiedeva perché appunto non si era fatto monaco eremita.

Almeno, le bestie del deserto si sarebbero dimostrate più clementi ed equilibrate nei suoi confronti.

 

 

***

 

 

“Questa non è una barzelletta, giusto? Non mi si sta prendendo per i fondelli, vero? Perché se mi si dice di sì, faccio uno sproposito come prendere l’autore di questo scherzo a calci nelle chiappe finché non gli si compattano in un tutt’uno!”

No, gentile lettore, a pronunciare queste cortesi e auliche parole non furono le labbra delicate di Light Yagami, bensì quelle più rudi di Shuichi Aizawa, senior manager del dipartimento di Marketing e membro del consiglio d’amministrazione della Yagami Corporation, nel frattempo che sventolava incredulo un foglio A4 nel quale era stata stampata la notizia scandalosa e fatta passare sottobanco come ai tempi del liceo. All’udire ciò, il gruppetto di dipendenti riunitosi alla macchinetta del caffè trasalì un poco colpevole, concentrandosi maggiormente nella loro contemplazione del liquido bollente.

“Ebbene? Matsuda, tu che sei il solito cretino al momento sbagliato nel posto sbagliato, ne sai qualcosa?”, e tanto di cappello al sesto senso del signor Aizawa, giacché aveva colpito ed affondato a colpo sicuro uno degli autori di quel messaggio.

L’imputato arrossì visibilmente, indietreggiando in posizione strategica dietro a Misa Amane e Kiyomi Takada, le cui espressioni miste tra il piccato e l’imbarazzato suggerivano spiacevoli ritorsioni in caso il senior manager si fosse intestardito ad inquisire oltre. L’unica, invece, che appariva relativamente rilassata era Naomi Misora, la quale si sorbiva serafica il suo caffè.

“No, non credo che si tratti di una burla ai danni del figlio del capo …”, mormorò il giovane impiegato in un sussurro fievolissimo. Kiyomi e Misa si accontentarono a sbuffare.

“Lo avete incontrato?”, lo incalzò Aizawa, d’un tratto ansioso: se la cosa corrispondeva a verità, aveva invero un che di miracoloso!

“Chi?”, ribatté confuso Matsuda, facendo capolino dalle spalle delle due giovani donne.

Aizawa ebbe l’impulso di strangolarlo, domandandosi nel frattempo come diavolo Kira riuscisse a trattenersi: se in futuro il senior manager avesse sentito ancora che il Bisbetico maltrattava quel criceto zoppo, gli avrebbe dato ciecamente ragione. Tota Matsuda se lo meritava, altroché!

“Chi! Chi! Chi! The Corpse Bride! La sposa, maledizione! Anzi, lo …”, e l’uomo si interruppe bruscamente, avvicinandosi ai quattro in atteggiamento circospetto, temendo che qualcuno potesse origliare una notizia ormai risaputa in tutta la Yagami Corporation, dal consiglio di amministrazione alle addette alle pulizie. “… lo sposO!”

Profonda inalazione d’aria da parte dei tre dipendenti più la modella.

“Beh, no …”, confessarono dispiaciuti, ma anche no. L’ultima cosa cui volevano assistere era la scena del Bisbetico in atteggiamento sdolcinato – sempre che ne fosse capace – col suo misterioso meco. Anche quei poveracci dei lavoratovi avevano una vita propria. Tuttavia, un pochino di curiosità sussisteva, poiché volevano sul serio vedere chi era quel kamikaze che stava per rovinarsi l’esistenza impalmando quella furia scatenata. Senza contare, che sarebbe stato carino presenziare alla cerimonia a New York, specie col rinfresco e il soggiorno all inclusive.

“Ma … ma esiste questo tizio?”, sorse ad Aizawa questo dubbio legittimo.

“Suppongo … suppongo di sì …”, rispose vaghissima Misa, seppur non molto felice. “E con chi diavolo si sposerebbe, sennò,? Con l’aria?”

“Insomma, non è uno scherzo di cattivo gusto per ridicolizzare Light e la Corporation? Perché già di suo ha del sospetto che quella bestiaccia si sposi e per di più fra quasi una settimana, ma addirittura con un … un …”

“… uomo? Sì, si sposa con un uomo e allora? Ché sei omofobo?”, replicò acida Kiyomi, per quanto lei per prima non fosse poi così tanto entusiasta dell’intera faccenda.

“E comunque, razza di gibbone intollerante, il tizio non solo esiste, ma è anche il cugino di L.! In questo modo, avremo la partnership assicurata!”, rincarò la dose Naomi, annuendo solenne col capo.

“Cosa?”

“Esatto, malfidato! Giusto per sincerarmi, ho telefonato al mio fidanzato Ray, che lavora alla filiale americana della Wammy’s House e lui mi ha confermato che tale Ryuzaki Coil-Deneuve esiste, che è il cugino di L. e che a breve sostituirà l’attuale presidente della filiale giapponese!”

Aizawa aprì la bocca, per poi richiuderla in pieno affanno: mai, mai si sarebbe aspettato un tale twist d’eventi! Un matrimonio impossibile, con un partner inaspettato ma oh! incredibilmente vantaggioso! Tra tutti (e tutte) quelli che poteva raccattare, quel Bisbetico aveva irretito il pesce più importante dell’oceano del business! “E … lui?”, balbettò poi, ancora incapace di assimilare quelle informazioni così sconvolgenti nella loro semplicità.

“Lui cosa?”

“Lui! Kira, cioè Light, cosa ha detto riguardo al suo futuro, ehm, marito? Come … come vi è sembrato ultimamente?”

Misa scrollò le spalle annoiata. “Come sempre; sai che non si sbottona mai troppo con noi. Riguardo allo sposo, non ha rivelato niente di rilevante, se non che l’avrebbe sposato sabato prossimo e che era un Coil-Deneuve. Tuttavia, ora che mi ci fai pensare …” e la giovane si pose un dito sotto il mento “mi pare di aver scorto Light stamattina, mentre entrava nel suo ufficio e sì, mi era parso piuttosto felice … ma forse ho avuto io le allucinazioni …”

Conoscendo la passione comune delle modelle nei confronti di una certa polverina bianca, Aizawa non escluse a priori anche quell’ipotesi. Ciononostante, v’era una logica dietro quel vaudeville. Infatti, alcuni punti oscuri avvenuti nelle ultime due settimane ora acquistavano senso, come ad esempio il fatto che Light avesse ridotto gli insulti del 50% (nel senso che l’ingiuria, di solito composta all’incirca da sei parole era stata dimezzata a tre epiteti) e che il capo, il signor Soichiro Yagami, si fosse recentemente assentato per malattia.

“Certo che no, Misa-Misa!”, la smentì giovale Matsuda. “Hai visto bene: effettivamente, Kira aveva negli ultimi tempi un’espressione da beota dipinta in volto! E gli stava molto bene, poi!”, disse e la battuta sarebbe pure apparsa divertente, se un’entità malefica non avesse impedito ai dipendenti e al senior manager di ridere.

“Ma-Matsuda …”

“Inoltre, era ovvio che finisse per sposarsi con un uomo. Basta vedere come si atteggia nei confronti del gentil sesso: evita le donne neanche fossero delle appestate!”

“Matsuda …”

“Senza contare le sue smanie da signorino perfettino!”

“Matsuda …”

“E come si veste! O come si pettina: non un capello fuoriposto! Scommetto, che quando abitava ancora in casa dei suoi era l’ultimo ad uscire dal bagno! Mammina, dov’è la tua lacca per i capelli?

“MATSUDA!”

“Che c’è?”, sbuffò imbronciato il giovane impiegato, incrociando le braccia al petto: ecco, ora non si poteva neanche più scherzare?

No, non si poteva, specie se gli astanti gli fecero cenno di controllare chi stava ascoltando dietro le sue ignare spalle. Una lieve brezza sulla nuca confermò i suoi sospetti che un certo toro antropomorfo da corrida stava sbuffando, sforzandosi con tutto il suo essere di non caricare, incornandolo senza rimorsi.

“S-signor … Ya-Yagami …?”, farfugliò Matsuda sull’orlo dello svenimento, realizzando che stavolta manco la caduta di un’astronave aliena sull’edificio lo saltava dallo squartamento baccanale da parte di Kira, che strascicò le parole in un sibilo velenosissimo, tanto che ci si chiese a quando le vibrazioni della lingua biforcuta:

“Fila al lavoro, Trota! Altrimenti ti farò sperimentare le immense gioie di pulire i gabinetti al posto delle addette! E con il tuo scalpo!”, furono le contenute parole di Light, che già stava riscaldando le mani per un po’ di sano esercizio fisico a metà mattina. Sennonché, le tre grazie – Misa, Naomi e Kiyomi – corsero in soccorso di Matsuda, una levandolo dalla traiettoria del castano e le altre due sciorinandosi in combo in inquietanti complimenti:

“Oh signor Yagami, si sta per sposare, si sta per sposare! Non l’avremmo mai detto!”, esclamò la segretaria più giovane.

 “Non pensavamo di vivere abbastanza per assistere a questo giorno!”, aggiunse la modella.

“E invece! Eccolo qua pronto a sposarsi! Lei è mitico, signore!”

“E chi è il fortunato?”

“Ci racconti tutto!”

“Dove vi siete incontrati?”

“Quando le ha chiesto di sposarla?”

“E l’anello di fidanzamento? Perché non lo porti al dito?”

“Dove andrete in luna di miele?”

“Come ti vestirai alla cerimonia?”

Ora a Light incominciarono a venire i sudori freddi: quando le “sue” donne si comportavano così, erano più spaventevoli di Samara Morgan in pieno delirio mistico-omicida, con o senza umidità nel pozzo. E non aveva ancora affrontato Sayu! Alas, lui che pensava di aver visto tutto con sua madre che piangeva dalla gioia e suo padre dal dolore mentre l’ambulanza lo portava via, sgommando verso l’ospedale.

“Insomma, Light! Stentiamo a crederlo perfino adesso!”, si senti Aizawa in dovere di rincarare la dose. Tuttavia, il giovane aveva una capacità di recupero fenomenale, specie se doveva rapportarsi col suo medesimo sesso. Aveva meno remore con esso.

 “Consolati, la cosa è reciproca!”, replicò appunto acido il castano, apprestandosi a battere in ritirata, peccato che Aizawa gli bloccò il passaggio.

“Prego?”

Decisamente, se l’intero universo doveva rimbecillirsi soltanto perché lui si sposava, Light pensò che forse avrebbe fatto meglio a proporre a Ryuzaki di convivere e basta. “E’ … è … eh-ehm, tutto è avvenuto piuttosto in fretta … è stato inaspettato, ecco”, sbrodolò velocemente, per nulla rassicurato dalle occhiate avide di dettagli da parte di Kiyomi e Misa. Naomi se ne stava tranquilla, poiché aveva il jolly del fidanzato per ulteriori gossip succosi.

“A New York, dunque?”, riprese il senior manager, pigliando Light per il braccio (e ignorandone la conseguente occhiataccia) e trascinandolo per il corridoio. Il quartetto malefico, che sul serio non sapeva farsi gli affaracci propri, li seguì prontamente, attirando l’attenzione degli altri dipendenti, che fecero capolino dai loro uffici.  “Ah, è in momenti come questi che si è contenti di essere un amico intimo di famiglia! Oltre che al viaggio, a mia moglie fa sempre piacere assistere ad un matrimonio, anche ad uno fuori dalla norma!”, esclamò soddisfatto, già pregustando quella piccola vacanza. “Ryuzaki Coil-Deneuve … lo abbiamo mai incontrato per affari in precedenza?”, gli domandò poi, suonandogli un po’ bizzarro quel nome.

“E come diavolo faccio a saperlo, io?”, ribatté infastidito Light, liberandosi con uno strattone dalla presa di Aizawa e incrociando piccato le braccia al petto. E chissà perché, il senior manager giurò di aver udito una lieve incrinatura gelosa nella voce del giovane.

“No, perché mi stavo domandando da quale cilindro lo avessi estratto: i Coil-Deneuve sono quasi proverbiali per la loro estrema riservatezza … Come lo hai conosciuto?”

“Ci siamo incontrati al club di tennis e lui mi ha chiesto di sposarlo, fine della storia!”, fu il conciso resoconto del castano, cui venne in quel momento una gran voglia di patatine fritte per il nervoso: lo volevano morto, altroché! Era una cospirazione ai danni del suo colesterolo!

“Beh, in ogni caso questa che mi dai è una notizia davvero eccellente!”

Il tasso di collera di Light scese rapidamente di molti livelli. “Lo è? Non ne sono del tutto sicuro … ecco, è pur sempre un matrimonio gay, non so se mi spiego” e si incupì un poco: in effetti, vi aveva rimuginato sopra da molto tempo a riguardo. Per quanto si giocasse al politically correct, certi pregiudizi ancora sussistevano sotterraneamente e per un motivo inspiegabile Light non se la sentiva di avere sulla coscienza il fallimento e il biasimo di una persona, solo perché quest’ultima gli aveva esternato con disarmante sincerità i suoi sentimenti. Quanta ipocrisia davvero!

“Ma no!”, lo rassicurò Aizawa, battendogli sulle spalle e risvegliandolo dalle sue cupe rêveries. “Vedrai che la partnership con la Wammy’s House, più l’unione civile tra te e un Coil-Deneuve farà passare ogni pregiudizio in secondo piano!”

“Lo spero. Non vorrei rovinare entrambi …”e la sua voce si affievolì in un tono più malinconico, che commosse un poco il collega più anziano.

“Via, via! Sorridi! Non è questo l’umore adatto per chi si sta per sposare fra poco più di una settimana!”, lo scosse nuovamente, facendogli a momenti girare i bulbi oculari in senso antiorario.

“Hai ragione, mi sono lasciato prendere dai dubbi last-minute. È stato così anche per te alla vigilia delle tue nozze?”, gli domandò Light, sorridendo forzatamente. Era una gran balla colossale, ma non c’era bisogno che Aizawa lo sapesse. Quanto all’esperienza matrimoniale – la cerimonia, veh! – delle informazioni extra sarebbero state più che benvenute.

“Più o meno. Ma poi, quando ho visto mia moglie camminare lungo la navata centrale, ho capito che il che stavo per pronunciare era ben misera cosa rispetto all’amore che le portavo!”

Light fu indeciso se ridere o piangere alla cosa. Infatti, l’unico che si sentiva molto prono a strillare era quello alla proposta di partnership con la Wammy’s House. Si sentì un grand’infame per manipolare così Ryuzaki, il quale si era fatto avanti con intenzioni molto oneste e disinteressate e si chiese se forse non gli stesse davvero rovinando la vita, come chiunque gli ricordava assai poco diplomaticamente. Tuttavia, decise di seppellire quei sensi di colpa nei meandri del suo cervello, riflettendo che, se anche non si era trattato di un colpo di fulmine, di certo col tempo avrebbe finito per affezionarsi a Ryuzaki, seppur gli dispiaceva ammettere che non sarebbe mai riuscito ad eguagliare l’amore che lui aveva proclamato portargli.

“Light, a proposito …”, si sovvenne ad un tratto Aizawa, “quand’è che dimettono tuo padre dall’ospedale?”

Fu una fortuna che passarono davanti alle toilette: più rapido della morte, il castano ne approfittò per infilarsi dentro, evitando così di rispondere.

Così, almeno lasciava una parvenza di dignità al padre.

Per quanto i fattori fossero tutti contro di lui, questo piccolo favore glielo doveva.

Forse …

 

 

***

 

A Light Yagami piaceva la lavanderia. No, non la lavandaia, la matrona dalle robuste braccia che può soffocare con un abbraccio, che ha le mani ruvide come la lingua di un gatto e le cui ginocchia sono divenute famose in tutto il mondo.

La lavanderia, quella stanza oscura – per gli uomini - dove le donne di casa hanno l’abitudine di rintanarsi in media quattro o cinque volte la settimana, lavando, stirando e all’occasione cucendo i vestiti che gli sconsiderati membri della famiglia insozzavano e ne perdevano i bottoni, seminandoli per il mondo.

A Light Yagami piaceva appunto questo locus amoenus  e per delle valide ragioni.

La prima risiedeva nell’olfatto: il giovane era infatti attirato dalla delicata e allo stesso tempo decisa fragranza di pulito e di fresco emanata dai panni appena usciti dalla lavatrice e messi a stendere. Forse, proustianamente parlando, quest’affetto sensorio derivava da una lontana reminescenza del castano, quand’era ancora piccino. L’odore di bucato gli ricordava quelle occasioni lontane in cui era relegato a letto dalla febbre e sua madre saliva nella sua camera a portargli da bere e qualcosina di leggero da mangiare, massaggiandogli la fronte e il collo indolenzito con le mani fresche contro la sua pelle bollente e percorsa da tremiti. Allora Light inalava a pieni polmoni quel profumo che avvolgeva la genitrice, i sensi acutizzati dalla malattia e dal buio e si sentiva rassicurato, protetto.

E questo portava al secondo motivo, il rifugio. Ora, il castano aveva sempre avuto un atteggiamento schivo, sotto false parvenze di estroversione e molto spesso aveva l’abitudine di chiudersi a chiave in camera sua. Tuttavia, quando sul serio qualcosa lo turbava, egli scendeva nella lavanderia e lì soggiornava finché non si giudicava pronto a riaffrontare il mondo. Tale quella stanza era diventata per lui indispensabile al di là della mera funzione di lavaggio e stiraggio degli indumenti, che quando si trasferì nella sua propria casa Light preferì sacrificare una stanza pur di avere una lavanderia degna del suo nome.

Infine, la lavanderia della sua casa paterna corrispondeva al luogo più isolato e in quel preciso istante, grazie alle crisi melodrammatiche e rumorose elargite dal signor Soichiro Yagami appena dimesso dall’ospedale, i suoi perplessi commenti a voce altissima giungevano opportunamente ovattati alle orecchie di Light, il quale era impegnato in una delle due sue maggiori attività anti-stress: trafficare nella lavanderia. Stufo marcio di sentirsi urlare i dubbi esistenziali di suo padre sul perché avesse deciso di sposarsi proprio con un uomo – che erano poi stati la causa del ricovero d’emergenza -  il castano, spinto da un impulso di rabbia a malapena trattenuto, aveva fatto razzia di tutte le camice di casa, sporche o pulite che fossero, le aveva ficcate dentro la lavatrice e per tutto il pomeriggio aveva lavato e stirato le medesime fino al rischio della loro consunzione. Dopodiché, aveva strappato tutti i bottoni per poi ricucirli.

Perché un uomo? Se ti atteggiassi meno da bestia avresti tutte le ragazze che vuoi ai tuoi piedi! Ma no! Lo fai per divertirti alle mie spalle, eh? Per renderci tutti ridicoli! Per rendere te ridicolo! Come se essere soprannominato Kira o Bisbetico non ti bastasse! Quando ti avevo suggerito di sposarti, era sottointeso con una ragazza! A volte sei più una disgrazia, che una soddisfazione! E tutti che mi invidiavano un figlio così! Ma chi? Ma dove? Avrei preferito saperti un beota totale, piuttosto che essere così perfetto – si fa per dire – e così stron- …!

Era più o meno questo il riassunto di un intero pomeriggio di gorgheggi e lavate di faccia di Soichiro al figlio, finché la signora Sachiko si risolse a dargli manforte, infliggendo una sonora botta in testa al marito col giornale arrotolato. Vabbè che pur di vedere Light accasato, lei avrebbe accettato le sue nozze perfino col diavolo in persona, ma non bisognava cavillare troppo.

La risposta del castano, stranamente composta e dignitosa, non era tardata a venire: Trovo meno sconveniente dichiarare apertamente le mie tendenze omosessuali, che vivere nell’ipocrisia di marito, padre  e lavoratore modello di giorno e frequentatore di club di trans di notte! Almeno sono coerente con me stesso e se non mi si accetta così come sono, allora tu e i tuoi cagnolini del consiglio di amministrazione non siete altro che dei gran vacconi omofobi del pippio celati sotto una bonaria melma di patetico politically correct! E su questo argomento, signore, ne abbiamo parlato per oggi e per sempre!

Detto questo, Kira si esiliò in lavanderia con tutte le solenni e sdegnate arie di Lesa Maestà.

Fu solo alla ricucitura del suo Xesimo bottone, che sua madre e Sayu decisero di porre fine al suo volontario confinamento.

“Non star a badare a tuo padre, tesoro: è contento per il tuo matrimonio, solo che lo esprime molto male!”, lo rassicurò Sachiko, accarezzandogli il capo ramato.

Manovrando l’ago con eccessivo vigore, tanto da rischiare di spezzare il filo ad esso legato, Light borbottò scettico: “Almeno poteva sprecarsi in una buona parola a riguardo!”

“Nah, ma tu lo sai com’è fatto tuo padre! È all’antica! E non gli va giù che tu non gli abbia presentato Ryuzaki: avrebbe tanto voluto conoscerlo prima della cerimonia!”

“Per prenderlo poi a calci nel sedere?”, sbuffò sardonico il giovane, terminando il suo lavoro e apprestandosi ora a ricucire il prossimo bottone. “L’ingrato! Mi avveleno il fegato per lui dalla mattina alla sera e neanche un Felicitazioni! da parte sua! Ve l’ho spiegato, no, che Ryuzaki doveva rientrare in Inghilterra sia per lavoro, che per dare la notizia alla sua famiglia!”

“In ogni modo”, si inserì Sayu nella conversazione “avresti potuto avvertirci in anticipo del vostro fidanzamento, così da poter organizzare una cena insieme! Chi se ne importava della sua famiglia di asociali, bastava solo lui!”

“E se non te l’avessi presentato giusto per vedere la tua faccia alla notizia che mi sposavo?”, ribatté Light con un sorrisetto, conoscendo quando la sorella minore adorasse sfotterlo su quel tasto dolente qual era la sua vita sentimentale.

“Allora ci hai giocato uno scherzo davvero divertente!”, concluse la madre, non volendo che si scatenasse un’ulteriore rissa in famiglia. Leggendo tra le righe il messaggio di cessare ogni ostilità, Sayu domandò al fratello più accondiscendente:

“Dunque, dunque … com’è lui?”

Disorientato, Light levò gli occhi dalla sua occupazione, sbattendo le ciglia seriche: “Cosa, scusa?”

“Lui! Ryuzaki! Fisicamente o di carattere … com’è insomma! Non ce l’hai presentato, ma vorrai ben descrivercelo, no? O ci vuoi lasciare col fiato sospeso fino all’altare?”, scherzo l’attrice, guadagnandosi un lungo sospiro frustrato da parte del castano, che replicò annoiato:

“Lui è un tipo eccentrico … invadente … ha i capelli che sembrano il rigurgito di un gatto … si siede come una scimmia … mangia troppi dolci … ha la mania di mangiarsi le unghie, ma … ma allo stesso tempo è molto colto, attento, un buon ascoltatore … sa parlare molte lingue sia europee che non e ha una memoria dannatamente di ferro … sì, ci siamo molto divertiti a parlare in questi giorni …”

“Sembrerebbe una persona deliziosa!”, esclamò ineffabile Sachiko, accecata dalla contentezza: come minimo, alla descrizione di tale soggetto da parte del figlio o della figlia, ad una madre sarebbero venuti i sudori freddi. Forse a tal punto era giunta la sua disperazione pur di vedere il pargolo sistemato prima di morire?

“A me farebbe sinceramente paura …”, fu la più onesta affermazione di Sayu, prontamente zittita sia un rimprovero della madre, che da un’occhiataccia di Light. “Ciononostante, non toglie la stranezza che tutto questo non sia, come dire, un po’ fulmineo? In fin dei conti, considerando il brillante cursus honorum di Light in fatto di conquiste e che fino ad inizio mese non lo filava manco il canarino, non è un po’ improvviso che nell’arco di neanche due settimane: a) riceva una proposta di matrimonio e che b) il futuro sposo in questione non sia niente di meno che un parente del capo dei capi, alla cui filiale voleva chiedere la partnership? Ah, certo e non dimentichiamo la c) che si riscopra gay! Tranquillo fratellone, non è nulla di cui non fossimo già a conoscenza!”

“Ah, ecco spiegato perché la madamina non si è mai degnata di presentarmi ad un suo cicisbeo!”, roteò gli occhi il giovane. “Temeva che glielo rubassi!”

“Oh suvvia, voi due! Io penso che sia tutto così romantico!”, dichiarò gioviale Sachiko, elargendo un buffetto al braccio del figlio, onde indurlo a tacere e non provocare la sorella.

Giocherellando distrattamente con la manica di una camicia, Sayu proseguì: “Tuttavia, ancora non ci hai spiegato il motivo per il quale vi sposate a New York!”

“Semplice: perché lì è riconosciuto il matrimonio gay, mentre qua in Giappone non lo è!”, fu la concisa e annoiata risposta del fratello.

“Ah!”, pausa di riflessione. “State prendendo la cosa veramente sul serio …”

“Siamo persone responsabili …”, bofonchiò piano Light, avvicinando troppo il viso alla camicia con la scusa di rompere il filo coi denti. La conversazione stava invero prendendo una piega molto disagevole e lui aveva la sensazione, che non si trattasse altro di una scusa per deriderlo dinanzi a sua madre. Ma sì! Rideva bene chi rideva ultimo! Che lo denigrasse quanto volesse, il prossimo sabato quella dannata non avrebbe avuto più nulla da ridire, altroché!

“E dimmi … ti fidi di lui?”

La mano del castano si bloccò a mezz’aria, mentre i suoi occhi volarono rapidi sul viso della sorella e l’ombra dell’indecisione li incupì da nocciola in un bel bordeaux. Già, ora comprendeva dove ella stesse andando a parare: siccome il fidanzamento era stato all’inverosimile lampo, il tanfo di truffa poteva benissimo fluttuare nell’aria. Forse, Sayu non lo stava sfottendo; forse voleva solo sincerarsi che lui non divenisse la vittima di uno scherzo di cattivo gusto … forse non avrebbe dovuto essere così precipitoso … forse avrebbe dovuto trascorrere una mezzora in più a controllare i vari siti … forse avrebbe dovuto fin dal principio scappare di casa e mettersi a lavorare in un circo itinerante, così da non ritrovarsi in quella situazione …

“Ovvio che ha fiducia in lui, Sayu! Altrimenti, perché lo sposerebbe?”, corse in sua difesa la madre, lanciandole uno sguardo obliquo di starsene al suo posto.

“Va bene …”, s’arrese la ragazza, alzando le mani  a mo’ di resta. “Racconta, invece: come ti ha chiesto di sposarti?”, gli sussurrò piano, lontano dal raggio d’azione della madre.

Stoico e risoluto, il fratello replicò seccamente, le orecchie cremisi: “Con la bocca.”

“Così? Su due piedi? Mi vuoi sposare? e basta!”

“Sì. In quale altro modo avrebbe dovuto domandarmelo, scusa?”

“E tu hai accettato?”

“Dopo un po’ ho detto … ho detto, che l’idea non era malvagia.”

“Ah”, altra pausa di riflessione e avvicinamento sospetto alle orecchie purpuree del fratello. “Prima o dopo che siete andati a letto?”

“Non abbiamo fatto nulla di ciò!”

“Vi siete baciati?”

“No!”

“Vi siete almeno tenuti la mano?”

“Neanche!”

“E che avete fatto?”

“Parlato, Sayu, abbiamo parlato!”

“Parlato?”

“Parlato! Devo farti lo spelling?”, si offrì volontario Light, che aveva involontariamente strappato tutti i bottoni della camicia che stringeva in mano e il brusco gesto riuscì nell’involuto intento di attirare l’attenzione di Sachiko che, pur non avendo udito nulla, rimproverò ugualmente il suo primogenito:

“Light …”

 “Ma da che pianeta vieni tu? Sei umano?”, esclamò beffardamente sbalordita l’attrice, scostandosi dal fratello e ridendosela alla grossa.

“Sayu …”

“Lo sai, sorellina? Una volta quelle come te venivano chiamate “sgualdrine”, mentre adesso purtroppo si dicono “sessualmente iper-attive”! Peccato, che il significato intrinseco sia sempre quello!”

“Light!”

“Oh beh, di certo l’ego di Ryuzaki si gonfierà a mille, come qualcos’altro del resto, nell’apprendere come tu ti sia conservato puro e vergine per lui!”

“Sayu!”

“Almeno io non mi svendo col primo che passa! E ho rispetto per il mio corpo!”

“Light, taci!”

“Oppure, tu ti credi così superiore da pensare che nessuno possa mai essere alla tua altezza! Sempre che non siano scappati prima a causa del tuo comportamento da Gorgone Medusa!”

“Sayu, piantala!”

 “La verità è che tu sei gelosa perché io, contrariamente a te, ho trovato qualcuno che mi sposa, non che mi scopa e basta!”

“Già, e magari che da te divorzia dopo che gli avrai fatto passare la peggior notte di nozze della sua vita!”

“Basta, insomma, dirvi certe cose! …”, farfugliò la signora Sachiko scarlatta, difficile dire se per il tema osé trattato o per il fatto che la sua progenie stesse litigando peggio di due lavandaie pettegole e rissose al lavatoio comune. Il che sarebbe stato appropriato, visto e considerata la location di tale alterco.

“Una stabile vita di coppia non si fonda soltanto sul sesso! Ma oh, perché ne parlo ad una scostumata come te?”

“Meglio della bestiaccia che sei! Ma ne riparleremo fra un mese, quando vi troverete dall’avvocato a firmare le carte per il divorzio! Allora sì, che ci sarà da ridere! Fossi in te, mi chiuderei in cas- …!”, ma Sayu non riuscì a terminare la sua frase e non a causa del solito ceffone cliché finalizzato a zittire. Light poteva pure essere Kira, il Bisbetico, il quinto Cavaliere dell’Apocalisse,  ma era abbastanza ben educato da non mettere mai le mani addosso ad una donna, neppure quando quest’ultima lo aveva sottoposto alle più infamanti torture. Era questione di principio.

Di conseguenza, si limitò ad uscire sbuffante, umiliato e offeso dall’ultimo caposaldo della casa, che aveva creduto neutro da ogni conflitto. E durante la sua ritirata strategica – o fuga vergognosa a seconda dei punti di vista – Light collise letteralmente contro il padre, il quale si era lì recato onde verificare che accidenti avessero i due figli da strillarsi vicendevolmente.

“Hé, matto! Che modi sono questi?”

 “Ma vai in malora!”, berciò il castano fuori di sé dalla rabbia e dal dispetto, cercando a tastoni il suo cappotto  e fallendo ad infilarsi le scarpe, tanto la collera lo ingoffava nei movimenti. Riuscito infine nell’ardua impresa, il giovane prese teatralmente congedo filando via rapido come il demonio e sbattendo appunto indemoniato la porta.

 “Signorino, bada a come parli!”, gridò Soichiro, apprestandosi a corrergli  dietro, sennonché la moglie bloccò ogni suo spirito di iniziativa elargendogli una seconda botta in testa col giornale.

“Silenzio te, o ti squarto!”

E siccome il cane mordeva lo sciancato, Sayu si sentì in dovere di infierire: “Già, taci! Chi ti ha chiesto niente?” e in seguito a tale solenne sentenza, le due donne si ritirarono al piano di sopra, abbandonando uno sconvolto Soichiro Yagami che, massaggiandosi lo scalpo offeso, chiese al vuoto, sperando che almeno lui lo ascoltasse:

“Con chi ce l’avete ora?”

Decisamente, neanche più in casa di poteva stare tranquilli.

 

 

***

 

 

Molti fusi orari indietro, partendo da sinistra fino al meridiano di Greenwich, una simile riunione familiare stava avendo luogo a Sombreford, uno sperduto paesino nella Valle dell’Itchen nello Hampshire, a metà strada tra Winchester- del cui distretto faceva anche parte -  e Avington.

Mentre una regolare nevicata imbiancava la vasta campagna circostante e il piccolo villaggio poco lontano, nella Drawing Room della D’Aureveilly Manor i suoi proprietari erano impegnati nella conversazione più spinosa e allo stesso tempo più silenziosa mai vista prima di allora dai loro antenati, i quali assistevano all’intera scena dalle loro cornici con uno statico sorriso ammuffito.

I D’Aureveilly, da cui la magione aveva preso il nome, si erano estinti all’incirca nel diciassettesimo secolo per la somma gioia dei loro cadetti, i Deneuve, che ereditarono casa e titolo. Non soddisfatto, il Fato aveva previsto che nel giro di dieci generazioni anche la famiglia Deneuve subisse una certa carenza di prole maschile e fu così che il cugino dell’ultima Deneuve – tale Henry Coil – escogitò la furbata di impalmarla, in modo da assicurarsi doppiamente l’eredità che per legge gli spettava e da accostare il cognome patrizio di lei a quello più borghese di lui.

Fu così che nacquero i Coil-Deneuve, i terzi inquilini della D’Aureveilly Manor, i quali se l’erano per poco vista soffiare da sotto al naso grazie alle nuove tasse di successione introdotte da Margaret “The Iron Lady” Thatcher, alla faccia del partito conservatore di cui faceva parte e del suo titolo nobiliare. Fortuna volle, che il sangue dei fondatori della magione si fosse nel corso dei secoli ben annacquato con del sano pragmatismo borghese, in particolare nelle ultime generazioni e che l’azzardo di Thomas Coil-Deneuve di fondare assieme ai suoi due migliori amici la Wammy’s House si fosse rivelato contro ogni scettico prognostico una mossa vincente. Compagni di studi all’università di Oxford, ognuno dei tre vi aveva messo del suo: Quillish Wammy le idee, Thomas Coil-Deneuve il capitale e Roger Ruvie la sua estrema meticolosità organizzativa. I profitti vennero debitamente intascati e spartiti e la Manor si salvò dalla National Trust o dall’essere smembrata e venduta a più facoltosi compratori. Tuttavia, Thomas era stato più che contento di condividere la spaziosa e spesso vuota magione con i suoi tre amici, specie ora che la vecchiaia era arrivata anche per loro e la malinconia per le sventure passate batteva più forte.

Vi erano al momento però solo due persone nella spaziosa Drawing Room arredata in stile settecentesco e nella quale troneggiava bianchissimo contro la parete più scura un caminetto di pietra di Painswick - con lo stemma dei D’Aureveilly in pompa magna - dentro il quale scoppiettava un vivace fuoco, insufficiente tuttavia per scacciare interamente il freddo dall’ampia stanza. Di conseguenza, volenti o nolenti a causa del tema trattato, i due esponenti della famiglia Coil-Deneuve erano tutti stati costretti a stringersi pur di accaparrarsi un soffio di calore.

L’orologio sul tavolo di malachite in fondo alla stanza, sotto due dipinti di due D’Aureveilly particolarmente annoiati, batté stizzito le cinque del pomeriggio, rompendo il silenzio che la impregnava e il crepitio delle fiamme che avide divoravano i ciocchi offertole in sacrificio di tanto in tanto e il tintinnio del servizio da tea che veniva cautamente maneggiato dal più giovane dei due uomini.

“Canaglia”, disse infine Thomas Coil-Deneuve all’unico suo nipote, Lawliet Coil-Deneuve, il quale, divenuto convenientemente sordo, gli sorrise amabile, continuando a versagli l’Earl Grey nella tazza di porcellana. “Mascalzone. Confessa, che l’hai fatto apposta! Tu vuoi la mia morte!”

“Certo, signor nonno. Prego per la vostra morte tutti i giorni della settimana e due volte la domenica. Latte?”, gli propose L. con assoluta nonchalance, servendolo deferente o presunto tale. Sapeva quanto a suo nonno pizzicassero i nervi, quando lui gli si indirizzava in toni eccessivamente formali. “Volevo soltanto avvertirvi, cosicché non vi sarebbe venuto un colpo nel vedermi trascorrere in questa Manor la mia luna di miele! Zucchero?”

L’anziano signore borbottò rancoroso qualche improperio, per poi replicare: “Una zolletta, per cortesia. Sì, in luna di miele! Con un uomo, briccone che non sei altro! Oh, ma appena Quillish rimetterà piede in questa casa, quant’è vero che posso ancora muovere questo braccio, lo riempio di bastonate fino a rimbecillirlo prima e farlo rinsavire poi! Ti lascia da solo per neanche una settimana e che succede? Che ti sposi! Con una donna? No, troppa grazia! Con un uomo! E dulcis in fundo, vieni a fornicare qua in luna di miele! Nell’onorata casa dei miei antenati, i quali in questo esatto momento si staranno rivoltando nella tomba!”

“Oh, signor nonno! Non si deve preoccupare: prometto che chiuderò la porta, quando vorrò “fornicare” con il mio consorte, così da non disturbare le vostre delicate orecchie né turbare i vostri occhi morigerati!”, giurò il moro beffardamente solenne. “Suvvia, signor nonno! Sono sicuro Light vi piacerà: è un pulcino educato, un po’ testardo, ma con una solida gerarchia di valori morali. Inoltre, è la discrezione fatta persona, non mi vi importunerà più del necessario”, lo rassicurò il nipote, accucciandosi accanto a lui e giocherellando con i raggi della ruota della carrozzella, sulla quale era seduto il nonno. “Eppoi, non è sdolcinato, ha la testa saldamente ancorata sulle spalle e questo mi va bene: gli amori troppo melodrammatici e passionali, sospesi e tragici, mi hanno sempre dato sui nervi sinceramente. Li reputo egoisti e malsani, nonché distruttori di ogni cosa che li circondi. Fanno più vittime loro del dovuto, oltre che all’infelice coppia di star-crossed lovers! Voi, signor nonno, dovreste saperlo più di qualunque altro!”, gli confessò con estrema serietà, guardando dritto negli occhi neri del nonno, il quale annuì grave. Certo che comprendeva e condivideva il pensiero del nipote: la tomba del primogenito nel piccolo cimitero di Sombreford ne era la prova lampante, che quanto proferito da L. corrispondesse al vero.

“In ogni caso”, riprese il moro con tono più giovale “l’affare è concluso: sabato prossimo ci sposeremo a New York e già ho spedito a casa di mio cugino Nate il resto della famiglia. Ergo, se sono qui era solo per avvertirvi e suggerirvi di sfruttare la settimana che vi resta onde rassegnarvi a queste nozze!”

L’uomo strinse gli occhi, visibilmente irritato dalla spassionata replica dell’ineffabile nipote. “Sei davvero un delinquente, Lawliet. E la cattiveria te l’ha messa in corpo tua madre, che bruci all’inferno!”, berciò, sorseggiando piano il tea caldo, il cui fumo veniva esacerbato dal freddo della stanza. “Fai come più ti aggrada, come sempre, ma sappi che io non approvo. Né ora né mai! A meno che, questo Light non si trasformi per intercessione divina in una donzella e mi presenti un pronipote!” e detto questo, His Lordship appoggiò la tazza vuota sul vassoio d’argento, incrociando indispettito le braccia al petto. In realtà le iridi nere come la pece, il medesimo colore che il nipote aveva ereditato, stavano studiando acutamente ogni reazione del moro, onde valutarne la sua risoluzione, dissimulando disapprovazione.

Era proprio vero che chi fustigava con vigore un certo vizio, era perché lo praticava anch’egli e magari con maggior energia del peccatore stesso.

Rialzandosi in piedi sbuffando e sistemandogli meglio la coperta di lana scozzese fino ai gomiti, Lawliet ribatté serafico: “Vi ripeto, che non ero venuto qui per chiedere la vostra benedizione!”, e si appollaiò sul bracciolo della poltrona, guadagnandosi un’occhiataccia da parte dell’avus familias, che ancora non si capacitava dell’incredibile mancanza di rispetto che il nipote portava nei confronti del bon-ton: se la malattia non l’avesse costretto sulla sedia a rotelle, altro che affidare quello scanzonato testone ribelle a Quillish, che in fondo era un’anima buona e facilmente manipolata da quel piccolo genio del male di suo nipote. No, se fosse stato in salute, His Lordship avrebbe preso quel sacripante a calci nel sedere dalla mattina alla sera, come suo padre aveva fatto con lui e il padre di suo padre prima ancora. Dio ci salvi dal giorno in cui i genitori non potranno più sculacciare i loro pargoli per inculcare loro un minimo di buone maniere e senso civico.

“Cialtrone! Birbante! Mi sparisci per sei anni e ritorni nella casa dei tuoi avi solo per annunciarmi questo orrore: con che faccia potrò mai ripresentarmi al mio club, giù in paese?”, protestò severamente il nonno, flagellando il moro che giocava al nesci.

Anzi, non proprio nesci totale, giacché fischiando scettico, L. puntualizzò inclemente: “Ma se vivete come un recluso!” Ed infatti, ciò corrispondeva dannatamente al vero, ma non per mancanza di iniziativa da parte dell’uomo.

“Lawliet, contestami ancora e ti diseredo!”, lo minacciò His Lordship neanche tanto velatamente, ricorrendo ad una forma di ricatto meno blanda di quello sentimentale.

“Come se avessi bisogno di questa casa e dei vostri soldi!”, replicò sardonico l’altro, per nulla intimorito.

Silenzio.

Le labbra di entrambi gli uomini tremarono, incurvandosi verso l’alto.

“E’ bello, almeno?”, inquisì poi il nonno, sporgendosi in avanti, gli occhi neri illuminati di curiosità e malizia. Se bisognava peccare, allora che fosse con tutti i sacrosanti crismi annessi e connessi!

“Molto!”, annuì L. energico, le guance che gli tinsero per un breve istante di cremisi al solo pensiero del castano che aveva lasciato un paio di giorni fa a Tokyo. “Molto …”, ripeté più calmo, il timido rossore dell’entusiasmo riassorbito dal suo stoico e consueto pallore.

“E le sue performance nell’ars amatoria?”

 “E’ puro e gelido come la neve!”, affermò solenne Lawliet, pur di non ridere dinanzi allo spettacolo del nonno in via di confidenze intime. Arzillo, il vecchietto!

“E nonostante tutto … tu … con lui …?”

“Aye, His Lordship!”

“E ti vuole bene?”

“Spero di sì!”

“Come speri di sì?”

“Mi perdoni, signor nonno, mi sono espresso male: spero per lui di sì!”

“Ah, volevo ben dire!”

Silenzio.

“Bah! In ogni modo, sei e resti un pazzo scatenato!”

“Non siate così sbrigativo. Scommettiamo, che vi affezionerete a lui alla fine? Cinquanta sterline che vi diverrà caro come un secondo nipote!”

“Da morto, forse!”

“E’ pur sempre un buon inizio!”, dichiarò sarcastico il moro, balzando giù dal bracciolo e stiracchiando un poco la gamba intorpidita: forse, doveva aggiungere più potassio alla sua dieta, non erano normali quei crampi. Non era neppure normale quel modo di sedersi, a onor del vero. “Riverisco, signor nonno! Avrei voluto portarvi con me a New York, ma mi sembrate piuttosto … indisposto al momento!”, lo salutò L. affettato, neanche si fosse trovato dinanzi all’arcivescovo di Canterbury.

“Uhm!”, fu la pensierosa risposta dell’uomo, che si accoccolò ulteriormente sotto la coperta. Qualcosa gli diceva, che forse non doveva rammaricarsi più di tanto: conoscendo quel satanasso di suo nipote, aveva di sicuro escogitato un qualche perverso piano onde rendere indimenticabile quella già inconsueta cerimonia.

“Lo prendo come un sì! A presto nonno!”, si congedò Lawliet ora più spontaneo, baciando la testa canuta dell’avus, che gli strinse forte la mano alabastrina. Era il segno che accettava la tregua e che avrebbe atteso di studiare questo nuovo membro della famiglia, prima di giudicarlo un bon à rien  e appenderlo di conseguenza sull’albero più alto del parco della tenuta, come ai bei vecchi tempi.

 “Fai il bravo, te! Ché sennò ti spenno vivo! Ora fila via a sposarti, va’!”, lo spronò il nonno, che incominciava a commuoversi: certo, avrebbe preferito di gran lunga una fanciulla morigerata – più che altro per riempire le solitarie stanze di quella magione con un esercito di pronipotini - ma era contento che L. avesse finalmente trovato qualcuno che lo pigliasse così come si presentava (e a volte che ne voleva di buona volontà!). Non gli piaceva lo stile di vita che aveva scelto di condurre e chissà che la compagnia di una persona giovane non potesse aiutarlo a darsi una regolata, lui che aveva sempre vissuto o nella solitudine o circondato da vecchi.

 “E ricordati di portarmi una fetta di torta: non essere ingordo!”, gli ricordò His Lordship, bloccando il moro alla porta, il quale si voltò e annuì sorridendo.

Uscito infine dalla Drawing Room, Lawliet recuperò il suo cappotto e  fece cenno a Matt – il quale lo aveva atteso fino a quel momento accanto al caminetto nella sala d’ingresso – che aveva terminato e che potevano andare. Il ragazzo, accortosi della presenza di L., chiuse  il gameboy che l’aveva tenuto occupato per due ore, durante le quali il moro si era trattenuto col nonno.

Ora, ci si starà chiedendo il motivo per il quale uno che doveva essere in ostaggio onde punire fidanzati, che contravvenivano agli imperativi categorici Il mio fratellastro deve starmi mille miglia lontano godesse di tanta libertà, la quale avrebbe potuto essere sfruttata per una fuga strategica onde ritornare alle amorevoli braccia del meco. A onor del vero, la storia del rapimento era una gran panzana colossale – surprise, surprise – escogitata da L. affinché Mello cooperasse in maniera più soddisfacente ai suoi piani doma-bisbetici. Inoltre, era rimasto a corto di aiutanti, siccome aveva primo, rispedito quell’anima santa e completamente schiavizzata di Watari a prelevare B.B. da San Francisco e di trascinarlo volente o nolente a New York; secondo, incaricato  suo cugino di secondo grado Nate Rivers o Near o l’Ermellino (per distinguerlo da B.B. che era il Procione) dell’onere di occuparsi dei preparativi della cerimonia, degli ospiti e soprattutto di tenere rinchiusi i parenti fino a quel fatidico sabato 28 gennaio. Normale conseguenza, aveva bisogno di una spalla di sostegno per il suo viaggio nella natia Inghilterra, nonché di uno scudo umano nel caso His Lordship Thomas Coil-Deneuve avesse accolto la notizia non proprio cum gaudio magno et spe. Senza contare, che le competenze di Matt acquisite dalla sua attività ufficiale – tecnico di computer – e quella più informale – hacker professionista senza licenza – gli erano risultate utili onde provare in tutto e per tutto l’esistenza del suo alias, Ryuzaki Coil-Deneuve. Ché figurarsi se quel paranoico e malfidato del Bisbetico non era andato a controllare nel frattempo su siti più intimi come FB e Twitter! E quando i suoi “amici” – in realtà tutti falsi account creati ad hoc da Matt -  gli avevano chiesto il motivo per il quale non v’erano foto di lui, questi aveva risposto candido che era per motivi di grande introversione e che non si era il cugino del capo dei capi per ridicolizzarsi in situazioni compromettenti. E poiché la leggenda metropolitana narrava che L. soffrisse inspiegabilmente di agorafobia e che la sua famiglia amasse le foto quanto si amano le zanzare d’estate, l’ovvia conclusione arrivava anche da sola. Del resto, L. e Matt si erano premurati di aggiungere piccoli dettagli rivelatori, che solo uno che s’era fin troppo bene informato sulla Wammy’s House poteva riconoscere come veritieri.

Ecco dunque spiegata la ragione di tale sequestro. Quanto alla repulisti delle scorte di cioccolato, quello fu un atto di gratuita crudeltà di Lawliet nei confronti del signor Michael Keehl.

“Allora?”, inquisì Matt seguendo il moro dappresso e incuriosito dall’espressione sorniona che traspariva dal suo viso di solito così imperturbabile. “Dal silenzio che permea  in questa casa, non mi pare che l’abbia presa poi così male!”, disse il castano una volta usciti dalla magione e rabbrividendo lievemente a causa del gelo invernale.

“Oh, se mio nonno avesse voluto ammazzarmi, sarebbe stato più silenzioso di un sicario: odia ogni cosa che sia, come dire, teatrale!”, gli esplicò concisamente L., rialzando il bavero del cappotto e ficcandosi le mani nelle tasche. “In ogni caso, mi ha concesso la totale disponibilità della Manor, il che è un bene, dato che ho bisogno di un posto abbastanza isolato per domare in tutta tranquillità la mia dolce metà … A proposito, che ore sono ora a New York?”

“Dovrebbero essere all’incirca le dieci del mattino”, gli rispose prontamente il ragazzo, senza neppure controllare l’orologio.

“Perfetto: oserei affermare che questa è l’ora adatta per guastare la colazione ad una persona o tre …”, dichiarò convito L., estraendo il suo cellulare e componendo in fretta un numero a lui tristemente noto.

Tre … due … uno …

 “Olà, signor Procione!”, esclamò sardonico L. a voce altissima, appollaiandosi sul bordo di una fontana vicino al piccolo giardino botanico.

“Oh! Cos’è questo Procione?” , replicò subito irritato B.B. dall’altra parte dell’Atlantico, non avendo infatti riconosciuto il numero: ovvio, visto che i due non si parlavano se non il minimo indispensabile.

“Il viaggio da San Francisco a NY è stato di suo gradimento?”, infierì il moro servizievole.

“Ma che cavolo …? Chi è lei …? Argh! Lawliet, brutto figlio di - …!”

“Ah-ha! Non insultare la mamma! Non si fa!”

“Che cos’è questa storia? Sapevo che eri un tarato di mente, questa però le batte tutte: arrivare addirittura a farmi sequestrare! Aspetta che ti metta le grinfie addosso e vedrai come ti subisso, vecchio satrapo!”

“Hé, Procione! Viaggiare fino a Tokyo per una pornostar sì, ma venire a NY a trovare il tuo Panda preferito no, eh?”

“La smetterai mai di ficcare il naso negli affari degli altri e  paragonarci tutti ad un animale? E per tua informazione, Sayu è un’attrice, non una porn- …”

“Come stanno Regina dei Quarti di Campo; Credi alla Damigella e Affettachiappe nel Retro?” [1]

“Cosa?! Non insultare i miei amici, ora! Sono solo dei soprannomi! Facevano figo scritti in kanji ecco!”

“Ma che kanji e kanji, qua vi siete fumati il ganja! In ogni modo, Backup, lo sai che mi sposo?”

“E mi dovevi rapire per comunicarmelo?”

“In cartoleria avevano terminato i biglietti d’invito! C’era stato lo sciopero dei lavoratori nella foresta Amazzonica! Il carburante era scaduto! I piccioni viaggiatori erano tutti morti di malaria! Avevo finito la ricarica del telefono! E ovviamente, la compagnia telefonica aveva chiuso battenti per fallimento! Ergo, non ti potevo avvertire. Contento?”

Silenzio post-concussivo.

“E sentiamo, con chi diavolo ti sposi? Pensavo che l’unico amore della tua vita fosse la cheesecake alla fragola!”

“Se ne farà una ragione! In ogni modo, la fanciulla in questione si chiama Lucy!”

“Lucy …?”

“Lucy! Sei per caso divenuto sordo?”

“Ho capito, idiota! Che fa di cognome?!”

“Ah, il cognome! Lucy …”, pausa d’effetto “… che te ne frega, scusa? Tu sei la damigella, non porti domande troppo pericolose!”

“Ma …”

“Ci vediamo domani, Brigitte!”

“Lawliet! …”

“Stammi bene e non far arrabbiare né Watari né Near: ho loro dato licenza di flagellarti, semmai dovessi sgarrare!”

“Tu! Aspetta … un …”

Zip. Chiamata terminata.

Infilandosi in tasca il cellulare, L. guardò gnorri un Matt assai perplesso, che lo fissava come uno che aveva assistito al turpe spettacolo di due scimmie intente a scaccolarsi il naso. “Questa telefonata aveva uno scopo ultimo?”, s’azzardò infine il ragazzo a domandare all’amico.

“Lo vuoi proprio sapere, Matt?”, fece serio Lawliet, avvicinandosi a lui e guardandolo intensamente negli occhi. Ipnotizzato, il ragazzo annuì meccanicamente. “Ebbene … no! Avevo solo voglia di rompergli le pigne, nonché fargli perdere tempo, addebitandogli la chiamata! Ah sì, e sincerarmi che Watari lo avesse prelevato come indicatogli”, affermò il moro impunito, scendendo in un balzo e dirigendosi verso la macchina (guidava Matt, ovviamente).

Infatti, il suo era stato un piacevole diversivo per distogliere l’attenzione del signor Mail Jeevas da un messaggio di ben altra importanza: direttamente dal cellulare di Quillish “Watari” Wammy, gli era arrivata la tanto attesa conferma che il pacco era stato finalmente consegnato.

Ora, le nozze potevano davvero incominciare. 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

To be continued …

Nel prossimo capitolo: Laddove, tra aspri duoli e grasse risate, viene celebrato l’imeneo più scioccante della storia.

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Certo che per un capitolo di transizione era bello lunghetto … uhm, sarà la stanchezza? O.o

In ogni modo, preparate lo spumante, siete tutti cordialmente invitati al matrimonio! *arrossisce come una scolaretta*

Allora, che dite? Alla prossima?

Ciao!

 

Un po’ di noticine:

 

[1] Rispettivamente: Quarter Queen = Regina dei Quarti di Campo; Believe Bridesmaid = Credi alla Damigella e Backyard Bottomslash = Affettachiappe nel Retro, le vittime di B.B. nello spin-off di “Death Note Another Note: The  Los Angeles B.B. Murder Cases” e dunque no, Hoel non si è inventata niente, ha semplicemente tradotto, riflesso ormai incondizionato. Vorrebbe essere arrivata a tali lampi di creatività. Vorrebbe. Ma il ganji ancora non lo mastica bene …

 

 

 

 

  
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