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Autore: Isuzu_27    20/03/2012    3 recensioni
Tutti sono destinati a lasciare questa vita. Lily Evans lo scopre con durezza, ma allo stesso tempo è in grado di trovare una nuova felicità, come un nuovo, piccolo regalo...
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Lily Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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“Ehi, Evans…”
Ecco. Bastavano quelle semplici parole per mandarmi in bestia. Primo, perché sapevo che a pronunciarle era un completo idiota, e secondo perché l’idiota in questione avrebbe di certo fatto qualcosa di estremamente stupido per attrarre la mia attenzione, come far spuntare un’altra testa sul collo di qualche malcapitato o far fuoriuscire saponette da bocche altri senza un motivo ben precisato.
Chi non odierebbe un tizio del genere? Continuavo a chiedermelo anch’io, eppure James Potter riusciva ad avere una schiera di ammiratrici. Per me rimaneva tutto un grande mistero.
Mi voltai quindi di scatto, già seccata; quasi mi immaginavo già la scena in cui cercava di invitarmi a uscire e di fronte al mio ennesimo rifiuto sfogava la sua frustrazione su qualcun altro.
“Che vuoi, Potter?” domandai, acida. “Non ho tempo da perdere, se non ti dispiace. Non ci esco con te, se è questo che vuoi”. Guardai la sua faccia e sbiancai. “Non avrai mandato Severus in infermeria, spero? Come ti devo dire di lasciarlo stare? Non ti ha fatto nulla di male, non devi per forza esibirti di fronte a tutti! Oh, ma stavolta andrò dalla McGranitt e farò in modo che tu abbia una punizione con i fiocchi, tronfio arrogante!”
Giuro per davvero che non so nemmeno io come poterono uscirmi parole del genere. Scappai immediatamente dalla Sala Grande, forse un poco imbarazzata dalla mia cattiveria e con il pasticcio di carne e rognone che mi faceva brontolare lo stomaco in maniera a dir poco fastidiosa. Decisamente, James Potter mi dava sui nervi, perciò era inevitabile che io fossi antipatica con lui.
In infermeria trovai solo Madama Chips, che gentilmente mi informò che non aveva lì nessuno da almeno due giorni.
“Cercavi qualcuno, cara?” mi domandò premurosa.
“Oh, ehm… cercavo il mio amico Severus Piton” borbottai. “Credevo che Potter gli avesse fatto qual…”
Ma la donna non mi fece finire e sospirò tristemente: “Povero ragazzo, quel Potter… ora torna nel tuo dormitorio, cara. Se dovesse arrivare qui il signor Piton, lo informerò che eri preoccupata per lui. Buonanotte”.
Mentre camminavo lentamente verso la Signora Grassa meditai su quelle due paroline che Madama Chips aveva pronunciato: povero ragazzoPotter? In che modo lo si poteva definire un ‘povero ragazzo’?
 
 
La mattina dopo James Potter non si presentò a colazione. Cercai di non sentirmi eccessivamente in colpa per ciò che era successo la sera prima a cena, e mi immersi in una fitta conversazione con la mia compagna di dormitorio Mary Macdonald. Mentre imburravo il mio toast arrivò l’allocco della scuola che avevo mandato a casa mia con una lettera di risposta dei miei genitori, e quasi contemporaneamente giunse anche un gufo fulvo con il giornale.
Aprii per prima la lettera dei miei, scritta da mia madre. Giunta a metà, non riuscii a continuare la lettura. Restai impietrita di fronte a quel piccolo pezzo di carta. Lessi e rilessi almeno dieci volte la stessa, piccolissima frase, quel piccolo inciso, quell’informazione minima che era stata infilata in fretta in mezzo a tutte le altre, come se fosse di secondaria importanza.
…insieme alla signora Montgomery. Ho sentito dire che il tuo vecchio insegnante di pianoforte è morto l’altra notte, poveretto. Ti saluta il signor Bloom, il vicino…
“Ehi, Lily, ti senti bene?” mi domandò la mia amica Mary, ma io non le risposi. Avevo altro per la testa. Senza che potessi far nulla per fermarmi, cominciai a piangere silenziosamente.
 
 
 
Avevo sette anni quando iniziai a studiare pianoforte, dapprima con una ragazza tutta pelle e ossa molto simpatica che mi insegnò la lettura delle note e il solfeggio, poi, quando lei partì per la Francia, io venni indirizzata ad un altro insegnante, che viveva in un paese piccolissimo e lontano da Londra. Mia madre provò a dirgli che non era necessario che lui facesse tutte le volte un viaggio tanto lungo solo per venire a farmi lezione, ma lui era contento di insegnarmi i rudimenti della musica e dello strumento.
Lo avevo trovato simpatico da subito, non appena lo avevo visto e si era presentato, con il sorriso gentile e sincero che si estendeva anche ai bellissimi occhi castani.
“Mi chiamo Charlus” si presentò con semplicità. “Come Charles, solo con la ‘u’ al posto della ‘e’” aggiunse divertito. Era un uomo piuttosto attempato, sulla cinquantina, eppure il suo viso era liscio, luminoso e bello, signorile.
“Io mi chiamo Lily” mormorai, vagamente imbarazzata.
Charlus sorrise. “Come lo splendido fiore, non è vero?”
Studiare musica con lui era meraviglioso; era un uomo paziente, gentile che conosceva i miei gusti musicali senza che io gliene parlassi. Sapeva sempre quale fosse il momento giusto per muovermi una critica e quando invece era meglio che si limitasse a stare in silenzio consolandomi con un’affettuosa carezza. Per diverse settimane – visto che non avevo esperienze di sentimenti particolarmente complessi come l’amore – avevo addirittura sperato che lui fosse il mio vero padre, come succedeva sempre nei film, ma poi mi ero vergognata di quei pensieri.
 
Quando cominciai a frequentare Hogwarts smisi di studiare pianoforte, e devo ammettere che le sue lezioni mi mancarono più di quanto avessi pensato; perfino il suo modo armonioso ed elegante di suonare mi mancavano.
“Lily, sei sicura di stare bene? Ma… ma stai piangendo, Lily? Lily, rispondimi!”
Mary Macdonald mi chiamava e mi scuoteva insistente.
Udii la mia voce rispondere, spezzata e singhiozzante: “Sono una tale cretina, Mary. Era questo che voleva dirmi”. Sentii la mia voce mancare sull’ultima parola. Ero davvero una persona terribile.
 
 
Un pomeriggio estivo, quando avevo quindici anni, avevo pregato i miei genitori di portarmi a far visita al mio insegnante di musica, e loro avevano infine accettato perché dovevano sbrigare certe loro faccende a me sconosciute in un paese non lontano da lì. Solo quando misi piede in quel minuscolo paesino mi accorsi di come si chiamasse: Godric’s Hollow. Tra me e me sorrisi: il mio insegnante abitava senza saperlo in un paese che pullulava da secoli di maghi!
Charlus mi accolse calorosamente, come aveva sempre fatto, nella sua dimora signorile, ampia, luminosa, ariosa e spaziosa. Le grosse scale che conducevano ai piani superiori erano a dir poco magnifiche, ma nulla poteva eguagliare il salone che stava oltre l’arcata a sinistra dell’ingresso, in cui campeggiava un meraviglioso pianoforte a coda.
Mi fece accomodare e per lo più parlammo di me, dei miei studi (divagai, non potevo parlargli di Hogwarts), del mio abbandono dello strumento (con suo grande rammarico) e di certi concerti che Londra avrebbe ospitato a breve. Mi bastava stargli accanto e sentire la sua voce per stare meglio. Grazie a lui avevo imparato quanto la musica potesse essere meravigliosa e unica.
Mentre sorseggiavo il tè che mi aveva gentilmente offerto osservandolo affascinata, lo vidi voltare la testa di scatto verso l’arcata di fianco all’ingresso. Disse: “Vieni a salutare l’ospite, maleducato”.
Sobbalzai. Non mi ero nemmeno accorta che fosse rientrato qualcuno! Ma di certo questo non mi stupì quanto la risposta, proveniente da oltre l’arcata: “Non volevo disturbare, sembravate quasi due piccioncini”.
I miei pensieri si bloccarono finché non ebbi la certezza che a pronunciare quelle parole fosse stato proprio lui; James Potter apparve nel vano dell’arcata illuminata dalla luce del pomeriggio, i capelli neri arruffati e il sorrisetto strafottente che ricordavo. Scoppiò a ridere vedendo l’espressione assunta dalla mia faccia e mi salutò: “Ciao, Evans. Benvenuta in casa Potter”.
Non potevo crederci. Guardai il mio insegnante e boccheggiai: “Signor Charlus, lei… lei è davvero…?”
James completò la frase per me in tono divertito: “…mio padre”.
“No!” quasi urlai. James rise di nuovo e se ne corse al piano di sopra.
Charlus Potter mi sorrise gentile. “Lily, credevo lo sapessi. Mi chiamo Potter, vivo a Godric’s Hollow…” Si passò una mano nei capelli, un gesto che non avevo mai collegato con quello di suo figlio, e mormorò: “Devo dedurre da questa scenetta che voi due a Hogwarts non andate molto d’accordo, eh?”
“Lei è un mago, signor Potter” replicai io, come se fosse colpa sua.
“Per Merlino, Lily, chiamami Charlus come hai sempre fatto” mi rimproverò amichevole. “Sì, sono un mago”.
“Un Purosangue”.
Charlus si guardò le dita intrecciate sul tavolo, nervoso. “Sì, per quello che può valere… a me e Dorea non interessa un accidente… specialmente in questo periodo”.
“Lei sapeva che io sono una strega?”
“Perché altrimenti avrei voluto essere il tuo insegnante a tutti i costi, in mezzo a tutti i ragazzini della scuola di musica?” mi sorrise lui.
 
 
La Gazzetta del Profeta riportava la notizia della morte di Charlus Potter insieme a quella della moglie Dorea in una colonna della nutrita cronaca nera. La loro casa era stata rasa praticamente al suolo, sopra il tugurio di ciò che ne rimaneva avevano trovato il Marchio Nero. Riuscivo quasi a sentire il tremendo rumore del pianoforte a coda che veniva distrutto dalla furia omicida dei Mangiamorte.
“Dove vai, Lily? Non hai nemmeno fatto colazione! Lily!” mi urlò dietro Mary. Povera Mary, l’avevo trattata davvero male.
Ma del resto, con un’altra persona ero stata perfida, maligna e insopportabile.
 
Mi sembrò di aver percorso tutto il castello di corsa prima di trovarlo, e non appena lo vidi mi gettai contro di lui piangendo a dirotto. James Potter, giustamente sorpreso, mi accolse tra le sue braccia con una gentilezza che non gli conoscevo.
“Scusa. Mi dispiace. Io…” biascicai prima che le lacrime mi bloccassero. Del tutto irrazionalmente, sperai che il mio naso non cominciasse a colare sporcandogli la divisa.
James posò delicatamente una mano sulla mia testa per consolarmi. Avrei dovuto consolarlo io, diamine, in fondo era suo padre! E con lui era morta anche sua madre, accidenti!
“Forse mio padre voleva farmi un ultimo regalo” furono le uniche parole che James disse quel giorno, pronunciate contro i miei capelli.
La mano di James era grande e calda, proprio come quella del mio vecchio insegnante di pianoforte.
 
 
 
 
 
 
 
Spazio dell’autrice:
 
Ciao a tutti!
Volevo precisare che i nomi di battesimo dei genitori di James in realtà non li sappiamo, perciò ho dato per buone le informazioni sui Potter che sono imparentati con la famiglia Black (andate a controllare sull’albero genealogico dei Black), e cioè che un certo Charlus Potter sposa Dorea Black ed entrambi muoiono nel 1977, con un solo figlio a sopravvivere loro.
 
Ho sempre voluto poter scrivere un FF su Lily e James in cui non fosse necessariamente Potter a commettere errori… in fondo anche Lily era umana, no? XD
 
Lasciatemi una piccola recensione, se vi va, sono sempre qui a disposizione! ;)
 
Loveday Carey-Lewis

 
  
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