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Autore: Nina Rigby    20/03/2012    4 recensioni
Non ero più Jimmy, il bambino che ha sofferto e che si è gettato nell’autodistruzione.
 
Sono il figlio della rabbia e dell’amore,
sono il Gesù di Periferia.
Genere: Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ARE WE THE WAITING




Ormai era passata una settimana da quando avevo deciso di lasciare casa mia e venire a vivere nella "grande città".

Non era come credevo, non lo era davvero. Innanzitutto dovevo dormire nella mia stupida auto, non avevo soldi per stare in un hotel o comprarmi cibo e droga e sigarette. Cosa credevo di fare quando son scappato da quelle quattro mura? Sì le odiavo, ma erano pur sempre quattro mura con un letto ed un frigo. Guardatemi adesso.

 

Improvvisamente iniziò a piovere, e con piovere non intendo quattro gocce incapaci di formare una misera pozzanghera. Le nuvole si scontravano tra loro, come leoni inferociti che lottano per un pezzo di cielo. Velocemente le strade divennero solo un riflesso del divampante grigiore sopra la mia testa. Si stava allagando tutto, la gente intorno a me correva affannosamente al riparo. Che cretino! La mia macchina era parcheggiata ad almeno un chilometro e mezzo da dov'ero ora, praticamente dall'altra parte della periferia. E ora dove andavo? Il primo riparo che mi comparve davanti fu un campanile.

Già, il fottuto campanile di una chiesetta dirottata. 

Mi venne quasi da ridere mentre salivo bagnato fradicio le scale dell'edificio. Io in una chiesa? Dio doveva mandar giù il secondo diluvio universale per vedermi in un posto pieno di croci e campane. 

E così aveva fatto.

 

Quando raggiunsi la parte più alta del campanile mi sporsi per guardare fuori. Le nuvole se ne stavano andando e le stelle sembravano scoprirsi con prepotenza tra loro. Erano le prime stelle sapete, quelle più luminose, quelle che inaugurano la notte. Erano bellissime e iniziai a piangere come un idiota.

 

Nonostante la notte stellata, lentamente le luci della città iniziarono a scendere su di me.

I grattacieli e tutte quelle persone col naso all'insù mi affollavano la testa, mi soffocavano. Era tutto un innalzarsi verso l'alto, tra punte di edifici e dita rivolte alla luna. Mi setivo così strano, sembravano puntate su di me.

-SIAMO NOI L'ATTESA-gridai- SIAMO NOI L'ATTESA SCONOSCIUTA.

Non mi ascoltava nessuno.

La odiavo questa città, la voleva rosa nelle fiamme. La mia città, quella che cercavo davvero...era ormai andata persa

Ricominciai a urlare:-SIAMO NOI L'ATTESA- perchè non mi ascoltava nessuno?-non capite?-bisbigliai.

C'era solo altro silenzio, c'era solo isolamento popolato da favole, che lasciava che si sentissero i miei singhiozzi.

La rabbia, l'amore, la mia vita, il Gesù di Periferia.

Era tutto una bugia, una fottuta bugia. Io non esistevo, non ero nulla, c'era il nulla.

-SIAMO NOI L'ATTESA SCONOSCIUTA-misi tutte le mie forze in quelle ultime parole.

Poi svenni.









 

Buonsalve. Inizio dicendo che il capitolo precedente non se l'è cagato nessuno. Questo si basa su una delle mie canzoni preferite, quindi ci terrei davvero tanto ad avere un vostro parere. Anche per sapere se continuare o no.
Ciao

Nina
  
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