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Autore: Giuu    20/03/2012    5 recensioni
Cercò nella tasca della giacca ancora mezza bagnata il pacchetto verde che aveva protetto con tanto riguardo dalla pioggia e lo appoggiò con delicatezza sul divano. Poi si chinò su di lei e, dolcemente, appoggiò le labbra sulla sua fronte, come un ultimo, tenero saluto.
Quella sarebbe stata l'ultima volta in cui l'avrebbe vista, ed era una promessa.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hitsugaya Toushirou, Kurosaki Karin, Un po' tutti
Note: OOC | Avvertimenti: Spoiler!
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Buongiorno! Ho aggiornato così presto perchèèè...
Perchè dovevo studiare tedesco.
Lo so, lo so, dovrei studiare, ma non l'ho fatto. Anzi sì, l'ho fatto, ma adoro stare attenta in classe, quindi... ùvù
Spero che gli errori/orrori di battitura e/o ortografia non vi facciano vomitare. *annuisce*
Questo è... Un "inizio" per introdurre i prossimi capitoli, quindi è scritto un po' così.
C'è un salto temporaneo, spero non vi dispiaccia!

 

Cinque mesi.
Cinque, luridi, schifosi, lunghissimi mesi erano passati, dall'ultima volta che l'aveva visto. L'aveva odiato, l'aveva maledetto, l'aveva sognato e si era ritrovata a pensarlo durante le noiose giornate passate a scuola. Tutte le volte che calciava la palla i suoi bizzarri capelli bianchi le attraversavano la mente.
Imprecò e si prese una ciocca di capelli fra le dita. Ormai erano lunghissimi. Non riusciva a capire come, in cinque mesi, fossero cresciuti così tanto. Forse doveva tagliarli, visto che erano scomodi.
<< Yuzu, ho i capelli troppo lunghi. >> si lamentò lei.
La sorella, senza staccare le dita che viaggiavano sulla tastiera a una velocità assurda, si voltò verso di lei. << Oggi devo tagliarli pure a Ichi-Nii, se vuoi posso tagliarli anche a te! >> sorrise. << Però ti stanno bene, lunghi. >>
Karin si guardò ancora la ciocca nera come la pece e poi abbassò lo sguardo sul suo braccio: un bracciale verde acqua, con attaccato una palla da calcio fatta di cristallo, le stringeva il polso.
"Non tagliarti i capelli, Kurosaki."
<< Lascia perdere. >> sbuffò e appoggiò Shonen Jump sul letto. << Cosa stai scrivendo? >> si avvicinò alla scrivania e guardò la sorella, quasi contrariata. Il documento che era aperto, pieno di fitte frasi nere in inglese, la preoccupavano.
<< È un compito! >> Yuzu salvò e chiuse velocemente il file, leggermente rossa. << V-vado a preparare la cena! >> aprì la porta e corse via, come per evitare un argomento imbarazzante.
Karin la guardò perplessa, poi fece spallucce e si chinò per raccogliere qualcosa da sotto il suo letto. Ogni volta che era sola, ogni volta che ne aveva la possibilità, prendeva quella scatolina e la apriva. Non conteneva niente di importante, almeno all'apparenza: una lettera stropicciata e un sacchettino di stoffa bianco come la neve erano posati con cura al suo interno. Eppure, per la ragazza, quelle cose erano molto, molto importanti.
"Non fare cose avventate, non farti male." più e più volte si era immaginata, mentre la leggeva, la voce di Toshiro. Le mancava così tanto...
Prese la lettera e, con delicatezza, la aprì.

Non dovrei scriverti questa lettera.
Non dovrei darti questa notizia così, dovrei parlartene, ma non ne ho il tempo.
Non riuscirò più a venire nel mondo umano per stare con te.
Quindi non fare cose avventate, non farti male, non metterti nei casini.
Cerca di stare lontana dai pericoli.
E non tagliarti i capelli, ti stanno bene, così.

Ah, dimenticavo.
Buon compleanno, Karin.

Hitsugaya Toshiro

La ragazza sospirò. Quella lettera sembrava negativa in tutto e per tutto, sembrava quella di un genitore preoccupato a una figlia... In quel momento, il cristallo freddo che portava al polso sembrava bruciarle la pelle.
Toshiro si preoccupava per lei e lei per lui. Eppure era lontano, non poteva osservarlo e stargli accanto.
Scosse la testa a quel pensiero e si sfregò gli occhi. Doveva essere la stanchezza, chiaramente.

Toshiro stava chino sulle varie carte che doveva firmare, stanco. Di certo Matsumoto non era proprio di aiuto e, in quel periodo, era più nervoso del normale. Era preoccupato, dannatamente preoccupato. Non riusciva a stare tranquillo, sapendo che Karin era da qualche parte nel mondo umano, incapace di proteggersi da un attacco da parte di un Hollow.
Si massaggiò le tempie e chiuse gli occhi. Non doveva pensarci. Lei era sicuramente al sicuro, con il padre e il fratello Shinigami.
<< Taichoooo! >> la voce squillante di Rangiku lo fece innervosire ancora di più.
<< ... >>
La donna gli si avvicinò barcollando leggermente, con le guance arrossate. Sicuramente aveva bevuto, per l'ennesima volta.
<< Dovrebbe prendersi una vacanza, è tanto nervoso! >> lo abbracciò, con un sorriso ebete stampato sulla faccia.
<< Matsumoto! >> Hitsugaya l'avrebbe volentieri uccisa, in quei momenti.
<< Sa, il mondo umano è molto rilassante! >> lei sorrise ancora. << Potrebbe andarci, siamo in piena estate, qua è tutto tranquillo, mi occuperò io delle scartoffie, su, su, vada! >>
<< Certo che se lascio tutto a te non è che sto tranquillo... >> sospirò lui, scrollandosela di dosso e facendola sdraiare sul divano.
<< Ha per caso detto qualcosa? >>
<< ... >>
Sospirò. Non riusciva neanche a mantenere le promesse fatte a sè stesso...

Karin calciò la palla, annoiata. Stava diventando buio e alcuni lampioni erano senza luce, dovuta ai malviventi che si divertivano a fare cretinate come rompere le lampadine. Non che avesse paura, certo, ma quella che si preoccupava a morte era Yuzu. Già ogni volta che usciva faceva la mammina preoccupata e stava in pensiero.
Lanciò la palla troppo in là, colpendo un gruppetto di ragazze più grandi, e subito si ritrovò catapultata nella realtà. Accorgendosi dell'errore fatto e vedendo la ragazza bionda - chiaramente tinta, e pure male - abbassarsi per prendere la palla, si avvicinò.
<< Mi dispiace, non era mia intenzione colpirvi. Potresti ridarmi la palla? >> allungò un braccio e attese, con la solita espressione di ghiaccio che riservava alle persone che non conosceva.
La ragazza la guardò, con un sopracciglio alzato. << Ma certo... >> allungò le braccia e poi ghignò << ...che no! >>
Con la lima che aveva nelle mani dalle unghie curate e nere, bucò la palla e la lanciò via, come se fosse stato uno straccio vecchio.
Karin fece un balzo in avanti, pronta a prenderla a calci, ma altre due ragazze alte almeno 20 centimetri in più di lei, la presero per i capelli e la strattonarono all'indietro.
<< Lasciatemi andare! >> ringhiò divincolandosi dalla presa.
<< Non so se hai presente chi sono io, stupida ragazzina. Mi chiamo Shizuka, e non ammetto che nessuno mi disturbi mentre mi limo le mie fantastiche unghie! >> le prese il polso e ghignò. << Carino questo, chi te l'ha fatto? Il tuo ragazzo? Immagino sia un nerd della madonna! >> rise ancora e le strappò dal polso il bracciale.
<< Ridammelo! >> urlò.
<< Ma sogna! >> avvicinò il viso al suo e rise. << Ma guarda come è disperata! >>
Karin ne approfittò e le sputò in faccia, poi, con le gambe libere, la colpì in pancia.
<< Shizuka-sama! >> urlarono le altre ragazze correndole contro.
La stretta sui capelli si fece più forte, ma Karin non disse neanche una parola. Anzi, si stampò un ghigno soddisfatto in faccia e poi, vista la distrazione di una delle due, riuscì a liberarsi e a tirare un pugno alla bionda tinta dopo essersi fatta strada in mezz al gruppo di corpi a calci.
<< Scusami, non mi sono presentata, stronza: Io sono Karin Kurosaki. >>
Sorrise e si massaggiò la mano. Non se ne sarebbe andata, senza il suo braccialetto.

Alla fine, era tornato nel mondo degli umani. E non sarebbe restato le solite due ore, anzi: doveva starci tre giorni.
Esatto, non voleva. DOVEVA. Matsumoto l'aveva praticamente supplicato di andarle a comprare dei vestiti di una nuova collenzione di cui non ricordava neanche il nome. Sbuffò, contrariato. Quella donna era incredibile. 
Quando arrivò a casa Kurosaki, era abbastanza teso. Non sapeva cosa dire a Karin, di certo non aveva programmato di tornare a vederla, ma aveva bisogno di un posto dove dormire e Urahara non sembrava di certo uno dei migliori padroni di casa nei paraggi.
Stava proprio per bussare alla porta, quando Yuzu e Ichigo la aprirono di scatto, quasi travolgendolo nella loro furia.
<< Toshiro! >> esclamò il ragazzo, guardandolo sorpreso.
<< Hitsugaya! >> lo corresse lui, alzandosi e spolverandosi poi i vestiti.
Yuzu non gli chiese come stava, cosa molto strana da parte sua. Anzi, con uno viso preoccupato e quasi piangente, gli chiese, sussurrando, se aveva visto Karin.
<< Di solito non fa mai così tardi... >> gli spiegò Ichigo. << Esce sempre per giocare a calcio, ma torna prima che faccia buio. >>
<< Capisco... >> disse lui facendo il finto disinteressato, anche se dentro stava già pensando alle più grandi catastrofi possibili ed immaginabili.
<< Potresti aiutarci a cercarla, più si è, meglio è! >> l'altra gemella lo guardava, speranzosa. Era completamente diversa dalla sorella dai capelli neri...
<< ...Sì, va bene. >>

Hitsugaya si mise le mani in tasca. Erano dieci minuti buoni che cercava Karin, ma non l'aveva trovata. Ogni secondo stava attento a ogni figura che si muovesse ed ad ogni reiatsu che riusciva a percepire. Aveva i nervi che rischiavano di strapparsi da soli e lanciarsi dal piano più alto dello stabile più vicino.
Aveva paura. Paura come nella sua vita non l'aveva mai avuta. Era terrorizzato da Era immerso nei suoi preoccupati e stupidi pensieri, quando una figura nera e ansimante gli si avvicinò. Se ne accorse solo quando era a qualche metro da lui: Karin si stava trascinando per la strada, imprecando contro "quella stronza di una bionda tinta".
<< Kurosaki! >> corse verso di lei e la aiutò a reggersi in piedi, ignorando le sue deboli proteste. Stringeva in mano un laccio verde sporco di sangue.
<< Cos'è successo? >> domandò preoccupato.
<< Non è niente. >> rispose lei, pulendosi il labbro sporco di sangue con il dorso della mano. Era l'unico punto in cui era ferita in modo "grave", quindi intuiva che il sangue sui suoi vestiti non era esattamente suo.
<< Ti porto a casa, tua sorella è preoc.. >> non riuscì a finire la frase. Karin lo guardava, gli occhi pieni di una strana luce speranzosa.
<< Non te ne andrai? >>
Toshiro sospirò. << No, non me ne vado, Karin. >>
 

  
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