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Autore: ferao    21/03/2012    7 recensioni
La storia di Ted e Andromeda in cinque capitoli.
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Sentiva su di sé lo sguardo infuocato di Bellatrix, ma per la prima volta non le importò della sua disapprovazione: che valore aveva il suo disprezzo per lui, se quel “Sanguemarcio” era stato così gentile con lei? Cosa importava?
- Io… ti ringrazio tanto, io…
- Di nulla, Andromeda - la interruppe lui subito, sorridendo di nuovo in quel modo così gentile. - E se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiedi di Ted Tonks e arriverò in un baleno.
- Non avrà bisogno di nulla: ci sarò io con lei - ringhiò Bellatrix, feroce. Ted la guardò di nuovo con una freddezza che stonava con la gentilezza di poco prima; fece poi una smorfia e si allontanò in silenzio.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Andromeda Black | Coppie: Ted/Andromeda
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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ANZITUTTO, sappiate che questa è la mia CINQUANTESIMA storia su EFP! Tanti auguri a me!
Poi: questo è il primo capitolo di una mini-long scritta per la finale di Quidditch di HPQuiz (e domani saprò il risultato *_*)
La consegna prevedeva di focalizzarsi su cinque momenti "particolari" della coppia Ted/Andromeda. Il primo, ovviamente, è il loro primo incontro.
Non essendoci fonti sull'età di questi personaggi, ho immaginato che avessero quattro anni di differenza: nel primo capitolo Andromeda ha 11 anni, Ted 15 e Bellatrix 14.
Buona lettura ^^






 
Di fazzoletti, principesse e silenzi


 


Il fazzoletto



Come inizio fu un disastro.
Andromeda aveva solo undici anni, poca esperienza della vita e molte incertezze, ma era sicura che nessuno prima di lei avesse mai fatto un ingresso così ridicolo a Hogwarts. Durante l’appello il suo cognome era stato accolto con risatine sarcastiche da parte dei ragazzi del tavolo di Grifondoro, e già quello era bastato a renderla nervosa oltre ogni dire; la situazione era degenerata quando, stritolando tra le mani il suo fazzolettino ricamato, si era diretta con passo incerto verso il tavolo dei professori: il dramma.

Nessuno, nella storia di Hogwarts, era mai caduto camminando verso il Cappello Parlante.
Andromeda Black . C’era riuscita, e a solo quindici minuti dal suo ingresso nella scuola.

In realtà non fu nulla di drammatico, né di sconvolgente: la piccola era solo inciampata nel gradino ed era caduta sbucciandosi lievemente un ginocchio. Niente di orribile, insomma: agli undicenni emozionati si perdona qualsiasi cosa, e infatti tutti i professori rivolsero alla bambina dei sorrisi inteneriti.
Quel momento, però, fu penosissimo per Andromeda: a renderlo tale furono le sonore risate dei Grifondoro e lo sbuffo infastidito di Bellatrix – che Andromeda riuscì a udire sopra tutta la confusione.
Odiava – odiava – far innervosire sua sorella.

Per fortuna il Cappello fu gentile e la mandò a Serpeverde, altrimenti la sua prima notte a Hogwarts sarebbe stata una totale catastrofe… per non parlare del resto della sua vita. I suoi compagni di Casa l’accolsero con un applauso moderato, poiché era del tutto scontato che la secondogenita dei Black diventasse una di loro. Con gioia di Andromeda, Bellatrix sembrava essersi dimenticata della figuraccia che la piccola aveva fatto poco prima: per tutta la sera le lanciò quei sorrisi gentili e luminosi che riservava esclusivamente a lei e alla piccola Narcissa, e questo confortò Andromeda più di tutto il resto.
La bambina si rilassò, al punto che per tutto il tempo della cena dimenticò persino di tormentare il suo fazzoletto. Era, quello, un gesto che faceva sempre quando si sentiva a disagio o in imbarazzo (cosa che a casa sua accadeva abbastanza spesso): sentire la sottile stoffa tra le dita le dava sicurezza, le infondeva fiducia.
Per la prima volta in vita sua, però, Andromeda si sentiva già piena di fiducia: fiducia in se stessa, nel futuro, in ciò che l’aspettava. Aveva attorno a sé tante persone, persone che non la giudicavano e che sarebbero diventate sue amiche; sua sorella Bellatrix non la criticava come al solito, anzi sembrava felice di essere finalmente insieme a lei a scuola, non l’aveva nemmeno sgridata per la sua goffaggine di poco prima…
Tutto andava bene, nonostante l’inizio infelice. Tutto sarebbe andato bene.


Al momento di alzarsi da tavola, ci fu un gran tafferuglio in tutte le tavolate: gli studenti di primo anno erano molti, e i Prefetti dovettero darsi un gran da fare per tenere tutti buoni e condurli ai rispettivi dormitori; il loro lavoro era reso più complicato dal fatto che i primini non indossavano ancora i colori delle loro Case, quindi tendevano a confondersi tra loro. 
Ogni anno – è matematico – almeno una matricola si smarrisce ancora prima di arrivare al proprio dormitorio, capitando in quello di un’altra Casa. Non è raro che un piccolo Grifondoro si ritrovi nella Torre di Corvonero, o che un Serpeverde attraversi il passaggio dietro il ritratto della Signora Grassa prima di rendersi conto del grave errore.
Quella volta capitò alla piccola Andromeda di smarrire la strada per la sua sala comune. Il Prefetto di Serpeverde era uno spilungone che sembrava correre piuttosto che camminare; tutti i piccoli del primo anno faticavano a stargli dietro. Andromeda trotterellava tenendo gli occhi puntati addosso all’ultima ragazza della sua fila per non perdersi, quando d’un tratto si rese conto che le mancava qualcosa.
“Oh no!”

Il suo fazzoletto. Non trovava più il suo fazzoletto.
Incurante del resto del gruppo che si allontanava, si fermò in mezzo al corridoio e iniziò a frugare freneticamente nelle tasche della divisa. Niente.
“Oh no no no…”
Tutta la sicurezza che aveva provato fino a quel momento svanì d’un tratto. Dimenticò i suoi compagni di Casa, sua sorella e tutto il resto: non trovava il suo fazzoletto, e questa – lo sentiva – era la cosa peggiore che potesse capitarle.
Iniziò a tornare sui suoi passi, in fretta; poteva esserle caduto a terra, oppure poteva averlo lasciato in Sala Grande… Oh Merlino, che sarebbe successo se qualcun altro l’avesse preso? E se non glielo avessero restituito? Come avrebbe fatto?
Andromeda ripercorse tutta la strada fino all’ingresso, ma nulla: a terra non c’era. Rientrò in fretta nella Sala Grande ormai deserta, cercò sotto il tavolo di Serpeverde e poi sotto tutti gli altri, ma ancora niente.
“No no no no no…”
La piccola Andromeda si sentì prendere dall’angoscia. Quel fazzoletto le serviva, accidenti! Era il suo modo per scaricare tensioni e paure, e sebbene avrebbe potuto sostituirlo con qualsiasi altra cosa, in quel momento non ci pensò nemmeno: doveva ritrovarlo, e basta. 
Dopo qualche minuto dovette arrendersi all’evidenza: il suo fazzolettino non era da nessuna parte. Afflitta, Andromeda uscì dalla Sala e cercò di tornare verso il suo gruppo.
Invano.
Era passato troppo tempo ormai: tutti i Serpeverde erano rientrati nel dormitorio, e Andromeda non aveva la più pallida idea di dove questo si trovasse. Iniziò a vagare a vuoto, tentando corridoi a caso: si ritrovò in vicoli ciechi e strane stanze piene di ritratti che la fissavano cupi; una volta una delle rampe di scale si spostò inaspettatamente e la fece tornare al punto di partenza. Disperata, Andromeda emise un gemito.
Si era persa, aveva perduto il suo fazzoletto… e tutto durante la sua prima notte a Hogwarts! Cosa avrebbero detto di lei? Cosa avrebbe detto Bellatrix? Cosa…
- Ti serve una mano?
Andromeda fece un gran sobbalzo e si voltò, gli occhi sgranati. A pochi passi da lei era comparso un ragazzo alto e biondo, con indosso i colori di Tassorosso e il simbolo dei Prefetti appuntato sulla divisa; sorridendo si avvicinò alla bambina.
- Ehi, che succede? Ti sei persa? - domandò di nuovo con gentilezza.
Troppo impaurita e imbarazzata per rispondere, Andromeda si limitò ad annuire. Il ragazzo fece qualche altro passo verso di lei.
- Succede, non preoccuparti. Sapessi quante volte è capitato a me!
Oltre al tono di voce, anche il suo sorriso era gentile, e contagioso. Andromeda si ritrovò a ricambiarlo suo malgrado.
- Come ti chiami?
La bambina aprì la bocca ma non ne uscì nessun suono. Riprovò. - An… Andromeda.
- Andromeda. Bel nome. E a quale Casa appartieni?
Stavolta lei rispose più prontamente. Si sentiva molto più tranquilla, adesso che c’era qualcuno ad aiutarla.
- Sai per caso dov’è il mio dormitorio? - chiese poi.
- Sicuro. Vieni, ti accompagno.
Andromeda si affiancò subito al Prefetto; insieme a lui discese altre rampe di scale – imparando a saltare un certo gradino per evitare di rimanerci incastrata dentro – e arrivò fino all’entrata dei sotterranei.
Appoggiata alla porta di questi, con un’aria tra il preoccupato e il furibondo, c’era Bellatrix Black.

- Meda! - esclamò Bellatrix non appena la vide comparire. - Che è successo, dove… E tu cosa ci fai qui? - ruggì quando si accorse del Prefetto. Questo non fece caso al tono e rispose con la stessa gentilezza di qualche minuto prima.
- Accompagnavo Andromeda al dormitorio. Si era persa.
La bambina avvampò e si morse la lingua. Avrebbe preferito che quel ragazzo tacesse; di sicuro ora Bellatrix si sarebbe arrabbiata con lei, l’avrebbe rimproverata perché era goffa e incapace di cavarsela da sola…
- Scusa, Bella, mi dispiace - gemette subito, non appena gli occhi scuri di sua sorella si posarono su di lei. - Mi dispiace, io… non trovavo il fazzoletto, così sono tornata indietro e…
- Non trovavi cosa?! Meda! Dovevi solo seguire il Prefetto di Serpeverde, che c’era di tanto difficile?
- Black, - intervenne il ragazzo in tono freddo, - non agitarti. Non è successo nulla, è inutile che ti scaldi tanto.
Tu restane fuori, Sanguemarcio. Nessuno ha chiesto il tuo parere - sibilò Bellatrix di nuovo rivolta al Prefetto di Tassorosso. Quello non si scompose minimamente, nonostante l’insulto: sostenne senza difficoltà lo sguardo di Bellatrix, poi smise di curarsi di lei e si voltò verso Andromeda.
- Hai detto di aver perso un fazzoletto?
Andromeda evitò a sua volta di guardare la sorella e annuì.
- È per caso questo? L’ho trovato in terra davanti alla porta della Sala Grande…
Il ragazzo mise una mano in tasca e ne cavò fuori un quadrato di stoffa sottile. Vedendolo, Andromeda squittì per l’emozione.
- Sì! È lui! 
Prese subito il suo fazzoletto tra le mani, felice. Sentiva su di sé lo sguardo infuocato di Bellatrix, ma per la prima volta non le importò della sua disapprovazione: che valore aveva il suo disprezzo per lui, se quel “Sanguemarcio” era stato così gentile con lei? Cosa importava?
- Io… ti ringrazio tanto, io…
- Di nulla, Andromeda - la interruppe lui subito, sorridendo di nuovo in quel modo così gentile. - E se hai bisogno di qualsiasi cosa, chiedi di Ted Tonks e arriverò in un baleno.
- Non avrà bisogno di nulla: ci sarò io con lei - ringhiò Bellatrix, feroce. Ted la guardò di nuovo con una freddezza che stonava con la gentilezza di poco prima; fece poi una smorfia e si allontanò in silenzio.
Bellatrix aspettò che fosse scomparso, poi afferrò Andromeda per un braccio e la voltò con violenza verso di sé.
- Ahia! Bella…
- Guai a te se ritrovo ancora in compagnia di quella feccia, hai capito?
- Bella, mi fai male…
- Hai capito, Meda? Guai. 
Andromeda deglutì e annuì: Bellatrix non si arrabbiava spesso con lei, ma quando accadeva era terribile. 
- S-sì… - balbettò. - Sì, Bella, mi dispiace… Scu-scusami.
- Scusarsi non serve, l’importante è che tu abbia capito. Ora andiamo a dormire, sono stanca e ti ho aspettata per quasi un’ora.
Bellatrix lasciò il braccio di Andromeda e aprì la porta del dormitorio. Stringendo più forte che mai il suo fazzoletto, sua sorella la seguì.
Le mancava già il sorriso gentile di Ted Tonks.
   
 
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