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Autore: Il_Genio_del_Male    22/03/2012    8 recensioni
John non si sente troppo bene, e la colpa è di Sherlock.
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Lestrade, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: What if? | Avvertimenti: Mpreg
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- Questa storia fa parte della serie ''We're not a couple'. 'Yes you are'.'
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NOTE: Buongiorno e ben trovati, miei cari! Perdonate il lieve ritardo, ma purtroppo la sfiga sembra essersi affezionata a me (è un tantino appiccicosa per i miei gusti), sicché sono ancora senza computer e costretta ad elemosinarlo da mio padre.

Ho due notizie per voi. La buona è che il nuovo capitolo è già pronto e aspetta solo di venire trascritto -il quando, però, rimane un’incognita- e la cattiva (forse) è che ci avviciniamo sempre di più alla fine di questa long: il prossimo aggiornamento sarà anche l’ultimo. Però, se vi interessasse continuare a leggere le vicissitudini della famiglia Watson-Holmes, potrei prendere in considerazione l’idea di cimentarmi in un sequel. Sta a voi decidere se la storia s’ha da proseguire o meno. Fatemi sapere, mi raccomando.

Buona lettura!

 

 

 

 

 

Alcuni giorni dopo.

Boswell, cambiato e allattato, esaminava con grande attenzione e cinguettii soddisfatti il contenuto, sparso sul tappeto del salotto, della valigetta del Piccolo Chimico regalatagli da “tia Ary”.

A vegliare sulla sua incolumità stavano la zia in questione e babbo Sherlock, l’una a gambe incrociate accanto al piccolo e l’altro stravaccato in poltrona. Irene ed Hamish riposavano nella loro carrozzina doppia, stazionata accanto al divano.

“Sherlock, sicuro che sia una buona idea maneggiare un revolver in presenza dei bambini?” si azzardò a chiedere Harriet, un po’ esitante.

“Tu e tuo fratello siete così simili. Le stesse noiose, ansiogene domande” parlò con voce strascicata il detective, proseguendo imperterrito a giocherellare con l’arma.

“Mi preoccupo per i vostri figli” ribatté lei pacatamente.

“Lo so e lo apprezzo molto, credimi, ma puoi star tranquilla: ho inserito la sicura. Non mi trastullerei mai con una pistola mettendo in pericolo la vita dei bambini” spiegò Sherlock, più gentilmente.

“Oh” batté le palpebre Harriet. “Ma certo. Avrei dovuto aspettarmi una risposta simile da un uomo accorto e previdente come te”.

L’altro fece un gesto noncurante con la mano, come a dire che la perdonava per la scarsa fiducia riposta nei suoi confronti.

“Ho notato che hai la tendenza ad apostrofare sarcasticamente le persone, salvo poi correggere il tiro non appena ti accorgi che l’interlocutore c’è rimasto male. Posso chiederti come mai, se non sono indiscreta?”

“E’ un’abitudine che ho acquisito frequentando John. E’ stato il primo a farmi sentire a disagio per i miei modi bruschi, così ho imparato a moderare i termini. Secondo lui la mia incapacità a rapportarmi normalmente con gli altri è dovuta ad una forma lieve di sindrome di Asperger, e francamente non mi sento in diritto di contestare la diagnosi di un esperto” si strinse nelle spalle.

“In un modo o nell’altro finisci sempre per parlare di mio fratello, ci hai fatto caso?” domandò Harry, intrigata dalla piega che stava prendendo la conversazione.

“E’ vero” ammise Sherlock. “John è la mia vita, di lui amo anche ciò che nelle altre persone detesto. Ha creduto in me quando tutti mi trattavano alla stregua di uno psicopatico. Sopporta il mio mutismo, il violino suonato alle ore più improbabili e i cerotti alla nicotina, non fa una piega se gli capita di imbattersi in un contenitore per alimenti pieno di falangi umane nel primo cassetto del freezer. E’ un prezioso collaboratore, nonché migliore di tutti i medici legali cui si affida Lestrade -potrei fare un’eccezione giusto per Molly Hooper- ed è l’uomo più conciliante del mondo. E’ il padre dei miei figli. E’ normale che il mio pensiero sia sempre rivolto a lui, non trovi?” concluse il monologo, puntando su Harriet i suoi incredibili occhi color cielo d’Irlanda.

“Cielo” sorrise la donna, a metà tra il divertito e l’attonito. “Sei disgustosamente innamorato del mio fratellino”.

“E’ quello che ho detto” annuì brevemente Sherlock, l’attenzione focalizzata su altro. Un millesimo di secondo dopo si alzò di scatto dalla poltrona, neanche avesse le molle ai piedi, e prese a camminare avanti e indietro, i lembi della vestaglia che fluttuavano morbidamente intorno al suo corpo.

“Qualche problema?” s’informò premurosamente Harriet.

“Mi manca John” rispose senza arrestarsi. “E ciò non va bene, niente affatto”.

“Perché?”

“Perché senza di lui finisco sempre per annoiarmi, e a pagarne le conseguenze è la tappezzeria di Mrs. Hudson”.

Harriet lanciò un’occhiata al volto sorridente dipinto sulla parete alle sue spalle, scorgendo dei fori di proiettile sotto la vernice gialla. “Ah, quindi è a questo che ti serve la pistola?” fece due più due, cercando di non lasciar trapelare il suo sgomento.

La risposta non si fece attendere; il detective puntò l’arma contro la carta da parati e sparò una raffica di colpi.

“Sherlock, no! Spaventerai i piccoli!” urlò lei, sobbalzando e coprendo poi le orecchie di Boswell con le mani, nel vano tentativo di attutire il frastuono del rinculo.

Holmes ne ignorò bellamente le proteste, placandosi solo dopo aver terminato la sua opera. Adesso la parola BORING in stampatello maiuscolo faceva compagnia allo smile color canarino. A sconvolgere seriamente la donna, però, furono le risatine gorgoglianti provenienti dalla carrozzina. Abbassò lo sguardo sul nipotino maggiore e vedendolo rivolgerle un sorriso smagliante il suo stupore accrebbe ulteriormente.

“Che diavolo-” smozzicò, gli occhi sgranati.

“Errore mio, avrei dovuto avvisarti. I bambini adorano sentirmi sparare, a quanto sembra il sibilo dei proiettili li diverte immensamente” chiarì Sherlock, serafico. “Non per niente hanno ereditato metà del mio patrimonio genetico”.

“Non per niente, già” assentì lei, ancora un po’ scossa.

In quel mentre comparve sulla soglia John. “Sherlock, la povera Mrs. Hudson mi ha aperto la porta letteralmente terrorizzata. Dimmi che non hai di nuovo giocato al pistolero, ti prego” lo supplicò il dottore a mo’ di saluto.

“Jawn, finalmente sei tornato! E’ tutto così noioso in tua assenza” gli andò incontro, il sorriso più innocente del suo repertorio dipinto in volto, avvolgendolo con le sue lunghe braccia.

“Immagino, immagino” biascicò, allungando qualche timida pacca sulla schiena dell’altro. “Ciao, Harry. Sopravvissuta alla tua prima giornata di babysitting?” si rivolse poi alla sorella.

“Credo di sì. Non posso dire lo stesso della vostra carta da parati, ahimè”.

“Mrs. Hudson se ne è fatta una ragione. Dai, Sherlock, lasciami andare” cercò di liberarsi dalla morsa del detective. “Non fare il koala, molla l’osso” insistette, ridendo.

“Zitto, sto annusando il bavero del tuo cappotto”.

“Cosa, perché?” si divincolò John, inquietato dall’improvvisa gravità della voce dell’altro.

Sherlock allentò la presa, irrigidendosi. Si staccò dal dottore –le braccia tese lungo i fianchi, le mani strette a pugno, gli occhi gelidi.

“John”, disse con voce sepolcrale, “c’è una traccia di profumo femminile sui tuoi vestiti. Da quando hai iniziato a tradirmi?”

 

 

 

 

Capitolo non molto lungo, ma denso di avvenimenti (ah sì? Davvero?). L’angst è in agguato, la crisi sta per scoppiare… Non temete, il finale sarà una delle cose più demenziali che abbia mai scritto.

Questa, se vi interessa, è la mia pagina autore su Facebook, per seguire in diretta i miei scleri (http://www.facebook.com/pages/Il-Genio-del-Male-EFP/152349598213950).

A risentirci presto, miei prodi. Buon weekend a tutti!

   
 
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