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Autore: chi_lamed    22/03/2012    0 recensioni
Categorico era l’imperativo che il filosofo si auto imponeva per poter realizzare pienamente se stesso.
Categorico sarebbe stato il suo agire finché il destino glielo avesse consentito. Solo quando avrebbe tutto compiuto, gli sarebbe stato dato di accogliere la morte come una presenza liberatrice. Sperò con tutto se stesso che gli fosse accordato, in quel momento desiderato e temuto, di avere due occhi di smeraldo a tenerlo per mano.

Cosa accomuna Severus Piton ed un filosofo come Immanuel Kant? Un piccolo viaggio interiore alla scoperta del personale Imperativo Categorico del Potion Master
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
- Questa storia fa parte della serie 'Per arrivare all'alba non c'è altra via che la notte'
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Disclaimer: I personaggi ed i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me bensì, prevalentemente, a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti. I luoghi non inventati da J.K. Rowling e la trama di questa storia sono invece di mia proprietà ed occorre il mio esplicito e preventivo consenso per pubblicare/tradurre altrove questa storia o una citazione da essa.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.

Nota: lo spunto iniziale e l’idea generale sono tratti dal libro di M. Palmarini Piattelli, Ritrattino di Kant ad uso di mio figlio. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, ma per puro divertimento, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
  
  
  

  
CATEGORICAMENTE
 
Ci sono gesti abituali che si possono ripetere all’infinito senza che la mente abbia bisogno di porvi attenzione. Le mani corrono veloci ed i pensieri, altrettanto lesti, si susseguono rincorrendosi incessantemente.
Un capo di vestiario dopo l’altro, un bottone ed ancora uno, la candida camicia, la morbida sciarpa di seta nera attorno al bianco colletto…
Un ricordo guizzò repentino ed ebbe la violenza d’una luce improvvisa che squarcia le tenebre. Fermò ogni movimento ed ogni riflessione, costringendosi a sollevare lo sguardo dalle proprie mani affusolate per fissare i suoi occhi allo specchio, oscurità scintillante dai mille riverberi.
Rievocò un racconto lontano, dolce come la voce di sua madre nei brevi istanti in cui ne faceva menzione, mentre il suo viso brillava di gioia ed orgoglio. Due piccole e paffutelle manine, un bianco colletto inamidato, i primi passi timidi e incerti.
Curioso.
Aveva mosso i suoi primi passi reggendo una camicia vuota di suo padre. Di fatto, aveva iniziato a camminare da solo.
Colse una singolare affinità tra quell’evento e alcune osservazioni veramente originali di un Babbano, un certo Immanuel Kant, se ben ricordava. Beh, non era un mistero per nessuno ad Hogwarts che egli non fosse un appassionato estimatore della cultura Babbana, tuttavia i titoli di quel due tomi regalatigli anni prima dall’insegnante di Babbanologia avevano stuzzicato la sua innata curiosità per il sapere: Critica della Ragion Pura e Critica del Giudizio. O l’autore era un noioso paranoide che aveva sottoposto ad analisi qualsiasi cosa, oppure era un genio che aveva scoperto i segreti più reconditi del razionale umano. Dopo un attento studio si era convinto dell’esattezza di quelle prime impressioni: Kant era, in parole povere, un geniale e razionale paranoide.
Si rammaricò nel constatare che per un certo verso erano affini: anche per Kant l’uomo doveva imparare a camminare da solo tenendosi ad un colletto vuoto. Il colletto della ragione, vuoto dai preconcetti mentali e morali.
Noi apparteniamo a noi stessi”, diceva quel Babbano. Ciò che dobbiamo fare, il sentire e l’agire morale, non possono esserci imposti dagli altri, ma devono prima di tutto partire da noi stessi. Nessuno può imporre la sua volontà sulla nostra e viceversa. Certo, lui la faceva facile, era vissuto in un paesino tedesco senza mai spostarsi da là, insegnando e studiando in santa pace!
Tuttavia aveva ragione, dovette ammettere, ma quanto straziante dolore aveva dovuto provare per rendersene conto? La discesa precipitosa nell’inferno dei Mangiamorte gli aveva lasciato impietosi solchi nell’anima, la risalita per riprendere il controllo di sé non era stata da meno. Aveva fatto a brandelli il suo io, riducendolo a un nulla, macerandolo nelle innumerevoli lacrime del rimorso e martoriandolo con il flagello di una perenne autopunizione. Non c’era punto del suo cuore che non sanguinasse, dopo tutto quel tempo e solo per tornare ad appartenere a se stesso e porre rimedio ad un imperdonabile errore passato.
Solo chi appartiene a se stesso è in grado di compiere il dovere per il dovere.” Nessuna prospettiva di premio né castigo, solo pura razionalità quale contenuto universale in cui calare le regole di ogni singolo atto. E lui non aveva fatto lo stesso? Non aveva deliberatamente e razionalmente rinunciato a vivere per sé, con lo scopo di rispondere ad un imperativo più alto che era quello della salvezza di Potter? Niente sorrisi, niente smancerie, niente debolezze di alcun genere, solo guardare fieramente davanti a sé e cooperare alla salvezza del ragazzo sopravvissuto e del mondo magico, stop.
Un “No!” imperioso salì dalle profondità della sua essenza, scuotendolo come un terremoto.
Imperativo Categorico? Certo, fino in fondo, fino alla morte, se fosse stato necessario. Ma l’amore che lo muoveva era talmente grande che contenerlo costava non poca fatica, traboccava da ogni suo gesto, da ogni sua parola, dall’ardente sfavillio del velluto nero dei suoi occhi. E poco gli importava che esso fosse solo scambiato per odio o insopportabile superbia, lui e soltanto lui sapeva quanto amore avrebbe voluto donare, ma gli era stata negata la possibilità di farlo.
Riprese a vestirsi, intrecciando abilmente la morbida sciarpa e passando successivamente alla giacca. La tirannica voce dell’agire morale lo richiamò al dovere, ricordandogli che lo attendeva una nuova giornata di duro lavoro, in perenne bilico tra l’insegnamento e l’assicurarsi che Potter non si cacciasse nei guai come sempre.
Mia e solo mia” era la volontà dell’uomo razionale.
“Mio e solo mio” si disse, era il desiderio di proteggere quel figlio che non sarebbe stato mai suo, perché se era pur vero che in principio era stata una richiesta di Silente, era altrettanto veritiero il fatto che egli si fosse affezionato a quello scapestrato ragazzo, anche se non lo avrebbe mai ammesso nemmeno sotto Cruciatus.
Chiuse la porta delle sue stanze e si avviò per gli antichi corridoi di pietra, diretto verso la Sala Grande per la colazione.
Categorico era l’imperativo che il filosofo si auto imponeva per poter realizzare pienamente se stesso.
Categorico sarebbe stato il suo agire finché il destino glielo avesse consentito. Solo quando avrebbe tutto compiuto, gli sarebbe stato dato di accogliere la morte come una presenza liberatrice. Sperò con tutto se stesso che gli fosse accordato, in quel momento desiderato e temuto, di avere due occhi di smeraldo a tenerlo per mano.



FINE



Se siete riusciti ad arrivare fino in fondo senza annoiarvi, mi lascereste una piccola recensione? Sono gradite soprattutto le critiche costruttive su questioni stilistiche e di trama.
 
  
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