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CAPITOLO
Lisa
reclinò il seggiolino e distese le gambe sulla moquette; riusciva a rilassarsi
solo allora, dopo una settimana di corse a perdifiato tra set e sala di
registrazione.
L’aereo
era decollato con poco ritardo da Los Angeles, direzione Miami e la ragazza
benedì l’obbligo di tenere i cellulari spenti: gli sponsor del film
cominciavano a pressarla, per contratti, spot pubblicitari, servizi
fotografici…
I 12
mesi successivi avrebbe calcato la parte di testimonial della Swarovsky, lo
stesso sarebbe stato per David con la casa automobilistica Chrysler e per Holly
con l’ultima linea Loubuotin. Idem per James con una campagna pubblicitaria per
Al suo
pensiero Lisa trattenne il respiro. Erano stati giorni difficili, quelli:
avevano avuto il loro battesimo del fuoco sul set per la prima volta insieme e
la cosa si era ripetuta nella registrazione della colonna sonora.
Involontariamente
la tensione reale che li avvolgeva li aveva accompagnati anche in scena, dove
Raina e Lucius dovevano darsi battaglia; suo malgrado, gli applausi dei registi
le avevano dato conferma dell’ottimo lavoro che stava facendo con James.
Tra un
pensiero e l’altro l’ansia scemò, lasciandola intorpidita e stanca, finchè Lisa
non si addormentò cullata dal rollio dei motori.
TRE GIORNI PRIMA
“Stop!
Lisa non ci siamo capiti, voglio più incisività…Raina è
La
ragazza si massaggiò le tempie e scacciò con una mano il rimprovero di Ludovic.
Era il
primo giorno di riprese con James, a distanza troppo breve dal loro tete-a-tete
e la giovane attrice faticava a restare lucida; dopo un paio di laconici ciak
discretamente buoni quella era la quarta volta che il produttore la richiamava.
“Non
faccio nulla di diverso dai due terzi di film che ho già girato. Cosa c’è che
non va?” Lisa si alterò, ormai esausta.
James, o
meglio Lucius, se ne stava in piedi, immobile; era stato catturato nello
schetch precedente e ora interpretava la parte del prigioniero incatenato al
muro.
“E’
questo il punto- ribattè Ludovic- Ora sei col tuo nemico…Raina amava Lucius,
non può rimanere insensibile! E’ qui che il ritmo deve cambiare”.
Il
cellulare dell’aiuto regista squillò e l’uomo ne approfittò per dare una breve
pausa.
Lisa
imprecò e bevve un sorso d’acqua dalla sua bottiglietta, mentre Lorianne le
ritoccava il fondotinta.
James si
piegò, seduto sui talloni, e fissò l’attenzione sulla ragazza.
“Ha
ragione” esordì dalla sua postazione.
“Non ti
ci mettere pure tu, ti prego” lo supplicò lei, sfinita.
“No,
dico davvero…fermati un attimo a rifletter: Raina odia Lucius?”.
Lisa
sbuffò spazientita; la trama era sua, non poteva farsi mandare a scuola da
quello che in pratica era un suo dipendente. Si limitò a ignorarlo, scuotendo
la testa: le quattro ore di recitazione non-stop le avevano tolto pure lo
slancio per litigare.
James
rise, senza alcun risentimento: “Beh, tornando a noi…Raina odia Lucius?”.
“Sì” si
arrese lei.
“Tu odi
me?”.
Lisa
sussultò. Quello era un colpo basso.
“James…ti
ho già spiegato che…”
L’uomo
alzò una mano a zittirla: “Bene…Ora odiami” e tacque con aria decisa.
Lasciò
alla collega il tempo per assimilare tale affermazione e prima che lei potesse
inventarsi una qualsiasi risposta, James tornò all’attacco: “Avanti…Davvero è
così difficile?”.
A darle
il colpo di grazia, lui fece guizzare la lingua fra le labbra.
Benché
fossero a metri di distanza, Lisa venne scaldata intimamente da quel gesto e la
cosa la fece tentennare; non era altro che un affronto, perdipiù agli occhi
dello staff al completo.
La
ragazza si sentì vulnerabile e la rabbia salì a colorarle le gote: come poteva
permettersi di spogliarla ogni volta del suo equilibrio?
Proprio
allora Ludovic tornò in campo: “Bene, riproviamo…Non voglio altri errori
Lisa!”.
Lei in
risposta lanciò la bottiglietta in un angolo e assentì col capo; gliel’avrebbe
fatta vedere.
Il ciack
diede inizio alle danze: Lisa seguì il copione con la dovuta neutralità,
passeggiando per la prigione di Lucius.
James
recitava in modo provocante, riproponendo ad ogni frase la malizia che faceva
tremare le gambe a Lisa.
Non ci
volle altro, solo la battuta chiave che ripeteva ormai da un’ora.
“Cosa ci
fai qui? Non ti ho già ucciso una volta?”
James
sghignazzò: “Amore mio, a quanto pare tu mi desideri più della morte”.
Il gioco
del sorriso lascivo di James fu il colmo: Lisa avanzò a grandi falcate verso il
prigioniero, inginocchiato a terra; ormai faccia a faccia, la ragazza sollevò
la gamba destra per poi piantare il tacco dello stivale nella spalla del
nemico, inchiodandolo al muro.
Comandava
lei? Beh, con quell’improvvisazione l’avrebbero capito tutti.
L’ultimo
impeto di rabbia lo sfogò con uno strattone alla chioma platinata; le dita
affusolate arpionarono il capo dell’attore costringendolo a reclinare la testa
per guardarla negli occhi.
Infine
Lisa gli alitò sulla pelle la feroce minaccia: “Quando avrò finito con te
neppure la morte ti vorrà”.
NEL PRESENTE
La
giovane Italiana reclinò di lato la testa per ricevere il bacio di saluto di
Will Smith.
“Welcome
to Miami” la accolse l’amico, sulle note della propria canzone.
“Benvenido
a Miami” Lisa completò dandogli il cinque, entusiasta della sua trasferta in
solitaria; né l’agente Sean, né suo padre le avrebbero fatto da bàlia.
Purtroppo David non sarebbe stato al suo fianco ma lei era lì per Felina, il
resto non contava.
Lisa si
dimenticò dei suoi pensieri deliranti su James e si sedette al bar dello
splendido hotel dove si sarebbe tenuta la serata di beneficenza; i venticinque
gradi e il sole che rifulgeva sopra i tendoni dei tavolini all’aperto
stordirono la ragazza, sorpresa dal clima estivo in quei primi giorni di
febbraio.
Will
parve leggerle nel pensiero e indicò il panorama: “E’ da mozzare il fiato,
vero? Unica al mondo…”.
L’altra
scherzò, prelevando dal vassoio del cameriere una limonata ghiacciata: “Già…Da
scriverci una canzone”.
“Mi
domando perché nessuno l’abbia ancora fatto”
“Ti farò
un promemoria”
La
conclusione di quel botta e risposta li fece scoppiare entrambi in una solare
risata e a Lisa parve di essere tornata a due anni prima, quando lui rappava
sui capitoli di storia per aiutarla a studiare.
Stettero
parecchio tempo a parlare del più e del meno, poi l’attore le spiegò come si
sarebbe svolta la serata di beneficenza: “Sharon Stone arriverà stasera,
all’ultimo piano la sala ricevimenti è stata allestita come un immenso casinò.
Il ricavato delle giocate sarà devoluto per la riserva di tuo zio Ralf. Abbiamo
in programma anche un’asta di oggetti dedicati all’Africa- sorseggiò il suo tè
freddo- Più varie chicche che voglio lasciarti come sorpresa”.
Lisa
scosse il capo divertita: quel momento era davvero suo. Si trovava dall’altra
parte degli Stati Uniti per un evento di cui lei sarebbe stata la madrina…Non
riusciva a placare l’entusiasmo.
Finalmente
aveva potuto scegliere lei stessa come vestirsi, come pettinarsi e cosa dire a
chi l’avrebbe intervistata.
Solo una
punta di malinconia la colse, alla fine del suo drink, forse per colpa
dell’aspro gusto di limone.
Con lo
sguardo sul fondo del bicchiere Lisa sentì che le mancava qualcosa: James.
Incredibile
come il suo pensiero riuscisse a spuntare anche ora, tra un cubetto di ghiaccio
e una scorza di limone. Ma era solo un pensiero, nulla di reale e tangibile.
Senza un perché apparente, la cosa le dispiacque.
L’istante
successivo Will si rovesciò addosso il tè e la mente della ragazza tornò a
sorridere leggera.
QUELLA SERA…
Mai
avrebbe immaginato così tanta tensione: certo, Lisa era abituata a recitare,
aveva pure passato egregiamente la sua prima Premiere…Ma quello era un pubblico
diverso, un trampolino di lancio che le pareva più simile a un patibolo.
Cominciò a temere le sorprese tanto promesse da Will.
L’attrice
in erba fece il suo ingresso a braccetto con l’amico, tenendo con la mano
libera lo strascico di seta nera; il cuore succhiò sangue dalle vene e prima di
riuscire a pomparlo nelle arterie, la ragazza finì in apnea.
“Non so
come mai- iniziò ironica lei- Non riesco a odiarti in questo momento, ma
nemmeno a volerti bene come al solito”.
Una fila
di smaglianti denti bianchi le diede uno spiraglio di tranquillità: “Non ti
preoccupare. Sei splendida”.
Lei
sospirò profondamente, stritolando la pochette mignon nel palmo della mano, poi
si guardò attorno: nell’immensa sala da Gala al piano attico erano stati
allestiti numerosi tavoli da Black Jack, Poker e diverse Roulette. Sopra gli
invitati dell’elite statunitense si stagliava un soffitto affrescato, così
maestoso che Lisa si sentì schiacciata sotto tanta grandiosità.
Quando
la ragazza si focalizzò sulle pareti tutto cambiò: immense gigantografie della
sua Felina campeggiavano in tutto il salone; si perse per un attimo negli
occhini nocciola della sua pantera, intenta a bere da una pozza o mentre si
crogiolava al sole…il flash violento di una Reflex ruppe l’idillio del momento.
“Che
diavolo...Willie? Non era vietato l’accesso ai fotografi?” sbottò la giovane
attrice sfarfallando gli occhi per cacciare le fastidiose macchie nere.
Un’immagine
femminile comparve allora a calmare le acque: “E’ il fotografo ufficiale-
spiegò Sharon Stone, sopraggiungendo tra la folla- Gli invitati potranno
acquistare gli scatti della serata e farseli autografare…e il ricavato andrà a
sommarsi alle giocate dei tavoli”.
Lisa
salutò la donna con un caloroso abbraccio: “Avete pensato proprio a tutto” poi
si aprì in un radioso sorriso, prima che il flash la immortalasse di nuovo,
questa volta in posa coi due amici attori.
Alcui
signoroni in frac si accomodavano già per le scommesse, mentre le mogli si
affollavano attorno alle star, per ringraziarli della splendida serata.
La
consorte del governatore chiese un autografo della giovanissima italiana: “Sa,
è per mia figlia” spiegò tendendole con la mano guantata un calice di champagne
per il brindisi.
“E’ vero
che lei dorme insieme a questa pantera?” domandò un’altra.
“Lo
posso confermare- intervenne Sharon a fare da testimone- Ho un ricordo magico
dei giorni passati da ospite in casa sua”.
“Sono
cresciuta in mezzo agli animali della riserva di mio zio- aggiunse Lisa- Li amo
più di me stessa”.
La
ragazza rimase spiazzata dalla marea di complimenti degli invitati; per
l’abito, per i capelli, per il suo spirito umanitario…
Era
talmente ubriaca di tanta approvazione che non si accorse del suo nome,
chiamato a gran voce da qualcuno tra la folla; un capannello di curiosi
attorniava lei e Will Smith, intento anch’egli nelle foto di rito con la
collega Sharon Stone.
Fu lui a
vedere per primo fra la ressa che si dissipava e con rapida delicatezza prese
Lisa per un braccio: “Rimani accanto a me- bisbigliò discretamente al suo
orecchio- C’è tua madre…e ci sta raggiungendo”.
La
ragazza faticò a restare impassibile e a non frantumarsi la flute tra le dita:
“Come ha passato la sicurezza senza invito?” mantenne gli occhi sul pavimento,
evitando di incrociarli con i presenti e magari proprio con quelli di lei.
Sharon
bisbigliò a Will Smith: “Va a chiamare i bodyguards, noi rimaniamo qui”
dopodichè la donna si prodigò ad attirare il maggiorn numero di persone a fare
ressa attorno a loro, con un improvvisato scudo umano.
Improvvisamente
sola, l’Italiana si barcamenò tra un complimento e un brindisi, lo sguardo
guizzante per tutta la sala e la silenziosa preghiera che nessuno notasse il
violento tremore delle mani e i denti che battevano per la tensione.
Quello
era un tiro della sorte che non aveva calcolato, una nota stridente nella
melodia della serata che poteva essere la serata della sua vita. Dei suoi
sogni.
Prima
che le sue preghiere fossero esaudite una chioma mogano si insinuò tra gli
ospiti in fila per le foto e Lisa intravide un braccio ambrato fare ampi gesti
per attirarla nella sua direzione; lo stesso braccio che un mese prima l’aveva
stritolata, quando lei giaceva in un letto d’ospedale.
Proprio mentre
i primi curiosi si giravano verso l’insistente richiamo della voce femminile,
Sharon Stone si parò tra la donna e Lisa, con un’allegria teatrale degna
dell’attrice che era.
“Samìa!
Che piacere vederti, fatti abbracciare” recitando una stretta che pareva più
una morsa che un abbraccio, l’attrice trascinò qualche metro più in là
l’intrusa, troppo interdetta per reagire.
Contemporaneamente
una mano cinse la vita di Lisa e la strinse saldamente.
Will era
stato davvero così veloce? Non esattamente…
“Finalmente
ti ho trovata!” un paio di labbra sconosciute le schioccarono un bacio in
fronte; ancora stordita dal caos degli ultimi minuti, Lisa faticò a connettere.
Perché
al posto degli occhioni neri di Will c’erano due zaffiri penetranti? Anche la
pelle non era del colore dell’ebano, come si aspettava…
“James”
mormorò stupita l’italiana, lo sguardo perso sui lineamenti del suo salvatore.
In
risposta egli sorrise raggiante e alzò il braccio verso il fotografo: “Ehi,
Tony…Puoi scattare una foto a me e alla Signorina?”.
Alcuni
degli ospiti risero dinnanzi alla spontanea genuinità dell’attore, ma Lisa
rimase impietrita, non credeva ancora ai suoi occhi.
James in
risposta allargò ulteriormente il sorriso e le strinse di nuovo il fianco, per
svegliarla dalla trance.
“Guardate
in camera, prego!” chiese Tony prima dello scatto del flash, che accecò per un
attimo la ragazza.
Così non
potè vedere l’arrivo degli energumeni della sicurezza, che condussero con
discrezione sua madre all’ingresso, tra le imprecazioni di protesta della donna
e il risolino soffocato di Sharon Stone, di ritorno dalla sua missione.
“Vedo
che sei già stata salvata” fu l’osservazione di Will Smith, giunto sul posto
insieme alle guardie del corpo.
“Ehm…sì…così
sembra- la ragazza si staccò dall’abbraccio del suo eroe- Falso allarme”.
Will
annuì strizzandole un occhio: “Meglio così” e li congedò entrambi con un cenno
del capo.
Di nuovo
sola con James, Lisa portò tutta l’attenzione su di lui, le mani sui fianchi,
incapace di nascondere l’immensa curiosità: “E tu che ci fai qui?”.
L’altro
alzò le braccia con aria enigmatica: “Magia!” il guizzo di malizia la riportò a
qualche giorno prima.
“Cosa devo fare per farti capire
che ti puoi fidare?”
“Una magia” aveva risposto lei.
“Wow- si lasciò scappare, rapita da quel gesto- Credo che…dovrei ringraziarti per poco fa- Lisa si portò una mano alla fronte- Cavoli, non so cosa dire!”.
James scherzò: “Beh, non stai per vomitarmi addosso. E’ un enorme passo avanti!”.
Lisa cercò di trattenersi, ma alla fine cedette regalandogli una risata cristallina e mille specchi andarono in frantumi nella mente frastornata di James.
Rimasero alcuni istanti in silenzio, lo sguardo imbarazzato sulla moquette rossa, poi l’uomo ruppe il ghiaccio prendendo due calici da un vassoio di passaggio.
“Direi che non ci resta che brindare- con un cenno indicò le gigantografie alle pareti- Certo, vedere la mia potenziale assassina un po’ ovunque è inquietante…”.
Di nuovo Lisa rise, facendo tintinnare la flute contro quella di lui: “Ci lavoreremo sopra” lo rassicurò infine.
“Parlando seriamente…- James fece qualche passo in tondo per ammirare la sala gremita- Davvero bella serata, devo farti le mie congratulazioni”.
La ragazza alzò le mani in segno di resa: “Tutto merito di Will e Sharon”.
L’uomo le sorrise dolcemente: “Non proprio tutto”.
Di nuovo la ragazza ammutolì: non era nata per i complimenti, come del resto per qualsiasi cosa che creasse imbarazzo.
Così si limitò a sorbire champagne dal bicchiere, mentre una raffinata coppia di signori si accostava per ringraziarla dell’invito.
“Ha un cuore grande” la congedò l’uomo di mezza età con un dolce sorriso sotto i baffi brizzolati.
James assistette alla scena; appena l’attenzione della ragazza tornò su di lui le chiese: “Chi ti ha acconciato i capelli?” e indicò la chioma cotonata della ragazza, raccolta in uno chignon all’antica.
“La make up artist di Sharon Stone, è venuta fin qui apposta per la serata!”.
“Ti dona” ammise l’uomo.
In effetti il look orientaleggiante di Lisa era il coronamento dell’abito scuro: per quell’evento la ragazza aveva deciso di dare un tributo al Giappone, patria del suo Judo.
Indossava un pezzo unico dell’ultima collezione di Alexander McQueen, un abito di Gala che riprendeva le linee essenziali del kimono fuse con l’eleganza della seta; si apriva sul davanti con una profonda scollatura, che si spingeva quasi fino sotto la linea dei seni, dove un’ampia fascia di morbido cuoio chiudeva la parte superiore, dividendola dallo strascico.
Le maniche, larghe come voleva la moda dell’estremo oriente, erano intarsiate di fitti ricami dorati; James potè riconoscere il disegno di numerosi pavoni, sullo sfondo di un tipico giardino Zen.
Non sapeva spiegarsi il perché, ma dinnanzi a quelle immagini si sentì immediatamente in pace col mondo. Aveva sentito parlare delle proprietà miracolose di certi luoghi dell’estremo oriente, ma esserne colpito persino tramite un disegno gli parve troppo.
Lesse nel sorriso di Lisa quanto la scelta di quell’abito in realtà significasse per lei; non vi era più l’ombretto nero di Raina a pesarle sugli occhi, solo un tocco di mascara e la sfumatura perlata di un fard illuminante.
Quella era la ragazza che aveva conosciuto in Italia, l’esatto opposto della cupa attrice con cui lavorava ogni giorno da mesi.
“Beh- James mise a tacere il turbinio di pensieri infilando una mano sotto la giacca- Non sono qui per caso, ho una richiesta da farti”.
Lisa stemperò la tensione con una battuta: “Oddio…giurami che non ti inginocchierai davani a tutta questa gente con un cofanetto in mano, potrebbe essere imbarazzante”.
L’uomo stette al gioco e sorrise: “Tranquilla- le porse un foglio bianco e una biro- Solo un autografo…Brittany mi ha minacciato di morte, se non te l’avessi chiesto”.
La ragazza restò incredula e prese in mano il pezzo di carta; lo girò, accorgendosi che si trattava di una sua foto, per la precisione il primissimo scatto con cui il fotografo l’aveva immortalata a tradimento quella sera, mentre lei vagava con sguardo assorto per la sala.
Lisa non lo avrebbe mai creduto possibile, ma quell’immagine aveva un che di magico, quasi ipnotico; piacevolmente sorpresa, firmò di buon grado il retro dell’immagine.
“Da ora puoi ufficialmente dire di aver contribuito al reintegro della fauna selvatica nella mia futura riserva in Kenya”.
“Kenya?” James parve sorpreso.
“Già. Un piccolo sogno nel cassetto, mio e di mio zio.- spiegò poi passando lo sguardo sulle foto di Felina- E per Sullivan? Niente autografo? Non voglio creare gelosie…”.
Il biondo attore fece un sorriso sghembo e scosse il capo: “Oh no…a dire il vero…- le si avvicinò parlando sottovoce- mi ha chiesto il tuo numero”.
Lisa faticò a cogliere il doppio senso di tale richiesta, ma appena capì si tinse di vergogna: “Santo cielo…D’accordo, questa è in assoluto la parte più imbarazzante di tutta la storia!”.
James la coinvolse nella sua risata divertita e la invitò a sedersi a un alto tavolino da cocktail: “Mi devi spiegare che stregoneria hai fatto ai miei figli. Di solito odiano ogni forma vivente che mi sta intorno…specialmente se femminile”.
Lisa fece spallucce e giocherellò con la mini-pochette: “Sono solo ragazzini, hanno tutti i motivi di odiare il mondo intero.- parlò con aria nostalgica- Mi mancano da morire i piccoli della mia squadra; i nostri allenatori hanno sempre detto che noi grandi dovevamo essere il loro punto di riferimento, perché gli adulti sarebbero stati i loro maestri di vita, ma avrebbero scelto noi come esempio”.
James si fece ammaliare dal racconto, nato dalle timide labbra dell’Italiana. Forte e delicata allo stesso tempo, riusciva a unire eleganza e tenacia in tutto ciò che difendeva e in cui credeva.
Se lui stesso ne era rimasto stregato, come poteva essere diversamente per i suoi figli?
Tutto a un tratto la voce di Will Smith li interruppe: “Un attimo di attenzione- disse dal microfono richiamando tutti al silenzio- Vorrei dare inizio all’asta della serata. Potete accomodarvi ai vostri tavoli!”.
Lisa si sistemò per assistere alla scena; sul palchetto vedeva una serie di oggetti- tappeti, gioielli, strumenti musicali- originari dell’Africa, su cui gli invitati cominciarono subito a fare offerte.
Dopo una decina di pezzi, la ragazza perse il calcolo del ricavato e in un certo senso se ne compiacque; nel frattempo James passava lo sguardo dall’asta alla giovane Italiana, che torturava da ore la borsa con le ughie laccate color pesca. Dall’ampio scollo a “V” dell’abito a malapena si percepiva il movimento ritmico del respiro.
“E adesso una sorpresa” tutti gli occhi si puntarono su Will Smith, che con fare teatrale srotolò una tela alle sue spalle: dall’alto il drappo che la copriva cadde, rivelandone in contenuto.
“Si tratta di una tela a olio, dipinta a mano dal fumettista J. Scott Campbell”.
Lisa si alzò in piedi, per avvicinarsi a esaminare il disegno, che ritraeva una versione femminile del personaggo Black Panther, accompagnata dall’omonimo felino.
Will scese dal palco mentre il curatore d’arte descriveva nei dettagli l’opera.
“Ma…Will…Non lo sapevo!” balbettò Lisa quando l’amico la raggiunse, indicando incredula la tela dipinta, delle maestose dimensioni di due metri per quattro di altezza.
“Era il pezzo forte della serata- spiegò Will- Campbell ha assistito alla tua Premiere e quando ha saputo di quest’asta si è messo all’opera, in tempo record!”.
La ragazza tornò ad esaminare i disegni e capì: il soggetto era un’enorme pantera albina, ai cui piedi vi era rappresentata una piccola figura di donna, dalle sensuali forme inguainate di nero.
L’artista aveva estrapolato i personaggi del film, Raina e Felina, riproponendoli in quella versione immaginaria, a colori invertiti: bianco il manto dell’animale e nero l’abito della donna.
“Non ci posso credere- Lisa trattenne le lacrime- Lui è…il miglior fumettista della Marvel…Giusto? E ha fatto questo…per me? Senza neanche conoscermi?”
“E per lei!” precisò Will indicando le foto della sua amica a quattro zampe.
La ragazza lasciò che l’altro le cingesse le spalle con la mano colore dell’ebano, senza trovare le parole per ringraziarlo: “Ve lo meritavate entrambe” la anticipò lui, prima che la platea si aprisse in un applauso diretto al vincitore dell’asta, che con diverse migliaia di dollari si era aggiudicato il dipinto.
In mezzo al fragore un tocco delicato chiamò Lisa a girarsi. James.
“Hai tempo per un’ultima sorpresa?”.
Lei non capì e rimase in silenzio, mentre lui cominciò a passeggiare le fece cenno di seguirlo; dopo breve l’Italiana si trovò sull’ampia terrazza affacciata sull’oceano. Avanzò di qualche passo e inspirò a pieni polmoni l’aria salmastra, godendosi il clima mite di Miami.
James girò l’angolo e la aspettò sotto un piccolo gazebo, in un lato riparato del piano attico; Lisa lo raggiunse. Il parapetto in pietra le arrivava poco sotto la spalla, così si sporse per vedere il mare.
“Hai qualche altra magia in serbo per me, stasera?” ironizzò pacifica, ignara del cofanetto che subito dopo James le porse.
“So che farsi perdonare con un regalo è un clichè a cui non cederesti mai. Ma ci tengo che tu abbia questo”.
Lisa sorrise, con una punta di divertimento in volto: le sembrava di essere tornata ai tempi in cui lui era suo ospite in Italia: impacciato, timido, maldestro…la stessa espressione tranquilla, gli stessi occhi sorridenti in grado di scaldarla e farla sentire sempre al posto giusto. E con la persona giusta.
Porse la mano a ricevere il dono e dopo essersi accertata che erano soli, aprì la scatola.
Un ciondolo rotondo, poco più piccolo di una noce, tintinnò mandando luccichii da tutte le parti: era una semplicissima pallina cava, in oro bianco.
“E’ un chiama angeli. Contiene uno xilofono, all’interno. Si dice che la frequenza del suo suono abbia effetti benefici”spiegò James, scrutando il volto di lei, bramoso di una qualsiasi reazione.
Sì, Lisa ne avevagià visti altri, ma non proferì parola finchè il ciondolo non rotolò su se stesso, andando a rivelare un incisione:
“Tutto ciò che si vede
È il riflesso della
luce
Tutto ciò che si ama
Splende ancora di più”
La ragazza lesse a mente, poi si morse il labbro; James non seppe come interpretare quel gesto e chiese: “Va tutto bene? C’è qualcosa che non va?”.
Lisa spalancò gli occhi verdi, con una punta di imbarazzo: “No no…Scusa ma…sono solo…senza parole”.
Posò il palmo aperto sul collo del suo smoking nero e ne carezzò le cuciture con le dita sottili; stava per commuoversi e non voleva che gli occhi luccicassero sotto i raggi della luna, tradendola.
Tutto ciò era davvero più di qualsiasi cosa avesse sognato; si sentiva protetta, al sicuro, in una realtà onirica che le pareva quasi incredibile.
James fermò l’andirvieni della mano di lei sul proprio petto: “Quando dico che non avrei voluto ferirti in alcun modo, intendo che voglio solo vederti felice- indicò con l’indice il ciondolo- Stasera sei qui per tutto ciò che ami…e quando ami hai una luce…che ti fa splendere. Quando ami sei…da togliere il fiato- l’uomo scosse il capo- Dio solo sa quanto mi abbia ferito vederti cambiata negli ultimi mesi: continuavo a ripetermi che era solo colpa mia, e più ti vedevo distante, più diventava irraggiungibile poterti vedere di nuovo…così…con me…”.
Fu inutile ogni resistenza: una lacrima rotolò lungo la guancia di Lisa e la ragazza lasciò che James intrecciasse le dita con le sue, stringendo la mano sul cuore.
Con un gesto rapido la ragazza si asciugò il volto e già sorrideva.
“Puoi aiutarmi a indossarlo?” porse il ciondolo a James che si affrettò a obbedire.
Con delicatezza allungò le braccia dietro al collo di lei fino a chiuderla in un involontario abbraccio; Lisa rimase tutto il tempo con lo sguardo su di lui, prima che il chiama-angeli scivolasse sotto la scollatura dell’abito con un tintinnio.
“Direi che è perfetto” constatò la ragazza, il naso che ormai sfiorava la guancia di James.
L’attore rimase sorpreso da quel contatto volontario e nel girarsi quasi non si accorse delle labbra di Lisa che si posavano sulle proprie, in un casto bacio che lo sfiorò appena.
“Questo cos’era?” domandò rapito James.
“Un ringraziamento…credo che te lo sia meritato”.
“Mi sento onorato” la schernì docilmente lui, senza il coraggio di chiederne ancora.
Lisa giocherellò con il ciondolo: “Non voglio sembrare scortese…Ma ci siamo messi in vetrina, scappando da decine di ospiti che si staranno chiedendo dove è finita la madrina della serata…forse è il momento di rientrare”.
L’uomo annuì sorridendo: “Già, è ora che il lupo cattivo ti riporti a casa” e le lasciò un ultima, fuggevole bacio a fior di labbra, col braccio a cingerle la vita, prima di ricondurla nella Sala.
Ok, non sono un mostro della
puntualità…ma questo capitolo meritava un mesetto di riflessione (ops, forse
sono davvero in ritardo).
Vi lascio anche questa volta con due foto, un piccolo regalo di fine capitolo: l’abito
di Lisa e il dipinto a cui faccio riferimento nell’asta.
Spero siano di vostro gradimento.
A presto e grazie a tutti della vostra lettura, risponderò ai commenti il più presto possibile!!