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Autore: ValeriaLolita    22/03/2012    1 recensioni
Nessuno si lega mai troppo al proprio professore, per vari motivi, o semplicemente perché esso non vuole avere niente a che fare con i propri studenti.
Per Nicola che è forse il peggior studente che l'istituto di ragioneria abbia mai visto, non funziona esattamente così.
"Senti. Se c'è qualcosa che posso fare per te, non esitare a chiedere"
Genere: Fluff, Sentimentale, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Nicola si svegliò presto, fin troppo presto. Non erano ancora le sette e già lui era pronto e camminava avanti ed indietro, pensando al suo professore. Tre giorni prima, gli sarebbe scoppiato a ridere in faccia ad una simile richiesta, o forse no? Insomma, lo aveva detto lui che Sergio non era come gli altri, no? Pur essendo un professore, certo. E allora perché era nervoso come una ragazzina al suo primo appuntamento? In soli due giorni, quell'uomo era divenuto una parte importante nella sua vita e Nicola si chiedeva quanto importante fosse lui per l'altro. Non poteva saperlo, non conosceva nulla di lui se non il suo nome. Non sapeva neanche che età avesse e lui non era bravo a giudicare. Gliene avrebbe dati venticinque, ma sapeva perfettamente che ne aveva molti di più. O forse no.
Pensava ancora a quando lo aveva abbracciato, e gli era piaciuto. Aveva un buon profumo. Tutto ciò che riguardava lui sembrava un qualcosa di migliore, forse perché era lui.
Con quanta convinzione gli aveva detto che avrebbero passato la giornata insieme?
Passerai la giornata con me..."
Cosa voleva dire? Voleva creare una sorta di distrazione? Voleva fargli pensare a niente? O semplicemente voleva passare un po’ di tempo con lui?
Tutti questi pensieri gli giravano in testa. Non sapeva neanche il perché, era una semplice uscita. No, non lo era. Quella persona, quell'uomo o ragazzo che sia, il giorno prima lo aveva consolato e gli era restato accanto. Quello che mesi prima aveva ritenuto un perfetto idiota (si, perché quando lo aveva visto entrare dalla porta la prima volta questo aveva pensato di lui), beh, quel perfetto idiota aveva fatto in un solo giorno ciò che suo padre non aveva fatto in anni e anni.
Si fermò, per un attimo, lanciando un occhiata all'orologio. Aveva passato talmente tanto tempo a pensare che non si era accorto che erano già le otto e mezza. Tanto meglio, sarebbe arrivato in anticipo. Scese in strada, concedendosi del tempo. Arrivò al punto neanche dieci minuti dopo, ma sembrava che Sergio avesse avuto la sua stessa idea. Era appoggiato ad una colonna e guardava le macchine passare in strada. Non aveva il solito atteggiamento sobrio, ma non c'era da stupirsi.
Indossava una camicetta a mezze maniche un po’ larga e aveva lasciato i primi e gli ultimi due bottoni aperti. Un paio di jeans stretti che mettevano in risalto un sedere stupendo da cui Nicola fece fatica staccare gli occhi.
"Buongiorno" lo salutò lui, con uno dei suoi soliti sorrisi, ma quello in particolare gli illuminò il volto.
"A te" fece il ragazzo.
"Come stai, stamattina?" chiese lui. 
"Meglio, grazie" lui annuì, senza smettere di sorridergli.
"Hai fatto colazione?" domandò ancora. Nicola scosse la testa.
"Bene".
Presero un tavolo e si misero a parlare. Nicola era un po’ imbarazzato. Parlarono anche quando finirono di mangiare. Molte ragazze (e anche qualche ragazzo) si fermavano un attimo a guardarlo. Doveva proprio essere di quelle persone "una su mille".
"Posso farti una domanda, se non sono troppo indiscreto?" fece all'improvviso Nicola.
"Dimmi"
"Quanti anni hai? So che è un po’ scortese, ma…"
"Non è che semplice curiosità. Sono trentatré, dallo scorso mese" rispose lui. Nicola rimase a fissarlo.
"Te ne davo di meno" commentò.
"Lo so… nessuno mi prende mai troppo sul serio, per questo"
"Davvero?" Sergio annuì, sconsolato.
"Fino ai ventiquattro anni ho dovuto presentare un documento, per dimostrare che ero maggiorenne" continuò. Chiunque, tutti, se ne sarebbero vantati, ma lui non ne sembrava affatto felice.
"Non sei di qui, vero?" chiese poi, ancora, interessato a chi fosse realmente lui. Per due ore buone avevano parlato di tutto, tranne che di loro stessi o di ciò che li riguardava.
"Sono nato in Germania, in realtà. Mia madre è tedesca, mio padre italiano" 
"Quindi sai il tedesco?"
"Ehm… no. Non ho mai capito nulla di quando la mamma parlava con la nonna" Nicola sorrise appena.
"Perché proprio l'insegnante?" lui sembrò pensarci, poi si strinse nelle spalle.
"Volevo lavorare con i bambini delle elementari, ma poi mi son ritrovato alle superiori, proprio perché un amico aveva da offrirmi questo posto a tempo pieno, altrimenti avrei dovuto fare il supplente e proprio non mi andava"
"Capisco… da quando lavori qui?"
"Tre anni, più o meno. Vengo da un paesino piccolo, li lavoravo come supplente della maestra di turno, che stava male tipo una volta al mese"
"Non ti piaceva proprio?" chiese. Lui scosse la testa.
"Certo, era una soddisfazione perché con me stavano buoni a differenza che con lei, ma ero giovane ed avevo molte più aspettative"
"Non volevi avere rimpianti"
"L'ultima cosa che volevo avere erano quelli"
"Però, le mie aspettative hanno causato disagi a molti"
"Era la tua vita in gioco. Ti senti davvero in colpa?" forse tutto quel sorridere era una facciata ben allenata.
"Diciamo… ho lasciato tutto, no?" scosse la testa.
"Non permettere che gli altri ti blocchino nei tuoi sogni, mai. Lo so che detto da me sembra strano, ma è ciò di cui mi sono reso conto tempo fa"
"Che cosa volevi fare?"
"L'avvocato, sai. Mi affascina molto come lavoro, ma dopo aver visto la signora Patierno… beh, non so se mi va"
"Non fare di tutta l'erba un fascio, anche se con gli avvocati effettivamente…"Nicola scosse la testa. Rimasero in silenzio, per un po’.
Solo qualche minuto, probabilmente, ma a Nicola sembrò di più.
"La prossima settimana iniziano le vacanze di pasqua" disse Sergio sovrappensiero. Nicola annuì.
"Non hanno ancora dato l'avviso"
"Lo daranno lunedì, penso. Devono fare tutto all'ultimo minuto"
"Quando iniziano?"
"Mercoledì. Non ho ancora capito il perché"  scrollò le spalle, per poi riportare i grandi occhi castani su di lui.
"Ti va di camminare un poco?" chiese, tornando a sorridere.  Nicola annuì.
Per essere aprile, faceva caldo come se fosse la metà di luglio.
"Domani piove" decretò Nicola, osservando il cielo ma senza realmente vedervi ciò che aveva detto.
"Immagino" rispose l'altro.
Ancora silenzio, mentre camminavano l'uno affianco all'altro. Nicola era costantemente in imbarazzo e non riusciva a guardarlo negli occhi per molto tempo.
Dopo poco, si accorse che Sergio stava canticchiando qualcosa. Cercò di ascoltare, ma non capì che cosa fosse.
"Che canzone è?" chiese Nicola, sconcertato.
"Non lo so, di preciso, l'ho sentita alla radio. Mi piace il ritmo" rise leggermente. Non l'aveva mai sentito ridere troppo forte, sempre una risata leggera, esageratamente leggera e non capiva il perché, ma evitò di chiedere. Probabilmente era solo il suo modo di ridere.
Un uomo particolare, non c'era che dire.
Anche mentre camminavano, si sentiva addosso lo sguardo di tutti. Si chiese che cosa dovesse provare Sergio.
"Ma non ti da fastidio?"
"Cosa?"
"Che tutti ti guardino come dei maniaci"
"Davvero, dici?"
"Si… insomma, sei un bell'uomo" lui inarcò le sopracciglia, un po’ perplesso e divertito.
"Starai scherzando" non poteva non ritenersi bello.
"Insomma, guardati. Sei il sogno di ogni ragazza!"
"Ah… " non sembrava molto convinto.   
"Davvero, sei molto bello" lui arrossì, forse per la prima volta.
"Non te ne rendi conto?" lui scosse la testa. Riusciva a capire di sembrare più giovane, ma non di essere carino… che strana concezione.    
Passarono il pomeriggio in giro, a parlare e Nicola si era un po’ sciolto. Riusciva a ridere in modo più naturale e parlava molto di più.
La sera, a  Sergio venne la bella idea di invitarlo a prendere un caffè a casa sua. E a Nicola era passata anche la folle idea di accettare l'invito.

Casa di Sergio era carina e ben disposta. Ordinata e pulita. Aveva il suo stesso odore, dolce e fresco. Lui aprì le porte finestre sul terrazzo e lo spinse fuori. Si godeva una bella vista sulla campagna, pulita. Era raro vedere una cosa simile.
"Vado a fare il caffè, tu fai come se fossi a casa tua" gli disse, prima di scomparire in cucina. Nicola si concesse del tempo per pensare a cosa fare e come comportarsi. Avrebbe optato per la naturalezza, tutti lo avrebbero fatto.
Sergio riapparse sulla soglia della porta e gli sorrise. Anche lui era un po’ imbarazzato.  
"Allora, a che stai pensando?" chiese. Nicola non sapeva mai cosa rispondere a questa domanda, così diceva qualcosa di simile alla verità.
"Ad adesso" lui sembrò perplesso.
"A quello che sta succedendo" tentò di spiegarsi Nicola. L'altro sembrò capire e si voltò a guardare qualcosa.
"Ah" fece, ritornando in cucina.
Poco dopo ne tornò fuori con due tazze di caffè, porgendogliene una.
"E' bella la vista, qui" commentò Nicola.
"Credo di averla scelta solo per questo" ribatté Sergio, soffiando sul caffè.
"Non credo tu abbia sbagliato".
Rimasero in silenzio, cosa successa frequentemente quel giorno. Lui, Nicola e il suo professore, Sergio. Nessun'altro. Ci aveva pensato, spesso, quel giorno. Quella mattina stessa era stato a rimuginarci sopra e si sentiva stupido per questo.
Sergio fissava un punto imprecisato, al buio. Aveva spento la luce della cucina.
"Sono stato bene, oggi. Grazie" disse all'improvviso Nicola, rompendo quel silenzio insulso. 
"Si, anche io" rispose Sergio, probabilmente con il suo solito, stupendo, sorriso stampato in viso. Poteva vederlo anche al buio.
"Perché me lo hai chiesto, però. Insomma, non ci conosciamo poi così bene" l'altro stette zitto per un attimo.
"Volevo che non pensassi a niente, per un giorno"
"Ci sei riuscito, allora. Beh…" non continuò. Sergio sembrò incuriosito, così fece un passo avanti.
"E' un poco fresco, qui di fuori" cercò di sviare Nicola.
Rientrarono in casa, andando in salotto. 
"Che mi stavi dicendo, prima"
"Che ho pensato spesso al motivo per cui mi avevi invitato fuori"  
"Ah… ti ha creato dei problemi?"
"No, no, certo! Anzi" Sergio lo guardò a lungo negli occhi, poi lanciò un occhiata all'orologio.
"Così" mormorò.
"Così" ripeté e Nicola non ne capì il motivo. Sergio riportò lo sguardo su di lui e boccheggiò un paio di volte, indeciso se dire o no quello che pensava. Poi fece un sorrisino imbarazzato.
"Beh, ti devo riaccompagnare a casa?" chiese, ma sapeva che la risposta sarebbe stato un si.
"Ma come? Così?" chiese di slancio Nicola.
"Che intendi?" domandò l'altro.
"Io pensavo che…" o forse lo voleva semplicemente. Sergio non sembrò capire, così si avvicinò.
"Che cos…" non fece in tempo a finire la frase, che si ritrovò le labbra di Nicola sulle sue. Rimase basito dal gesto del più giovane. 
"Questo, pensavo" rispose, non appena si tirò indietro. Si rese conto di quanto avventato fosse quel gesto e di come avesse scombussolato il suo professore, che lo fissava stupito.
"Io… ho inteso male, mi dispiace" cercò di rimediare, allontanandosi. Sergio lo riprese, attirandolo nuovamente a se.
Adesso che avevano iniziato, dovevano finire.
Nicola non aveva mai sentito tanta passione in vita sua, nonostante fosse stato con diverse ragazze. Si stringevano l'uno all'altro quasi possessivamente, non volendo perdere quel contatto.
Avrebbe pensato di tutto, Nicola, ma mai che avrebbe fatto l'amore con il suo professore di italiano. E, soprattutto, non avrebbe mai pensato di innamorarsi di lui e di confessarglielo con così tanta facilità, mentre gli carezzava i capelli e lo guardava negli occhi con così tanto amore da fare male.
"Grazie per avermi salvato" mormorò Nicola contro il suo orecchio, fra le sue braccia, prima di addormentarsi.    

  
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