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Autore: Alexandra e Mac    23/03/2012    4 recensioni
La storia, quella con la “S” maiuscola, a volte riserva grandi sorprese. Fra le pieghe di un libro può capitare di trovare le cose più strane, o fra le sue righe captare qualcosa che non è detto esplicitamente ma che è volutamente lasciato intuire dall’autore o dall’autrice.
Sono specialmente le biografie del “grandi” quelle che riservano le maggiori meraviglie, e occorre un occhio attento per saper cogliere quello che, in superficie, non compare.
Questo racconto è nato così, cercando i messaggi nascosti che la Storia ha disseminato lungo il suo cammino e che alcuni più perspicaci hanno saputo cogliere e che hanno poi elaborato offrendoli al lettore.
Siamo certe che adesso anche voi cercherete fra il detto e il non detto di un volume quella zona grigia che vi spalancherà le porte di un altro mondo.
Genere: Romantico, Sentimentale, Storico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lemon | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Scritto nel Destino'
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Capitolo II

Un Diario



L’Ammiraglio non poteva assegnargli incarico peggiore!

Scartoffie! Lui odiava le scartoffie. E i cinque scatoloni ben allineati sul tavolo della sala riunioni avevano tutta l’aria di esserne pieni.

Il Comandante Rabb guardò con aria depressa tutto il materiale che Jennifer Coates gli aveva fatto trovare, dopo che era uscito dall’ufficio del suo superiore.

“Inizierà lei, Comandante, e poi, quando il Colonnello rientrerà dalla missione fra due giorni, lavorerete assieme al caso.”

Al caso!

Come poteva chiamarsi “caso”, termine che lui e Mac usavano per definire l’indagine che precedeva di solito un processo, quell’insieme di carte e vecchi manoscritti che arrivavano addirittura dall’Archivio Storico dell’Accademia Navale?

Tutta quella roba aveva come minimo più di cento anni e a lui sarebbe toccato doverla leggere per… per cosa, poi?

Per scoprire un colpevole? No.

Per difendere o accusare qualcuno ad un processo? Neppure.

Solo per aiutare dei professoroni a preparare una conferenza in occasione della commemorazione del centenario della scomparsa dell’Ammiraglio Alexander Blackbird, eroe della Marina Americana.

La recente scoperta di nuovi documenti storici, donati all’Accademia Navale dall’ultimo dei suoi discendenti, faceva supporre che avesse avuto contatti con la Monarchia Asburgica ai tempi dell’Imperatore Francesco Giuseppe. Sembrava addirittura che l’Ammiraglio avesse contribuito alla fuga di due stranieri cui l’Imperatore aveva affidato la vita della moglie Elisabetta: sventato l’attentato contro l’Imperatrice, certi equilibri di potere avevano costretto l’Imperatore a nascondere al suo entourage che era ricorso all’aiuto di un francese e di un’inglese per proteggere la sua Consorte, e i due stranieri ad abbandonare Vienna e l’Europa per rifugiarsi in America, proprio sulla nave dell’Ammiraglio Blackbird.

Come mai l’Ammiraglio, ufficiale della Marina Americana, si trovasse ad avere contatti con gli Asburgo era ancora tutto da chiarire, ma questa recente scoperta aveva creato un ulteriore mistero alla già avventurosa e brillante carriera dell’ufficiale e l’Accademia, in occasione del centenario della sua morte, voleva arricchire la biografia dell’Ammiraglio Alexander Blackbird con tutto ciò che poteva dare maggiore lustro alla Marina Americana.

A questo punto entravano in scena lui e Mac: il JAG era stato contattato per aiutare un gruppo di storici a selezionare documenti di diritto americano di oltre un secolo prima da incartamenti prettamente militari o da carte private e personali. E l’Ammiraglio aveva affidato a lui il compito, pur sapendo quanto odiasse certi lavori. Che volesse ancora fargliela pagare per le sue impulsive dimissioni?

Cercò di pensare all’unico lato positivo della faccenda: avrebbe lavorato a stretto contatto con Mac, appena fosse rientrata dalla missione che la vedeva lontana dal JAG per altri due giorni.

Accidenti che voglia che aveva di rivederla! Quel bacio, che solo pochi giorni prima lei gli aveva dato, bruciava ancora sulle sue labbra, accompagnato da mille dubbi e mille pensieri…

Distratto da quel ricordo, non si era neppure accorto di essersi messo inconsciamente all’opera: aveva aperto uno scatolone e ora si trovava tra le mani un quaderno di pelle marrone che aveva tutta l’aria di essere un vecchio diario. Forse dell’Ammiraglio Blackbird stesso.

Si sedette sulla poltrona della sala riunioni, allungando le gambe davanti a sé incrociate alle caviglie; delicatamente aprì il quaderno e s’immerse nella lettura.



***



16 Settembre 1856 [1]


Le note di un valzer giungono festose alle mie orecchie, sebbene io sappia che la situazione richiederebbe melodie di ben altro genere.
Sua Maestà l’Imperatore è preoccupato e ha richiesto il mio intervento: l’identità della persona che fra due giorni dovrò incontrare e condurre a Palazzo mi è ancora sconosciuta, ma ho capito che Sua Maestà ripone molta fiducia in questo Inglese. E, a quanto mi ha lasciato ad intendere l’Imperatore, io e il nuovo arrivato lavoreremo a stretto contatto, il che è alquanto significativo e sta ad indicare il clima di grande sfiducia ed enorme sospetto che si è venuto a creare ultimamente a Corte.
Un Conte francese ed un Gentiluomo inglese per salvare la Monarchia Asburgica e proteggere la vita di Sua Maestà l’Imperatrice Elisabetta…




[1] In realtà, nel periodo in cui si svolge il racconto (Inverno 1856-1857), Francesco Giuseppe ed Elisabetta erano in viaggio in Italia. Dal libro “Sissi –vita e leggenda di un’imperatrice”di Nicole Avril, Oscar Mondatori, collana Storia, pagg. 57-62. N.d.A.




***

La carrozza correva a perdifiato nella notte. A bordo due uomini e una donna cercavano di combattere una battaglia contro il tempo che sembrava persa in partenza.

“Siete sicuro, Conte?” chiese con voce affannata la giovane.

“Più che sicuro, Milady. Sua Maestà ha chiesto espressamente di Voi.”

Lady Sarah si chiese cosa mai volesse da lei Francesco Giuseppe, Imperatore di uno sterminato territorio che si estendeva dai confini con la Russia ai Balcani ed oltre.

Il vestito con le crinoline la infastidiva molto, lei abituata a portare nelle sue missioni comodi abiti maschili, quando doveva indossare qualcosa di più femminile era impacciata. Ma doveva essere ricevuta a Corte quindi l’etichetta andava rispettata.

L’accompagnavano il Conte André François D’Harmòn, un francese, e il suo segretario Robert, un tipo grassottello ma simpatico e disponibile. Il Conte l’aveva colpita al primo sguardo: alto e atletico, capelli neri eternamente scomposti raccolti in un corto codino, e due pozze verdi come laghi di montagna in cui perdersi.

Il loro lungo viaggio era cominciato due giorni prima a Calais, quando lei era sbarcata dalla “Persefone”, nave traghetto che faceva la spola tra il porto francese e Dover, in Inghilterra, trovando all’attracco l’affascinante Conte ad attenderla.

Lady Sarah si stava godendo una meritata vacanza dopo l’ultima missione per conto di Sua Maestà la Regina Vittoria. Non pensava di doversi catapultare quasi al polo opposto dell’Europa dopo appena due giorni di permanenza a Bath.

Tuttavia, quando il dispaccio che le annunciava l’immediata partenza per Vienna era giunto all’albergo presso il quale alloggiava, non aveva avuto molta scelta. La missiva era molto chiara e la firma in calce alla stessa non lasciava adito a dubbi: l’Imperatore d’Austria necessitava della sua presenza a Vienna.

Eppure il loro precedente incontro, avvenuto due anni prima a Bad Ischl la sera del fidanzamento di Francesco Giuseppe con la cugina Elisabetta, non era stato certo all’insegna della cordialità!

In quell’occasione era stata l’Arciduchessa Sofia ad avere bisogno dei suoi servigi e l’aveva spedita in Ungheria per indagare su una possibile rivolta degli insurrezionalisti capeggiati dal Conte Hyula Andrassy finalizzata alla destabilizzazione dello status quo mediante un attentato alla vita del monarca austriaco: il suo compito sarebbe stato quello di scoprire se veramente avevano intenzione di uccidere l’Imperatore. E così aveva fatto, solo che i metodi utilizzati dalla polizia ungherese fedele al regime una volta informata dell’imminente rivolta e attentato non erano stati proprio ortodossi… non era stata certo colpa sua. Del resto la sua opera si era limitata ad una semplice investigazione infiltrandosi nell’organizzazione.

Francesco Giuseppe, quando era venuto a conoscenza di quanto era accaduto in Ungheria, non l’aveva presa molto bene e in una riunione privata e segreta con lei e sua madre, poco prima del ricevimento che avrebbe ufficializzato il suo fidanzamento con Elisabetta Duchessa in Baviera, si era inalberato moltissimo sostenendo che in un momento simile la violenza era l’ultima cosa di cui l’Impero aveva necessità.

Lady Sarah era intervenuta affermando che non era stata sua intenzione provocare l’arresto degli insorti e l’Arciduchessa Sofia aveva ricordato al figlio che le rivolte andavano sedate con la forza se si voleva conservare potere e controllo.

L’Imperatore se n’era andato sbattendo con forza la porta e chiamando a gran voce il suo aiutante di campo.

L’Arciduchessa si era rivolta a Lady Sarah e le aveva detto: “Non vi preoccupate Milady, l’Imperatore è ancora molto giovane e non comprende quali siano le vere priorità di un monarca che voglia conservare il suo dominio.” Poi le aveva pagato il compenso pattuito e l’aveva invitata al gran ballo di quella sera.

Ed ora quella convocazione improvvisa.

Chissà cosa mai poteva volere da lei.

Alzò lo sguardo verso il Conte D’Harmòn: “Conte, conoscete per caso la natura dell’invito di Sua Maestà?” chiese.

“No, Milady. Mi è stato ordinato di giungere a Calais e di portarvi a Vienna” rispose fissandola nello sguardo.

Lady Sarah si sentì incatenare da quegli occhi. Sentiva che, se solo avesse voluto, sarebbe potuta affondare in quello sguardo chiaro.

“Debbo supporre che lo scoprirò solo quando l’Imperatore mi riceverà” concluse lei.

André D’Harmòn annuì e tornò a sprofondarsi nella lettura di un libro, senza curarsi degli sguardi di sottecchi che provenivano dalla giovane donna.

Sul far del mattino giunsero a Vienna e subito il cocchiere prese la direzione della residenza imperiale dello Schonbrunn.

Lady Sarah si aggiustò la voluminosa gonna di seta blu notte e diede una lisciata al corpetto. Continuava a provare fastidio per tutta quell’impalcatura che era stata costretta ad indossare, ma si impose di portare pazienza ancora per poco tempo.

Sporse la testa fuori dal finestrino e l’aria frizzante del primo mattino viennese le solleticò le narici. I profumi dell’autunno si spargevano nell’aria tersa e pulita. La rivoluzione industriale che imperava in Inghilterra ancora non aveva intaccato completamente questa parte dell’Europa, pensò soddisfatta Lady Sarah, mentre la carrozza superava la cancellata dorata del palazzo e si fermava in un ampio cortile.

Il Conte scese e, dopo essere passato dalla sua parte, le aprì galantemente lo sportello porgendole la mano per aiutarla a scendere, mentre il suo aiutante Robert si dirigeva verso la guardia per annunciare l’arrivo dell’ospite.

D’istinto Lady Sarah avrebbe rifiutato qualsiasi aiuto, ma quella volta accettò la presa salda del Conte con un brivido che le correva lungo la schiena.

Anche lui aveva dovuto percepire la medesima sensazione, perché lo sguardo che le lanciò valse più di mille parole.

Lady Sarah fece finta di non comprenderne il significato e una volta scesa si diresse verso il portone principale che le fu aperto.

Pochi minuti dopo si trovava nello studio dell’Imperatore.




***

21 Settembre 1856


Lady Sarah... Profondi occhi scuri, deliziosa carnagione ambrata, capelli color dell’ebano, labbra rosse come petali di rosa... Non ha l’aspetto di un inglese. E non assomiglia neppure ad un gentleman. No, il suo corpo voluttuoso ed invitante non ricorda proprio quello di un Lord! La sorpresa di scoprire che l’Inglese che avrei dovuto accompagnare a Palazzo non era un uomo, ma una deliziosa ed affascinante Lady, non mi ha impedito di apprezzare ogni particolare del suo aspetto. E’ bellissima... Sarà intrigante lavorare con lei...




***



Sarà intrigante lavorare con lei…

“Già, lo è stato davvero…” pensò Harm, chiudendo il diario “e lo è di più ogni giorno che passa…” aggiunse nella sua mente, sorridendo al pensiero del bacio che Mac gli aveva dato pochi giorni prima.

Si ricordò che anche lui, come il conte francese, era rimasto molto sorpreso quando aveva incontrato Sarah per la prima volta: a differenza del conte non sapeva che avrebbe dovuto incontrare qualcuno. Ma quando l’Ammiraglio li aveva presentati, ricordava ancora come il suo cuore per poco non si era fermato nel vederla: era l’esatta copia di Diane… Ed era bellissima.

Sì, era bellissima. Lo aveva notato subito, appena si era ripreso dallo stupore. Non tanto per l’aspetto fisico, che essendo talmente identico a Diane, era ovvio che gli piacesse, ma per quell’aria indipendente e un po’ aggressiva dietro la quale si nascondeva. Lo aveva capito quasi subito, da quella prima stretta di mano, che lei era sulla difensiva, anche se non voleva lasciarlo ad intendere. Anzi, ci teneva a sfoggiare l’atteggiamento da duro Marine! Ma lui aveva scoperto ben presto quanto fosse vulnerabile e adorabile...

Ma che c’entrava, ora, il suo incontro con Mac?

Si guardò attorno confuso e adocchiò l’orologio sulla parete: era già ora di pranzo. Possibile che si fosse immerso così profondamente in quelle “scartoffie” vecchie di oltre un secolo, tanto da non accorgersi neppure del tempo che passava?

Passò una mano sulla copertina del diario del conte francese… era solo all’inizio e il quadernetto era scritto fitto fitto fino a poche pagine dalla fine. Chissà che storia racchiudeva? E chissà come mai era finito tra le carte dell’Ammiraglio Blackbird? Che il conte francese, cui il diario sembrava appartenere, fosse uno dei due stranieri che l’Ammiraglio aveva aiutato a fuggire? E se l’altro straniero fosse stato Lady Sarah? In quel caso la storia doveva essere vera! Più tardi avrebbe cominciato a spulciare tra gli altri scatoloni, alla ricerca di maggiori informazioni. Ma al momento era incuriosito dal sapere come continuava il diario.

Si alzò, recuperò berretto e libricino e decise che avrebbe pranzato, in mancanza di Mac, assieme ad un nobile europeo di due secoli prima.

  
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