Disclaimers :
Capitolo I
Il bacio
La
discussione era molto animata, ma se ciò accadeva era
un buon segno: significava che erano tornati a parlarsi e che,
apparentemente,
i loro rapporti erano normali… ovviamente nell’accezione che questa
parola
assumeva quando si trattava di loro due.
Erano chiusi
in sala riunioni sin dalla mattina per
confrontarsi sui risultati delle indagini effettuate da una settimana a
quella
parte, ovvero da quando l’Ammiraglio li aveva assegnati al caso
dell’omicidio
del Tenente Laura Cresswell. Accusato del delitto era il Sottufficiale
Joseph
Clarke la cui difesa era stata assegnata a Mac, mentre l’accusa era
toccata in
sorte ad Harm.
“Il rapporto
della scientifica dice che il Tenente è stata
ritrovata cadavere vicino al molo di Norfolk, con evidenti segni di
colluttazione sul corpo. La causa della morte è strangolamento. Quello
che non
mi spiego è come mai non siano state trovate tracce di DNA della
vittima sul
mio cliente” disse in tono di sfida ad Harm.
“Tuttavia il
Sottufficiale era nei paraggi, quella sera li
hanno visti uscire da un bar poco distante dal luogo del ritrovamento e
un
testimone li ha anche uditi litigare furiosamente” le rispose a tono
lui.
“Questo non
basta per fondare un’accusa di omicidio e lo
sai bene” lo rimbrottò Mac.
“Potrebbe
sempre averla aggredita con indosso un paio di
guanti ed averli gettati via dopo averla uccisa”.
“Le tue sono
solo supposizioni” sbuffò seccata.
Erano seduti
l’uno accanto all’altra, cosa strana questa,
dato che da quando lei aveva ripristinato le distanze fra loro entrambi
avevano
fatto in modo di ritrovarsi lontani anche dal punto di vista fisico.
Harm
rispettava la scelta di Mac, sapeva che in parte era
per colpa sua se lei aveva cambiato rotta, ma pur condividendola
tuttavia non
l’approvava, come del resto non approvava l’uomo con il quale,
presumibilmente,
faceva coppia fissa in quel momento: Webb. Sapeva bene che, prima o
poi,
l’agente della CIA ne avrebbe combinata una delle sue e a farne le
spese
sarebbe stata proprio Mac, la quale ne avrebbe sofferto, e se c’era una
cosa
che odiava era vederla soffrire, così come non tollerava di vederla
accanto ad
un altro solo per un sentimento di riconoscenza. Ma non poteva fare
nulla per
cambiare la situazione. No, non era vero, qualcosa poteva fare, ma non
sapeva
quale sarebbe stata la sua reazione. Normalmente la leggeva come un
libro
aperto, ma da qualche tempo sembrava non riuscirci più: Mac era
divenuta molto
più riservata, lo sfuggiva e gli unici contatti che aveva con lei erano
solo
per lavoro. Niente più dopo-ufficio a casa di uno dei due, niente cene
di
lavoro, niente pranzi insieme… nulla di nulla.
Un po’, si
rendeva conto, era stata anche colpa sua;
completamente assorbito dal suo nuovo ruolo di tutore di Mattie aveva
trascurato l’amica per concentrarsi sulla ragazza e poi, dopo che
quest’ultima
era andata ad abitare con Jen, beh… anche Coates aveva bisogno di una
guida,
per cui…
“…forse non
lo sai, oppure le tue indagini non sono state
abbastanza approfondite, ma il Tenente e il Sottufficiale si
frequentavano e…
Harm? Harm sei qui o sei su Marte?” la voce di Mac lo riportò alla
realtà.
“Euh... sì
sono qui. Mi stavi dicendo che si
frequentavano, ma questo cosa c’entra?”
Mac lo
squadrò un po’ incredula che il suo collega di
norma tanto sveglio a fare i collegamenti, quella volta non capisse il
nesso:
“Te lo dico in poche parole semplici e chiare: erano amanti. Quella
sera, la
stessa del delitto, sono andati insieme in quel bar e la lite cui hanno
assistito i tuoi ‘testimoni’ non era una lite, ma una banale
discussione fra innamorati.”
“E tu come
fai a saperlo? Chi te l’ha detto?”
“Il mio
cliente! Chi vuoi che me l’abbia detto?!!”
“Uuhhh Mr.
Verità” ironizzò Harm con un sorrisetto
divertito.
Mac
s’inquietò, non sopportava di essere presa in giro a
quella maniera, per cui gli rispose per le rime: “Senza uno straccio di
prova
che fondi la colpevolezza del mio cliente oltre ogni ragionevole dubbio
non
solo non otterrai un rinvio davanti alla corte marziale, ma se anche ci
dovessimo arrivare, la giuria non lo condannerebbe mai. Mi sto
chiedendo se la
squadra NCIS che ha preso in mano questo caso non sia per caso la
stessa che
voleva incolparti dell’omicidio della Singer…” ironizzò a sua volta.
Harm frugò
fra le sue carte, poi ne trasse un documento:
“Parlavi di prove fisiche? Eccotele Colonnello. Sotto le unghie del
Tenente
sono stati trovati residui di sangue secco e poiché il tuo cliente è
stato
tanto ingenuo da volersi sottoporre al test del DNA perché si
escludesse la sua
colpevolezza ecco che il campione prelevato dal Sottufficiale e i resti
trovati
sul corpo del Tenente coincidono. E sì, la squadra NCIS è la stessa, ma
questo
non vuol dire che siano degli incompetenti: semplicemente quella volta
hanno
preso un granchio e del resto Lindsay aveva orchestrato bene la cosa.”
Mac strabuzzò
gli occhi in un’espressione che la diceva
lunga sulla sua personale considerazione dell’agente speciale Gibbs e
dei suoi
collaboratori.
“Clarke mi ha
riferito che il giorno prima del delitto lui
e il Tenente si erano visti e avevano avuto un rapporto un po’...
violento
durante il quale lei gli aveva graffiato la schiena. Torno a
ripetertelo Harm,
la tua tesi non passerà in Tribunale.”
“Spiegami
come farai a provare l’innocenza del tuo cliente
allora.”
“Guarda che
io non devo provare un bel niente. Sei tu
l’accusa e sei tu, pertanto, quello che deve provarne la colpevolezza.
Ti dirò
di più: i due si frequentavano clandestinamente non solo per timore di
una
probabile, e non certo impossibile, accusa di fraternizzazione, ma
anche perché
il Tenente era sposata, per cui caro collega abbiamo un secondo
sospetto: il
marito della donna” concluse trionfante lei.
Si erano
avvicinati ancora di più, ancorché inconsapevolmente,
ed ora le loro teste quasi si sfioravano. Mac avvertiva la presenza di
lui,
percepiva il leggero effluvio del suo dopobarba mischiato all’aroma del
profumo
e l’effetto era quello di farle girare un po’ la testa. Webb non era
Harm, non
lo sarebbe mai stato. Era tempo di aprire gli occhi sulla verità: tutta
la
riconoscenza di questo mondo non sarebbe bastata a colmare il vuoto che
sentiva
dentro di sé da quel “no” in Paraguay. Rimpiangeva tutto del loro
rapporto,
anche le incomprensioni, ma erano meglio della sterile relazione
professionale
di adesso.
Aveva sperato
che, chiudendo una porta, se ne sarebbe
aperta un’altra: una vita con Clay, che sapeva l’aveva sempre amata per
averglielo detto lui stesso. Ovviamente non avrebbe potuto aspirare
alla
normalità, con Webb questo non era proprio possibile, ma almeno lui
faceva ogni
sforzo per esserci, aveva bisogno di lei e glielo dimostrava.
“E io?” si
chiese controbattendo contemporaneamente ad
un’obiezione di Harm “Io ho bisogno di lui? Ma soprattutto lo amo?”
Conosceva già
la risposta, ma questa cozzava con la sua
attuale situazione sentimentale, e non ne poteva parlare con nessuno,
meno che
meno con Harm con cui non aveva più una conversazione nel senso
letterale del
termine da parecchio tempo per evitare di dover rispondere a domande
imbarazzanti o affrontare discorsi che sarebbero scivolati verso un
terreno
insidioso quanto le Everglades.
Mattie
l’aveva cambiato profondamente, lo intuiva.
Supponeva che la ragazza l’avesse costretto ad un bell’esame di
coscienza.
“Mac, per
favore, secondo te, il marito del Tenente
verrebbe in aula a confessare di essere stato cornificato dalla moglie
attirandosi i sospetti di omicidio?”
“Ti facevo
più sveglio Harm, è proprio quello che intendo
fare” gli rispose Mac riavendosi dalle sue estemporanee riflessioni.
“Clarke ha
ammesso di avere avuto una discussione con la
vittima la notte dell’omicidio” continuò incaponendosi lui.
E Mac gli
rispose per le rime: “Te lo dico ancora un’altra
volta: erano amanti! Come puoi pretendere che i loro rapporti fossero
sempre
rose e fiori? Il mio cliente mi ha riferito che la ‘violenta
discussione’, come
la definisci tu, è stata una divergenza d’opinioni senza importanza:
lui voleva
che lei lasciasse il marito, ma lei ancora non era pronta.”
“E questo mi
pare un ottimo movente per un omicidio”
replicò Harm.
“Sì,
esattamente come quello del marito che si è scoperto
tradito” ribatté Mac.
Harm scuoteva
il capo con un sorriso da canaglia stampato
in viso, quello stesso che adottava quando trovava risibile una delle
teorie
della sua controparte. Era un comportamento normale, in lui, ma quella
volta a
Mac sembrò che fosse diretto proprio a lei in particolare. Si scoprì a
fissarlo
incantata mentre leggeva per l’ennesima volta le dichiarazioni
dell’agente
dell’NCIS (quello stesso Di Nozzo che aveva trovato il berretto di Harm
sul
luogo del delitto della Singer) che aveva percorso per primo la griglia
sulla
scena del crimine la notte stessa del ritrovamento del cadavere del
Tenente
Cresswell.
Il mondo
intorno a lei era sparito, vedeva solo lui e si
rese conto che se non l’avesse baciato subito sarebbe scoppiata. Colse
quindi
l’occasione al volo non appena lui si voltò.
Fulminea si
avvicinò e posò le sue labbra su quelle di
Harm assaporandone il gusto. Nelle sue intenzioni avrebbe dovuto essere
un
bacio leggero, ma capì di voler andare oltre. Passò la lingua sulle
labbra di
lui cercando di schiudergli la bocca, cosa che Harm fece portando
contemporaneamente la mano sulla nuca di lei per avvicinarle di più il
capo e
assaporare quel bacio fino in fondo.
Continuarono
a baciarsi per un tempo indefinito,
completamente dimentichi del Tenente Cresswell, del marito di
quest’ultima e
del Sottufficiale Clarke, ma soprattutto dimentichi di tutto quanto li
aveva
divisi sino a quel momento. Nessuno dei due voleva staccarsi, ma alla
fine fu questo
ciò che accadde.
Harm era
piuttosto basito, un attimo prima stavano
discutendo animatamente di un caso e un attimo dopo si trovava
avvinghiato in
un bacio che l’aveva lasciato senza fiato. Guardò Mac, le gote
arrossate, gli
occhi che brillavano di malizia e la trovò più desiderabile che mai.
“Se non
l’avessi fatto sarei scoppiata” disse lei senza
troppi preamboli. “Sogno di farlo dal momento in cui ti ho conosciuto e
perché
mi piaci da impazzire” aggiunse con molta calma, riavviandosi i capelli
e aggiustandosi
la giacca della divisa.
Quell’ultima
rivelazione lo colpì e affondò. Sapeva che
lei provava qualcosa per lui, mille volte i suoi atteggiamenti gli
avevano
confermato questa sensazione, anche se non si erano mai parlati
veramente e
anche se l’uomo che aveva al suo fianco non era lui, ma sentirselo dire
era
tutt’altro affare! Per la prima volta non sapeva che dire e la sua
famosa
dialettica leguleia era andata momentaneamente in vacanza lasciandolo a
corto
di parole.
“Allora” Mac
riprese, come se nulla fosse accaduto, il
discorso interrotto, “ci sono gli estremi per un accordo o devo farti
fare una
figuraccia in Tribunale?”
Harm riprese
la favella: “Fammici pensare un paio di
giorni.”
“Bene”
rispose lei radunando le carte e riponendole nel
proprio fascicolo. Fece per alzarsi ma lui la fermò prendendola per un
braccio.
“E Webb?”
chiese.
“Che c’entra
Clay con il nostro caso?”
“Stai con lui
Mac, però hai baciato me.”
Lei si chinò
verso di lui: “E lo rifarei ancora” sussurrò
posandogli un leggero bacio sul collo. Poi si alzò e, mentre usciva
dalla sala
riunioni, aggiunse: “Mai credere alle voci di corridoio Comandante” e
richiuse
l’uscio dietro di sé.
Una volta
fuori si appoggiò alla porta con il cuore in
subbuglio. Ma che diamine le era preso? Lei era innamorata di un altro.
DOVEVA
esserlo! Altrimenti perché preoccuparsi quando partiva per chissà dove?
E
perché gioire di ogni singolo momento passato insieme? Non ci capiva
più nulla.
Però se
veramente fosse stata innamorata di Clay non
avrebbe provato l’irresistibile impulso di baciare Harm, anche solo per
prendersi la soddisfazione di farlo. Quando una donna ama il proprio
compagno,
si diceva mentre tornava al proprio ufficio, non sente l’esigenza di
fare gesti
inconsulti con un altro! Cercò quindi di dimenticare l’accaduto,
relegandolo in
un angolo della mente, ma la sensazione delle labbra di lui sulle sue e
ciò che
aveva provato mentre lo baciava resero l’operazione più difficile di
quanto non
avesse preventivato.
Pochi attimi
dopo uscì dalla sala riunioni anche il
Comandante Rabb, con la stessa espressione spiazzata che aveva il
Colonnello.
Con i documenti sotto il braccio si diresse verso il proprio ufficio,
immerso
in dubbi e pensieri.
L’Ammiraglio
Chegwidden, trovatosi a passare proprio da
quelle parti mentre uscivano prima l’una e poi l’altro, con il fiuto
che solo
un vecchio lupo di mare come lui poteva possedere, notò le espressioni
dei suoi
subalterni e colse un messaggio ben preciso, che non era necessario
fosse
lanciato a chiare lettere…
“Questi due
farebbero la felicità di un professore di
comportamentistica” pensò divertito, avendo osservato un nuovo brillio
negli
occhi del Colonnello, la quale sembrava una bambina che avesse
combinato una
marachella e che fosse riuscita a farla franca. Rabb, invece, non era
riuscito
del tutto a nascondere un’espressione basita: il Comandante di solito
era
sempre compassato e imperturbabile, tanto che a volte l’Ammiraglio
pensava che
il ragazzo avesse origini inglesi, considerato l’aplomb tipicamente
british che
ostentava anche nelle situazioni più assurde. Ma in quel preciso
istante la
corazza doveva essersi incrinata per qualche motivo. L’Ammiraglio ne
era più
che certo.
Da tempo
ormai era sicuro che non fosse solo una semplice
amicizia quella che legava il Comandante e il Colonnello, ma aveva
anche
compreso che le difficoltà da superare erano davvero tante. Eppure non
si era
mai intromesso nelle loro vite né in veste privata né tanto meno in
veste
ufficiale, salvo qualche occasionale giro di vite quando esageravano
nell’una o
nell’altra direzione.
Tuttavia,
proprio quella mattina, durante un colloquio con
il Colonnello, le aveva detto che gli sembrava che lei e il Comandante
ci
avessero messo una pietra sopra e dall’espressione che Mac aveva
assunto aveva
capito che invece la partita era ancora aperta e tutta da giocare.
Anche se il
Colonnello frequentava l’agente Webb, in realtà il suo cuore era
occupato da
un’unica persona… e lui sapeva benissimo chi era quella persona.
La tentazione
di metterli a confronto era davvero forte,
anche perché era sua opinione che il Colonnello fosse la sola donna in
grado
non solo di comprendere il carattere assai complicato del Comandante,
ma anche
di gestirlo e di tenerlo a bada. Tuttavia si era ripromesso, e
intendeva
mantenere fede all’impegno, di non fare alcunché.
“Se è destino
che comprendano ciò che provano l’uno per
l’altra, allora le cose si aggiusteranno da sole” pensò.
In fondo fare
da spettatore passivo a quella “guerra” lo
divertiva assai, anche se non poteva negare che a volte si sentiva
esasperato
dal comportamento infantile dei diretti interessati e la tentazione di
dare una
mano al destino si faceva ogni giorno sempre più forte.
“E perché
no?” si disse sorridendo tra sé, mentre passava
davanti ad un esterrefatto sottufficiale Coates, poco abituato a
vederlo
sorridere, soprattutto sapendolo di ritorno da un incontro con il
Segretario.