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Autore: lady dreamer    23/03/2012    2 recensioni
"Frammenti di morte/ Perché tutto quello/Che ieri era/Domani potrebbe/Non essere più."
Lorenzo è da sempre innamorato di Giulia nonostante siano stati separati per tanti, troppi anni. Il caso la fa tornare nella sua vita.
Alessandra fugge da qualcosa, forse da qualcuno e trova la morte.
A Lorenzo l'ingrato compito di scoprire da chi proprio quando scopre che nella sua stessa vita ci sono misteri irrisolti.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Giulia.
Quanto tempo che non la vedeva! Gli sembrava fossero passati secoli da quando avevano finito il liceo, ricordava il giorno in cui erano andati insieme a leggere i quadri esposti in bacheca, ricordava che si erano abbracciati, ricordava l’emozione che aveva provato. Ricordava la festa che avevano fatto tutti insieme in pizzeria. Ricordava che avrebbe voluto baciarla, che quando l’aveva vista l’ultima volta lei gli aveva promesso che si sarebbero rivisti, che la loro amicizia non sarebbe finita così. Lui aveva sorriso, aveva annuito e l’aveva salutata infine con un gesto infantile della mano. 
Erano solo frammenti. Frammenti di una vita sempre a pezzi. Quanti anni erano passati? Cinque, forse sei. Lui si era laureato in architettura e lei? Cosa aveva fatto della sua vita? Era venuta a capo del suo più grande dubbio “Voglio continuare gli studi al conservatorio o laurearmi in lingue o entrambe le cose?” Si ricordava bene com’era fatta Giulia. Dietro quelle sei lettere c’era un mondo, un universo inesplorato pieno di colori, di frasi, di sguardi, di sorrisi che lui sentiva di aver compreso. Non aveva incontrato nessuno come lei, perché non esisteva un’altra Giulia. Perché se l’era lasciata sfuggire dalle mani? Perché?
In quel momento squillò il telefono.
Chi poteva essere a quell’ora? Il cuore gli suggerì una risposta che la mente non poteva approvare, ma in testa aveva solo Giulia.
“Pronto?”
“Lorenzo, sono io, ho un problema…”
“Noemi?! Che ti è successo?”
“A me niente, si tratta di mio fratello.”
“Paolo?!” Il ragazzo balzò in piedi.
“No, non ti agitare, calmati così ti spiego.”
“Cosa è capitato?”
“Insomma…”
“Non fare giri di parole! Va dritta al punto!”
“Ha fatto un incidente con la moto, se potessi venire in ospedale.”
“Sta bene? Com’è successo? Dove l’hanno ricoverato?” Lorenzo si stava già infilando il giubbotto.
“Stai tranquillo, siamo al pronto soccorso per ora, vieni comunque, ti vuole vedere…Lorenzo? Ci sei?”
Il ragazzo non aveva ascoltato le ultime parole di Noemi, al suono delle parole “pronto soccorso” aveva attaccato il telefono e si era precipitato alla porta. L’edificio era vicino casa sua, quindi non gli fu necessario prendere la macchina. Appena arrivato trovò l’amica nella sala d’aspetto, impegnata ad attraversare la stanza a passo spedito facendo sempre lo stesso tragitto: dalla finestra alla porta e dalla porta alla finestra.
“Lorenzo!” La ragazza gli corse incontro e lo abbracciò.
“Dov’è Paolo?”
“Vieni da questa parte…”
“Com’è successo?”
“Era in moto ed un’auto gli ha tagliato la strada, ha sbandato ma per fortuna ha solo una frattura alla gamba, gli metteranno il gesso e lo dovrà tenere per due mesi.”
“Dovrà rimanere in ospedale questa notte?”
“Sì, pare sia necessario. Ti volevo chiedere…”
“Puoi stare da me per oggi. Domani decideremo il da farsi. Mi porti da lui?”
“Sì, vieni.”
Paolo stava relativamente bene ma era un po’ abbattuto, un incidente non gli era mai capitato e poi per il suo ideale di spericolato e immune alla sfortuna si sentiva tradito dalla sua stessa filosofia di vita.
Era un ragazzo alto, magro, super sportivo con i capelli castani tagliati a spazzola. I suoi occhi erano blu oltremare e se potevano apparire a prima vista capaci di sguardi profondi e carichi di serietà, si rivelavano ad una più attenta analisi, portatori di sarcasmo e voglia di divertimento.
Terminata la visita in ospedale Noemi e Lorenzo si recarono a casa di quest’ultimo.
“E’ molto che non ci vediamo…”
“Sì, sembra che tu mi chiami solo quando hai bisogno di qualcosa. Nessuno ti ha mai detto che si è amici anche nei momenti lieti della vita?”
“Sembra che tu non sia mai felice da quanto mi dice mio fratello… Mica pensi ancora a quella Giulia?”
“Giulia? Giulia chi?” Lorenzo fece il finto tonto.
“Quella che veniva in classe con te e Paolo. Quella di cui ti eri innamorato…e parlavi solo di lei…e uscivi solo con lei…e lei non sapeva che tu…, ma davvero non ti ricordi?”
“Ah, quella Giulia, no, figurati, l’avevo sentita fino a qualche anno fa, l’anno scorso mi pare, ma ho perso i contatti… Se  una persona non la vedi per cinque - sei anni, ma la senti saltuariamente per telefono anche il sentimento più forte si affievolisce.” Sapeva bene che non era vero.
 
Il giorno dopo Paolo venne dimesso dall’ospedale e potè tornare a casa, conoscendolo Lorenzo sapeva bene che avrebbe voluto tanto scoprire chi gli aveva tagliato la strada senza prestargli soccorso e l’aveva fatta franca. Sinceramente avrebbe interessato anche a lui scoprirlo perché sapeva che all’amico era andata bene e che tanti, per incidenti del genere perdevano la vita. Alla polizia avevano raccontato tutto l’accaduto ma la descrizione di Paolo, così gli avevano detto, era troppo vaga, era solo un frammento di una tessera già piccola di un puzzle: una macchina rossa, forse un’utilitaria, con “RB” scritto nella targa. Non ricordava se ci fosse un uomo o una donna alla guida.
La vita cominciò a scorrere con rinnovata normalità, i problemi con il lavoro, le lamentele di Paolo, il gatto della signora di fronte che scappava e che si intrufolava in casa d’altri, il telefono che squillava quando ci si è appena seduti con nessuna intenzione di alzarsi, tutte quelle cose che capitano. Solo Noemi continuava a non dargli pace infatti, lei che pure era iscritta alla facoltà di filosofia, doveva fare due esami di lingua straniera. Il problema era che la ragazza era proprio il genere di persona poco portata non solo per l’inglese ma anche per qualsiasi altro idioma. Un giorno gli aveva chiesto di darle una mano, insomma voleva delle lezioni private, Lorenzo se la cavava ma non era in grado di aiutare qualcuno a superare un esame universitario. Al massimo poteva essere d’aiuto ad un ragazzino delle medie o dei primi anni delle superiori per svolgere qualche semplice esercizio, ma la gravosa responsabilità di aiutare l’amica a superare l’esame non se la sarebbe mai assunta.
Quel giorno stava andando a cercare Noemi per conto di Paolo, che non potendo muoversi per raggiungerla lui stesso o chiamarla perché aveva il cellulare spento, ritenne doverosa la collaborazione di un vero amico, e a chi rivolgersi se non a Lorenzo? La sorellina di Paolo era all’università quindi il ragazzo fu costretto ad entrarvi. In bacheca vide un annuncio che sembrava adatto al caso di Noemi (ovviamente non si trattava di un cervello nuovo per suo fratello), sul biglietto era scritto pressappoco così:
“Si impartiscono lezioni private di lingue straniere (inglese o francese) da laureata da poco in materia. Telefono: ………… Chiedete di Giulia.”
Fu proprio la firma che lo colpì: c’era scritto Giulia. Quelle sei lettere lo avevano attirato come una calamita. La sua materia grigia, però, segnalò ben presto di esistere ancora, infatti si disse:- Chissà quante ragazze ci saranno con questo nome! Decine, centinaia forse. Meglio lasciar perdere…ma Giulia o non Giulia comunque ci può aiutare. Può essere utile a Noemi per studiare inglese e a me perché non verrò più tirato in ballo. Ottimo piano.
Inutile dire con quanto entusiasmo aveva raccomandato a Noemi di chiamare la ragazza delle ripetizioni appena la vide. Inutile anche dire che all’amica non sembrò un’idea malvagia infatti rispose sorridendo:- Perché no?
 
Le campane della chiesa adiacente l’albergo scoccarono la mezzanotte. Alessandra aveva deciso di andarsene da quella pensione soffocante in cui la proprietaria, Grazia, controllava tutto e tutti. Era come vivere in una famiglia, se uscivi era ovvio chiedere dove andavi, con chi e perché senza applicare il minimo di discrezione. Non esisteva la parola privacy.
Si era svegliata di soprassalto nel cuore della notte con una strana sensazione ed un solo obiettivo: fuggire. Doveva andarsene, fece la valigia inserendovi tutti i suoi effetti personali alla rinfusa, senza ordine e senza criterio. Non poteva sottostare a quelle regole soffocanti e a quel controllo degno della dogana svizzera. Se era andata a vivere da sola in un paese a lei estraneo voleva che nessuno avesse più da ridire per ogni suo passo falso. In provincia se non facevi parte di un gruppo non eri nessuno, solo un emarginato senza  importanza a cui nessuno parlava, la stessa cosa capitava se facevi parte del gruppo sbagliato.
Uscì per strada ignorando le raccomandazioni del portiere trascinandosi dietro il suo trolley e la borsa di cuoio invecchiato. Dove sarebbe andata? Non lo sapeva nemmeno lei. Forse all’appartamento fatiscente vicino il conservatorio. E il violino? Per fortuna lo aveva lasciato nel suo armadietto dopo l’ultima lezione. Stava entrando in macchina quando qualcuno la colpì alle spalle. Cadde sull’asfalto gelido e chi le aveva sparato la lasciò lì, morente. L’ultima cosa che vide fu un’utilitaria rossa sfrecciare sull’asfalto.
 
“Lorenzo, dove vai?”
“Esco, devo andare da una cliente, una ragazza che deve ristrutturare un vecchio appartamento nei pressi del conservatorio “Note stonate”. È buffo, mi sembra di averla già vista da qualche parte. Ma dove?”
“Forse in un sogno” L’amico ridacchiò malizioso.
“Fai poco lo spiritoso e pensa a lavorare. A dopo…”
Stefano era stato compagno di università di Lorenzo e ora lavorava con lui allo studio di quest’ultimo. Era un ragazzo simpatico con i capelli castani tendenti al biondo e gli occhi azzurri. Conosceva bene il conservatorio “Note stonate” perché vi aveva preso lezioni di piano e di violino sin da piccolo, aveva sperato di diventare un esecutore famoso e aveva persino provato a comporre ma la fortuna aveva deciso di non arridergli  per soddisfare questa sua ambizione, la dea bendata aveva baciato invece i suoi genitori che alla figura dell’artista squattrinato ma felice non avevano mai creduto e lo preferivano architetto infelice, anche se non lo credevano tale.
Lorenzo uscì per strada e con l’autobus arrivò all’appartamento e trovò una volante della polizia posteggiata davanti al portone. “Coincidenze” sussurrò  e suonò il  campanello con il talloncino bianco che corrispondeva all’appartamento di una certa Alessandra de Vincenzo, giovane insegnante di violino al conservatorio che intendeva trasferirsi in quella casa dopo averla rimessa a nuovo.  La struttura dell’edificio era piuttosto fatiscente e senza dubbio l’interno doveva essere peggiore dell’esterno.  Non rispondeva nessuno. “Strano, avevamo appuntamento qui.” Pensò Lorenzo. Tentò di nuovo. Niente. Stava per andarsene quando una voce maschile rispose al citofono.“Salga, primo piano.”
Ad aspettarlo sulla soglia c’era un agente di polizia che si presentò come Massimo Ghiberti.  Era un uomo sulla quarantina dal fisico robusto ma non esageratamente appesantito, qualche capello bianco che cominciava a crescere sporadicamente sul tra i folti capelli corvini. Prima di dirgli perché si trovava lì gli chiese il perché della sua visita. Il giovane spiegò tutto e al termine dell’interrogatorio che Lorenzo attribuì ad una deformazione professionale e non a qualcosa di ben più tragico, gli venne spiegato, almeno parzialmente, l’accaduto.
“La signora Alessandra de Vincenzo è stata assassinata ieri notte.”
“Assassinata? Da chi?”
“Le hanno sparato intorno alle ventiquattro. Era uscita incautamente dall’albergo dove alloggiava e stava per entrare in macchina. È stata portata al pronto soccorso ma non ce l’ha fatta.”
“Mi dispiace, se avessi saputo non sarei venuto ad importunarvi.”
“Si figuri, lei come poteva saperlo… Non ne ha parlato ancora nessun giornale ma provi a guardare il Tg delle 13.00 forse ne saprà qualcos’altro.”
Lorenzo quella sera tornò a casa ancora meditabondo. Aveva riflettuto sull’episodio per tutto il giorno: al lavoro, a pranzo, uscendo, entrando, si chiedeva chi mai avrebbe potuto uccidere quella donna, aveva una trentina d’anni, forse qualcuno in meno; insegnava al conservatorio, quando gli si era presentata non sembrava una persona che potesse avere dei nemici, sembrava semplice, timida, forse facilmente impressionabile ma pur sempre una persona come lui.
Stava per passare oltre la cassetta della posta senza aprirla quando vide qualcosa che attirò la sua attenzione, sembrava un biglietto, forse una lettera. Prese in mano il pezzo di carta e vi lesse quanto scritto:
 
Caro Lorenzo,
ci conosciamo appena ma sei l’unica persona di cui sento di potermi fidare. Nel caso dovesse succedermi qualcosa indaga sulla mia morte e scopri al posto mio dove volano le aquile.                     

Tua,
Alessandra.” 

La lettera, che portava la data di  alcuni giorni prima, lo lasciò completamente spiazzato. Cosa voleva dire? Doveva portarla alla polizia? Perché aveva paura di morire? Perché aveva scritto proprio a lui? Che senso aveva l’espressione “Scopri tu dove volano le aquile”? Appena a casa nascose il biglietto in un libro di arte contemporanea e andò a dormire sperando che quando avrebbe riaperto gli occhi la lettera sarebbe scomparsa… 

 

  
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