Sicilia, Enna, lago Pergusa. Tempio
della Dea Madre, 24 giugno
<< Forza, forza.
Un'altra spinta. >>
La voce della levatrice era chiara e
dolce, come il miele. Peccato per quel retrogusto sanguigno che la
fanciulla sentiva in bocca, mescolato alla saliva. Avrebbe voluto
mandarlo giù, ma non poteva, sentiva che non le avrebbe fatto
bene.
Non farebbe bene al bambino.
Pensiero assurdo al
momento, dato che quel bambino stava per nascere.
Il caldo della
Notte di San Giovanni sembrava più denso, quasi palpabile, alla luce
delle candele. Il profumo dei gelsomini e dell'iperico si mescolavano
a quello macchiato del sudore.
E del sangue, Bona Dea,
troppo.
La levatrice si affannava e tentava, ma sapeva,
dall'alto della sua esperienza, che solo un miracolo avrebbe potuto
salvare madre e figlio. E pregava, pregava tutti gli dèi e tutte le
dee che non le morissero tra le mani.
<< Su, bella, spingi
ancora. >> incoraggiava la fanciulla, materna.
Da fuori
provenivano urla di giubilo e risate, segno che la festa di Mezza
Estate procedeva bene, che la Dea Madre della Terra, la grande
Demetra, aveva accolto i frutti che le sono stati sacrificati. Segno
che la cara Persefone si era pasciuta di questi e non avrebbe
richiesto altre anime compagne per il suo viaggio ultraterreno.
Tastò
il ventre della ragazza piano e s'avvide che la creatura era prossima
ad entrare nel mondo.
<< Ci siamo quasi. >>
Titubante
lanciò uno sguardo alla ragazza. Era una sacerdotessa del Tempio ma
non era nata nell'assolata Sicilia. Sapeva solo che proveniva dalla
penisola, da dove esattamente non l'aveva mai capito. Un giorno era
davanti al Tempio a chiedere di essere ammessa. Il Gran Sacerdote
aveva riconosciuto la pura vocazione della fanciulla e l'aveva
accolta tra le sue fila. Ed eccoci qui, anni dopo, a mettere al mondo
un nuovo seguace del vecchio culto. Forse avrebbe seguito la via
della vita e della morte come tutti loro, o magari sarebbe stato
chiamato ad un destino d'onore tra le fila dei Santi della dea
Athena.
Un fiotto di sangue caldo e viscido colò tra le mani
della levatrice e la donna sentì una testa premere sul suo palmo.
Non le sfuggì che la pelle della partoriente stia diventando più
bianca e più fredda.
Presto, presto.
Fuori avevano
acceso i fuochi e i sacerdoti stavano praticando l'antica arte della
divinazione, che in quella notte era particolarmente raccomandata. Le
herbarie stavano raspando i boschi e alla fine, all'alba, avrebbero
colto le lacrime di Kore.
Un'altra spinta, un altro urlo.
Il
bambino è fuori.
La levatrice sollevò piano il bambino
piangente, tagliò il cordone con furia. Avvertì il desiderio
spasmodico della madre che anelava a stringere il figlio. Così,
ancora ebbro di sangue, glielo porse e vide il sorriso nascere sulle
labbra della fanciulla.
Si affrettò a finire il suo compito,
cullata anche lei dalla nenia della sacerdotessa. Ripulì il sangue
tra le gambe, un rivolo che non voleva fermarsi, malignamente simile
ai ruscelli che si incontrano poi nel lago Pergusa.
<<
Angelo. >>
La levatrice alzò di scatto la testa, conscia
troppo tardi della gravità della situazione.
Persefone aveva
ancora fame.
Si avvicinò alla fanciulla per sottrarre dalle
braccia ancora calde seppur morte la creatura. E un urlo le sfuggì,
unito agli altri della festa all'esterno.
La morta che con occhi
grandi e grigi fissava amorosa il suo bambino dagli occhi grandi e
grigi.
La vita di questo bambino sarà la morte, pensò
divinando anch'ella.
Prese il bambino e lo strinse attenta,
timorosa.
<< Angelo sì, ma della morte tu sarai.
>>
***
Il Gran Sacerdote guardò il
bambino di appena quattro anni seduto di fronte a lui. Era
impossibile non riconoscere nei suoi tratti, i lineamenti della
fanciulla che l'aveva partorito. Era impossibile non riconoscere nel
suo cosmo la protezione della costellazione del Cancro.
Un
bambino che come prima cosa ha visto la morte.
Un bambino
che ne sente l'odore, che ne vede le ombre.
Un bambino che
conosce la via per l'Inferno.
Strinse la lettera giunta dalla
Grecia. Il Pontefice Shion ordinava che il bambino fosse educato alla
guerra di Athena, suo fedele servo, in nome del Gold Cloth che
l'attendeva nella Quarta Casa. Si domandò quanto Shion conoscesse
l'apprendistato di un simile cavaliere.
Non aveva mai mentito al
bambino sul suo destino. Da quando era nato gli aveva spiegato quale
sarebbe stato il suo cammino.
Come puoi mentire ad un bambino
che vede le ombre?
Come puoi non asciugare le sue lacrime
quando i morti lo spaventano?
Come puoi tingere di nero un
cuore puro?
Si chiese se era giusto, però. Il Tempio della
Dea Madre aveva il suo ordine sacro. Ma loro tutti era sacerdoti e
guerrieri. Come guerrieri portavano la morte ma come sacerdoti
portavano la vita. Era quello che il loro culto gli insegnava,
dopotutto. Persefone - la Dea Madre nel suo aspetto di fanciulla
- scendeva negli Inferi per poi risorgere nella Primavera. Un ciclo
infinito che durava dalla notte dei tempi.
Loro, che ne
custodivano il mistero, come sacerdoti e guerrieri, potevano
comprendere cosa significasse la vita nella morte. Per il ragazzo non
sarebbe andata così. Athena voleva un guerriero, un seguace della
giustizia e della forza, una macchina da guerra.
Si domandò
ancora se il Pontefice Shion capisse cosa fosse, in realtà, quella
nebulosa nella costellazione del Cancro. Si chiese se quel ragazzo -
il bambino dagli occhi grigi e grandi di fronte a lui - avrebbe
portato solo la morte e mai avrebbe capito il significato della vita.
Pregò gli dèi tutti e la Bona Dea che avessero a cuore il fanciullo
e le sue sorti. O sarebbe stato perduto.
Strinse ancora la
lettera.
<< Domani avrà inizio il tuo addestramento.
>>
***
Il bambino dagli occhi grigi guardò
il suo Maestro con timore. L'uomo indossava una maschera a coprirgli
il viso e un mantello dal colore scuro copriva i suoi capelli e le
sue spalle. Se fosse stato buio, sarebbe certamente scomparso,
un'infinita ombra tra le mille della notte.
<< Perché
vestite tutti così? >> chiese curioso. Nei racconti del Gran
Sacerdote i cavalieri indossavano armature lucenti e combattevano a
mani nude.
<< Conosci forse il volto della morte, figliolo?
>>
<< No. >> rispose pronto. Vedeva le ombre,
sì, ma mai aveva visto chi le avesse ridotte a effimeri spiriti.
<<
La morte non ha volto, figliolo. Non ha età, non ha tempo. Arriva e
ti prende. E tu non la vedi. Come puoi sperare di vedere la morte?
Sei già morto in quel momento. >>
Il bambino lo guardò
senza capire. Il concetto era troppo complesso per la sua età.
<<
Quindi? >>
<< Quindi, perché dovresti conoscere il
mio volto? >>
E prima ancora che potesse rispondere, si
trovò scagliato contro il muro.
Per quattro anni visse in quella
condizione. Per quattro anni fu sottoposto ad allenamenti atti a
minare le sue carni. A minare la sua mente.
Dovette sviluppare i
suoi sensi e il suo cosmo per poter viaggiare tra la terra e il
Limbo, per imparare a scagliare lo Sekishiki Meikaiha.
Ogni
volta, ad ogni nuovo viaggio, quelle ombre si portavano via un pezzo
della sua anima, della sua vita.
Mi stanno prosciugando,
Athena.
Ogni volta, ad ogni nuovo viaggio, scopriva che nel
mondo si muore per niente, perché vince il più forte.
Athena
è la dea della giustizia.
Ogni volta, ad ogni nuovo viaggio,
scopriva che nel mondo la giustizia non c'era, che il bene e il male
cambiavano a seconda di chi vinceva.
O vinci o muori.
E
lui non poteva salvarsi. Perché i sacerdoti-guerrieri della Dea
Madre indossavano la maschera - la maschera della morte, la
chiamano - per nascondersi alla morte e quando la toglievano
potevano vedere la vita.
Lui, Cancer, non aveva filtri. Vedeva la
morte in ogni momento.
La vedeva riflessa nello specchio.
La
vedeva nei suoi occhi. Rossi come il cielo dello Yomotsu
Hirasaka.
***
Il Gran Sacerdote guardava con occhi
pieni di compassione il giovane che combatteva. Così diverso dal
bimbo ingenuo cui raccontava storie, al cui nome di Odisseo ed
Achille si illuminavano gli occhi grigi e grandi.
Di fronte a lui,
adesso, c'era una creatura svuotata e disillusa. Dai capelli bianchi
e gli occhi rossi.
Una creatura che non aveva potuto proteggere
dal ciclo di vita e di morte. Un bambino a cui era stato negato
l'intero percorso.
Un bambino bloccato a metà strada tra la terra
e il cielo.
Un sacerdote-guerriero combatte per la morte e se la
morte è il tuo scopo, combatterai fino alla fine. Come la morte non
ha volto, così il sacerdote-guerriero copre il viso. Come la morte,
annienta tutto ciò che trova sul suo passaggio.
Il
sacerdote-guerriero non ha onore nel combattimento. Ogni mossa è
lecita per uccidere il suo avversario. Anche colpirlo alle spalle.
Il
suo onore è spargere in terra il sangue dell'avversario caduto.
Una
volta che la battaglia è conclusa, il sacerdote-guerriero toglie la
maschera e slaccia il mantello. Piange il nemico caduto e prega per
la sua anima nel Regno dei morti. Brucia il suo avversario e ne onora
il nome.
Ma questo il bambino del Cancro non l'avrebbe mai saputo.
Non era un seguace della Dea Madre, dopotutto. Il loro compito era
stato quello di creare un guerriero in grado di padroneggiare la
porta dell'Altromondo. Ad Athena e al Santuario il dovere di
insegnarli quella giustizia così lontana e diversa dalla
loro.
Razionale e meno animale.
Lo chiamò.
<<
Domani partirai per Atene. Il Gold Cloth ti attende, Santo.
>>
***
Grecia, Atene, Santuario -
Tredicesima Casa
Il Pontefice Shion era seduto al suo
posto, accanto a lui c'erano i Santi di Gemini e di Sagitter.
Aspettavano curiosi il nuovo membro dei dodici dello Zodiaco, il
cavaliere di Cancer.
Ammutoliti e attoniti rimasero quando nella
sala entrò un ragazzino sugli otto anni dai capelli bianchi e gli
occhi rossi.
<< Il tuo nome, Santo. >>
Il
ragazzino si inchinò al Pontefice e agli altri Saints. Gli avevano
chiesto il nome ed era lì per rispondere quando un improvviso
pensiero lo fermò. Il suo nome, dal simbolismo così puro, era il
ricordo infantile di un bimbo dagli occhi grigi e grandi. Un bimbo
che non avrebbe più rivisto, per quanto a lungo lo cercasse ancora
nel riflesso dello specchio. Un nome che non era adatto a quello che
sarebbe diventato.
Alzò gli occhi sul pontefice e i cavalieri
d'oro. Shion dalla sguardo attento e il sorriso gentile di chi era
conscio del proprio potere. Aiolos luminoso come un raggio di sole in
una giornata di giugno. Saga dai capelli come il mare, maestoso quasi
come un dio.
Li immaginò, per un attimo, in battaglia.
Radiosi
e giusti.
E poi, vide se stesso. Gli occhi rossi e il pelo
bianco.
Una bestia.
Una maschera di morte vivente.
Sul suo viso apparve un ghigno di soddisfazione. E
finalmente, fece udire la sua voce.
<< Death Mask di Cancer.
>>
***
Disclaimer:
i personaggi non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro. Tutti
loro sono frutto dell'opera di Kurumada, l'autore di Saint Seiya
(eccetto per il culto e i guerrieri della Dea Madre).
Grazie
a tutti coloro che hanno letto :) mi piacerebbe sapere che ne
pensate^^.
Da parte mia, vi dico che trovo Cancer un personaggio
incredibilmente affascinante, e sono andata a colmare con la mia
fantasia la lacuna che il Kuru ha lasciato sulla sua vita e sul suo
addestramento. Come nome ho scelto Angelo, in quanto, per me, crea un
notevole contrasto con quelle che sono poi le sue attitudini.
Ho scoperto in seguito che fosse uno
dei nomi più accreditati del fandom, assieme a Salvatore.
Allo
stesso tempo, credo che il suo addestramento sia stato
particolarmente tosto, perché i “miei” sacerdoti-guerrieri
combattono con ogni mezzo a loro disposizione. Per loro l'onore è
uccidere l'avversario, poco importa il come. Bestiale, lo so, ma
piuttosto adatto al Cancer. In più, credo che fare su e giù tra i
morti e i vivi l'abbia un po' privato dei suoi colori mediterranei
lasciandocelo bigio e rossiccio.
Altra cosa, per me, Death è nato
e cresciuto in Sicilia fino agli otto anni, età in cui è andato poi
al Santuario, dove ha conosciuto gli altri Saints. Per il resto,
credo che il crack mentale definitivo - visto nella serie - l'abbia
avuto sotto il comando di Saga.
Grazie ancora.