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Autore: yu_gin    23/03/2012    7 recensioni
La vita di Kurt e Finn è molto diversa da come siamo abituati a vederla. Le difficoltà economiche e l'impossibilità di trovare un lavoro migliore spingono Kurt ad accettare un lavoro che fino a pochi anni prima non avrebbe mai pensato di poter accettare.
Ma se sotto le luci dello Scandals incontrasse un ragazzo che potrebbe cambiargli la vita? Un ragazzo che viene dall'altra parte di Lima, quella economicamente agiata, quella dabbene, quella da cui Blaine vuole fuggire? Se riuscissero a trovarsi, nonostante tutto?
Dal primo capitolo: Ogni suo pensiero venne interrotto dall'entrata in scena dei protagonisti della scena.
Ogni pensiero su Finn o su qualsiasi altro ragazzo, ogni pensiero in generale venne semplicemente spazzato via dalla sua testa nel momento stesso in cui vide calcare la pista quello che poteva tranquillamente definire:
Il più bel culo che abbia mai visto.
[...]
«Perché? Perché noi non possiamo essere felici?»
Santana lo strinse forte e gli accarezzò la testa.
«La vita è ingiusta, Kurt, per chi è nato dalla parte sbagliata di Lima.»
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Finn Hudson, Kurt Hummel, Rachel Berry
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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A Lima Side Story





Capitolo 4: nice to meet you, again



Blaine si svegliò nel proprio letto con una scomoda compagnia. Sbuffò stizzito, già sapendo chi fosse l'intruso.

«Seb, quante volte ti ho detto di non intrufolarti nel mio letto?»

«Non ti ho fatto niente, verginello. È solo che le stanze della Dalton sono così fredde!»

«E tu sei così maledettamente appiccicoso.»

Sebastian si alzò dal letto, sistemandosi i capelli con la mano. «Che ore sono?»

Un'occhiata all'orologio bastò per far balzare entrambi giù dal letto.

«Si può sapere perché non mi hai svegliato?» sbraitò Sebastian, togliendosi il pigiama e correndo in bagno.

«Per lo stesso motivo per cui non mi hai svegliato tu. Maledizione!» Blaine gettò il pigiama sul letto e cercò i vestiti che avrebbe indossato. Il vantaggio della divisa era che almeno non doveva perdere tempo a scegliere gli abbinamenti. Sebastian uscì dal bagno con un asciugamano attorno alla vita e nient'altro.

«Hai anche perso tempo a farti la doccia?»

«Sebastian Smythe dev'essere sempre perfetto. Sia mai che incontri un bel pezzo di manzo nella strada da qui all'aula di scienze.»

Blaine stava prendendo possesso del bagno e insieme abbottonandosi la camicia quando la porta della stanza si aprì. Un ragazzo imbarazzantemente biondo fece capolino nella stanza.

I due si voltarono a guardarlo: «Jeff?»

«Oh, scusate ragazzi, non volevo interrompere le vostre coccole post-coito.»

«Non ci stiamo facendo coccole post-coito. Non c'è stato nessun coito!» protestò Blaine.

Jeff lanciò un'occhiata al letto disastrato di Blaine, poi a quello perfettamente integro di Sebastian. «Come preferisci. Non spettegolerò di questo coi Warblers per i prossimi cinque minuti» disse, estraendo dalla tasca il suo iPhon e facendo loro una foto. «Volevo solo dirvi che siete in ritardo e che questo pomeriggio si prova. Ordini dall'alto.»

«Wes e David?»

«Precisamente. Buone coccole pre-coito, allora.»

«Non abbiamo nessuna intenzione di-»

Jeff chiuse la porta prima di doversi sorbire le scuse di Blaine e il suo grido “non ci sarà nessun coito”.

«Non posso dargli torto. Se io avessi un compagno di stanza come me penso che scoperei tutti i giorni» disse Sebastian, togliendosi l'asciugamano dalla vita e regalando a Blaine una panoramica delle sue natiche.

Blaine alzò gli occhi al cielo e raggiunse il bagno.

I due ragazzi riuscirono ad arrivare in tempo alla prima lezione solo perché il professore si era attardato in caffetteria. Presero posto in penultimo banco.

Dietro di loro Jeff si sporse e chiese: «Allora, avete recuperato momento di intimità che avevo interrotto?»

«Brillantemente» rispose Sebastian, nonostante le proteste di Blaine. «Se vuoi la prossima volta puoi unirti a noi.»

«Scusa, ho altri gusti.»

«Ah, capisco, a te piace solo Nick» rispose, mettendo a tacere il biondino, al quale il compagno di banco stava giusto chiedendo: “perché Seb mi ha nominato?”

Sebastian seguì i primi due minuti di lezione in silenzio, poi si rivolse a Blaine.

«Ora parliamo di cose serie.»

«Come per esempio la lezione di scienze?»

«Ho detto serie, non noiose. L'argomento di oggi sarà: come recuperare il commesso GAP in cinque facili mosse.»

«No.»

«Non hai neppure sentito la prima. Ti assicuro che le prime quattro sono pure legali nello stato dell'Ohio!»

«Non ne voglio parlare.»

«Tu non vuoi mai parlare di niente. Quasi quasi cambio compagno di stanza.» Si voltò verso Jeff: «Ehi, biondino, vuoi essere il mio nuovo compagno di stanza.»

Nick si frappose fra loro: «Ehi, giù le zampe dal mio coinquilino.»

Sebastian contrasse le labbra in un ghigno: «Molto etero» ridacchiò prima di voltarsi. «Tornando a noi, poiché a quanto pare dovrò accontentarmi di te, non demorderò finché non mi lascerai organizzarti un appuntamento.»

«Va bene. Ma NON durante l'ora di scienze. Né durante quella di storia e di letteratura.»

«Ma durante le prove dei Warblers non posso chiacchierare senza beccarmi una strigliata da David!» protestò.

«Facciamo così: finite le prove usciamo, andiamo in un bar e lì potrai torturarmi a tuo piacere, va bene?»

«Niente negozio GAP?»

«Niente negozio GAP.»

Per ora.


Quando l'orologio del negozio segnò le cinque, Kurt finì di ripiegare il maglione che aveva in mano e poi si diresse verso il retro del negozio. Lì lasciò giù il cartellino e prese giacca e borsa.

Non appena uscì dal negozio, il vento invernale gli fece tremare le gambe.

Si guardò intorno e, dopo poco, lo vide: dall'altra parte della strada, appoggiato alla propria auto, Dave lo stava aspettando.

Kurt ebbe un tuffo al cuore.

Attraversò la strada correndo, facendo inchiodare una macchina.

«Sei venuto, alla fine.»

«Pensavi non l'avrei fatto?»

«Avevi dei precedenti.»

«Te l'ho detto: sono cambiato. Anche grazie a te.»

Kurt gli diede una pacca sulla spalla come per dire “smettila di fare il melenso”.

«Ti porto da qualche parte?»

«Andiamo al Lima Bean. Lì potremo parlare in pace e bere qualcosa di caldo» propose Kurt.

«Salta in macchina» gli rispose e il ragazzo prese posto sul sedile del passeggero.

Non appena salì l'odore di Dave gli entrò nelle narici. Era cambiato, ma non di molto. Deodorante per uomini, birra rovesciata, un arbre magique probabilemente all'eucalipto e-

«Fumi?» chiese, riconoscendo l'inconfondibile odore di tabacco.

«Ho cominciato, ma sto cercando di smettere.»

«Pensavo che col football non potessi-»

«Ho smesso di giocare a football. Ora faccio solo palestra. Niente football.»

Niente spogliatoi maschili, niente docce in comune, niente allenamenti a stretto contatto con altri ragazzi della tua età con degli addominali da paura, pensò Kurt. Neppure lui deve aver avuto una grande annata, sentenziò, arricciando il naso.

«Scusa per la puzza» disse Dave, quando lo vide. «Questa mattina ho lasciato l'auto aperta sperando che passasse, ma ormai anche i sedili hanno preso questo pessimo odore.»

«Non fa niente. La nostra macchina puzza di lacca per capelli, pizza stantia e cavoli. Tutta colpa di Finn che una volta-» si interruppe. Forse non era una mossa saggia tirare in ballo Finn. Non dopo il litigio che avevano avuto la sera prima.

«E così lavori da GAP» disse Dave, nella speranza di cambiare argomento. «Non mi sorprende che ti abbiano preso: scommetto che con il tuo sorriso attiri un sacco di ragazzine, pronte a comprare qualsiasi cosa piegata da te.»

«In realtà, fino a ieri lavoravo nel magazzino.»

«Inaspettata promozione?»

«Già, ho aiutato due ragazzi a trovare delle tute per un numero di danza e a quanto pare uno dei due è figlio di uno che conta e conosce il proprietario. Così gli ha consigliato di promuovermi e quello... l'ha fatto!» disse, alzando le mani e gesticolando.

«Lo fai ancora, vedo.»

«Uh?»

«Intendo, gesticolare con le mani. Le tue mani potrebbero parlare per te. Se te le tagliassero saresti muto.»

Kurt rise: «Già, me lo dicono spesso. Che ci posso fare? Baby, I was born this way!» disse.

Dave parcheggiò davanti al Lima Bean ed entrarono. Presero un caffè a testa, una fetta di torta e un muffin, poi si sedettero l'uno di fronte all'altro ad un tavolino.

Chissà cosa pensavano di loro gli altri clienti del bar. Dave aveva un aspetto estremamente virile, sia per il fisico, sia per il modo di vestire, di parlare, di atteggiarsi. Nessuno avrebbe mai potuto sospettare che fosse gay. Lui invece era consapevole di non essere la quint'essenza della virilità: fisico magro e slanciato, tratti delicati, mani curate, un nasino alla francese e la pelle più bianca di quella di un bambino.

Dovevano sembrare una coppia davvero assurda. A pensarci bene però non gliene importava: anche perché quello non era un vero appuntamento. Erano solo due vecchi amici – beh, magari un po' più che amici – che si ritrovavano per chiacchierare, per chiarirsi, per raccontarsi.

«Allora, Dave, hai detto che sei cambiato in quest'anno. Comincia a dimostrarmelo raccontandomi cosa ti è successo che ti ha fatto cambiare.»

«Non pensi che prima sarebbe opportuno parlare di quello che è successo tempo fa?»

No, Kurt non pensava che fosse opportuno.

Faceva ancora troppo male.


...

Dave lo spinse contro l'armadietto, facendolo cadere.

«Si può sapere che vuoi da me?»

«Niente, mi dà solo fastidio la tua vista» disse, continuando verso gli spogliatoi.

Kurt si rialzò da terra e lo inseguì:

«Sai che ti dico? Purtroppo per te frequentiamo la stessa scuola, quindi se ti dà fastidio la mia vista hai due opzioni: o cambi scuola o ti foderi gli occhi di prosciutto, così non mi vedrai più. In entrambi i casi mi faresti solo un favore.»

«Osi anche rispondermi? Anche ora che non c'è più il tuo fratellino a difenderti?»

«Oso! Perché sai una cosa? Tu potrai anche picchiarmi. Potrai farmi un occhio nero, coprirmi di lividi, mandarmi all'ospedale. Ma io mi rialzerò ogni volta e ti giuro che non cambierò mai. Non il mio modo di vestire, non il mio modo di parlare. Niente. Puoi colpirmi, ma non puoi cambiarmi!»

«Sta' zitto!»

«Sei un bambino che ha paura di ciò che è diverso da lui, diverso dalla norma. Io non ho paura di te, ma tu?»

«Io-» Dave si voltò verso di lui, alzando il pugno per colpirlo. Kurt fece per ripararsi ma – il pugno non arrivò. Alzò lo sguardo e vide Karofsky appoggiato all'armadietto dello spogliatoio. Si copriva il volto con una mano. Stava piangendo.

«Karofsky? Ma stai-»

«Ecco, va' a dirlo a tutta la scuola! Karofsky che piange come una femminuccia!»

«Non andrò a dirlo proprio a nessuno. Anzi, non me ne vado da qui finché non mi dici che ti prende.» Che diavolo stava succedendo?

Dave alzò lo sguardo. I loro occhi si incrociarono.

«Prima mi hai chiesto perché ce l'ho con te. Vuoi proprio saperlo? Una volta per tutte?»

«Voglio saperlo.»

«Ti invidio. Tu sai perfettamente come sei... cosa sei.»

«Intendi gay?»

«Tutto. Intendo dire che tu hai le idee chiare: vuoi diventare una star grazie alla tua voce, vuoi guadagnare abbastanza da comprarti un appartamento lussuoso, scommetto che vuoi sposare un uomo bello ed elegante, con buon gusto in fatto di vestire e che ti faccia felice.»

Kurt strabuzzò gli occhi. Effettivamente sì, quello era il suo sogno. Pensava al giorno in cui avrebbe sposato l'uomo che amava e con cui avrebbe vissuto. Pensava a quando il letto non gli sarebbe più sembrato freddo e inospitale. Pensava a quando Lima sarebbe stata solo una realtà lontana, un brutto ricordo e nulla di più.

«Già, questi sono i miei sogni. Ma dubito riusciranno a diventare realtà. Viviamo a Lima, in Ohio. E' tanto se riuscirò a trovare un lavoro che non sia alla friggitrice del McDonald. Non so neppure se riuscirò a finire la scuola, visto che io e mio fratello non sappiamo più come tirare avanti con il suo solo stipendio e con i risparmi che abbiamo.»

«E tutto questo non ti butta giù?»

«Non ne hai idea. Ed è per questo che ogni giorno mi presento qui brillante e sorridente, pronto a dare il meglio di me. Perché se cedessi un giorno, un giorno solo, non riuscirei più ad alzarmi. Se una sola volta dessi retta ai tuoi insulti e compissi l'errore di rimanerci male, allora tutto mi crollerebbe addosso.»

Dave deglutì prima di chiedere: «Fa così tanto male?»

«Da morire. E non è il dolore fisico o i lividi. È il pensiero che quello che fai è ingiusto e stupido e inutile e si vede che non piace neppure a te. Facendo male a me, stai ferendo anche te stesso. Tutti ci perdono ed è solo colpa tua.»

«Scusa» disse.

Kurt lo guardò incredulo. Forse aveva sentito male.

«Scusa, per gli spintoni, per gli insulti, per le granite, per i vestiti che ti ho rovinato, per i lividi. Scusa per tutto. Se l'ho fatto è stato solo per rabbia contro me stesso. Perché non avevo mai trovato il coraggio di fare ciò che più desideravo.»

«E cioè?»

«Questo» disse, prendendo il suo viso fra le mani e baciandolo.

Kurt rimase immobile, attonito. Non capiva neppure se stesse succedendo davvero. Sapeva solo che quello era il suo primo bacio e – Karofsky era gay?

Certo, si sarebbe spiegata così la sua esagerata omofobia e il suo odio particolare verso di lui. Odio... forse quella non era la parola esatta.

Non appena si rese conto di quello che stava accadendo, allontanò Dave, spingendolo con forza.

«Che diavolo stai facendo? Non puoi passare dal picchiare le persone a... a baciarle!»

«Lo so e ti chiedo scusa. È solo che volevo farlo da troppo, davvero troppo tempo.»

Kurt non poté fare a meno di sentirsi lusingato. D'altra parte però non poteva accettare il suo comportamento. No, avrebbe dovuto insultarlo e spingerlo via, oppure uscire dallo spogliatoio e sbandierare a tutta la scuola ciò che aveva scoperto, rovinando la reputazione del suo peggior nemico.

Invece rimase fermo immobile coprendosi la mano con la bocca.

Il suo primo bacio. Quello era il suo primo bacio ed era successo così in fretta che neppure se ne era accorto. Ed era successo con la persona sbagliata.

«Che c'è, il gatto ti ha mangiato la lingua?» chiese Karofsky.

«Dammi almeno il tempo di recepire la cosa! Maledizione!» Nella sua testa si stavano affollando una marea di pensieri, e nessuno di questi aveva pienamente senso.

Si sedette su una delle panche e prese un bel respiro. Doveva uscire da quella situazione. Poteva scappare e tutto sarebbe ritornato come prima. Poteva rivelare il segreto di Karofsky ma cosa sarebbe successo se nessuno gli avesse creduto? Di sicuro sarebbero stati ancora più crudeli con lui.

Calma, Kurt, ragiona. Qual'è la cosa migliore da fare? Qual'è quella più giusta?

«E' chiaro che hai le idee confuse» disse infine.

Dave alzò gli occhi al cielo.

«Molto confuse, aggiungerei. Immagino che tu non sia pronto per un coming out, e d'altra parte mi sembrerebbe prematuro. Forse però è il caso che tu ne parli con qualcuno. Ad esempio la signorina Pillsbury...» azzardò.

«Non se ne parla! Non lo deve sapere nessuno, mi hai capito?» disse con fare minaccioso. Poi, resosi conto di avergli puntato contro il dito, si allontanò stringendosi le spalle. «Intendo dire, non vorrei che la strizzacervelli andasse a dirlo ai miei. Non so come la prenderebbero.»

«Okay, niente consulente. In questo modo però non saprei proprio come aiutarti.»

Una soluzione ci sarebbe, pensò Kurt, ma non sono sicuro di farcela.

Poi però pensò che, se riusciva a risolvere il problema di Karofsky, forse anche lui avrebbe cominciato ad essere più gentile con lui e tutto sarebbe stato più semplice.

Aiutando lui, aiuto anche me stesso.

«E' solo un'idea. Io te la dico e tu prometti di rispondere senza che picchiarmi o minacciarmi?»

Dave annuì.

«Che ne dici se ci troviamo dopo scuola, dove preferisci, e parliamo di questo tuo-» ruotò più volte la mano in attesa che la parola giusta arrivasse.

«Scomodo segreto?» suggerì.

«Quello che è. Che ne dici?»

Lo sto facendo davvero? Sto aiutando il mio peggior nemico invece che ridergli in faccia e rovinargli la vita come lui ha fatto con me? Sono completamente idiota. Dov'ero quando la fata della malvagità è passata a distribuire la sua dote? Ah già, dimenticavo, non esiste la fata della malvagità.

«Dico che si può fare. Ma in un posto dove nessuno possa vederci insieme. Dev'essere un bar sconosciuto, lontano dalla scuola, ad un orario in cui ci sia meno gente possibile.»

Kurt sospirò, trovandolo un po' ridicolo. «Come preferisci. Passi a prendermi tu?»

«Non è mica un appuntamento!» protestò. Lo sguardo del ragazzino però parlava chiaro. «Va bene. Fatti trovare alla fermata dell'autobus dopo il Glee club. Passo a prenderti. Cerca di essere discreto.»

«Lo sai che non so essere discreto. Baby, I was born this way» disse, alzando le spalle.

Prima di puntargli il dito contro con fare minaccioso, Dave sorrise.


...

«E così è cominciato tutto. Siamo usciti insieme quella volta, nonostante io rifiutassi di chiamarlo appuntamento. Siamo usciti ancora tante, tante altre volte.»

«Intanto tu hai smesso di picchiarmi e insultarmi e pian piano hanno smesso anche gli altri.»

«Intanto la nostra amicizia diventava più che amicizia, finché un giorno...»

«Finché non mi hai chiesto ufficialmente di diventare il tuo ragazzo.»

«E tu hai detto di sì.»

Kurt sospirò. In realtà non sapeva perché l'aveva fatto. Non amava Dave. Gli piaceva e, dopo aver cominciato ad aprirsi con lui, trovava piacevole passare il tempo insieme. Non era neppure male fisicamente, anche se non era esattamente così che aveva immaginato il suo uomo ideale.

In realtà dentro di sé, sapeva bene perché aveva accettato: si sentiva tremendamente solo e desiderava avere un ragazzo più di ogni altra cosa – tranne forse sfondare nel mondo della musica. Aveva accettato perché Dave era il primo ragazzo gay che conosceva, il primo che lo avesse baciato, il primo che gli avesse chiesto “ti vuoi mettere con me?” Poi però aveva cominciato a sentirsi sempre più legato a lui e per un po' si era illuso di amarlo.

Kurt non aveva mai amato nessuno. Non sapeva cosa si provasse e, stoltamente, pensava che sentirsi attratti da una persona fosse anche solo vagamente paragonabile all'amarla. Sbagliava, ma non poteva saperlo.

«Sono stati dei bei mesi, non puoi negarlo» disse Dave.

«Tanto belli, quanto furono brutti i successivi» disse Kurt.

«Ti ho già chiesto scusa per questo.»

«Dave, devi capire che a volte non basta chiedere scusa. Non puoi fare quello che vuoi e poi dire “scusa, mi dispiace” con la faccia da orsacchiotto e contare sul fatto che io ti perdonerò, perché sono il più grande idiota di tutta la terra.»

«Non sei un idiota» disse Dave. «Sei solo dannatamente buono; sei forse l'unica persona veramente buona che abbia mai conosciuto e non devi pensare che questo sia un difetto. Essere buoni non è un difetto.»

Kurt sorrise: «Capito il concetto.»

«E cosa devono fare quelli che sbagliano? Ho sbagliato, ma voglio rimediare. Ti prego, dammi una seconda possibilità.»

«In realtà quella di prima era già la tua seconda possibilità. Ricordi? Gli spintoni, gli insulti, le scritte sull'armadietto...questa sarebbe la terza.»

«Fa differenza?»

«Effettivamente no» ammise. «Non per un idiota come me.»

Dave sorrise, cercando la sua mano sul tavolino. «Lo sapevo! Allora possiamo rimetterci in-»

«Non così in fretta. Se dobbiamo ricominciare, facciamo le cose con calma.»

Dave parve un po' deluso, ma alla fine alzò le spalle: «Forse hai ragione. L'ultima volta non ha funzionato perché siamo andati troppo in fretta.»

Tu sei andato troppo in fretta, avrebbe voluto dire Kurt. Tu hai detto...hai detto quelle cose orribili.

No, l'avrebbe perdonato e sarebbe stato tutto diverso.

In fondo Dave mi piace. Forse un giorno, chissà, riuscirò anche ad amarlo.

La loro conversazione fu interrotta da una voce prorompente:

«Ehi, ma guarda com'è piccolo il mondo!»

Kurt sollevò lo sguardo e...

Oh no.

Se il suo primo sguardo fu per i capelli assolutamente perfetti di Sebastian, in piedi di fronte a loro, il secondo sguardo fu per gli occhi di Blaine.

L'espressione che aveva sul volto era indescrivibile. C'era un messaggio di scusa, come a dire “non volevo disturbarti” e “che diavolo sto facendo” e “Sebastian, che diavolo stai facendo”.

E qualcos'altro.

Qualcosa come: “che bello vederti qui.”



N/A


Casa mia è piena di moscerini. Che cavolo gli sarà preso? E soprattutto, perché sembrano trovarsi particolarmente a loro agio nella mia camera, in particolare sullo schermo del computer dove scrivo?


E questo era il capitolo 4, in cui si comincia a parlare di cosa c'è stato fra Kurt e Dave. Un passo per volta.

Spero vi sia piaciuta la parte iniziale, perché io mi sono divertita un sacco a scriverla!

Adoro a tal punto Jeff e Nick che sono arrivata a chiedere ad una mia amica di inserirli in una sua fanfiction!


Detto ciò, faccio i dovuti ringraziamenti alla mia beta (MeMedesima) che mi ha consigliato lo spoiler da mettere a fine capitolo.

Il prossimo aggiornamento si farà un po' attendere, per i soliti motivi (scuola, ispirazione vacante, lettura di Dalton che risucchia ogni mio minuto libero).


yu_gin





coming next:


«Blaine, qualcuno là in alto è a favore della tua scopata.»

«Cosa te lo fa credere?»

«Vedo male, o quel nasino alla francese mi risulta familiare.»

Blaine si voltò di scatto: «Kurt?»

«Te l'avevo detto: probabilmente siete il OTP di qualche dio pagano.»

«Non penso proprio.»

«E perché?»

«Non è solo.»

   
 
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