"Il giorno dopo mi svegliai con una sensazione strana addosso. Non so per quale motivo,quella notte non avevo fatto altro che pensare alla frase che mi era uscita qualche ora prima dalla bocca “Stavo parlando con un mio amico”. Amico. Non lo conoscevo nemmeno da 24 ore e già lo avevo chiamato amico. Non mi era mai successa una cosa simile,ho sempre dato peso alle parole,di “amici” ne avevo pochi. Pochi su cui fare davvero affidamento,pochi che sapevano davvero ciò che avevo passato,pochi che conoscevano la mia infanzia un po’ travagliata e pochi che sapevano ciò che provavo veramente anche quando dicevo il contrario. Non mi aprivo mai tanto con la gente,non lasciavo mai avvicinare troppo nessuno. Non più."

" Erano tutti lì per lui,ma lui non riusciva a vederli. Inevitabilmente guardai in alto,come per sperare che lui mi stesse guadando,che lui si stava nascondendo tra quelle nuvole grigie,cariche di pioggia. Cazzate. Non ero emotivamente pronto per buttarmi nelle fauci di quelle persone,per le condoglianze,per il terzo grado,per tutte le domande sulla sua morte,su come l’avessi trovato in quella stanza. Solo. Lontano da casa. La gola iniziò a farmi male,come se dentro ci fosse un fuoco. Una goccia mi bagnò la guancia e ci misi un po’ per capire che non era una lacrima,ma una goccia di pioggia. Stava iniziando a piovere. Rivolsi il viso verso l’alto ed aprii la bocca,come facevo da bambino,forse quel fuoco che sentivo si sarebbe spento. "