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Autore: EmaEspo96    06/04/2013    5 recensioni
[ STORIA INCOMPLETA ] Le aveva promesso di dimenticarla, di non trasformarla e di seguire suo fratello Niklaus pur non accettando quanto egli avesse fatto in passato. E lui l'aveva fatto, cercando di seppellire l'insopportabile ricordo di quella notte fresca e cupa in cui l'aveva vista morire. Ma lei non è morta, lei è tornata e non potrà mai più morire.
Dal secondo capitolo:
– Il mio nome è Sofia. – gli disse improvvisamente mentre avanzava lungo quel marciapiede di Firenze al fianco di quell’individuo. Indossava vecchi abiti risalenti agli anni ‘70 che le davano l’aria di una bambola di porcellana. Il vampiro volse lo sguardo verso di lei notando il suo tentativo di rompere il silenzio, un tentativo che era andato piuttosto bene.
– Elijah. – le rispose freddo, guardandola di sottecchi. Lei sorrise piegando le labbra di quel rosso acceso e socchiudendo gli occhi per pochi istanti.
[...]
– Trovo che Sofia sia uno splendido nome. – affermò il vampiro, complimentandosi con lei.
Lei sorrise divertita ed abbassò timidamente lo sguardo – Io invece penso che Elijah sia un nome davvero strano. – commentò, offendendolo.

- E' la mia seconda fanfiction. Spero di vedervi presto leggere e/o recensire. :) -
Genere: Mistero, Romantico, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Elijah, Nuovo personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo, Violenza
Capitoli:
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“Cara mamma,
è passato un bel po’ di tempo dall’ultima volta che ti ho scritto. Sono a Mystic Falls, adesso. Sono cambiate molte cose, davvero molte cose. Ma non sono qui per parlarti dei miei problemi, non voglio più assillarti con questi. Sono qui per dirti che sto bene, questo posto mi piace. Ho dei nuovi amici, tutti molto gentili, tutti molto affidabili. E poi l’ho ritrovato, sai mamma? Elijah. Era qui, a Mystic Falls, ed ho davvero sentito di dover di nuovo respirare quando l’ho visto. Ha i capelli un po’ più corti, sai? Ma a me piacciono comunque. Credo sia uno dei particolari che mi ha spinta a parlargli quella notte, ha sempre avuto dei capelli così belli!
Sto ridendo. E’ la prima volta che ti scrivo e non piango, è già un passo avanti. Non faccio più male alle persone, sto frequentando la scuola, e qualunque cosa accada ho sempre qualcuno al mio fianco. Non sono più la ragazzina che si siede su una panchina a guardare le persone che le passano davanti, non sono più quella ragazzina che passava il tempo da sola in attesa della morte. E tu puoi vedermi, vero? Spero di si. Perché con tutto quello che è successo ultimamente, voglio credere che chiunque sia morto è da qualche parte intorno a me che mi sta osservando. Ho rivisto Molly e Margaret, ho visto i loro fantasmi, ma avrei voluto rivedere anche te. Mi manchi, mamma. Ti voglio bene, ti vorrò sempre bene.”
 
Sofia sollevò lentamente la penna dal foglio pallido sopra il quale aveva appena scritto, senza rileggere nessuna delle parole che aveva inciso su di esso. Era sua abitudine non farlo, per non correggersi o sentirsi ridicola. Posò la penna prendendo subito dopo il foglio e ripiegandolo accuratamente all’interno della busta da lettere che aveva sulla toletta lì vicino. Si portò in piedi, illuminata dai soli raggi lunari che filtravano dalla finestra, e si avviò verso l’armadio con espressione tranquilla. Mai come quel momento si sentì rilassata mentre depositava una nuova lettera all’interno di quell’enorme scatolone dentro il suo armadio. Ed era bello, poter respirare un minimo di serenità dopo tutti quegli anni passati a dannarsi e maledirsi per ciò che era diventata. In quel momento stava bene, e le piaceva.
 
Il sole picchiava forte, nonostante mancasse davvero poco a Natale, su Mystic Falls. Un leggero venticello soffiava fra le vie permettendo comunque agli studenti di pranzare all’esterno dell’edificio scolastico. Come loro stavano facendo. Sofia sedeva ad uno di quei tavoli in legno da giardino insieme a Caroline, Bonnie, Elena e Stefan. L’argomento, grazie alla vivace Caroline, riguardava naturalmente la festa scolastica che si sarebbe dovuta tenere quella sera.
– Insomma, Helen lo scorso ballo indossava un vestito orribile. Spero davvero che questa volta si inventi qualcosa di meglio. – sbuffò Caroline, trafiggendo bruscamente uno dei maccheroni che aveva all’interno della ciotola in alluminio. Elena scosse il capo, avvinghiata dolcemente a Stefan, giocherellando con le carte che restavano del suo pranzo.
– Io penso che non dovresti giudicare così tanto i vestiti degli altri, Caroline. – proruppe la Gilbert. Bonnie sorrise divertita, come se potesse prevedere la reazione della Forbes.
– Io non giudico niente, Elena. – rispose la bionda, agitando la forchetta in plastica che aveva in una mano – Metto solo nero su bianco quello che vedo. Dai, non è mica colpa mia se quella ragazza è un oltraggio alla moda! – sbottò Caroline nuovamente. Quasi tutti risero a quelle parole.
– E sentiamo, tu cosa indosserai stasera? – domandò Bonnie, deglutendo l’ultimo pezzo del suo pranzo e portando i suoi occhi scuri sulla figura dell’amica bionda che aveva accanto, mentre Sofia se ne stava in beato silenzio ad ascoltare attenta tutto ciò che dicevano, quasi come Stefan. Fu come un richiamo per Caroline che, a quella domanda, scattò retta sulla schiena puntando i suoi occhi chiari sull’amica strega. La indicò con la forchetta.
– Eh no, vedrai stasera. E’ una sorpresa! Ti dico soltanto che è stupendo. – affermò la ragazza, andando a guardare subito dopo tutti gli altri. Bonnie scosse il capo mormorando un “Ovviamente” divertito.
– Voi cosa indosserete, invece? – domandò nuovamente Caroline, guardandoli tutti.
– Ehi, tu non hai voluto dirci cosa indosserai stasera, cosa ti fa pensare che lo faremo noi? – domandò Elena ironicamente, puntandola coi suoi occhi scuri e sorridendole amichevolmente. Caroline sorrise.
– Almeno posso darvi un parere. – si giustificò la Forbes, infilandosi in bocca subito dopo una foglia d’insalata. Ma nessun’altra ebbe il tempo di proferir altra parola che Alaric si avvicinò a loro con un’espressione seria. Si accomodò al tavolo, appoggiando su di essi i gomiti ed andando subito dopo a guardare tutti.
– C’è una nuova infermiera nella scuola. – sussurrò il professore, facendo scorrere il suo sguardo su tutti i presenti. – Dice che sta correndo una nuova malattia e lei vuole accertarsi che gli studenti non vengano contagiati, quindi ha intenzione di fare un prelievo a tutti entro oggi. – continuò Alaric, con aria cupa. Stefan inarcò un sopracciglio.
– E qual è il problema? – domandò il più piccolo dei Salvatore, facendo scorrere un braccio sulle spalle di Elena per allontanarlo da lei, poiché l’aveva tenuto a cingerla sino a quel momento. Si sporse sul tavolo per concentrarsi meglio sulla conversazione con Alaric, dato che il professore sembrava seriamente preoccupato.
– Il problema è che ho pensato di avvisarvi. Gli studenti normali non devono di certo temerlo a meno che non abbiano paura degli aghi. Ma voi siete vampiri, ibridi, streghe e non so come funzioni questa cosa. Quindi ditemi se avete voi qualche problema. – continuò Alaric, riprendendo a guardarli uno ad uno. Stefan spostò il suo sguardo incrociando gli occhi confusi e pensierosi di tutti coloro che circondavano il tavolo insieme a lui. Dopodichè ritornò a guardare Alaric scuotendo morbidamente il capo.
– Non credo sia un problema. Insomma, per quanto riguarda i vampiri, basterà nascondere il fatto che le ferite si rimarginano velocemente. – continuò, annuendo poi.
– E noi streghe sappiamo usare la magia, ma non siamo diverse. Quindi per me non c’è problema. – aggiunse Bonnie, con tono sicuro, mentre si sporgeva sul tavolo per appoggiarvi i gomiti ed incrociare subito dopo le braccia sulla superficie.
– E non dovrebbe essere un problema nemmeno per Tyler, credo. – intervenne Caroline cercando un consenso negli altri. – Insomma, lui non è tanto diverso da noi vampiri. – continuò. Stefan annuì alle sue parole, guardando poi Alaric.
Il professore annuì, guardandosi intorno e facendo per alzarsi dal tavolo. – Bene allora, se non ci sono problemi è tutto apposto. Ci vediamo a lezione. – terminò il professore di storia salutando con un cenno del capo ed allontanandosi da lì subito dopo.
E quando il professore sparì, al tavolo cadde nuovamente il silenzio. Sofia sollevò una mano a scostare i resti del suo pranzo, abbassando timidamente lo sguardo.
– E’ possibile che una vampira abbia paura degli aghi? – domandò, sollevando lentamente lo sguardo. E quando lo riportò sugli altri, vide soltanto espressioni sconvolte sui volti dei suoi amici che una volta erano spensierati e sereni. E lo capì: non era possibile.
 
Fece battere dolcemente le nocche delle mani contro la superficie della porta dell’infermeria. Quando sentì quell’ ‘avanti’ esclamato e provenire dall’interno, si apprestò a fare il suo educato ingresso. Gli occhi verdi di Sofia caddero subito sulla figura della donna seduta su una sedia da scrivania, di quelle con le rotelline, frugare attentamente tra alcune carte sulla sua scrivania in acciaio. Ma la prima cosa che la vampira notò non riguardava la nuova infermiera della scuola, bensì l’adorabile profumo del sangue contenuto in alcune fialette che iniziò ad invaderle le narici. Cercò di dimenticarlo, di pensare ad altro e di impedire alla fame di avere il sopravvento. La donna sollevò il suo sguardo dalle scartoffie, mostrando un paio di occhi azzurro chiaro nascosti dietro i vetri dei suoi occhiali da segretaria che andarono a posarsi sulla figura della vampira. Piegò le sue labbra carnose in un sorriso mentre indietreggiava con la sedia.
– Vieni, accomodati. – le disse, indicandole il piccolo sgabello posto nei pressi della scrivania. Solo dopo l’infermiera si passò una mano tra i lunghi capelli rossi dalle sfumature color carota, e le sorrise di nuovo. Sofia sorrise di rimando avvicinandosi allo sgabello ed accomodandosi rigidamente.
– Mi sembri a disagio. – le sussurrò l’infermiera, inarcando un sopracciglio. Era una donna giovane, probabilmente aveva meno di trent’anni, e lei sembrava molto più a suo agio della bionda. Sofia scosse il capo sorridendo imbarazzata.
– Diciamo che non ho molta simpatia per gli aghi. – ammise la vampira, cercando di sembrare quanto più calma possibile. La vecchia paura degli aghi era il problema minore in quel momento. Avrebbe volentieri strappato la giugulare della donna e bevuto ogni singola goccia di sangue dal suo corpo e dalle fialette che la circondavano, ma cercava seriamente di contenersi. L’infermiera le sorrise premurosamente.
– Non preoccuparti, è solo una piccola puntura a fin di bene. – le disse la donna. Sofia annuì e, quasi istintivamente, si passò una mano sul piccolo topazio blu che penzolava dalla collanina per il sole. La raccolse spingendola all’interno della maglia, e l’infermiera notò quel gesto. La vampira la vide corrugare la fronte attratta e confusa al contempo da quel piccolo ciondolo, mentre col viso si sporgeva per guardarle meglio la collanina.
– Quella collana, è davvero bella. Dove l’hai presa? – le domandò l’infermiera. Sofia calò il suo sguardo sulla collana sfilandola nuovamente dalla maglia e guardandola, come se per un attimo avesse dimenticato.
– E’ un regalo di mia madre. – ed in parte mentì. Sua madre non gliel’aveva mai regalata, era stata lei a prendersela dopo la sua morte. – Non so dove l’abbia presa. – continuò. La donna sollevò il capo e sorrise annuendo.
– Capisco. E’ come quel tipo di collane che mi piacciono da morire. – commentò la donna sollevando il mento. Si voltò raccogliendo una delle siringhe preparate per le visite e si preparò per il prelievo.
– Inizia a dirmi come ti chiami, comunque. E che anno frequenti. – annunciò l’infermiera assumendo un’espressione professionale e seria. Si sistemò gli occhiali sul naso e si voltò a guardare di nuovo la vampira mentre, da sola, iniziava a raggomitolare accuratamente la manica del suo maglioncino, scoprendosi un braccio.
– Mi chiamo Sofia Fiorentini, e frequento l’ultimo anno. – si presentò la bionda, tendendole il braccio e fissandola timorosamente. L’infermiera le raccolse gentilmente l’arto, disinfettando accuratamente  il punto in cui avrebbe dovuto infilare l’ago, e piegò le labbra in un morbido sorriso.
– Io mi chiamo Deborah McDowell. – si presentò, ritraendosi per raccogliere la siringa – Adesso non preoccuparti. Cercherò di non farti male. – le disse con premura, sorridendole mentre sfilava la sottile copertura dalla siringa. Sofia le sorrise di rimando, consapevole che non avrebbe avvertito alcun dolore. Essere una vampira portava alcuni vantaggi, ma ricordava benissimo i pianti e le urla assordanti che si lasciava scappare da piccola ogni volta che la madre voleva portarla a fare una puntura.
Sentì presto l’ago penetrarle la pelle ed il sangue fluire fuori dal suo braccio. Non vi era dolore, era abbastanza forte da non provarlo, ma cercò di non apparire indifferente. Deborah sfilò subito dopo l’ago dal suo braccio e si voltò a raccogliere con una mano un piccolo pezzo di ovatta sterilizzata per tamponare la sua ferita, che incontrollata andava rimarginandosi. Era un buchino così piccolo che ci mise davvero pochi secondi a richiudersi, tanto che Sofia cercò di prendere per prima il cerotto che la donna le aveva preparato per metterselo sul braccio e nascondere quell’innaturale ripristino che il suo braccio aveva avuto. E l’infermiera le fece fare senza opporsi, mentre si preoccupava di mettere il sangue della vampira in una fialetta, dalla quale l’avrebbe poi ripreso per analizzarlo. Quando ritornò ad immergere i suoi occhioni chiari, ancora coperti dagli occhiali, in quelli verdi della bionda sorrise contenta.
– Hai visto allora? Ti ho fatto male? – domandò Deborah, battendosi le mani sulle gambe con aria soddisfatta. Sofia sorrise divertita e chinò appena il capo verso una spalla.
– Solo un po’. – le rispose, scherzosa. Si riabbassò la manica della maglia tenendosi il cerotto sul braccio e poi si sollevò in piedi.
– Ritorno a lezione, allora, se non è un problema. – annunciò la vampira, indicando la porta alle sue spalle con un lento movimento del braccio. L’infermiera annuì.
– Dì pure al professor Saltzman che può mandarmi il prossimo studente. E ringrazialo per l’aiuto che mi sta dando. In questa scuola siete davvero tanti! – affermò Deborah, allargando platealmente le braccia. Sofia annuì.
– Certamente, la ringrazio. – le rispose, prima di avviarsi verso la porta per aprirla ed uscire, sparendo in quel modo dalla vista dell’infermiera.
Deborah fissò la superficie della porta facendo lentamente sfumare il suo sorriso. Raccolse la fialetta sopra la quale attaccò il piccolo adesivo con il nome della studentessa che si era appena allontanata, facendo oscillare il vetro per permettere al sangue all’interno di muoversi. Lo osservava con aria attenta e minuziosa, come se in quel liquido vermiglio cercasse di vedere qualcosa di diverso o inusuale.
 
Sofia staccò con delicatezza il piccolo cerotto che aveva messo sul braccio, gettandolo subito dopo nel piccolo cestino che aveva in cucina. Elijah, sotto la soglia della porta d'essa, la osservava mentre faceva oscillare un bicchiere riempito di sangue di cui si stava tranquillamente nutrendo.
– Da piccola avevo paura degli aghi. – ammise la vampira, interrompendo quel silenzio, e voltandosi verso l’Originale per sorridergli. Si avviò verso di lui passandogli accanto per raggiungere la sua camera. Elijah la seguì verso l’esterno, bevendo il contenuto del bicchiere e fermandosi nei pressi del divano.
– Ricordo che mi hai accennato una cosa del genere tempo fa. – le rispose lui con quel suo tono composto mentre si voltava verso la cucina per andare a posare il bicchiere da lui utilizzato.
Sofia, intenta a rovistare nell’armadio, sorrise al sentire quelle parole. Tirò fuori alcuni vestiti, ancora penzolanti dalle loro grucce, e li distese sul letto proprio dietro di lei. Guardò i tre vestiti che aveva preso dall’armadio, quelli che più le piacevano naturalmente, e si passò distrattamente una mano tra i boccoli biondi. Erano tre vestiti eleganti, di cui uno che ricordava i vestiti degli anni 80, che sembravano metterla particolarmente in agitazione. Uno dei tre era rosa pallido, visibilmente corto, dal busto stretto e con una gonna a palloncino che si apriva terminando ipoteticamente sulle ginocchia, mentre un altro vestito era blu notte e liscio, e giungeva sino alle cosce. Privo di spalline, era munito di un adorabile scialle di un celestino appena più chiaro e leggermente trasparente. Lei si chinò ad afferrare delicatamente la gruccia del vestito risalente agli anni 80, sollevandolo dal letto e posizionandolo penzolante dall’armadio. La parte superiore del vestitino, che partiva dalle spalle e terminava sotto il seno, era di un tessuto nero e trasparente, mentre il resto del vestitino, che poteva giungere sin sopra le ginocchia, era caratterizzato da una distesa viola sopra la quale si spargevano svariati motivi floreali, tutti neri. Era già certo che avrebbe indossato quello per la festa della scuola, ma erano gli altri due a renderla indecisa.
Sentì Elijah muovere dei passi all’esterno, ma non accennava ad entrare nella camera. Sembrava invece intenzionato a sedersi sul grande divano del salone, e lei riuscì a vederlo accomodato elegantemente su quest’ultimo. E vista la posizione del divano, lei riusciva soltanto a vedere la nuca dell’Originale dalla sua camera. Sorrise, involontariamente, avvertendo una sorta di piacevole sensazione crescerle dentro.
– Rosa o blu? – gli chiese, improvvisamente, senza che nessuno dei due instaurasse un contatto visivo. Potevano benissimo sentirsi anche stando in due camere diverse per due semplici motivi: la casa non era enorme, ed erano due vampiri. Sofia raccolse i due vestiti dal letto tramite le loro grucce e si diresse verso la porta della camera. La oltrepassò di un paio di passi, sollevando i vestiti e mostrandoglieli quando lui si voltò posando i suoi occhi neri sugli abiti. Li scrutava attento e tranquillo.
– Ho questi due vestiti che mi piacciono davvero molto, ma un solo evento in cui posso utilizzarli. Hai saputo, no, che il sindaco Lockwood organizza una festa per Capodanno? – spiegò lei, alternando i suoi occhi verdi tra il volto di Elijah e i due vestiti che teneva sorretti ai lati del corpo.
– Ha invitato anche la mia famiglia. Penso che quella donna organizzi una festa per ogni minima occasione, non sa davvero come spendere i suoi soldi. – ironizzò lui, sebbene mantenesse una fredda aria calma. Ma Sofia sorrise ugualmente davanti a quelle sue parole. Si spostò e camminò verso il divano, sotto lo sguardo attento dell’Originale, e si portò davanti a lui.
– Allora? Quale pensi sia più carino? – gli domandò lei ulteriormente, appoggiandosi contro i vestiti per dargli un’idea. Elijah continuò a guardarla, restandosene seduto, prima di piegare le labbra in un debole sorriso.
– Potresti indossarli entrambi. – fece notare, gesticolando distrattamente con una mano mentre l’altra si appoggiava comodamente su uno dei braccioli del divano. Sofia corrugò la fronte confusa.
– Nel senso che metto uno per l’inizio della serata e poi mi cambio per mettere l’altro? – chiese, stranita. Di certo non aveva intenzione di prepararsi due volte per un’unica festa. Ad Elijah scappò un sorriso, divertito dall’ingenuità di lei. Si scostò dallo schienale del divano e si sporse verso di lei studiando maggiormente i due vestiti.
– Nel senso che avrai due vestiti per due eventi diversi. – iniziò a dire lui, sollevando i suoi occhi neri definitivamente e perdendoli negli occhi verdi della vampira in piedi davanti a lui. – Anche mia madre darà una festa nella settimana di Natale, ed a me farebbe piacere se tu venissi. – continuò l’Originale. Sofia sgranò gli occhietti, sorpresa da quella rivelazione.
– Tua madre darà una festa? – domandò di nuovo, cercando di assicurarsi che le sue orecchie non l’avessero tradita nel frattempo facendole recepire informazioni sbagliate. Elijah sorrise elegantemente, tirandosi nuovamente indietro col busto.
– Un ballo. Dice che noi siamo i nuovi arrivati, e dobbiamo dare una buona impressione. Sta già preparando tutto, e ha chiesto a me e ai miei fratelli di iniziare a chiamare gli invitati. Ovviamente, nessuno di loro l’ha presa molto bene. – spiegò lui, muovendo una mano a mezz’aria con distrazione.
Sofia lo ascoltò attenta, vagamente confusa e sorpresa, mentre sorreggeva quei due vestiti. Davvero non riusciva a credere ad una cosa del genere, seppur si stesse sforzando. Ma infine decise di sorridere e prese a guardare di nuovo i due abiti prima di ritornare ad immergere i suoi occhi verdi in quelli scuri del vampiro.
– Non credo ci sia bisogno di dirvi che verrò. Non mi negherei mai un ballo con voi, signor Mikaelson. – cinguettò lei con aria dolce, sorridendogli alla stessa maniera. Elijah sorrise di rimando, un sorriso che probabilmente poche volte aveva usato da quando era diventato un vampiro. Un sorriso che riusciva ad utilizzare soltanto con lei, e ne era consapevole.
– Quindi facciamo così. Rosa per il ballo a casa Mikaelson, blu per Capodanno. – annunciò lei, indicando i due vestiti man mano che parlava. L’Originale annuì, d’accordo con lei. Solo in quel momento Sofia si mosse nuovamente riprendendo a dirigersi verso la sua camera ed entrando nuovamente in essa. Posò i vestiti, dato che ormai aveva deciso di indossarli entrambi visti i due eventi imminenti, ed in quel momento non le restava altro da fare che aspettare Caroline per andare a comprare gli ultimi accessori per il ballo scolastico di quella sera. E fu in quel momento che ci pensò, mentre richiudeva l’armadio lasciando fuori da esso soltanto l’abito nero e viola. Si voltò verso la porta della camera ed uscì fuori avanzando verso il divano.
– A proposito di balli. – iniziò a dire lei, attirando ancora una volta l’attenzione dell’Originale. Si accomodò sul divano al suo fianco, guardandolo con aria assorta. – Mi accompagnerai anche al ballo di questa sera? – gli domandò. Elijah ci pensò un attimo, rammentando alcuni eventi avvenuti a casa sua nelle ore prima. Mosse le dita della mano che teneva appoggiata ad uno dei braccioli del divano, accarezzando distrattamente il tessuto e tenendo i suoi occhi lontani da quelli di lei prima di ritornare a guardarla.
– Non credo di poterti accompagnare. – le rispose, composto ed elegante come sempre. Sofia strinse le labbra, ma non riuscì a dire altro poiché l’Originale continuò. – Ho promesso a Rebekah che avrei accompagnato lei. Sai, è molto irascibile ultimamente, e non fa altro che estraniarsi dalla famiglia o reagire male a qualunque cosa le si dica. L’unico con cui sembra essere più calma è Niklaus, ma lui ha asserito che non ha intenzione di accompagnarla ad uno stupido ballo scolastico. Quando l’ho sentita gridare, non ho potuto evitare di dirle che l’avrei accompagnata io. E’ stata molto felice di far notare a Niklaus che si sarebbe divertita comunque anche senza di lui. – spiegò il vampiro, guardandola con aria seria. Sofia schiuse le labbra leggermente sorpresa, poi le richiuse e sorrise debolmente.
– Beh, ma ci sarai comunque. – commentò lei, allungando una mano verso una di lui e carezzandogli gentilmente il dorso di essa. – Ed in fin dei conti penso che la reazione di Rebekah non sia tanto sbagliata. Si è sentita tradita, e probabilmente vuole soltanto che qualcuno le dimostri di tenerci e non…la usi come contenitore dell’anima per ritrovare il suo corpo. – continuò la bionda, piegando le labbra in una sorta di smorfia nel dire quelle ultime parole. Ma fu una smorfia che Elijah non vide, poiché i suoi occhi scuri si abbassarono sulla mano di lei che era rimasta appoggiata su una di lui. Quando sollevò di nuovo lo sguardo, Sofia gli stava sorridendo dolcemente.
– Quindi non è un problema se non mi accompagni alla festa. – continuò lei. Si sporse appena verso di lui raggiungendo ben presto il suo viso ed appoggiando le sue labbra carnose e morbide contro quelle dell’altro. Fu un bacio casto, veloce, gentile ma che Elijah accettò volentieri. Socchiusero gli occhi mentre le loro labbra si incontravano di nuovo, in un secondo bacio innocente, prima che lei si tirasse indietro riaprendo gli occhi ed immergendoli nello sguardo scuro dell’Originale. Elijah la guardò, schiudendo appena le labbra in un fremito che nascose facilmente. La vide con la chiara intenzione di rimettersi seduta comodamente, ad aspettare Caroline in tranquillità e silenzio, ma fu una delle poche volte in cui fu mosso dall’istinto. Una mano dell’Originale si sporse fulminea verso di lei cingendole delicatamente una spalla. La attirò a sé bruciando presto quella distanza che separava i loro volti, e sebbene lei fosse sorpresa inizialmente, non esitò a perdersi contro quelle labbra in un bacio che ben presto si macchiò di passione. La mano di lui si staccò dal bracciolo sopra il quale si era appoggiata per portarsi a raccogliere il viso di lei sul palmo. Nel momento stesso in cui Sofia aveva sentito di nuovo quelle labbra ed aveva socchiuso gli occhi perdendosi maggiormente in quel contatto, aveva sentito inspiegabili sensazioni pizzicarle sotto la pelle in ogni punto del corpo. E quando sentì la mano di Elijah accarezzarle il viso, si sollevò involontariamente in ginocchio sul divano, senza mai interrompere quel contatto, per sporgersi maggiormente verso di lui. Portò entrambe le mani sopra le spalle di lui, mentre continuava a baciarlo, appoggiandosi contro il vampiro e curvando la schiena per spingere il viso contro il suo. La mano libera di Elijah si appoggiò contro un fianco di lei accarezzandoglielo con gentilezza prima che anche l’altra sua mano scendesse dal viso per afferrarle morbidamente l’altro fianco e tenerla vicina. E sebbene nessuno dei due avesse quella necessità di respirare, interruppero quel bacio pur restando in quella posizione. La bionda sollevò il capo quando sentì le labbra di Elijah sfiorarle dolcemente il mento, sentendo la pelle bruciare e fremere al contempo sotto i baci che lui stava disegnando in quei punti. Ed inclinò il capo facendo risalire le mani dalle spalle di lui sino ad immergerle nei suoi morbidi, ed adorabili, capelli neri. Vi perse dentro le dita con una sorta di possessione mentre lui faceva risalire una mano dietro la schiena di lei per avvicinarla ulteriormente, e facendo scendere il viso nell’incavo del suo collo. Lo baciò, con dolcezza, mentre le dita di lei si muovevano tra i suoi capelli in carezze delicate. Elijah riuscì facilmente a sentire un sospiro fuoriuscire dalle labbra di lei e soffiare dolcemente nei pressi della sua testa, ma quando improvvisamente la porta d’ingresso della casa suonò, ogni piccola sensazione si distrusse costringendo i due ad interrompersi, e lei a riaprire gli occhi. Sofia fece scivolare le mani sino a poggiarle sulle spalle di Elijah, accompagnandolo mentre lui indietreggiava col corpo voltandosi con gli occhi scuri verso la superficie in legno che chiudeva l’ingresso della casa.
– Sofia? – la voce di Caroline proruppe nella casa, sebbene la vampira fosse ancora all’esterno, e solo in quel momento Sofia riuscì a ricollegare tutto abbassando i suoi occhi in quelli scuri del vampiro. Li sgranò leggermente, spingendosi indietro e portandosi in piedi velocemente. Elijah si schiarì la voce, portandosi in piedi e sistemandosi con eleganza e compostezza la camicia nascosta dalla giacca scura, e subito dopo anche la giacca. Passò una mano tra i capelli mentre Sofia correva verso la porta, aprendola e sorridendo scombussolata all’amica.
– Ehi Care, eccoti qui finalmente! – esclamò, ridacchiando imbarazzata. La bionda all’esterno della casa sollevò un sopracciglio stranita ma guardando verso l’interno si accorse ben presto della figura di Elijah. Sorrise maliziosamente.
– Ho interrotto qualcosa? – domandò la Forbes in un sussurro che venne ugualmente sentito dall’Originale, ma che sembrò non scomporsi. Sofia si paralizzò prima di scuotere bruscamente il capo.
– Ah, no no! – rispose lei prontamente, agitando una mano. Fu nello stesso momento che sentì una mano di Elijah appoggiarsi su una sua spalla, attirando la sua attenzione. Voltò il capo verso l’Originale, come se temesse sul serio di aver detto qualcosa di sbagliato, ma tutto ciò che vide fu la freddezza tipica che caratterizzava il volto del vampiro.
– Penso sia meglio che io vada ora. – disse lui, apparentemente tranquillo – Divertitevi. – continuò, regalando uno sguardo cordiale alla Forbes che si spostò dall’ingresso permettendo all’Originale di uscire. Sofia posò i suoi occhi verdi su di lui mentre lo guardava percorrere quel vialetto con quella sua postura elegante, infilare una mano all’interno di una tasca della giacca ed infine sparire oltre il cancelletto del piccolo giardino. Aveva un’aria assorta, le labbra schiuse e concentrate sul punto in cui Elijah era sparito, almeno fino a quando Caroline la richiamò.
– Ehi, bella addormentata! Allora? – le disse la Forbes, fissandola con un ampio sorriso macchiato di malizia. Sofia sussultò a quelle parole, ritornando a guardare l’amica. Si passò distrattamente una mano sul collo, lì dove qualche attimo prima posavano indisturbate le labbra di Elijah.
– Dunque…ho trovato il vestito per stasera. Io…ecco, credo che dovresti vederlo per darmi un parere prima di andare a comprare altri accessori. – commentò Sofia, facendo scivolare le mani lungo i fianchi e facendo cenno all’amica di entrare in casa. Caroline la guardò dubbiosa, sollevando il mento.
– Devi dirmi soltanto questo? Sicura? – domandò ulteriormente la Forbes, fissandola con aria indagatoria. Sofia annuì prontamente prima di sorriderle impacciata.
– Solo questo. – mentì. Le serviva un po’ di tempo per rendersi conto di tutto quello che era accaduto prima che Caroline arrivasse.
 
La musica rimbombava ovunque nella scuola in maniera assordante, concentrando il suo frastuono nell’enorme palestra dell’edificio che era stata adibita a sala da ballo anni ’80. C’era da ammetterlo: Caroline e la sua squadra avevano sicuramente fatto un buon lavoro. Sofia fissava con interesse l’orda di studenti, ubriachi e non, che si dimenavano per l’intera stanza al ritmo di musica. Il vestitino le ricadeva morbidamente lungo il corpo, ed i boccoli biondo platino erano lasciati sciolti e liberi, semplicemente molto più sistemati del solito. Volse lentamente lo sguardo verso Caroline al suo fianco, sorridendole dolcemente.
– E’ davvero una bella festa. – si complimentò, intrecciando le mani dietro la schiena con fare bambinesco. Caroline le sorrise solare.
– Già! Ma sai, ancora non riesco a credere che il tuo accompagnatore ti abbia dato buca. – ammise la Forbes, sorseggiando un po’ del ponch contenuto nel bicchiere di carta che aveva in una mano. Si muoveva ogni tanto per seguire la musica, senza mai danzare in una maniera vera e propria. Sofia sospirò arrendevole quando udì le parole dell’amica.
– Non mi ha dato buca, semplicemente verrà alla festa più tardi. Ma ci sarà comunque. – rispose, convincendo anche sé stessa che in qualunque caso avrebbe ballato con Elijah; perché lo desiderava. Sorrise all’indirizzo dell’altra ricambiando lo sguardo poco convinto che Caroline le stava donando.
– Penso che Rebekah avrebbe potuto cercarsi un altro accompagnatore invece di chiedere al fratello. Insomma, potrai anche accontentarti, ma non è carino farti aspettare qui in questo modo. – continuò Caroline, annuendo col capo per darsi maggiore convinzione. Sofia mosse le spalle in un movimento appena percettibile prima di guardarsi intorno con attenzione.
– Anche Tyler sta facendo attendere te, quindi siamo pari. – le rispose prontamente la vampira, e Caroline di conseguenza sollevò le spalle ed il mento in maniera fintamente presuntuosa.
– Tyler è giustificato. Io dovevo terminare gli ultimi preparativi della festa, ed era inutile che venisse a scuola così presto. Sono io ad essere in anticipo, e non lui in ritardo. – disse Caroline, affrettandosi a rispondere. Sofia sorrise divertita dall’atteggiamento dell’amica.
– Anche Elijah è giustificato. – asserì, voltandosi verso la Forbes. Caroline sospirò arrendevole, constatando ancora una volta che quella ragazzina aveva sicuramente una testa dura.
– Dimmi almeno che ti ha chiesto scusa a dovere per non essere venuto. – ed il tono della Forbes parve quasi supplichevole, sebbene sul suo viso andò disegnandosi un sorriso premuroso. Sofia si paralizzò. Continuava a portarsi dietro il ricordo di quel pomeriggio e il dispiacere che provava ogni volta che rammentava di essere stata interrotta. Schiuse le labbra colta da un improvviso imbarazzo, mentre sollevava una mano a passarla tra i boccoli distrattamente. Caroline aggrottò la fronte davanti a quella reazione e si sporse leggermente col viso verso di lei.
– Sofia? – la chiamò, allargando platealmente le braccia – Cos’è? Non ti ha chiesto nemmeno scusa? Ed io che mi ero fatta un’immagine di Elijah totalmente diversa. – sbottò la Forbes, scuotendo il capo in maniera critica e terminando d’un sorso ciò che restava del suo ponch. Sofia sussultò sentendo quelle parole e sgranò gli occhietti verso di lei.
– No no! Mi ha chiesto scusa! – si affrettò a dire, agitando distrattamente entrambe le mani – Forse non a parole, ma…ha sicuramente chiesto scusa. – continuò, annuendo col capo e facendo oscillare bruscamente quei boccoli biondi ordinatamente sistemati. Caroline inarcò un sopracciglio, confusa.
– Stai bene? – le domandò, perplessa. Sofia annuì, forzando un sorriso timido.
– Si, assolutamente. E’ che…non c’è bisogno che incolpi Elijah, ecco. Ha fatto la scelta giusta. – asserì, cercando in tutti i modi di chiudere lì il discorso. Caroline sospirò prima di sorriderle, e fu nello stesso momento che la voce di Tyler sovrastò la musica facendosi udire dalle due bionde presenti, le quali volsero a lui lo sguardo.
– Ehi, Tyler! – esclamò Caroline, poco prima che il suo ragazzo la stringesse con le sue braccia cercando immediatamente un bacio. Caroline non parve nemmeno tanto sorpresa, mentre di conseguenza Sofia strinse la testa nelle spalle indietreggiando di un paio di passi.
– Okay. Io…credo di aver bisogno di bere qualcosa. – si affrettò a dire, sorridendo imbarazzata. Riuscì a ricevere l’attenzione degli altri due, i quali le sorrisero cordialmente salutandola in maniera educata. Non lo dicevano, ma era chiaro che volevano restare da soli, e Sofia lo capì facilmente.
Si voltò incamminandosi velocemente verso i banchetti allestiti per stuzzichini e bevande varie, raggiungendolo in poco tempo. Si guardò intorno per alcuni istanti, cercando di intravedere Elijah o anche solo sentirne l’odore, ma l’unico odore che sentiva era quello degli alcolici che gli studenti avevano segretamente portato alla festa e con i quali si erano liberamente ubriacati. Sospirò, facendo cadere il suo sguardo sul grande recipiente che conteneva il ponch e ne raccolse l’utensile utilizzato per versarlo mentre con l’altra mano prendeva uno dei bicchieri di carta presenti. Ma proprio quando le sue dita sfiorarono il freddo ferro che caratterizzava quell’utensile, alcune dita maschili le sfiorarono il dorso della mano elegantemente facendola sussultare. Allontanò la mano dal ponch, ritraendola verso il petto, e corrugò la fronte quando i suoi occhi caddero sull’ambiguo sorriso che piegava le labbra di Klaus.
– Ho notato che il tuo olfatto inizia ad avere problemi, amore. Di solito mi senti ancor prima che io possa entrare nella tua stessa stanza. – disse lui, sfilandole tranquillamente il bicchiere dalle mani e versandole educatamente del ponch.
– Tu non dovresti essere qui. – commentò lei improvvisamente, sorpresa e sconvolta al contempo. Klaus sollevò le sopracciglia, continuando a sorridere.
– Ah no? So che la tua amica organizzatrice di balli scolastici apprezza tanti presenti. – rispose lui, porgendole il bicchiere. Ma lei non accennò a prenderlo, sebbene lui glielo indicasse continuamente con lo sguardo.
– No. – continuò lei – Avevi detto a Rebekah che non avresti partecipato ad uno stupido ballo scolastico, ed invece ora sei qui. – aggiunse Sofia, mostrando un’aria severa nel suo tono e nella sua espressione. Klaus sbuffò contrariato, appoggiando il bicchiere sul tavolino.
– Rebekah è abbastanza grande per andare ad una festa da sola. E ultimamente è fin troppo appiccicosa. – rispose l’ibrido, con un tono di voce quasi scocciato, allontanando lo sguardo dall’espressione infastidita che si era disegnata sul viso della vampira in poco tempo.
– E’ tua sorella! Come puoi parlare di lei in questo modo? – gli domandò lei, aggrottando la fronte. Klaus ritornò a guardarla, sorridendo ancora una volta.
– Andiamo, tesoro. Hai dei bellissimi occhi, non usarli per giudicarmi. – mormorò l’ibrido, fissandola con uno sguardo quasi dolce, mentre le accarezzava il viso con gli occhi. Sofia gonfiò le guance, ancora offesa, spostando lo sguardo da quello di lui. – Restare a casa era noioso, contando che i miei fratelli non apprezzano la mia presenza. – continuò lui. Per un istante, un momento che la colpì maggiormente, Sofia sentì nel tono di voce usato da Klaus una sorta di dispiacere, o di solitudine. Riprese a guardarlo, scuotendo il capo lentamente.
– Rebekah ti vuole bene. Ed anche Elijah. – gli sussurrò, allungando istintivamente una mano verso una spalla dell’ibrido. Gliela accarezzò con premurosa dolcezza, nel tentativo di allontanare quel senso di solitudine che leggeva in Klaus, e gli sorrise. Quei sorrisi così spontanei e sinceri sembravano essere una delle cose di lei che più attraevano l’ibrido, come in quel momento.
– Facciamo così. Io chiederò scusa a Rebekah per il mio atteggiamento se tu ballerai con me. – asserì Klaus con un tono di voce amichevole. Lei si sorprese, non tanto per la richiesta, piuttosto per il comportamento di lui che non si sarebbe mai aspettata. Scosse il capo bruscamente allontanando la mano dalla spalla dell’ibrido.
– Dovresti chiederle scusa in qualunque caso! – sbottò lei ancora una volta. Klaus rise, sollevando una mano in un palese invito per il ballo.
– Non chiedo scusa facilmente, ma questa volta potrei fare un’eccezione. – continuò lui. Sofia lo fissò per lunghi attimi, titubante, prima che i suoi occhi verdi cadessero sul palmo della mano tesa verso di lei. Non voleva che Klaus chiedesse scusa a Rebekah solo perché lei gli aveva concesso uno stupido ballo, ma allo stesso tempo non voleva restare ferma in un angolo ad attendere che Elijah arrivasse. Sospirò, sollevando una mano ed appoggiandola su quella dell’altro. Klaus sorrise soddisfatto chiudendo le sue dita intorno alla mano di lei, con gentilezza, e la guidò insieme a lui verso la pista da ballo. Ma ciò che sembrò piacere maggiormente a Klaus non fu la sua vittoria, ma la puntuale musica lenta che iniziò a riecheggiare nel loco.
Si voltarono, l’uno davanti all’altro, e mentre l’ibrido sorrideva tranquillo l’altra lo fissava poco convinta. La cinse con dolcezza macinando velocemente la distanza che separava i loro corpi, dopodichè le strinse una mano appoggiando l’altra su un suo fianco. Per un attimo sembrò perdersi nell’odore di vaniglia che lei emanava, così dolce ma forte al contempo.
– Ti dispiace che io ti abbia impedito di concedere il tuo primo ballo ad Elijah? – domandò l’ibrido in un sussurro che venne sospirato direttamente nelle orecchie di lei. Sofia rabbrividì, scuotendo morbidamente il capo.
– Ballerò comunque con Elijah. Sarà qui fra poco. – gli rispose, fissando un punto indefinito oltre la spalla di lui. Klaus annuì in maniera accondiscendente.
– Sei una brava ballerina. – mormorò ancora lui, girando lo sguardo per ammirare il profilo del viso di lei. Sofia immerse i suoi occhi verdi in quelli dell’altro, battendo le palpebre un paio di volte in maniera innocente.
– Anche tu te la cavi. – rispose timidamente, facendo sorridere Klaus maggiormente. Lui le sollevò un braccio, facendola lentamente girare su sé stessa mentre ancora la fissava con insistenza.
– Credo di aver imparato qualcosa in mille anni! – affermò l’ibrido con ironia, lasciandola ancora una volta stupita. Non riusciva a non chiedersi perché non mostrasse al mondo quel lato del suo carattere, invece di essere il Klaus che tutti odiavano. Trovava quasi piacevole stare in sua compagnia. Solo dopo l’ibrido la strinse nuovamente a sé, spudoratamente, seguendo il ritmo di quella musica ormai passata di moda che si abbinava perfettamente alla festa in atto.
– Quando pensi agli anni ottanta, cosa ti torna in mente? – sussurrò Klaus, ad un centimetro dall’orecchio di lei, facendola rabbrividire ancora una volta. Gli occhi verdi di Sofia erano stati fissi verso un punto indefinito oltre la spalla di lui, pur di non accorgersi di avergli concesso un ballo, almeno fino a quel momento. Quando udì quella domanda sollevò il capo portando i suoi occhi ad immergersi in quelli chiari di lui. Era uno scambio di sguardi come qualsiasi altro, eppure nello sguardo di Klaus vi era una certa intensità.
– Michael Jackson. – rispose lei, piegando le labbra rosse in un sorriso limpido – Oh cavoli, quanto lo adoravo. Hai presente Thriller? L’avrò ballata una decina di volte! – esclamò ancora la vampira, cercando di alleggerire la tensione che le stava crescendo in corpo. Era davvero così vicina all’ibrido che aveva ucciso Jeremy, lei ed Elijah senza neanche battere un ciglio? Ma il problema era che quello non sembrava affatto l’ibrido che l’aveva fissata con odio. A quella risposta di lei, Klaus rise.
– Oppure Bon Jovi. C’erano alcune sue canzoni che mi davano seriamente alla testa. – continuò lei, chinando indietro il capo per lasciarsi scappare una semplice risata. Una risata che contagiò anche l’ibrido.
– Non ti facevo un’amante della musica. – affermò l’ibrido, sorridendo in quella sua maniera ambigua. Lei si fece d’un tratto stranita, dopodichè sorrise nuovamente.
– Ed io non pensavo che anche tu potessi essere così. – commentò la vampira, in maniera tranquilla. Sentì Klaus irrigidirsi contro di lei assumendo un’espressione contrariata, seria ed al contempo volse altrove gli occhi.
– Sei piacevole. Divertente. Un bravo ballerino e ti concentri in una conversazione. Perché non mostri questo lato di te alle persone? – mormorò lei con premura, senza preoccuparsi di una possibile reazione di lui fino a quando non la vide arrivare.
Klaus si voltò con un’espressione glaciale, offesa, che le penetrava l’anima incendiandogliela. La spaventò.
– Perché io non sono così. Sono il cattivo, ricordi? – rispose lui – Sono quello che ha ucciso il tuo amichetto, che conserva i suoi fratelli nelle bare e che si serve degli ibridi per poter governare sulle persone. – continuò. Sofia scosse debolmente il capo, intimorita, sentendo le prese di Klaus su di lei farsi sempre più lievi.
– No, queste non sono parole tue, Klaus. – gli sussurrò lei, sentendo le mani di lui scivolare via da lei. Indietreggiò di un unico passo riuscendo comunque a sentire i ringhi sommessi che avrebbero voluto fuoriuscire dalle labbra di lui.
– Questa è una delle cose che odio di te, dolcezza. Il tuo bel visino non ti permette di poter giudicare gli altri. – sibilò lui, avvicinandosi a lei col viso in un atto intimidatorio, quasi animalesco. Sofia indietreggiò, stringendosi nelle spalle e facendolo sorridere ambiguo.
Ma l’ibrido sembrò essere attirato da altro, quando iniziò a sollevare il volto ed a voltarsi lentamente. Il suo sorriso si perse sull’espressione adirata che colorava il viso adorabile di Rebekah, alle sue spalle, stretta in un dolce vestito nero con tanto di cappellino sulla testa.
– Oh, ciao sorellina. Che piacere vederti qui. – affermò l’ibrido, sorridendo platealmente. Rebekah ringhiò, senza badare alla piccola figura semi-nascosta dal corpo di Klaus.
– Sei un bastardo, Nik. – ringhiò la vampira Originale, osservando il fratello con astio. Klaus si finse offeso e sorpreso, guardandosi poi intorno in maniera plateale.
– Oh, andiamo sorellina. Non pensare di iniziare a fare scenate davanti ai tuoi compagni di scuola! – sbottò lui, allargando le braccia ed indicandole tutti gli studenti che li circondavano, di cui alcuni si erano accorti dello scontro verbale e si erano allontanati, o erano rimasti curiosamente ad ascoltare.
– Vai all’inferno! – continuò Rebekah – Hai deciso di non venire alla festa con me perché dovevi andarci con quella sgualdrina? – sbottò ancora la vampira Originale, tendendo un braccio verso l’altra bionda presente. Sofia incassò la testa nelle spalle a quell’affermazione ed indietreggiò di un nuovo passo. Per un attimo, un breve attimo, spostò lo sguardo su Klaus attendendo le sue scuse, o comunque un comportamento che potesse calmare l’altra vampira. Ma Klaus sorrideva, e sorrise anche verso di lei completamente tranquillo.
Non rispose, sorrise semplicemente, e questo provocò in Sofia stupore, incredulità, mentre in Rebekah portò altra rabbia. Gli occhi verdi della vampira lo seguirono mentre passava al fianco della sua stessa sorella e si allontanava per la stanza, sino a sparire. Sofia schiuse appena le labbra, in una maniera incerta, e spostò poi lo sguardo verso Rebekah che continuava a fissarla con dolore e rabbia. Scosse il capo debolmente avanzando di un unico passo.
– No, Rebekah, aspetta. Non è così. – cercò di giustificarsi, ma proprio quando stava per spiegarle tutto, la vampira Originale la interruppe bruscamente.
– No, stai zitta. Non voglio neanche sentirle le tue scuse. – disse Rebekah, fulminandola con quegli occhi chiari. Si voltò, iniziando a darle le spalle, e si allontanò velocemente con passo rigido e nervoso. Sofia ritirò le mani al petto, confusa, non sapendo esattamente come comportarsi.
Sentì gli sguardi dei curiosi che la circondavano e ne ricambiò alcuni, con una certa timidezza, prima di muoversi ed allontanarsi dalla pista da ballo con passo deciso. L’idea era quella di raggiungere Rebekah, trovarla in quella massa di studenti, parlarle, chiederle scusa, o comunque fare qualcosa per risolvere la situazione sebbene dentro sé sentisse una sorta di delusione in merito all’atteggiamento di Klaus. Corrugò la fronte, guardandosi intorno ed iniziando a reputare la musica che rimbombava nel loco decisamente fastidiosa. Doveva seguire l’odore che Rebekah si era lasciata dietro; si sentiva un segugio. Quando, però, stava per uscire dalla palestra una mano la cinse gentilmente per un polso costringendola a bloccarsi. Si voltò di scatto, sorpresa e quasi intimorita, ma quando finì col perdersi in quegli occhi scuri che la fissavano quasi con preoccupazione, ogni piccola goccia di timore si dileguò. Elijah la invogliò a voltarsi verso di lui, guardandola.
– Stai bene? – le domandò, con quella sua voce profonda e composta. Sofia battè le palpebre varie volte, facendo poi scorrere lo sguardo su colui che aveva davanti, come se lo stesse studiando. Deglutì rigidamente prima di ritornare a fissarlo negli occhi, ed annuì.
– Ho fatto un casino. – borbottò lei con tono di voce colpevole. Elijah sibilò, zittendola con gentilezza.
– So cos’è successo, ho incontrato Niklaus. E non è colpa tua. Dov’è Rebekah? – le domandò, facendo pian piano scivolare la mano su quella di lei per allontanare la presa. E nel mentre attendeva risposta, il suo sguardo vagò per l’enorme stanza alla ricerca della sorella.
– La stavo cercando, credo sia andata via. – sussurrò lei. L’Originale riprese a guardarla, annuendo lentamente col capo, dopodichè le sorrise.
– Tu aspettami qui. Cercherò di risolvere questa situazione una volta per tutte. – le disse lui, facendo scorrere lentamente un pollice su una gote della vampira, allontanandosi subito dopo. Sofia lo seguì con lo sguardo vedendolo muoversi con quel suo elegante portamento che lo guidò sino alla porta della palestra, oltre la quale sparì.
 
Si era rigidamente fermata in un angolino dell’enorme palestra guardandosi intorno con attenzione per poter scorgere Elijah tornare. Le dita giocherellavano distrattamente con la lunga gonna viola del vestitino, senza preoccuparsi di rovinarne il tessuto. Sebbene l’espressione fosse dispiaciuta, colpevole e preoccupata per la situazione, dentro di lei sentiva crescere la delusione ed il rancore che provava verso Klaus. Sospirò, quando ad un tratto vide Elijah spuntare dalla folla di studenti che si era formata, con quella sua espressione seria e quella mano che ricadeva puntualmente all’interno di una tasca del suo elegante completo. Sembrava la stesse cercando, e non ci mise molto ad intercettarla con lo sguardo. Lei gli sorrise scostandosi dalla parete ed andandogli incontro sin quando si ritrovarono nuovamente l’uno davanti all’altra. Proprio quando lei schiuse le labbra per parlare, Elijah la interruppe elegantemente, immaginando cosa lei stesse per dire.
– L’ho trovata, ed è tornata a casa. Era parecchio furiosa. – commentò lui, compiendo una smorfia col viso. Sofia rilassò le spalle, sebbene si sentisse ancora in colpa, e strinse le labbra.
– Mi dispiace. – sussurrò, sollevando poi una mano a mezz’aria – Non avrei mai dovuto accettare di ballare con Klaus. Mi aveva anche detto che le avrebbe chiesto scusa, ed invece è scappato via peggiorando soltanto la situazione! – sbottò la vampira, agitando casualmente le mani. Elijah stava egregiamente nascondendo che vederla agitarsi in quel modo lo divertiva, sembrava quasi un’innocente bambina.
– Avrei voluto chiederle scusa ma… – stava dicendo ancora lei, quando fu costretta ad interrompersi. Sgranò gli occhi quando si ritrovò le labbra di Elijah sulle proprie, con una mano di lui che le raccoglieva il viso da un lato. E sebbene lo stupore iniziale, quando capì la situazione si rilassò completamente, socchiudendo gli occhi ed ignorando qualsiasi sguardo si stesse posando su di loro, baciandolo a sua volta. L’aveva praticamente zittita, ed a lei la cosa non dispiaceva affatto.
 
Quel giorno di lavoro era stato a dir poco estenuante per lei, e quell’espressione scocciata e quell’andatura stanca con la quale si stava trascinando verso il suo appartamento, non facevano altro che dimostrarlo. Quando si ritrovò davanti alla porta di quel piccolo appartamento, di un motel scadente, sbuffò sonoramente. Sentiva alcuni rumori provenire dall’interno e non le servì molto per capire chi e cosa fosse. Prese le chiavi che gli addetti al motel le avevano fornito ed aprì la porta velocemente, gettandosi all’interno. Gli occhi chiari della donna si portarono sull’uomo che era in piedi al centro della stanza. Un uomo muscoloso, con addosso solo una canottiera sudaticcia e i lunghi pantaloni di una tuta, prendeva continuamente a pugni un sacco da boxe che penzolava davanti a lui. Deborah, l’infermiera dai capelli rossi, sbuffò sonoramente richiudendosi la porta alle spalle.
– Oh, Connor. Chi diavolo ti ha invitato qui? – domandò, avvicinandosi al letto del monolocale ed appoggiandovi sopra la sua ventiquattrore. Connor sorrise beffardo afferrando il sacco da boxe con entrambe le mani e fermandolo. Non aveva capelli in testa, mentre la sua pelle era scura e dal suo aspetto dimostrava sicuramente meno di trent’anni.
– Vorresti dirmi che non ti fa piacere avermi qui? – chiese lui, sfilandosi i guanti da boxe e riponendoli  lì nei pressi mentre stabilizzava il suo respiro ansante.
– Vorrei dirti che mi fa piacere ricevere tue visite fin quando non trasformi il mio appartamento in una palestra che puzza di sudore. – bofonchiò lei, camminando verso la finestra del monolocale. La aprì, ammirando la notte per brevi istanti, voltandosi in seguito verso l’altro che si era stancamente messo a sedere sulla poltrona beige che era presente nella sala. Lui allargò le braccia platealmente.
– Suvvia, mi farò una doccia. Nel frattempo dimmi, com’è andata la tua giornata? – le domandò, osservando la donna mentre si raccoglieva i lunghi capelli rossi dietro la testa, in una coda alta. Si sfilò gli occhiali da segretaria abbandonandoli sulla cassetteria al fianco del letto e nello stesso momento raccolse la sua fidata valigetta.
– E’ stata stancante! – sbottò con tono infantile, appoggiando la valigetta sul tavolo nei pressi della poltrona e trascinandosi una sedia ove accomodarsi. – Ma ho ottenuto buoni risultati. – affermò, facendosi improvvisamente seria. Connor la guardò, sporgendosi subito dopo col busto verso di lei e donandole tutta la sua attenzione.
– Le informazioni che abbiamo ottenuto sono vere. Questa città pullula di vampiri! – aggiunse la donna, aprendo la valigetta e rovistando fra le cose ch’essa conteneva – Come avevo previsto, sono anche a scuola. – continuò.
Tirò fuori dalla valigetta alcuni campioncini di sangue perfettamente conservati sui quali alcune etichette segnavano dei nomi precisi. Li appoggiò sul tavolo uno ad uno, prima di sfilare una cartella. Connor seguiva attentamente ogni piccolo movimento della donna, fin quando lei spostò definitivamente la valigia dal tavolo e sistemò i campioncini di sangue sul tavolo. Raccolse il primo campioncino ed aprì la cartella.
– Sono riuscita a procurarmi le loro foto, così puoi memorizzare meglio i loro volti. Hai capito? Memorizza. – gli disse, e l’uomo annuì.
Mostrò il primo campioncino, sul quale l’etichetta citava il nome di Caroline Forbes, e raccolse la foto della vampira dalla cartella.
– Lei è Caroline Forbes. Apparentemente diciotto anni, figlia dello sceriffo, assolutamente vampira. – disse Deborah, staccando l’etichetta dal campioncino ed allegandola alla foto, per poi porgerla all’uomo. Connor studiò la foto e cercò di memorizzare, annuendo di tanto in tanto col capo.
Nel frattempo l’infermiera raccolse un nuovo campioncino, sfilando una nuova foto dalla cartella. Quando Connor sollevò il viso, poté intravedere il volto di un ragazzo dagli occhi verdi raffigurato nell’immagine.
– Stefan Salvatore. Fa parte di una delle famiglie dei fondatori, ed ha apparentemente diciassette o diciotto anni. Assolutamente vampiro. – spiegò ancora, sfilando anche quell’etichetta ed allegandola alla foto che poi passò a Connor.
Ne raccolse un’altra ancora, insieme ad un’altra foto, mentre l’uomo studiava attentamente i volti dei ragazzi raffigurati nelle foto. Sollevò il viso di nuovo, per dedicarsi alla spiegazione della donna.
– Tyler Lockwood. Figlio del sindaco, anche lui fa parte di una delle famiglie fondatrici come gli altri due. Qui ho avuto qualche difficoltà, dato che il suo sangue non riporta completamente la parola vampiro. – disse lei, guardando la foto dell’ibrido. Connor inarcò un sopracciglio.
– Spiegati meglio. – le chiese con attenzione, appoggiando sul tavolo la foto di Caroline e quella di Stefan.
– E’ per metà vampiro, e per metà licantropo. – rispose la donna con tranquillità, riprendendo a guardare l’uomo.
– Come puoi esserne sicura? – le chiese lui, quasi dubitando delle parole dell’altra. Deborah sorrise in una maniera vagamente presuntuosa mentre spostava l’etichetta con il nome dell’ibrido dal campioncino alla foto.
– Faccio queste cose da un bel po’ di tempo, Connor. – gli rispose semplicemente, porgendogli l’immagine di Tyler ed andando avanti.
– Sofia Fiorentini. Apparentemente diciassette o diciotto anni, si è trasferita qui da non molto. Ha origini italiane. – spiegò, ma gli occhi di Deborah si soffermarono su quella foto molto più di quanto avesse fatto sulle altre. Connor lo notò. Posò l’immagine di Tyler sul tavolo insieme alle altre due e si sporse sul tavolino.
– Cos’altro c’è? – le chiese, con impazienza. L’infermiera sollevò gli occhi chiari verso il volto dell’uomo e spostò l’etichetta dal campioncino alla foto.
– Il suo gruppo sanguigno. – iniziò a dire, senza guardare l’altro – E’ particolare. Si può dire che una sola persona su dieci lo possiede. Potrebbe essere Lei. – aggiunse, sollevando i suoi occhi chiari dall’immagine per portarli sul volto di lui. Connor sembrò sorpreso da quell’improvvisa rivelazione.
– Vorresti dire che… – stava dicendo, ma l’altra lo interruppe scuotendo bruscamente il capo e facendo oscillare la lunga coda rossa che penzolava dietro la sua testa.
– Non voglio dire niente. Potrei essermi sbagliata. Connor, ti ricordi perché siamo qui, vero? Cercherò di studiarla meglio, di capire se è in qualche modo legata a ciò che stiamo cercando, ma tu devi eseguire il tuo compito. – gli disse seria, allungando una mano verso una di lui e carezzandogli morbidamente il dorso, come se stesse cercando di infondergli sicurezza. Connor annuì.
– Perché hai scelto proprio me? – le domandò, appoggiando la foto di Sofia insieme alle altre. Deborah sorrise dolcemente, ritraendo la mano.
– Non sono stata io a sceglierti, è stata la natura. Sei legato a Lei, tu sei uno di quei Cacciatori. Uno dei Cinque. – gli rispose, guardandolo in maniera premurosa. Connor annuì, guardando il dorso della mano sfiorata da Deborah in precedenza. La donna non poteva vederlo, ma su di essa si estendeva un breve ed incomprensibile tatuaggio.
– Comunque! – esclamò improvvisamente la donna, ritornando ai suoi campioncini. Ne prese un altro, ed in seguito una foto – Lei è Rebekah Mikaelson. Anche lei è una vampira. E questi sono solo i vampiri che si trovano a scuola. – spiegò, spostando l’etichetta dal sangue alla foto e tendendola cacciatore. Connor la prese e la studiò, come le precedenti ma notò che i campioncini di sangue non erano terminati.
– Quelli sono altri vampiri? – le domandò incuriosito, riponendo la foto di Rebekah sul tavolo. Deborah scosse il capo.
– Questi fanno parte di miei ipotesi. – raccolse un campioncino, mostrando il nome di Bonnie Bennett – Lei è una Bennett. Una strega. Non riesco a capirlo dal suo sangue ma ho conosciuto molte streghe in vita mia. – spiegò, porgendogli la foto di Bonnie con tanto di etichetta.
Dopodichè raccolse il campioncino con il sangue di Elena Gilbert e ne staccò l’etichetta.
– Elena Gilbert è la fidanzata di Stefan Salvatore il quale ha un fratello di nome Damon Salvatore. I due fratelli Salvatore ti ricordano nulla? – chiese Deborah, porgendogli la foto di Elena con l’etichetta e fissandolo con attenzione. Connor riflettè attentamente prima che qualcosa gli ritornasse effettivamente alla mente.
– I due Salvatore, i fratelli vampiri che si contendevano Katherine Pierce, la doppelganger. – rispose lui, stupito. Deborah annuì disegnando un sorriso sul volto.
– Esattamente. Katherine Pierce era una donna bellissima, e la sua dinastia non era terminata con lei. Questo mi porta a pensare che questa Elena Gilbert sia l’ultima doppelganger, dopotutto i due fratelli erano davvero ossessionati dall’altra. – bofonchiò la donna, osservando attentamente tutto il materiale che era riuscita a procurarsi.
– Ma non ne sei sicura. – commentò Connor, osservandola. Deborah annuì a quelle parole.
– Terrò d’occhio lei e quella ragazza, Sofia. Tu, nel frattempo, inizia ad occuparti degli altri vampiri. – gli chiese, osservandolo con un’espressione decisa. Connor annuì, sorridendole subito dopo in maniera ironica.
– Sono stupito. Sei riuscita a procurarti tutte queste informazioni in un solo giorno. Domani quanti altri nomi mi porterai? – le domandò con ironia, ridacchiando appena. Deborah si unì alla sua leggera risata, soddisfatta del suo lavoro, e si sollevò dalla sedia per avviarsi verso il letto. Connor si alzò dalla poltrona, facendosi improvvisamente serio.
– Sei davvero determinata nelle tue ricerche. Ma non mi hai ancora spiegato perché vuoi trovare Lei. – le disse, osservandola mentre sistemava le sue cose. Deborah parve irrigidirsi a quella domanda e si voltò per mostrargli solo metà del viso, intravedendolo appena.
– Ho i miei motivi per farlo, Connor. Tu vuoi che il tuo tatuaggio sparisca, io posso fartelo sparire. Ma per farlo occorre prima di tutto completarlo, e completandolo io troverò quello che sto cercando. Ci guadagniamo entrambi, no? – rispose lei, voltandosi nuovamente ed interamente verso di lui.
– Ma perché la stai cercando? Trovarla che tipo di guadagno ti porterà? – le chiese Connor in maniera insistente. Deborah indurì la sua espressione, sollevando una mano ed appoggiandosela al fianco.
– Stiamo lavorando insieme perché abbiamo gli stessi interessi, Connor. Ciò che farò io poi non ti riguarda, così come non riguarda me ciò che farai tu quando il tuo tatuaggio sarà sparito definitivamente. – gli rispose freddamente – Intanto vai a lavarti che la puzza di sudore è insopportabile, ed io devo cambiarmi. – continuò, accennando un leggero sorriso presuntuoso.
Connor sbuffò sonoramente, allargando le braccia.
– Io trovo che ‘la puzza di sudore’ come la chiami tu, sia virile! – esclamò in maniera infantile, dileguandosi infine all’interno del piccolo bagno dell’appartamento.
Deborah sorrise leggermente, prima di diventare improvvisamente seria quando si ritrovò da sola in quella sala. Iniziò a sbottonare la camicia mentre si avvicinava con lenti passi al tavolino sopra il quale Connor aveva lasciato le fotografie da lei procurate. Le guardò, sicura che quel piano avrebbe funzionato. Doveva funzionare.
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Note dell'autrice:
Oh mamma! Ci metto sempre più tempo ad aggiornare. D:
Dunque dunque, vi chiedo umilmente perdono. çwç Ma la mancanza di ispirazione è terribile, è già tanto se sono riuscita a scrivere questo capitolo (il cui giudizio lo lascio a voi, perché il mio giudizio è decisamente negativo).

Volevo anche cogliere quest'occasione per chiedere immensamente scusa agli autori delle storie che seguo e che ultimamente non riesco a leggere. Purtroppo per questo periodo è così, ma spero di recuperare presto. ç_ç Perdonatemi!

In più, se volete ho creato anche la mia pagina Facebook in cui posterò aggiornamenti ed informazioni sulle fic che scrivo, che è QUESTA. Gestisco anche una pagina Facebook in cui tratto di telefilm, svolgo richieste grafiche e chi ne ha più ne metta, che è QUESTA. Vi aspetto in tanti!

Ovviamente ringrazio sempre chi mi segue ancora, chi mi ha sempre seguita e chi recensirà questo capitolo. Vi sono veramente grata. <3
- P.s.: titolo del capitolo ed immagine ad inizio capitolo che prima o poi arriveranno! -

   
 
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