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Autore: Kseniya    02/12/2013    8 recensioni
Mi fissa come un cretino, aspettando speranzoso una mia risposta.
Non è da lui comportarsi così e soprattutto chiedere un favore proprio a me.
Deve essere importante.
Sbuffo sempre più scocciato. “Che cosa vuoi?”
Mi onora di un sorrisone a trentadue denti. Boris solitamente non sorride, mostra i denti – o al massimo ghigna. Un po' come Yuri.
Dunque devo averlo fatto contento.
Volente o nolente.
… Sinceramente? Non me ne può fregar di meno!
[...]Vederlo disteso su un letto d'ospedale mi ha fatto crollare emotivamente.
Non potevo sopportare l'idea che il mio capitano, nonché compagno di una vita e di mille avventure, lottasse per la sua vita.
Andare a trovarlo per me è stato un vero patimento. L'orario di visita dell'ospedale non era mai abbastanza... Passavo ore e ore a parlare con lui, nella speranza che potesse sentirmi.
[...]Maledico me stesso sapendo che tutto questo l'ho voluto io, perché non sono stato capace di perdonarla.
Maledico me stesso mentre rimango fermo a guardarla andare via con l'amaro in bocca.
Genere: Comico, Generale, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Boris, Kei Hiwatari, Yuri
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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E' pur sempre il nostro capitano.

~ Capitolo 4.



«La ringrazio dottore, arrivederci.»
Riattaccò e stritolò il proprio cellulare, fissandolo rabbioso.
Ringhiò qualcosa di incomprensibile, poi si voltò alla ricerca di qualcosa su cui scaricare la propria rabbia. Boris lo fissava preoccupato, indeciso se fare qualcosa per calmarlo o se restare fermo a guardare. Lo vide afferrare la maniglia della porta e stringerla fino a farsi sbiancare le nocche della mano.
Varcò l'uscio e sparì dietro la porta, lasciando Boris solo con le sua ansie. Non poteva fare niente questa volta, El l'aveva combinata grossa.
Yuri camminò a passi spediti verso la propria stanza, trovando El seduta su quello che era il loro letto. Lei alzò il volto, quel poco che bastava per poter incrociare lo sguardo del rosso.
Non riusciva a stare ferma, perché la sensazione di essere stata scoperta la stava spingendo verso l'agitazione più imminente; dunque si alzò in piedi ed iniziò a fare avanti e indietro per la stanza.
Yuri la seguiva con lo sguardo, ormai consapevole che quella ragazza era uscita completamente fuori di senno. Si massaggiò le tempie con le dita delle rispettive mani, sospirando. Si sentiva a pezzi.
Come aveva potuto prendere una decisione del genere senza consultarlo?
L'aveva tagliato fuori, non l'aveva consultato malgrado quella faccenda riguardasse anche lui. Aveva agito senza consultare lui, nonché il suo capitano e il suo fidanzato ormai da svariato tempo.
Strinse i pugni, fino a ferirsi i palmi della mani con le unghie, ma non ci badò.
In quel momento avrebbe voluto afferrarla di peso e ucciderla con le sue stesse mani, era fuori di sé.
Era frustrato, deluso, amareggiato e ferito. E il suo orgoglio gli permetteva di esternare quel drammatico stato d'animo solo attraverso la rabbia.
“Credevi di potermelo tenere nascosto ancora per molto?” domandò, infine. El si bloccò in mezzo alla stanza e cominciò a guardarlo sconvolta.
Come aveva fatto a scoprirla? Eppure aveva prestato attenzione ad ogni minimo dettaglio. Era ingiusto, le cose non sarebbero dovute andare a finire così... Le serviva solo un po' più di tempo per trovare il coraggio opportuno con il quale confessargli tutto. Ma le era andata male, Yuri aveva anticipato le sue mosse.
Lui era sempre un passo avanti a lei.
“Yuri, io...” la frase le si spense in gola, rendendola incapace di formularne una nuova. Non sapeva che cosa dire, quali parole utilizzare. Era tutto inutile, perché la consapevolezza di aver fatto un errore imperdonabile era affiorata tra i suoi pensieri.
Yuri cercava di trattenere lo sdegno, con scarsi risultati. Era disarmante non potersi più fidare dopo tanti anni di un componente fondamentale della squadra, non poter più fare affidamento sulla propria compagna.
Lui l'aveva amata, aveva cercato di non farle mancare niente. E lei? Lei lo ripagava così, tradendo deliberatamente la sua fiducia.
Accennò un sorriso, ma non aveva niente di felice. Era un sorriso dovuto all'isterismo di cui era preda nel momento.
“D'ora in avanti non sarai più ritenuta a tenermi al corrente delle tue oscenità.” le disse, perforandola con lo sguardo.
La bionda aggrottò la fronte, corrugando le sopracciglia e guardandolo incredula. “Che cosa intendi dire?”
La voce le risultò tremula, chiaro segno che il suo subconscio in realtà sapeva già cosa stava per dirle.
“Intendo dire che sei fuori, El.”
Lei scosse la testa un paio di volte, sorridendo amaramente. “Mi stai lasciando?”
“Non ti sto solo lasciando, ti sto anche cacciando fuori dalla squadra.”
A questo punto El spalancò completamente gli occhi. “Cosa?!”
Yuri annuì, continuando a guardarla con quegli occhi freddi e severi. “Hai tradito la mia fiducia, in ogni campo. Ti voglio fuori di qui in meno di un'ora.”
Non le diede il tempo di ribattere, perché uscì fuori dalla stanza chiudendosi la porta alle spalle.
Una lacrima attraversò la linea dolce dello zigomo, cambiando di punto in bianco direzione e andando ad insinuarsi tra le sue labbra. Sentì il retrogusto salato stuzzicargli il palato.
Alzò lo sguardo e annegò negli occhi di Boris, che si trovava in piedi davanti a lui caratterizzato da un'aria decisamente triste.
Tuttavia Yuri in quel momento non voleva nessuno tra i piedi, voleva rimanere solo con sé stesso. Si asciugò le lacrime con il dorso della mano e lo superò, senza neppure degnarlo di uno sguardo.
El. Come aveva potuto tradirlo in quel modo? Con quale coraggio? La cosa sconvolgente era che riusciva ancora a guardarlo in faccia, dopo quello che aveva fatto.
Si sentiva morire dentro, il mondo aggravargli sulle spalle con quel suo insopportabile peso. . .
Si sentiva perso dentro la propria delusione.


Yuri's point of view


Boris e Kei rientrano al monastero, entrambi ricoperti di neve.
Giusto in tempo per trovarmi all'ingresso, in piedi davanti a loro con le braccia conserte.
Sorrido divertito, perché le loro facce si piegano in un'espressione di completo stupore.
“Vedo che vi siete degnati di fare ritorno.” esordisco, passando in rassegna con lo sguardo prima Kei e poi Boris.
Quest'ultimo sembra essere agitato, come se mi stesse nascondendo qualcosa.
Oh, ma io so che mi sta nascondendo qualcosa. E' così.
Ivan non è capace a mantenere un segreto, è saputo e risaputo.
Dunque mi domando per quale assurda ragione Boris abbia deciso di mettere al corrente proprio lui dei suoi piani.
Già, dimenticavo: Boris, nella maggior parte dei casi, non fa mai nulla seguendo una logica.
Non è più il freddo calcolatore di una volta, purtroppo. Il passare degli anni lo hanno rincitrullito completamente.
Kei abbassa le palpebre, per poi superarmi e dirigersi verso la cucina. Lo seguo con lo sguardo, chiedendomi come diamine faccia a camminare ad occhi chiusi senza andare a sbattere contro qualcosa.
Torno a concentrarmi su Boris, abbozzando un ghigno.
“E quello che cos'è?” domando poi, cambiando la mia espressione in una decisamente sorpresa. Sto alludendo a quella sorta di pollo che sta tenendo al guinzaglio.
Ma cosa diavolo...?
“E' il nostro nuovo animale domestico, si chiama Falborghino.”
Falborghino? Ditemi che sta scherzando!
Non può essere impazzito così improvvisamente!
Eppure ha dimostrato una certa enfasi nel pronunciare quel nome idiota; temo sia serio.
“Ma... è un pollo!”
“Un tacchino, per la precisione!” mi corregge, guardandolo con soddisfazione.
Quel che è, non mi interessa!
Non permetterò mai che quell'uccello giri per il monastero, lasciando i propri escrementi in ogni dove!
Siamo giunti al limite del comico qui!
Stento a credere ai miei occhi.
“Mi auguro che tu lo abbia portato qui per ucciderlo e cucinarlo per cena, Boris!”
Lui mi guarda come se avessi detto la cosa più brutta di questo mondo.
Si inginocchia e da una piccola pacca sulla testolina di Falborghino.
“Non ti permetterò di mangiarlo, Yuri! Tieni giù quelle zampacce da lupo affamato che ti ritrovi dal mio tacchino!”
No, non può essere!
Sono allibito.
Lo guardo con lo stesso sguardo con cui si può guardare un pazzo, perché ormai è palese: Boris Huznestov è pazzo!
Fisso il tacchino, che sembra accusare il mio sguardo con fare spaventato.
Difatti si nasconde velocemente dietro le gambe di Boris.
Tutto questo è assurdo, è inconcepibile!
“Dimmi che non sei veramente intenzionato a tenerti un tacchino come animale domestico.”
Ma Boris mi fa un segno affermativo con la testa, per poi sorridermi divertito.
“E invece sì, Yuri! Stavo giusto pensando di fargli una cuccia!”
Questo è veramente troppo per le mie capacità intellettive.
“Kei!!!” ringhio, facendo tuonare la mia voce per l'intero monastero.
Se queste mura potessero avere vita, si ritroverebbero a tremare ogni qualvolta che alzo la voce.
Mi precipito in cucina, trovando Kei intento a sorseggiare un po' di vodka in compagnia di Sergey e Ivan.
Quest'ultimi si irrigidiscono, poiché non è da me alzare la voce.
“Per quale assurda ragione Boris ha deciso di tenere un tacchino come animale domestico?!”
Voglio vederci chiaro in questa storia, perché va oltre ogni limite!
Kei appoggia il bicchiere di vodka sul tavolo, per poi scoppiare in una risata.
Ci lascia tutti quanti basiti e stupiti.
Kei che ride? Che scherzo è mai questo?
Ha le lacrime agli occhi e il continuo ridere deve avergli causato dei crampi alla pancia, poiché appoggia le mani su di essa.
Cerca di ricomporsi, lasciandosi però strappare un sorriso sempre più divertito.

- Quando finalmente è riuscito a catturare quel maledetto tacchino, Boris me lo ha consegnato ordinandomi di tenerlo fermo.
Il vecchio Fursevich, che fino ad allora aveva semplicemente assistito alla scena, gli ha passato un'accetta con la quale dare il colpo di grazia al povero animale.
All'inizio, conoscendo i suoi vecchi istinti violenti momentaneamente controllati, mi aspettavo che Boris non esitasse neanche per un secondo nel farlo fuori.
Lo trattenevo fermo sotto la mia presa, con la testa appoggiata contro il suolo. Sinceramente mi suscitava uno strano effetto assistere all'uccisione di un essere vivente.
Di certo non godo di essere un assassino a sangue freddo, quello no.
Boris ha avvicinato l'accetta al collo dell'animale, prendendo con fare preciso la mira. Si stava preparando a colpirlo.
Ho serrato gli occhi, deciso a non voler guardare la scena. Il tacchino si dimenava sotto la mia presa e la voglia di liberarlo, permettendogli di fuggire in salvo, si faceva sempre meno resistibile.
Attendevo il colpo, che mi sembrava tardare ad arrivare. Ho aperto gli occhi e ho visto Boris con l'accetta a mezz'aria. Ha guardato il pennuto con uno sguardo dolce – decisamente discordante con il carattere freddo e schivo di questi, giacché di dolce sappiamo che ha ben poco.
“Uff...” sbuffava, lasciando cadere l'accetta in terra. “Non ci riesco. Hai visto come mi guarda?”
E nel pronunciare quell'ultimo esordio, mi ha strappato di mano l'animaletto per poterlo prendere in braccio e stringerlo in un caloroso abbraccio.
Metaforicamente parlando, la mascella del signor Fursevich sembrava toccare in terra. Non poteva credere ai suoi occhi, è rimasto piuttosto sconcertato. Come me, d'altronde.
Boris che prova pietà? Che strano scherzo era quello?
Non ne aveva mostrato neanche il minimo sintomo quando ridusse in fin di vita quel povero disgraziato di Rei e, a suo discapito, si mostra compassionevole nei confronti di uno stupido tacchino.
Evidentemente la botta che ha preso precedentemente in testa lo ha completamente rincitrullito.

“Quale botta in testa?” interviene Ivan, interrompendomi. Aspetta, fammi finire!
Così, continuando a tenere il tacchino in braccio, si è voltato verso di me, sorridendomi. “Lui lo portiamo con noi!” -


“... E questo è quanto.” conclude Kei, incrociando le braccia al petto e socchiudendo, ancora, le palpebre.
Non trovo le parole con le quali commentare, non ne ho neppure la forza!
Ho già detto che tutto questo è inconcepibile? Sì? Beh, lo ripeto! E' inconcepibile, oltreché assurdo!
Sergey scoppia in una rumorosa risata, portandosi una mano dinanzi alle labbra come per trattenersi – con scarsi risultati. “Meraviglioso! Boris riesce sempre a stupirmi!”
Non sei l'unico, caro Sergey. Non sei affatto l'unico!
Comunque l'antifona della faccenda non cambia: non permetterò che quel pennuto invada il mio territorio, combinando chissà quale scempio!
No, no e no!
Digrigno i denti. “Voglio quell'essere fuori dal monastero in meno di un minuto!” urlo, sbattendo le mani sul pianale del tavolo.
Kei alza le spalle, mostrandosi indifferente alla vicenda e poco propenso ad interessarsene. “Non mi riguarda, sbrigatela te con lui.”
Sergey mi appoggia una mano sulla spalla. Lancio un'occhiata alla sua mano con fare sprezzante, perché sto già formulando mentalmente una sua probabile risposta – e non mi piace per niente!
“Dai, Yu! Che vuoi che sia? Il cortile del monastero è immenso, può stare tranquillamente lì.”
Come volevasi dimostrare... Ormai lo conosco meglio delle mie tasche!
Anzi, conosco tutti loro alla perfezione.
E, conoscendo Boris, se ha manifestato un simile improvviso affetto per l'animale, non se ne libererà mai. E' una causa persa già in partenza.
Mi conviene tirare fuori la fatidica bandierina bianca e sventolarla in segno di arresa.
Sbuffo, esasperato. “Fate come volete!”
Mi dirigo verso l'uscita della cucina. “Vado a farmi una doccia, voi iniziate a preparare la cena.”

Non faccio in tempo a rivestirmi, che il cellulare comincia a squillare.
Nel leggere il nome che lampeggia sul display, mi irrigidisco.
El. Che cosa vuole ancora?
Sono titubante nel rispondere: non so cosa fare.
Per arrivare al punto di chiamarmi, evidentemente, ha qualcosa di importante da dirmi...
Tutto sommato perché dovrebbe interessarmi?
Abbandono il cellulare sopra al lavandino, intenzionato ad ignorarlo.
Istintivamente lo sguardo mi ricade su di esso. Sta continuando a squillare.
Sospiro, ormai consapevole che non riuscirò a tenere duro ancora per molto.
Anzi, non ci riesco proprio.
Afferro il telefono e prendendo un gran respiro, rispondo.
“Pronto?”
«Scendi.»
Risentire la sua voce suscita in me svariate emozioni: malinconia, rabbia, indecisione, tensione...
“C-cosa?” domando, malgrado abbia capito bene quello che ha appena detto.
Scendi. Che cosa intende dire?
«Scendi.» mi ripete, decisa. «Sono qui sotto.»
Spalanco completamente gli occhi. Cosa vuol dire che è qui sotto?
Non sarà mica venuta da San Pietroburgo fino al monastero?
No, è impossibile.
Getto lo sguardo sulla piccola finestra del bagno: fuori è in corso una bufera di neve.
Soltanto un pazzo si avventurerebbe per queste poco sicure strade di campagna con un tempaccio simile.
Beh, tutto sommato stiamo parlando di El: la sua instabilità mentale è degna di fama.
Devo essermi innervosito, perché le mani hanno cominciato a tremarmi freneticamente.
Rischio di far cadere il cellulare in terra di questo passo, perché sento la presa con il quale lo sto tenendo cedere sempre più.
Non mi fido della mia voce, temo di averla tremula o, peggio ancora, di balbettare.
Cerco di calmarmi, devo ragionare a freddo.
El mi ha chiamato. E fin qui ci siamo...
Ha detto di essere qui sotto, il che vuol dire che deve per forza essere davanti al portone del monastero.
«Sei ancora lì?» la sua voce mi fa trasalire. Scuoto la testa come per riaffiorare da quei pensieri che mi invadono la testa.
“S-sì...” dannazione, sto balbettando! “Cosa vuol dire che sei qui sotto?”
La sento sbuffare sommessamente. «Vieni dal portone e basta, Yuri!» e così dicendo, chiude la telefonata.
Che accidenti ci fa El qui?!
Preso dalla curiosità, esco dal bagno e scendo le scale, dirigendomi al piano terra.
Una volta arrivato all'ingresso, prendo dall'appendi-abiti un giubbotto a caso e me lo infilo.
Solo dopo essermelo messo addosso mi accorgo che è quello di Boris; mi sta enorme!
Apro il portone premendo il tasto di apertura situato sul muro affianco ed esco.
Una figura esile dal volto incappucciato mi è davanti.
Delle ciocche ribelli le coprono il viso, incastrandosi tra le labbra.
Sono screpolate dal freddo, come sempre. Riconoscerei quelle labbra ovunque e in qualsiasi circostanza.
Alza la testa, per poi inclinarla leggermente di lato. Ora il suo sguardo gelido si intreccia al mio, altrettanto freddo.
E' proprio lei, El Demidova.
Un'improvvisa folata di vento le fa ricadere il cappuccio del cappotto bianco sulle spalle, scoprendo completamente il suo viso e liberando nell'aria i capelli sciolti.
Sono più lunghi rispetto all'ultima volta che li ho visti.
Non so cosa dire, mi sento invadere da una sensazione di disagio.
Improvvisamente il motivo per cui ho deciso di lasciarla riaffiora tra i miei pensieri.
La rabbia mi ribolle nel sangue, ma viene contrastata dall'inaspettato stupore di rivederla, di ritrovarmela qui, davanti agli occhi.
Mi irrigidisco di nuovo e lei sembra accorgersene.
Difatti le punte delle sue labbra si curvano all'insù, creando un sorriso arrogante e sfacciato quanto il suo carattere.
“Ciao, Yuri.”
Mi ritrovo incapace a rispondere al saluto, perché ogni fibra del mio corpo sta cercando in ogni modo di spingermi a rientrare dentro e a sbatterle la porta in faccia.
Eppure le mie gambe rimangono fisse e ferme, come paralizzate.
I miei piedi non ne vogliono sapere di muoversi, in quanto sembrano essersi pietrificati al terreno innevato.
Cerco di dire qualcosa, ma ogni parola muore in gola.
Mi limito a squadrarla dalla testa ai piedi, per poi tornare a fissarla nella limpidezza di quegli occhi attraverso i quali sembra di scorgere ogni intimità dell'anima che la dipinge solo grazie all'ausilio di uno sguardo.
Vorrei gridare, vorrei farle del male.
Vorrei scappare e poi tornare da lei per urlarle in faccia tutta la mia frustrazione.
Il suo sorriso scompare dietro un'espressione che non ha nulla di felice.
Il labbro inferiore comincia a tremare, dandole il classico aspetto di chi sta per scoppiare a piangere.
Un particolare che ora caratterizza il suo viso pallido stuzzica la mia attenzione: una riga che partendo dall'occhio destro scivola lungo la linea dolce dello zigomo.
Una lacrima.
Torno a desiderare più che mai di sbatterle la porta in faccia, ma...
Improvvisamente perdo il controllo del mio corpo e noto solo dopo qualche frazione di secondo di stringerle un polso. Fortemente.
Senza accorgermi di quello che sto facendo, la tiro verso di me, accogliendola in un abbraccio.
La sento immobilizzarsi sotto le mie braccia e poi cedere ogni difensiva e ricambiare, forse con fare un po' titubante.
La stringo maggiormente a me, sentendo che, sotto sotto, vorrei non poterla lasciare più.


Sergey's point of view


Ivan è ammassato contro il vetro della finestra, intento a guardare la scena senza neanche perderla per un momento.
Kei controlla che la pasta si cuocia decentemente.
E Boris invece... Beh, Boris cerca di mostrarsi innocente mentre il mio sguardo accusatorio non lo perde di vista neanche per un secondo.
“Perché ho come l'impressione che ci sia il tuo zampino?” gli dico, continuando a fissarlo e senza battere ciglio.
Ottimo lavoro, Huznestov: Yuri aveva proprio bisogno di incasinarsi ulteriormente con quella strega di El.
Il fatto che sia qui non mi entusiasma neanche un po'.
Anzi, mi innervosisce.
Ero poco propenso a sopportarla già da bambino, figuriamoci ora.
Non mi è mai piaciuta.
“Avevano bisogno di vedersi, lo sai meglio di me.”
Sono della ferma opinione che Yuri abbia bisogno solo di dimenticarla, di togliersela del tutto dalla testa.
Vedersi per cosa, poi? Per ricominciare come al solito a litigare e urlarsi ogni tipo di imprecazione in faccia?
No, questa volta Boris ha sbagliato.
Il mio disappunto deve essere evidente, perché vedo Boris sospirare sconsolato.
“Sono adulti, Sergey. E' ora che si risolvano i loro problemi parlando civilmente.”
Faccio per rispondere, ma Ivan mi anticipa: “Parli proprio tu! Questa è bella!”
Lo osserviamo entrambi allontanarsi dalla finestra e prendere posto a tavola. “Tu non sai neanche che cosa sia la civiltà!”
Annuisco, facendo intendere che sono concorde con lui.
“Comunque, tornando al punto base del discorso, questo si rivelerà soltanto un brutto colpo per Yuri.”
Mi ritrovo sempre più concorde con il piccoletto.
Boris fa saettare lo sguardo prima su di lui e poi su di me.
E' serio e questo lo intuisco dal suo viso piegato in un'espressione apatica.
“Un brutto colpo per Yuri?” domanda, anche se dà come l'impressione di aver capito benissimo dove voleva andare a parare Ivan.
Scuote la testa, sorridendo con strafottenza. “Perché parlate senza sapere? Entrambi soffrono!”
“E tu come lo sai?” domando.
Non capisco come possa saperlo.
Da quanto so, nemmeno lui ha più avuto modo di sentire o vedere El.
Dunque mi pare improbabile che lui sappia quali siano i sentimenti della ragazza verso Yuri.
A meno che...
Ivan spalanca gli occhi, sembra essere della mia stessa idea.
“Ecco cosa dovevi fare oggi! Ti sei visto con lei!” esclama poco dopo, additandolo.
Boris abbassa lo sguardo colpevole, iniziando a fissarsi le punte dei piedi.
Mi schiaffo una mano in fronte. “Mossa sbagliata, Huznestov!”
Ivan scatta in piedi, ormai in preda dell'agitazione. “Cosa ti è saltato in mente?! Non ti rendi conto di cosa hai fatto?!”
“Adesso basta!”
L'improvviso intervento di Kei ci zittisce tutti. Volgiamo lo sguardo in sua direzione, consapevoli che non ha ancora finito di parlare.
Ci guarda severo, attendendo che l'attenzione di ciascuno sia completamente rivolta a lui.
Sorride soddisfatto per qualche istante, ma poi si affretta a far sparire il sorriso dietro ad una maschera inespressiva seria. “Insomma, smettetela di farla tanto lunga! Per una volta Boris ha ragione: sono due adulti, sapranno sicuramente come risolversi le proprie questioni personali senza la vostra irritante intromissione.”
Boris gli sorride grato, per poi guardare me e Ivan con fare beffardo.
Kei ora sembra rivolgersi maggiormente all'ex Falborg bleyder: “Devo cucinare per una persona in più?”


Yuri's point of view


“Boris ci teneva che ti consegnassi personalmente questa.” fruga nella tasca interna del cappotto e tira fuori una piccola cornice che circonda una fotografia.
Me la consegna e io prendo a guardarla immediatamente: è una fotografia che raffigura me da bambino insieme ad El.
Ricordo di averla data a Boris qualche mese fa, dandogli l'ordine di farla sparire. Prima la tenevo nel portafoglio.
Rivederla mi fa un certo effetto, perché è stata scattata ai tempi in cui Vorkof gestiva il monastero. Difatti – e non a caso. - il mio viso era cosparso di graffi e quello di El, invece, era rovinato da un evidente livido sullo zigomo.
Sorrido con fare malinconico e, senza distogliere lo sguardo da quella sorta di reperto antico, le domando: “Quando te l'ha data?”
Lei sembra pensarci su. “Qualche mese fa è venuto a trovarmi. Me l'ha consegnata chiedendomi di restituirtela quando mi sarei sentita pronta di rivederti.”
Fa una breve pausa, accennando un piccolo sorriso. “Considerarlo un piccolo regalo di Natale da parte nostra.”
Ma in queste parole sento qualcosa di molto simile all'abbandono.
E' come se la sua visita sia legata alla disperata voglia di chiudere completamente ogni collegamento con il passato.
Me lo sento e lo capisco grazie alla sensazione d'ansia che ha preso a concentrarmisi sullo stomaco.
Non sono mai stato intenzionato a ritornare con lei e non lo sono neppure ora... E allora perché mi sento così? Perché sento il mondo crollarmi sulle spalle come quando ho deciso di lasciarla?
“Ed ora ti sei sentita pronta a rivedermi?” le chiedo con amarezza.
Sì, con amarezza. Perché so che questa sarà la nostra conclusione definitiva.
La vedo esitare, il suo sguardo sembra essersi perso nel vuoto. Ora lo abbassa, si concentra a fissare la neve che le contorna le scarpe.
Non ha il coraggio di guardarmi negli occhi...
“Mi sento pronta a ricominciare a vivere.”
Un colpo al cuore.
Come direbbe Sergey, colpito e affondato.
Questo varrebbe a dire voltare pagina, cominciare magari a frequentare qualcun altro... Ammesso e concesso che non lo abbia già fatto.
Un momento. E' gelosia quella che provo?
No, non può essere...
Eppure... Sì. E' decisamente gelosia.
Vorrei gridarle in faccia Non provarci, tu sei mia!, ma mi rendo conto che ormai non è più così, che quelle parole risulterebbero soltanto inopportune.
Cerco in ogni modo di nasconderle la fastidiosa emozione che sto provando in questo momento, ma so che è impossibile: lei mi conosce fin troppo bene.
E infatti...
“Sì, lo so. Anch'io impazzisco all'idea che qualcun'altra possa prendere il mio posto.”
Mi spiazza; è stata troppo diretta per darmi modo di ricorrere alla mia solita corazza impenetrabile che mi spinge a mostrarmi impassibile.
E, a mio malgrado, mi rendo conto che gli occhi ormai mi si sono inondati di lacrime.
Mi impegno a trattenerle, riuscendoci.
Questo è sufficiente a darmi un minimo di conforto: non ho perso del tutto il controllo sulle emozioni, non ancora almeno.
“... ma è necessario.” conclude la frase con una triste espressione in viso.
Già, necessario.
In fondo ha ragione: ormai è troppo tardi per tornare indietro.
Io stesso mi sono imposto di non tornare sui miei passi, perché le mie decisioni spesso sono irrevocabili.
La vedo sussultare; sta piangendo.
Sta piangendo!
Rimango di sasso, perché in tutto questo tempo non l'avevo mai vista farlo.
Non so come reagire. Per la prima volta si sta dimostrando umana, completamente umana. Non solo in parte.
Evidentemente le influenze della Borg stanno piano piano svanendo in lei.
Piange disperatamente, gemendo e piegando il viso in una smorfia cimentata.
Si porta la mano alla bocca, come se cercasse di non farsi uscire ulteriori mugugni.
Non sembra provare vergogna. Per la prima volta si è aperta del tutto con me.
Prima di ora, non lo aveva mai fatto. Era sempre rimasta, per quanto possibile fosse, nelle sue, mascherando i suoi sentimenti per orgoglio.
Ora, però, sembra averlo gettato via.
“Resterai sempre la persona più importante della mia vita.” dice, sfregandosi gli occhi con il dorso della mano.
Frugo nella mente alla ricerca di qualcosa di decente da dire, ma non trovo nulla.
Non so cosa fare, quindi mi lascio andare all'istinto: mi sforzo di abbracciarla di nuovo, giacché non sia tipo da lasciarmi facilmente andare a simili gesti.
Ma lei mi fa segno di fermarmi.
Muove la testa in una risposta negativa, per poi fondere il suo sguardo al mio. “No, Yuri. Non riuscirei più ad andarmene.”
Estrae un oggetto dalla tasca del cappotto, una trottola. Il suo beyblade.
Mi prende una mano e me lo consegna, facendomi stringere la presa su di esso. “Tienilo tu.”
Foxborg. Me lo ricordo bene.
La volpe delle nevi.
Riprendo ad osservare El: i suoi occhi, così come le sue guance, sono arrossati dal pianto. Mi duole vederla così, non voglio che soffra.
“Abbi cura di te.” e così dicendo, si alza sulle punte per darmi un leggero bacio a fior di labbra. Sgrano gli occhi sorpreso.
Il contatto con quelle labbra screpolate che un tempo amavo baciare mi fa rabbrividire.
Si allontana da me, donandomi un ultimo sorriso privo di ogni felicità.
Mi volta le spalle e si dirige verso la macchina con la quale è arrivata.
Vedo la sua sagoma farsi sempre più piccola, se ne sta andando.
Se ne sta andando via per sempre.
Ed io sono troppo orgoglioso per dimostrarmi incoerente con le mie decisioni.
Ormai non c'è più niente da fare.
“Ti amo.” sussurro, mentre la vedo fare retromarcia e imboccare la strada di ritorno per Mosca.
“Ti amo.” ripeto, mentre la macchina si allontana sempre più.
Maledico me stesso, perché non sono mai stato in grado dirglielo, neppure quando le cose tra di noi andavano a gonfie vele.
Maledico me stesso nella consapevolezza che lei non può di certo avermi sentito.
Maledico me stesso sapendo che tutto questo l'ho voluto io, perché non sono stato capace di perdonarla.
Maledico me stesso mentre rimango fermo a guardarla andare via con l'amaro in bocca.


Boris's point of view


Dopo qualche minuto di attesa, ecco che lo rivedo rientrare dentro.
Tiene lo sguardo fisso per terra e non sembra intenzionato ad alzarlo per guardarmi in faccia, malgrado sia lampante che si sia accorto della mia presenza.
L'atroce dubbio che forse Sergey aveva ragione inizia a tormentarmi...
“Yuri...” riesco soltanto a mormorare. Il mio tono di voce mi è sembrato talmente basso da farmi dubitare sul fatto che Yuri mi abbia sentito.
Ormai è a un passo da me. Mi preparo a ricevere i peggiori degli insulti.
… Ma questi tardano ad arrivare. Sento le sue braccia arrampicarsi su di me per potersi cingere al mio collo.
Rimango sorpreso, ma riesco subito a riprendermi e a ricambiare l'abbraccio.
Appoggia la fronte al mio petto, continuando ad abbracciarmi.
“Grazie.”
Quella semplice parola è sufficiente a far sì che una piacevole sensazione di gioia mi invada il cuore. Lo stringo più fortemente a me, sorridendo.
Appoggio le mani sulle sue spalle e lo scosto un poco, quel che basta per poterlo guardare in faccia. Finalmente si decide ad alzare lo sguardo e solo ora mi accorgo che le sue guance sono bagnate da delle lacrime.
Gliele asciugo con la manica della maglietta e torno a sorridergli. “Le sorprese per te non sono finite qua!”
Mi guarda con aria vacua. Si intrappola le tempie tra l'indice e il pollice, cominciando poi a massaggiarle. “E adesso che cos'hai in mente, dannato?”
Lo afferro per un polso e lo incito a seguirmi.
“Aspetta e vedrai!” esordisco semplicemente, trascinandomelo dietro.
“Spero per te che non riguardi quello stupido tacchino!”
“Ma no, scemo! Seguimi!”


Kei's point of view


Tiro fuori la torta dal forno e la metto in tavola.
Modesti a parte, le mie doti culinarie emergono sempre!
Persino Ivan si complimenta con il sottoscritto, che – solitamente – piuttosto che farlo si ingoierebbe una merda.
“Devo farti i miei complimenti, Hiwatari. Quando cucini tu posso affermare di mangiare decentemente!”
Sergey si precipita in cucina di fretta. “Stanno arrivando!” ci annuncia.
Ivan si avvicina all'interruttore della luce ed io mi affretto ad accendere le candeline poste ordinatamente sulla torta.
“Ok, puoi spegnere!”


Yuri's point of view


Entro in cucina e... Buio. Buio totale.
“Non dirmi che si è fulminata di nuovo la lampadina!” mi lagno, imprecando mentalmente. Eppure l'avevo cambiata una settimana fa!
Poi un lieve bagliore all'altezza del tavolo mi attrae.
Sono candeline, quelle?! Non dirmi che...
La luce si accende improvvisamente, è stato Boris a premere l'interruttore.
“Sorpresa!” urlano all'unisono i miei coinquilini sbucando fuori da sotto il tavolo.
Kei è rimasto in piedi davanti alla torta, guardandomi con un leggero sorriso.
Rimango senza parole.
“Ma... ma... siete matti?!” riesco soltanto a dire, guardando i miei compagni uno ad uno.
Boris mi mostra un sorriso a trentadue denti: deve essere lui l'artefice di tutto.
Ecco a cosa alludeva Ivan qualche ora fa...!
“Auguri di buon compleanno e di buon Natale, capitano!” mi dice Sergey, dandomi un'affettuosa pacca sulle spalle che per poco non mi fa sbilanciare in avanti.
Persino Falborghino sembra volermi fare gli auguri; mi sta beccando sulla punta delle scarpe. Lo scanso con poca clemenza.
“Mi sembrava di averti detto che lo voglio fuori di qui!” rimprovero Boris, guardandolo severo.
Ciò però non sembra turbarlo neanche un po'. “Eddaiiii!” esclama dandomi anche lui una forte pacca sulla schiena. Evidentemente sono proprio intenzionati a farmi prendere una facciata in terra!
“Goditi la sorpresa!” prosegue, andando a trafficare in dispensa. Richiude lo sportello e mi mostra un pacco regalo.
Me lo consegna, incitandomi ad aprirlo. Obbedisco senza obbiettare, scartandolo e scovando sotto la carta un maglione di lana nero e una fotografia.
Bene, è la seconda che ricevo in regalo oggi. Spero solo che non sia malinconica come quella che mi ha dato El.
La osservo: raffigura noi ai mondiali di Beyblade quest'anno, all'uscita del monastero acclamati dagli ex orfanelli che lo abitavano.
Mi si stringe il cuore in una sensazione di gioia.
Non riesco a trattenere un sorriso grato ad ognuno di loro. Persino Kei si accinto a partecipare all'iniziativa, malgrado sia il numero uno degli asociali.
“Avete fatto tutto questo per farvi perdonare?” domando sarcastico e ghignando.
“Assolutamente no!” è la risposta simultanea di questi animali.
Dovevo immaginarlo.
“Lo abbiamo fatto perché sei pur sempre il nostro capitano!” esordisce Boris, buttando nel cestino la carta da regalo.
“E perché ti siamo grati per tutto quello che hai fatto e stai continuando a fare per noi, musone che non sei altro!” prosegue Ivan, guardandomi con occhi pieni di ammirazione.
“E, soprattutto, per farti sapere che ti ammiriamo sempre e comunque!” interviene Sergey, cingendomi le spalle con un braccio.
Kei annuisce, dimostrandosi concorde. “Anche se sei più isterico di una donna mestruata!”
Questo commento non fa altro che far scoppiare tutti i miei compagni in una risata, riuscendo a strappare un sorriso anche a me.
E' bello vederli allegri ed è altrettanto bello sapere che hanno fatto tutto questo per me.
Non saprò mai come ringraziarli, perché questo è il regalo più bello che mi potessero fare. E i loro visi sorridenti sono la ciliegina sulla torta!
Non potevo chiedere di meglio!
“Non so davvero che cosa dire... Grazie!” dico, continuando a sorridere e fissando la torta sul tavolo. “Vi chiedo solo un favore: non cantatemi la solita tarantella che si canta ai compleanni, non lo sopporterei!”
Boris scoppia a ridere e si avvicina a me. “Tranquillo: sarebbe decisamente troppo anche per noi! Ma dovrai comunque spegnere le candeline!”
Mi sento sollevato.
Decido di avvicinarmi al tavolo, chinandomi un poco sulla torta pronto a spegnere le piccole fiammelle con un soffio.
… E preparandomi psicologicamente ad una nuova sbornia, perché - conoscendo Boris – dopo mangiato mi costringerà a scolarmi intere bottiglie di vodka.
Beh, se così non fosse, non sarebbe lui. Dico bene?




Ed eccoci giunti alla fine di questa piccola storiella! :-D
Che dire? Posso ritenermi soddisfatta!
Come avrete potuto notare, non c'è stato un Happy End tra El e Yuri. La mia vena sadica ha preso sopravvento anche questa volta! ..Beh, non trovate che sarebbe stato troppo scontato farli tornare insieme come se niente fosse?
No, dovevo farli patire un po', quel giusto che basta per farli attaccare dalla malinconia ^w^!
I nostri amati NeoBorg hanno fatto un bel regalo di Natale al loro capitano, no? Fatemi sapere che cosa ne pensate!
Non temete (?), non sparirò! Ho intenzione di tornare con una nuova long, già pronta e prossima ad una conclusione. Si intitolerà “Obscure” e sarà una storia trhiller/azione. Spero di poter ricevere una vostra opinione anche lì, poiché fa sempre piacere riceverne! :-)
La pubblicherò prima del weekend, credo. Devo rivedere il primo capitolo e correggerlo da eventuali errori ^w^''.
Bene, direi che è tutto. Ringrazio tutti coloro che mi hanno seguito fin qui.
Ringrazio la mia cara Lumik, la mia amata Elysabeth91, Ps I love You, il mio lombrico Ivan Shrooms e la mia dolce Padme86 per aver recensito.
Ringrazio tutti coloro che hanno semplicemente letto – siete ancora in tempo a recensire; non è mai troppo tardi! ;-D
Grazie di cuore a tutti quanti, siete fantastici! <3
Alla prossima, miei amati!


Vostra Pich.

   
 
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