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Autore: Jadis96    18/01/2014    5 recensioni
"C'era qualcosa di speciale in loro. Era forse il modo in cui si muovevano, o il modo in cui parlavano... tutto faceva parte di qualcosa di più grande: una sintonia completa".
Elladan ed Elrohir sono i gemelli figli di Elrond, Signore di Imladris. Dall'infanzia trascorsa tra i rigogliosi giardini di Gran Burrone, attraverso la nascita di un legame speciale con i Dùnedain, fino alla scelta finale, che determinerà il loro destino per l'eternità. Questa è la storia dei principi che non erano figli di re, degli elfi che erano anche Uomini, identici e diversi, mortali ed immortali.
[I protagonisti saranno Elladan ed Elrohir, ma saranno presenti anche Elrond, Celebrian, Arwen, Glorfindel, Galadriel, Aragorn ed altri].
Genere: Avventura, Drammatico, Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Arwen, Elladan, Elrohir, Elrond, Glorfindel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Salve a tutti! Grazie alle due persone che hanno recensito il primo capitolo… adesso spero di leggere anche qualche altra opinione, positiva o negativa che sia. Questo secondo capitolo è ambientato quando i gemelli hanno circa sedici anni.
 
 
Elrohir tese l'arco fino a sentire l'impennaggio della freccia sfiorargli la guancia, i muscoli delle braccia che dolevano per lo sforzo. Quella mattina era riuscito a sgattaiolare nell'armeria e a prendere uno degli archi più belli. Sospettava che appartenesse a Glorfindel. "Lo prendo solo in prestito, lo restituirò presto", si era detto.
Mirò al bersaglio di paglia posizionato di fronte a sé e rilasciò la corda. La freccia tagliò l'aria, mancò il bersaglio e andò a conficcarsi nel tronco di un albero.
"Forse avrei dovuto calcolare la direzione del vento", pensò. Ma l'aria era immobile e tiepida. Elrohir non si diede per vinto e incoccò un'altra freccia. Tendere quell'arco troppo grande diventava sempre più difficile, ma il giovane elfo riuscì nell'impresa. La seconda freccia si fermò sul bordo del bersaglio.
Elrohir accolse con soddisfazione il miglioramento, ma poi pensò con amarezza: "Elladan è sempre stato più bravo di me con l'arco". Suo fratello riusciva a centrare il bersaglio la maggior parte delle volte, e ogni volta che si esercitava scopriva di poter tirare più lontano e con più precisione. Elrohir, invece, eccelleva nel combattimento con la spada. Aveva iniziato da poco a prendere lezioni, ma era già in grado di sferrare colpi rapidi e forti.
L'elfo stava tendendo la corda per la terza volta, quando qualcosa lo costrinse a fermarsi.
Paura e dolore s'insinuarono nella sua mente come un'erba velenosa. Elrohir si guardò intorno, allarmato. Era in uno dei giardini di Gran Burrone, il cielo era limpido e il silenzio era interrotto solo dal basso chiacchierare degli elfi che passeggiavano. Accanto a lui c'erano altri che facevano pratica di tiro con l'arco, ma nessuno sembrava condividere il suo disagio.
Elrohir capì che non si trattava del senso di pericolo che talvolta lo metteva in guardia quando usciva dai confini di notte oppure quando stava per arrivare una tempesta, era puro terrore. D'istinto pensò ad Elladan. Non sapeva dove fosse. Odiava non sapere.

La paura aumentò, così come il dolore, acuto e penetrante.
Elrohir lasciò cadere a terra l'arco. All'improvviso aveva capito. Era Elladan ad essere in pericolo. Quella sensazione non gli era del tutto nuova: quando suo fratello provava forti emozioni o quando aveva bisogno di lui, Elrohir poteva sentirlo.
Strinse l'elsa del pugnale che portava al fianco. Era stato un regalo di suo padre per il suo quindicesimo compleanno. Aveva inciso sull'elsa la parola "Laich”, a rappresentare il suo temperamento fiero e impetuoso. Elladan ne aveva ricevuto uno uguale, ma con la scritta "Arod", riferita alla sua nobiltà d’animo. Quelle parole avevano il potere di racchiudere la loro essenza, tanto che spesso le utilizzavano al posto dei loro nomi.
Elrohir si chiese se non dovesse avvisare qualcuno, ma cosa avrebbe potuto dire? Avrebbe solo perso tempo per spiegare il motivo della sua agitazione. Decise di agire da solo.
Prese il suo cavallo, Nòrui. << Gwaem! Noro! >>.

Attraversò i confini della città ignorando le domande affrettate che gli posero le sentinelle. Ogni volta che chiudeva gli occhi, Elrohir vedeva di sfuggita i rami della foresta, taglienti e dolorosi come fruste, poi l'oscurità. Mentre guidava il suo cavallo tra i fitti tronchi degli alberi sapeva istintivamente dove andare, ed era come se Nòrui assecondasse i suoi pensieri.
<< Daro >>, disse all'improvviso. Aveva riconosciuto un albero dalla particolare forma inclinata. Lo ricordava, anche se i suoi occhi non l'avevano mai visto. Scese da cavallo e proseguì a piedi, guardandosi intorno con circospezione. Sentiva che Elladan era vicino. La sua paura era come la punta di una spada dietro la schiena.
Arrivò ad esaminare l'albero inclinato. Scoprì che in realtà era stato sradicato e un grosso buco era stato scavato dove un tempo poggiavano le sue radici. Elrohir agì senza riflettere. La fossa era abbastanza larga perché lui potesse entrarci senza fatica. Allargò le gambe, facendo presa con i piedi sulle pareti di terra, e si aiutò a scendere con le braccia. Era più profondo di quanto si era aspettato. Non poteva essere un luogo di origine naturale.
Quando finalmente riuscì a toccare il fondo era esausto. L'oscurità era quasi totale, ma Elrohir poteva intravedere una sorta di tunnel sotterraneo.
<< Elladan! >>, chiamò, sentendo forte la presenza del fratello.
Un fruscio lo fece voltare di scatto. Prese il pugnale e avanzò tenendolo davanti a sé. << Elladan >>, chiamò di nuovo.
<< Muindor >>, fu poco più che un sussurro, ma Elrohir lo udì chiaramente. Rinfoderò il pugnale e seguì la voce di Elladan. Presto scoprì di poter udire anche il suo respiro affannoso. << Sto arrivando. Non muoverti >>.
Elrohir percorse a tentoni gli ultimi passi quando intravide la sagoma di Elladan accovacciata sul terreno. S'inginocchiò accanto a lui e poggiò le mani sulle sue. Stava tremando. << Stai bene? >>, chiese Elrohir allarmato.
Dal momento in cui toccò Elladan non ebbe più bisogno di parole per capire cosa fosse successo. Era quel luogo piccolo e buio a terrorizzarlo. Le pareti strette attorno a lui erano come il peggiore degli incubi fatto realtà. Era paralizzato dalla paura.
<< Av 'osto. Aphado nin >>.
Elrohir lasciò che Elladan si appoggiasse a lui per alzarsi, ma non gli sfuggì il suo gemito di dolore.
<< Sei ferito? >>.
<< N-non è niente d-di grave >>. La sua voce era debole e incerta.
<< Usciamo di qui >>. Elrohir gli prese la mano e lo guidò dove la luce indicava la via di uscita.
Salire fu più difficile che scendere.
Elladan andò per primo, mentre Elrohir lo seguì subito dopo, pronto ad aiutarlo se la sua presa avesse ceduto. Non ce ne fu bisogno: sembrava che la vista della luce avesse dato nuova forza a Elladan.

Quando Elrohir riuscì ad uscire, suo fratello non si era ancora mosso. Respirava profondamente e teneva lo sguardo fisso verso l'alto. I suoi abiti erano sporchi e macchiati di sangue all'altezza delle gambe. Doveva essersi ferito durante la caduta.
<< Goheno nin. Non so cosa... >>, tentò di scusarsi Elladan, ma Elrohir lo interruppe.
<< Non ce n'è alcun bisogno >>.
Attese di udire il respiro di Elladan calmarsi prima di parlare di nuovo.
<< Cosa è successo?>>.
<< Il mio cavallo si è spaventato ed è corso via. Non ho fatto attenzione a dove camminavo. C’era...qualcosa. Una presenza… >>.
<< Credo che questa fossa sia stata una trappola in origine >>. Elrohir non concluse la sua supposizione. C’erano forze malvagie all’opera in quel luogo, e non era certo di voler scoprire altro.
Elladan annuì. Elrohir notò solo allora che i suoi occhi erano ancora lucidi e arrossati. "Sarei dovuto arrivare prima", pensò.
<< Hannon le >>, disse Elladan.
Prima che Elrohir potesse rispondere si sentì cingere dalle braccia ancora tremanti di Elladan. Ricambiò l'abbraccio e sentì finalmente la paura, la sua e quella del fratello, svanire. Fu come liberarsi di un grosso peso.
Restarono aggrappati l'uno all'altro per un tempo che sembrò lunghissimo, poi Elladan sciolse l'abbraccio e guardò il fratello negli occhi.
<< Non dirlo a nessuno >>.
<< Non c'è nulla di cui tu debba vergognarti. Tutti hanno paura di qualcosa >>. "Anche io oggi ho avuto paura", pensò.
Elladan scosse la testa. << Ada non ha paura di niente >>.
Elrohir stava per concordare, ma poi ricordò una conversazione che aveva avuto con Elrond due lune prima, una sera in cui il cielo era coperto di nuvole grigie e i tuoni annunciavano l'imminente arrivo di una tempesta.
<< Ada mi ha confessato che c'è qualcosa di cui ha paura >>.
Elladan si sporse in avanti, curioso e sorpreso. << Di cosa si tratta? >>.
<< Elegys >>.
Elladan rimase interdetto. Mai avrebbe immaginato che suo padre potesse temere qualcosa di così comune come la pioggia e i fulmini. Quel pensiero contribuì a faro sentire meglio, ma non tanto da fargli cambiare idea.
<< Però devi promettermi di non dire a nessuno quello che è successo oggi >>, ribadì.
<< D'accordo. Resterà tra noi >>.
Quel giorno i fratelli sigillarono un accordo. Nessuno dei due l'avrebbe mai dimenticato nei secoli a venire.

 
Traduzione delle frasi in Sindarin:
Laich: fiamme
Arod: nobile
Nòrui: Giugno
Gwaem! Noro!: Andiamo! Corri!
Daro: fermo
Muindor: fratello
Av 'osto: non aver paura
Aphado nin: seguimi
Goheno nin: mi dispiace
Hannon le: grazie
Ada: papà
Elegys: tempeste
   
 
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