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Autore: _Maisha_    02/03/2014    2 recensioni
Vi siete mai chiesti se i personaggi Disney fossero davvero quelli che crediamo? E se ci fosse qualcosa di loro che non sappiamo?
Genere: Comico, Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: Movieverse, Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Cioè, mi spiego Oreste? Un bruco che fumava ha dato a me della rapa! Che maleducazione. E non sapeva neanche aspirare! Poi a me non sembrava per niente un bruco, forse un millepiedi. No che non mi sono messa a contare quanti ne avesse, è ovvio! Però ne erano tanti e mille lo si dice per dire. O almeno, io lo dico per dire. Sarai mica convinto che i millepiedi abbiano mille piedi? Maddai, nessuno li conta! Voglio dire… non è che il loro odore sia dei migliori. Hai presente quando andiamo a giocare nel fango con le scarpette che mi ha portato la zia Johanne dalla Cina? Immagina lo stesso odore moltiplicato per mille… no, nessuno si avvicina ai millepiedi.
Ecco! Ho appena trovato un altro motivo per cui sicuramente quel finto bruco in realtà bruco non è! Se stesse fumando la puzza dei suoi innumerevoli piedi? Ciò spiegherebbe la sua solitudine e il suo colore! Era blu e nessun bruco è blu a questo mondo e neanche in un modo parallelo sarebbe possibile, no? Mi pare evidente che fosse blu perché il suo puzzo lo ha fatto marcire. Sì, è solo uno stupido millepiedi marcio.
E non sapeva neanche raccontare le storie! Un coccodrillo che mangia pesce… che idiozia.
Si chiama coccodrillo o sbaglio? Cocco-drillo. Mangia cocchi e drilli… è così chiaro!
Forse per Brucaliffo no, forse era troppo offuscato dalla sua puzza impressionante.
Fatto sta che la sua storia non stava in piedi. Mi aveva annoiato a morte, appestato, trattato con sufficienza e che pretendeva? Che restassi con lui a ripetere l’alfabeto? No, no, io non ci stavo. Sono corsa via e sono caduta su un’erbaccia.
Quella tutt’a un tratto mi ha urlato che dovevamo smetterla di calpestarla, strapparla e ridurla in cenere. Io ho provato a dirglielo: “Guardi, signora Erbaccia, io al massimo posso usare il tosaerba oppure posso farle una scalatura corta o un caschetto, ma strapparla proprio no! Sono un’esperta!”
Ma lei non mi ha creduto e ha voluto il rimborso.
Davvero, Oreste, io so quello che faccio e sono sempre stati tutti contenti del mio lavoro, non ho mai torto un filo d’erba a nessuno, pensa se mi metto a strappare erbacce!
Non contenta la signora mi ha urlato che puzzavo di fumo, diceva che lei e la signora Maria avevano litigato e io avevo il suo fetido odore addosso. Io ero: no, senta, non conosco nessuna Maria, ho parlato con un bruco-millepiedi poco fa, ma di signore rispettabili non ne ho incontrate. Mi ha risposto che Maria fa di cognome Juana, e dovevo per forza averla intravista dato che la strada da cui venivo era tutta la sua.
Alla fine si è convinta e mi ha chiesto un favore, mi avrebbe concesso di non rimborsarla se fossi andata dalla signora Juana a chiedere di restituirle il suo marsupio. Ho accettato, ero stanca di sentirla parlare e ho preferito camminare e affaticare le gambe al posto del cervello. Che poi, davvero, c’è gente che usa ancora i marsupi? Comunque, lungo via Canna bis l’unica casa era una nascosta da un tubo dell’acqua gigante. Era piccola, più lunga che larga, di carta bianca finissima mentre il tetto era di consistenza più dura, quasi cartonato. L’odore era particolare, allegro. Ricordava quelle feste sulla spiaggia, il mare, il sole, il pigiama party da mia cugina Carmelina. Bussai alla porta e mi aprì questo bel pezzo d’erba.
“Signora Maria? Vengo per conto della signora Erbaccia, vorrebbe il marsupio.”
Non ha voluto darmelo, oh! Ho insistito e insistito ma niente. Diceva che la signora Erbaccia le aveva rubato le unghie dei piedi e non era giusto e quindi se l’era riprese.
Stanca di quella tiritera ho accennato al Brucaliffo, per una qualche raccomandazione, sai com’è e Maria è impallidita, è scappata in casa e ha lasciato il marsupio lì davanti. Quando sono tornata da Erbaccia era più felice che mai. Nel paese delle meraviglie sono tutti fissati coi piedi, più puzzolenti sono, meglio è.
Non guardarmi così Oreste! I miei piedi non puzzano!
Ad ogni modo, ero davvero curiosa di sapere cosa se ne facesse un’ erbaccia delle unghie dei piedi della signora Maria. Quando le portai il marsupio Erbaccia scoppiò in lacrime di gioia, continuava a dire che ora non era più sola.
“Signora Erbaccia, ma me lo dice cosa deve farsene? ” Mi rispose che da quando suo marito l’aveva lasciata per scappare con una primula fresca di bocciolo aveva iniziato a collezionare le unghie dei piedi della gente perché le ricordavano il suo primo amore: Brucaliffo. Aha! Come vedi, amico mio, la mia teoria sulla vera razza di quello pseudo-bruco andava sempre più consolidandosi. Se la signora Erbaccia era fissata per i piedi del suo amore significa che erano una parte non importante, ma importantissima del suo corpo… e per quale animale sono così importanti? No, non il serpente, Oreste, non sei per nulla simpatico… per un millepiedi, ovvio, no? Alla signora Maria non andava a genio che Erbaccia ricadesse nel folle amore per quell’essere che si divertiva a fumare oltre alla puzza dei suoi piedi anche le ciocche dei capelli che le tagliava mentre dormiva. Eh, sì, Maria odiava quell’uomo, quel bruco, quel millepiedi, oh, insomma, quel tossico. Le due avevano litigato a morte e avrei potuto farle riappacificare, ma non ce l’ho fatta. Andiamo, Oreste, avevo appena lasciato un bruco drogato e ora mi ritrovavo un’ erbaccia piangente! L’ho lasciata lì e ho proseguito per la mia strada. Quel posto era davvero strano. Avevo incontrato quei gemelli prima, i fiori canterini e Brucaliffo poi… e nessuno che fosse simpatico! Strano a dirsi ma volevo tornare a casa: al mio albero, al mio giardino, alle mie lezioni di storia. Avevo bisogno di una strada che mi portasse via da lì! Ho girato a destra, a sinistra, avanti, dietro ma nulla! Fu allora che incontrai uno spazzolino steso su una larga foglia di fico arancione. Gli chiesi se conoscesse una strada ma non rispose… io ero disperata e lo chiesi una, due, tre volte finché, stanca, decisi di scrollarlo dal suo torpore.
“Senti, mi puoi rispondere almeno con un gesto?” E quello improvvisamente si rabbuiò e con una faccia da pazzo iniziò a urlare che noi umani siamo fatti male, che trattiamo male gli altri. Era una vita che tutti pensavano di poterlo usare per spazzolarsi i denti senza minimamente curarsi del suo parere e ora si era stancato, non avrebbe risposto più a nessun umano. Secondo me era uno spazzolino molto solo… lo si capiva dal suo viso triste, dal suo sguardo spento, dai calli sulla mano destra.
Che potevo fare Oreste? Lo sai, sono di buon cuore, alla fine. Mi son seduta lì vicino a lui e mi son fatta raccontare la sua storia, magari potevo aiutarlo… e magari poi mi avrebbe ripagato indicandomi la strada.
Si chiamava Giantoldo, ed era figlio di una saponetta. Non aveva mai conosciuto suo padre… era morto… spremuto per intero da un bambino umano. Che destino atroce per un dentifricio a menta. Comunque, era cresciuto di stenti… per aiutare la madre era passato di bocca in bocca finché non si era malridotto e lo avevano gettato via. La madre, d’altronde, dovette lavorare il doppio finché non si consumò del tutto, e Giantoldo rimase solo. Girò il mondo, circondato da persone disposte solo ad usarlo, senza mai trovare nessuno che lo amasse veramente, e poi arrivò lei, Madeline. Era una scultura di sabbia a forma di pappagallo e Giantoldo si era innamorato follemente. Era stata una storia travagliata, la loro. Guardati con diffidenza, per gli altri erano contro natura. Fu quando un pappagallo vero insultò la sua bella, dandole del mostro, che Giantoldo esplose. La baciò con passione, sentimento, esternando tutto quello che aveva serbato ogni volta che qualcuno li aveva criticati… ma quando le loro labbra si staccarono di Madeline non era rimasto altro che una montagnetta di sabbia. L’aveva spazzata via. Le sue urla si erano sentite in tutto il Paese delle Meraviglie. Da quel giorno decise di rimanere da solo e non si fidò più di nessuno.
“È una storia molto triste,” dissi. Fu la prima cosa che mi venne in mente, lo so che non è brillante, vorrei vedere te, gattaccio.
“Già, davvero triste. E pensare che l’amore non dovrebbe avere limiti, dovrebbe essere emancipato, l’unica cosa che non può incatenare, ma solo liberare.”
“E ora che fine ha fatto Madeline?” gli chiesi, sai che sono curiosa, no?
Aveva deciso di portarla con sé, in un cofanetto.
Me la mostrò: “É una bella sabbia, Giantoldo”. Scoppiò a piangere, lacrime di dentifricio cadevano ai miei piedi e un odore di mela verde iniziò a diffondersi nell’aria. E a me non piacciono le mele.
“Su, su, non piangere. Forse posso fare qualcosa!”
Alla fine la sabbia è simile al fango, quindi iniziai a modellarla come meglio potevo, aiutandomi con le lacrime appiccicose dello spazzolino. Dopo ore di lavoro, Madeline era di nuovo integra… Era un pappagallo nuovo di zecca. E dai Oreste! Mi sono impegnata, aveva il becco storto e un’ala più piccola dell’altra e non aveva una superficie troppo omogenea, ma almeno stava in piedi!
“Uhm, uhm, Madeline?” la chiamavo, ma niente, non rispondeva. Lo spazzolino ricominciò a piangere e io davvero non ce la facevo più. Perché tutti piangevano in quel dannato posto e io che ero sola e disperata no, ma anzi, dovevo aiutarli?
Però a dir la verità quel poveretto usurato dalle bocche altrui mi faceva pena… decisi di usare le maniere forti.
“Baciala!”
“No, non posso, potrei distruggerla di nuovo, no, no.”
“Avanti, baciala! ”
“Non insistere, no!”
“Oh, che noia!” lo afferrai e lo poggiai delicatamente, più o meno, vicino al becco della scultura e quella pian piano, prese a sbattere gli occhi. Era viva!
I due si riabbracciarono, fecero i piccioncini e io lì, a braccia incrociate. Sai che bello.
“Ehm, carini, ma un aiuto qua qualcuno vuole darmelo?”
Giantoldo e Mad si offrirono di accompagnarmi al sentiero che avrei dovuto seguire per trovare la strada di casa, per ringraziarmi, a sentirli parlare, della mia “infinita gentilezza e tenerezza”.
Non ridere Oreste! Tutti mi considerano gentile, sei tu che non mi capisci!
Ad ogni modo, parlarono per tutto il viaggio. Erano, erano… Dio, come descriverli? Immagina una torta al cioccolato, aggiungici del miele e della panna. Ecco, la vedi? Così dolce… fai finta che ci siano cento di quelle torte e allora capirai quanto lo erano loro. Da mal di pancia. Alla fine ci trovammo davanti a un albero davvero, davvero, davvero enorme.
“Bhe, Alice, siamo arrivati. Prosegui a destra, poi a sinistra e poi su e giù.”
“Io… credo di aver capito… più o meno.”
“Tranquilla mia cara,” disse Mad. “Se ti lasci guidare dall’amore troverai sempre la strada di casa.”
“Va bene...”
Che diavolo significava? Avrei preferito una mappa a guidarmi, sinceramente.
Comunque, quando mi girai Giantoldo e la sua fidanzata non c’erano più. In fondo mi dispiaceva, erano gli unici amici o, in ogni caso, persone sane di mente - se possono essere considerati sani di mente uno spazzolino parlante e una scultura di sabbia a forma di pappagallo resuscitata che si scambiano effusioni - che avevo incontrato lì. Forse quella pazza ero io.
Sì Oreste, me ne sono accorta solo ora. E mi sono accorta che mi piacciono anche i gattini al forno. Vediamo, dove potrei trovarne uno? Oh, ecco, ce l’ho davanti.
Cos’è, ora stai zitto? Bene.
Alla fine mi persi nel bosco. Non ho un gran senso dell’orientamento, lo sai. E pensai all’amore, prima al sentimento in sé, poi ad una coppia… ma niente giravo in tondo. E alla fine pensai a te, il mio micio. Perché anche l’affetto per un animale è amore. E poi io ti voglio bene, Oreste. Fu allora, che sullo stesso grande albero di prima, apparve un gatto, proprio come te, forse un po’ più matto. Ma tanto, sono tutti matti lì dentro, proprio come qui fuori.





















Martina's wondercorner:
Okay, questa shot è stata un parto, ma alla fine eccola qui *clap clap clap*. Ehi, perchè nessuno batte le mani?

No, bhe, quest'avventura giunge al termine e in fondo mi dispiace, mi ero affezionata (sì, mi affeziono ai concorsi).
La mia nonsense, risulta, o almeno dovrebbe risultare, comica, perchè, alla fine, a me questo genere ha fatto sempre ridere.
Cronologicamente il MM dovrebbe collocarsi dopo il Brucaliffo, quando Alice è alle prese con la ricerca della strada per casa, prima di incontrare lo Stregatto che la indirizzerà al Cappellaio Matto. Ah, il contatore di word mi segna 1998 parole, quindi dovrei rientrare nelle 2000 massime. Bao, niente, spero sia di vostro gradimento, se vi va le recensioni sono ben accette ahah.
:)
  
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