Cioè,
mi
spiego Oreste? Un bruco che fumava ha dato a me della rapa! Che
maleducazione. E
non sapeva neanche aspirare! Poi a me non sembrava per niente un bruco,
forse
un millepiedi. No che non mi sono messa a contare quanti ne avesse,
è ovvio!
Però ne erano tanti e mille lo si dice per dire. O almeno,
io lo dico per dire.
Sarai mica convinto che i millepiedi abbiano mille piedi? Maddai,
nessuno li
conta! Voglio dire… non è che il loro odore sia
dei migliori. Hai presente quando
andiamo a giocare nel fango con le scarpette che mi ha portato la zia
Johanne
dalla Cina? Immagina lo stesso odore moltiplicato per mille…
no, nessuno si
avvicina ai millepiedi.
Ecco! Ho
appena trovato un altro motivo per cui sicuramente quel finto bruco in
realtà
bruco non è! Se stesse fumando la puzza dei suoi
innumerevoli piedi? Ciò
spiegherebbe la sua solitudine e il suo colore! Era blu e nessun bruco
è blu a
questo mondo e neanche in un modo parallelo sarebbe possibile, no? Mi
pare
evidente che fosse blu perché il suo puzzo lo ha fatto
marcire. Sì, è solo uno
stupido millepiedi marcio.
E non sapeva
neanche raccontare le storie! Un coccodrillo che mangia
pesce… che idiozia.
Si
chiama coccodrillo o sbaglio? Cocco-drillo. Mangia cocchi e
drilli… è così
chiaro!
Forse
per Brucaliffo no, forse era troppo offuscato dalla sua puzza
impressionante.
Fatto
sta che la sua storia non stava in piedi. Mi aveva annoiato a morte,
appestato,
trattato con sufficienza e che pretendeva? Che restassi con lui a
ripetere l’alfabeto?
No, no, io non ci stavo. Sono corsa via e sono caduta su
un’erbaccia.
Quella
tutt’a un tratto mi ha urlato che dovevamo smetterla di
calpestarla, strapparla
e ridurla in cenere. Io ho provato a dirglielo: “Guardi,
signora Erbaccia, io
al massimo posso usare il tosaerba oppure posso farle una scalatura
corta o un
caschetto, ma strapparla proprio no! Sono
un’esperta!”
Ma lei
non mi ha creduto e ha voluto il rimborso.
Davvero,
Oreste, io so quello che faccio e sono sempre stati tutti contenti del
mio
lavoro, non ho mai torto un filo d’erba a nessuno, pensa se
mi metto a
strappare erbacce!
Non
contenta la signora mi ha urlato che puzzavo di fumo, diceva che lei e
la
signora Maria avevano litigato e io avevo il suo fetido odore addosso.
Io ero:
no, senta, non conosco nessuna Maria, ho parlato con un
bruco-millepiedi poco
fa, ma di signore rispettabili non ne ho incontrate. Mi ha risposto che
Maria
fa di cognome Juana, e dovevo per forza averla intravista dato che la
strada da
cui venivo era tutta la sua.
Alla
fine si è convinta e mi ha chiesto un favore, mi avrebbe
concesso di non
rimborsarla se fossi andata dalla signora Juana a chiedere di
restituirle il
suo marsupio. Ho accettato, ero stanca di sentirla parlare e ho
preferito
camminare e affaticare le gambe al posto del cervello. Che poi,
davvero, c’è
gente che usa ancora i marsupi? Comunque, lungo via Canna bis
l’unica casa era
una nascosta da un tubo dell’acqua gigante. Era piccola,
più lunga che larga,
di carta bianca finissima mentre il tetto era di consistenza
più dura, quasi
cartonato. L’odore era particolare, allegro. Ricordava quelle
feste sulla
spiaggia, il mare, il sole, il pigiama party da mia cugina Carmelina.
Bussai
alla porta e mi aprì questo bel pezzo d’erba.
“Signora
Maria? Vengo per conto della signora Erbaccia, vorrebbe il
marsupio.”
Non ha
voluto darmelo, oh! Ho insistito e insistito ma niente. Diceva che la
signora
Erbaccia le aveva rubato le unghie dei piedi e non era giusto e quindi
se l’era
riprese.
Stanca
di quella tiritera ho accennato al Brucaliffo, per una qualche
raccomandazione,
sai com’è e Maria è impallidita,
è scappata in casa e ha lasciato il marsupio
lì davanti. Quando sono tornata da Erbaccia era
più felice che mai. Nel paese
delle meraviglie sono tutti fissati coi piedi, più
puzzolenti sono, meglio è.
Non
guardarmi così Oreste! I miei piedi non puzzano!
Ad ogni
modo, ero davvero curiosa di sapere cosa se ne facesse un’
erbaccia delle
unghie dei piedi della signora Maria. Quando le portai il marsupio
Erbaccia
scoppiò in lacrime di gioia, continuava a dire che ora non
era più sola.
“Signora
Erbaccia, ma me lo dice cosa deve farsene? ” Mi rispose che
da quando suo
marito l’aveva lasciata per scappare con una primula fresca
di bocciolo aveva
iniziato a collezionare le unghie dei piedi della gente
perché le ricordavano
il suo primo amore: Brucaliffo. Aha! Come vedi, amico mio, la mia
teoria sulla
vera razza di quello pseudo-bruco andava sempre più
consolidandosi. Se la
signora Erbaccia era fissata per i piedi del suo amore significa che
erano una
parte non importante, ma importantissima del suo corpo… e
per quale animale
sono così importanti? No, non il serpente, Oreste, non sei
per nulla simpatico…
per un millepiedi, ovvio, no? Alla signora Maria non andava a genio che
Erbaccia
ricadesse nel folle amore per quell’essere che si divertiva a
fumare oltre alla
puzza dei suoi piedi anche le ciocche dei capelli che le tagliava
mentre
dormiva. Eh, sì, Maria odiava quell’uomo, quel
bruco, quel millepiedi, oh,
insomma, quel tossico. Le due avevano litigato a morte e avrei potuto
farle
riappacificare, ma non ce l’ho fatta. Andiamo, Oreste, avevo
appena lasciato un
bruco drogato e ora mi ritrovavo un’ erbaccia piangente!
L’ho lasciata lì e ho
proseguito per la mia strada. Quel posto era davvero strano. Avevo
incontrato
quei gemelli prima, i fiori canterini e Brucaliffo poi… e
nessuno che fosse
simpatico! Strano a dirsi ma volevo tornare a casa: al mio albero, al
mio
giardino, alle mie lezioni di storia. Avevo bisogno di una strada che
mi
portasse via da lì! Ho girato a destra, a sinistra, avanti,
dietro ma nulla! Fu
allora che incontrai uno spazzolino steso su una larga foglia di fico
arancione. Gli chiesi se conoscesse una strada ma non
rispose… io ero disperata
e lo chiesi una, due, tre volte finché, stanca, decisi di
scrollarlo dal suo
torpore.
“Senti,
mi puoi rispondere almeno con un gesto?” E quello
improvvisamente si rabbuiò e
con una faccia da pazzo iniziò a urlare che noi umani siamo
fatti male, che
trattiamo male gli altri. Era una vita che tutti pensavano di poterlo
usare per
spazzolarsi i denti senza minimamente curarsi del suo parere e ora si
era
stancato, non avrebbe risposto più a nessun umano. Secondo
me era uno
spazzolino molto solo… lo si capiva dal suo viso triste, dal
suo sguardo
spento, dai calli sulla mano destra.
Che
potevo fare Oreste? Lo sai, sono di buon cuore, alla fine. Mi son
seduta lì
vicino a lui e mi son fatta raccontare la sua storia, magari potevo
aiutarlo… e
magari poi mi avrebbe ripagato indicandomi la strada.
Si
chiamava Giantoldo, ed era figlio di una saponetta. Non aveva mai
conosciuto
suo padre… era morto… spremuto per intero da un
bambino umano. Che destino
atroce per un dentifricio a menta. Comunque, era cresciuto di
stenti… per
aiutare la madre era passato di bocca in bocca finché non si
era malridotto e
lo avevano gettato via. La madre, d’altronde, dovette
lavorare il doppio finché
non si consumò del tutto, e Giantoldo rimase solo.
Girò il mondo, circondato da
persone disposte solo ad usarlo, senza mai trovare nessuno che lo
amasse
veramente, e poi arrivò lei, Madeline. Era una scultura di
sabbia a forma di
pappagallo e Giantoldo si era innamorato follemente. Era stata una
storia
travagliata, la loro. Guardati con diffidenza, per gli altri erano
contro
natura. Fu quando un pappagallo vero insultò la sua bella,
dandole del mostro,
che Giantoldo esplose. La baciò con passione, sentimento,
esternando tutto
quello che aveva serbato ogni volta che qualcuno li aveva
criticati… ma quando
le loro labbra si staccarono di Madeline non era rimasto altro che una
montagnetta di sabbia. L’aveva spazzata via. Le sue urla si
erano sentite in
tutto il Paese delle Meraviglie. Da quel giorno decise di rimanere da
solo e
non si fidò più di nessuno.
“È una
storia molto triste,” dissi. Fu la prima cosa che mi venne in
mente, lo so che
non è brillante, vorrei vedere te, gattaccio.
“Già,
davvero triste. E pensare che l’amore non dovrebbe avere
limiti, dovrebbe
essere emancipato, l’unica cosa che non può
incatenare, ma solo liberare.”
“E ora
che fine ha fatto Madeline?” gli chiesi, sai che sono
curiosa, no?
Aveva
deciso di portarla con sé, in un cofanetto.
Me la
mostrò: “É una bella sabbia,
Giantoldo”. Scoppiò a piangere, lacrime di
dentifricio cadevano ai miei piedi e un odore di mela verde
iniziò a
diffondersi nell’aria. E a me non piacciono le mele.
“Su, su,
non piangere. Forse posso fare qualcosa!”
Alla
fine la sabbia è simile al fango, quindi iniziai a
modellarla come meglio
potevo, aiutandomi con le lacrime appiccicose dello spazzolino. Dopo
ore di
lavoro, Madeline era di nuovo integra… Era un pappagallo
nuovo di zecca. E dai
Oreste! Mi sono impegnata, aveva il becco storto e un’ala
più piccola
dell’altra e non aveva una superficie troppo omogenea, ma
almeno stava in
piedi!
“Uhm,
uhm, Madeline?” la chiamavo, ma niente, non rispondeva. Lo
spazzolino
ricominciò a piangere e io davvero non ce la facevo
più. Perché tutti
piangevano in quel dannato posto e io che ero sola e disperata no, ma
anzi,
dovevo aiutarli?
Però a
dir la verità quel poveretto usurato dalle bocche altrui mi
faceva pena… decisi
di usare le maniere forti.
“Baciala!”
“No, non
posso, potrei distruggerla di nuovo, no, no.”
“Avanti,
baciala! ”
“Non
insistere, no!”
“Oh, che
noia!” lo afferrai e lo poggiai delicatamente, più
o meno, vicino al becco
della scultura e quella pian piano, prese a sbattere gli occhi. Era
viva!
I due si
riabbracciarono, fecero i piccioncini e io lì, a braccia
incrociate. Sai che
bello.
“Ehm,
carini, ma un aiuto qua qualcuno vuole darmelo?”
Giantoldo
e Mad si offrirono di accompagnarmi al sentiero che avrei dovuto
seguire per
trovare la strada di casa, per ringraziarmi, a sentirli parlare, della
mia “infinita
gentilezza e tenerezza”.
Non
ridere Oreste! Tutti mi considerano gentile, sei tu che non mi capisci!
Ad ogni
modo, parlarono per tutto il viaggio. Erano, erano… Dio,
come descriverli?
Immagina una torta al cioccolato, aggiungici del miele e della panna.
Ecco, la
vedi? Così dolce… fai finta che ci siano cento di
quelle torte e allora capirai
quanto lo erano loro. Da mal di pancia. Alla fine ci trovammo davanti a
un
albero davvero, davvero, davvero enorme.
“Bhe, Alice,
siamo arrivati. Prosegui a destra, poi a sinistra e poi su e
giù.”
“Io…
credo di aver capito… più o meno.”
“Tranquilla
mia cara,” disse Mad. “Se ti lasci guidare
dall’amore troverai sempre la strada
di casa.”
“Va bene...”
Che
diavolo significava? Avrei preferito una mappa a guidarmi, sinceramente.
Comunque,
quando mi girai Giantoldo e la sua fidanzata non c’erano
più. In fondo mi
dispiaceva, erano gli unici amici o, in ogni caso, persone sane di
mente - se
possono essere considerati sani di mente uno spazzolino parlante e una
scultura
di sabbia a forma di pappagallo resuscitata che si scambiano effusioni
- che
avevo incontrato lì. Forse quella pazza ero io.
Sì
Oreste, me ne sono accorta solo ora. E mi sono accorta che mi piacciono
anche i
gattini al forno. Vediamo, dove potrei trovarne uno? Oh, ecco, ce
l’ho davanti.
Cos’è,
ora stai zitto? Bene.
Alla
fine mi persi nel bosco. Non ho un gran senso
dell’orientamento, lo sai. E
pensai all’amore, prima al sentimento in sé, poi
ad una coppia… ma niente
giravo in tondo. E alla fine pensai a te, il mio micio.
Perché anche l’affetto
per un animale è amore. E poi io ti voglio bene, Oreste. Fu
allora, che sullo
stesso grande albero di prima, apparve un gatto, proprio come te, forse
un po’
più matto. Ma tanto, sono tutti matti lì dentro,
proprio come qui fuori.
Martina's
wondercorner:
Okay, questa shot è stata un parto, ma alla fine eccola qui
*clap clap clap*. Ehi, perchè nessuno batte le mani?
La mia nonsense, risulta, o almeno dovrebbe risultare, comica, perchè, alla fine, a me questo genere ha fatto sempre ridere.
Cronologicamente il MM dovrebbe collocarsi dopo il Brucaliffo, quando Alice è alle prese con la ricerca della strada per casa, prima di incontrare lo Stregatto che la indirizzerà al Cappellaio Matto. Ah, il contatore di word mi segna 1998 parole, quindi dovrei rientrare nelle 2000 massime. Bao, niente, spero sia di vostro gradimento, se vi va le recensioni sono ben accette ahah.
:)