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Autore: roro    14/10/2008    13 recensioni
«Kagome-chan? Ehi, Kagome? Guarda che è ora di andare».
«Mh?».
«Svegliati, dai. C’è InuYasha fuori dalla finestra!».
Spalancò gli occhi, si mise a sedere e per poco non cacciò un urlo – ah, sì, non che si aspettasse davvero di vedere InuYasha, eh. Era solo – niente di importante. Scosse il capo e guardò Sango. «Perché mi hai aspettata? Potevi andare. Non c’era bisogno di restare qui».
«Oh, invece sì. Era l'unica soluzione», sospirò l’altra, «non voglio che tu cada in un tombino perché impegnata a leggere quelle sciocche leggende. Sì, so che le ami visceralmente, ma riconoscerai anche tu che sono leggermente stupide. E una sacerdotessa non dovrebbe prendere tanto in considerazione certe storielle».

[Storia in revisione]
Genere: Romantico, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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New Fan Fic20
Because of you
Capitolo 19 - Incoronazione

*\* Ehm... Salve!
Sì, sono io, Roro, e ho fatto di nuovo ritardo. X°°°D Avrei voluto aggiornare prima, ma... Non ce l'ho fatta. La scuola, il tennis, e tante altre piccole cose non mi hanno dato la possibilità di finire il capitolo, ma... Ma non è poi tanto breve, e, spero, sia almeno decente.
Non vi faccio spoiler, sia chiaro, tanto il capitolo è qui e, ora, potete gustarvelo - sperando vivamente che vi allieti almeno un po' -, ma vi dico che... Che per la mia coppia preferita c'è un cambiamento. E non è negativo.
Penso che il numero dei capitoli passerà da 23 a... Non so, 24, 25, ma è ancora incerto, e dipende tutto dalla lunghezza dei prossimi capitoli. Non vorrei farli troppo farciti di avvenimenti, capite? Sarebbe solo noioso, e tutto risulterebbe accennato, cosa che mi dispiacerebbe non poco. E' per questo che sto valutando l'idea di alzare - seppur di poco - il numero dei capitoli.
Poi... Poi la smetto con questa noiosa introduzione, e vi lascio al capitolo. I ringraziamenti, come sempre, alla fine. Baci! */*

Deglutendo, Rin si preparò alla scarica di domande che, ne era certa, l’avrebbe assalita.

Lo leggeva negli occhi di Kagome, e nel sorriso minaccioso di Sango – “Cosa dovrei raccontarvi?”, domandò fingendosi ingenua.

Naturalmente, nessuno le diede credito.

“Di. Te. E. Sesshomaru.”, scandì pazientemente Kagome, mentre Sango tormentava un lembo della coperta.

“Ah”, fu il pacato commento della ragazza – gli occhi erano persi nel vuoto, e le gote avevano assunto un timido colorito roseo. “E allora perché non parliamo di Kagome e Inu-Yasha?”.

L’interessata si fece a dir poco paonazza, e fulminò Sango che, nel frattempo, aveva annuito compiaciuta. Dopotutto, se la principessa Rin non parlava, poteva sempre strappare qualche informazione a Kagome, taciturna riguardo la sua relazione clandestina.

“E perché non di Sango e Miroku?”. Con una linguaccia, la mora si era vendicata, coprendosi poi con un cuscino per evitare la furia dell’amica del cuore, rossa come un pomodoro maturo. E incavolata.

Mai mettere mano nelle storie di Sango, la punizione era la sua eterna rabbia. E Kagome aveva rischiato tante volte, la sua eterna rabbia.

“Ragazze?”.

Il capo di Misha, un’anziana cameriera della residenza, fece capolino da uno spiraglio dell’ingresso. Sorrideva benevola, leggermente curvata in avanti per l’età avanzata, ma vispa come un’adolescente.

“Sì, signora?”, chiese Sango rispettosa, fermando il suo proposito di rompere il materasso a suon di pugni.

“È stato indetto un festeggiamento per l’incoronazione, che si terrà a breve, e la vostra presenza è, naturalmente, richiesta”, spiegò tranquilla la vecchietta. “Per di più, arriverà anche il sovrano del regno di Yoshi, è un grande onore”.

Mentre la porta si richiudeva con un debole clic, Rin si lasciò scivolare sul pavimento – “Papà”, singhiozzò. Era troppo tempo che non lo vedeva, le mancava. Molto.

“Ehi, su”. Kagome le si era seduta accanto, comprensiva. Diversamente da Sango, abituata a lunghi periodi senza i genitori, anche lei aveva nostalgia di casa. Benché qual viaggio fosse il suo sogno, desiderava riabbracciare sua mamma, e raccontarle di tutto ciò che aveva visto. E anche di Inu-Yasha, dopotutto.

“Kagome-chan, dici che dovremmo scendere?”, domandò Rin, alzando appena il capo ed asciugandosi le guance bagnate con una manica.

La mora annuì – “Se ci hanno chiamate, forse significa che hanno bisogno anche della nostra presenza. Sarebbe saggio incamminarci”.

***

Seduto al centro della sala, le sopracciglia aggrottate, Inu-Yasha Taisho continuava a lanciare occhiate curiose al fratello maggiore, intento nei preparativi. Era stato scacciato, poiché ritenuto troppo inetto per aiutare, e, come se non bastasse, aspramente rimproverato da Miroku.

“Ma insomma, Inu-Yasha, sei così scemo?

Non dovevi farti sorprendere, è questa la prima regola di un guardone!

Sesshomaru avrebbe potuto ucciderti!”.

Lanciò l’ennesima occhiata oltre i confini della porta, tentando di scorgere quantomeno Totosai – il pensiero di deridere il vecchio lo divertiva immensamente, e si gongolava sulla sedia, pregustando il gioco.

L’attesa è sempre più buona della portata.

E lo capì subito.

Totosai era così impegnato che solo l’idea di riuscire ad avere un colloquio con lui era impossibile: nessuno – nessuno – doveva disturbarlo. Era intento nel ripassare antichi manoscritti sulle incoronazioni, e necessitava di un’elevatissima concentrazione.

Afflitto, Inu-Yasha si lasciò scivolare contro lo schienale, gli occhi socchiusi e le labbra semiaperte. Sembrava addormentato, ma non lo era.

Rifletteva.

Sul regno, sul trono, sul popolo, sull’esercito, sulla lotta imminente, su Kagome.

Su tutto.

Divenire re non era mai stata una sua aspirazione e, contrariamente a Sesshomaru, la sua era stata un’educazione più limitata, volta solo a renderlo capace nella lettura e di donargli i rudimenti della scrittura.

Non era, quindi, suo compito il leggere e lo scrivere. Erano deboli svaghi che si concedeva nelle pause dei giochi.

Chinando il capo verso il pavimento, notò Kagome avvicinarsi – il suo odore gli riempì le narici, pizzicando e inebriandogli i sensi. Era una sensazione di confusione e intontimento che detestava e, al contempo, adorava.

“Ciao”, sussurrò, senza alzare gli occhi. Sapeva che lei gli si sarebbe seduta accanto, e, difatti, non deluse le sue aspettative.

Presa una poltroncina, si lasciò cadere accanto a lui, un debole tonf ad accompagnarla.

Silenziosa come una gatta, accavallò le gambe e rise – “Che fai di bello?”.

“Nulla”, a sua volta, dalla gola di Inu-Yasha fuoriuscì una debole risata. “Tu?”.

Sospirò, volgendo gli occhi al cielo in una muta preghiera. “Ho provato ad interrogare Rin, ma senza risultati. È muta come un pesce”.

“Bah, mio fratello e quella ragazzina si vergognano della loro relazione”, commentò a labbra serrate l’hanyou. I capelli argentati erano arruffati e pieni di piccole foglie, residuo della scampagnata in giardino di poche ore prima.

Kagome costatò che non si era né cambiato né pettinato, e non poté che sbottare le sue rimostranze.

“Dovevo cambiarmi?”, disse in tono bellicoso Inu-Yasha.

“Sì, stai per diventare capo delle guardie, Dio!, non puoi comportarti così, è deplorevole!”.

Accompagnando un grugnito ad ogni borbottio, si alzò, quasi facendo cadere la sedia e, seguito da una divertita Kagome, avanzò verso le sue stanze.

Le pareti erano color rubino, e tutto proseguiva in quella gradazione. Il letto – morbidissimo! – aveva coperte di un medesimo colore, e anche le sedie erano così foderate. I libri avevano copertine scarlatte e le penne erano rosso fuoco.

Kagome sorrise. “È il tuo colore preferito?”.

“Tsk, non ho un colore preferito”, sfiorando debolmente la coperta, corrugò le sopracciglia. “Era il colore che prediligeva mia mamma, però”.

Imbarazzata, la ragazza si voltò vero l’armadio, e guardò i capi al suo interno. Non aveva avuto alcuna intenzione di tirare in ballo quell’argomento, anche perché conosceva perfettamente il profondo legame tra l’hanyou e sua mamma.

Izayoi era una donna bellissima, una persona splendida e molto di più. Inu-Yasha l’aveva amata immensamente, e quando questa era morta, una mese prima di venire imprigionato al Goshinboku, il dolore l’aveva quasi ucciso. Si era ammalato, e doveva la vita a Kikyo.

La gelosia le fece provare una fitta al petto.

Sebbene sapesse perfettamente che quel sentimento era quanto di più stupido il suo animo potesse immaginare, la affliggeva comunque. E se ne vergognava.

Infilò il capo nell’armadio, desiderosa di nascondere quel rossore, finché non vide l’anta aprirsi e la testa di Inu-Yasha avvicinarsi alla sua.

“Non hai parlato di una cosa spiacevole”, le bisbigliò in un orecchio.

“No?”.

“No. Io amavo mia mamma. E se il tuo cervellino ha anche pensato a Kikyo, sappi che amavo anche lei. E molto”.

Le si era scurito il volto, e lo fulminò, stringendo le mani a pugno e aprendo la bocca. Nella sua mente, l’Accuccia era già pronto ad essere formulato.

“Ma ora amo te”, sussurrò, afferrandole la vita e dandole un lieve bacio tra i capelli corvini. “Quindi, smetti di fare la donnina gelosa e fammi prendere i miei vestiti. Devo cambiarmi d’abito, no?”.

Stupido”, ridacchiò lei, afferrando un abito a caso e posandoglielo sul corpo. Era di un tenue rosso – logicamente – ed assomigliava a quello da lui solitamente indossato. “Penso che questo sia più che perfetto”.

Sorridendo sghembo, lo strappò dolcemente dalla debole presa della ragazza e sospirò – “Se ti piace, metto questo”.

Lei annuì, indicandogli il bagno e facendogli cenno di andare. Senza rimostranze, Inu-Yasha si richiuse la sottile porta di legno dietro le spalle, mentre Kagome prendeva posto al centro del letto e apriva la mano. Le aveva messo qualcosa tra le dita, quando l’aveva abbracciata, e lei desiderava sapere cosa.

Rigirò l’involto più e più volte, senza riuscire, tuttavia, a dedurne il contenuto. E poi lo aprì.

Della sabbia sottile fluì dal piccolo buco, scivolandole sulla camicia e sporcandola tutta. A seguire, poi, un qualcosa di piccolo. E brillante.

Arrossì.

Era un diamante, piccolo, rosa, incastonato in un cerchio d’oro bianco luminoso.

“Inu-Yasha…”, mormorò con voce soffocata, puntellandosi sui gomiti e osservandolo, deposto sul palmo. “Inu-Yasha!”.

La porta del bagno si aprì, e lui cacciò il capo verso di lei, stupito – “Cosa c’è?”.

“Un… anello?”, biascicò, avvampando. Lui seguì il suo esempio, diventando di una tonalità scarlatta che nulla aveva da invidiare all’abito e all’ambiente circostante.

“Beh, sì. Ma se non lo vuoi, puoi restituirmelo”.

Aveva richiuso l’uscio, e si era lasciato scivolare contro la porta, gli occhi alzati verso il cielo e l’aria spaesata. Se lei avesse detto che , gliel’avrebbe restituito, era certo che il suo cuore non avrebbe retto. O, meglio, avrebbe sì retto, ma si sarebbe ancora una volta richiuso.

I progressi di quegli ultimi tempi dipendevano da una parola,

e Kagome neppure se ne rendeva conto.

“No”.

“Come?”.

“No, non voglio restituirtelo. Voglio quest’anello, e tutto ciò che per te significa”.

“Allora te ne sei accorta”, borbottò lui alzandosi.

“Sì. E grazie”.

“Di nulla”, rispose mantenendo un tono distaccato. Era l’anello di fidanzamento di sua mamma, e la scelta di donarglielo era stata una scelta quasi istintiva. Doveva regalarglielo.

Aveva raccolto un po’ di sabbia, presa dalla spiaggia poco lontana, e l’aveva incartato in un pezzo di carta rinvenuto in un cassetto.

Quando l’aveva vista cercare qualcosa, poi, aveva deciso che era quello, il momento adatto, e gliel’aveva dato. Ed ora era terribilmente in imbarazzo.

Nel momento stesso in cui aprì la porta, si ritrovò travolto da una valanga umana di capelli corvini. Kagome sorrideva a dir poco raggiante, l’anello tra il pollice e l’indice della mano destra, mentre il braccio destro si era stretto intorno al collo del ragazzo. Lanciava piccoli squittii eccitati.

“Ehi, calma!”, borbottò lui. Non sapeva proprio che fare, non si era immaginato una simile reazione.

“Ma… Ecco… Io…”.

Si era staccata di scatto, ed era arrossita, il piccolo tesoro ancora in mano.

Lui, abbozzando un leggero sorriso, lo prese, rigirandoselo tra le dita con aria indifferente. Le prese la manca, e la osservò, finché, sospirando, non le alzò l’anulare e lo mise lì. “Penso che qui stia bene, no?”, disse con una punta di nervosismo nella voce.

Kagome singhiozzò, ributtandosi contro si lui.

“Ehm…”.

“Ma è mai possibile che vi troviamo solo in queste posizioni?”.

Sango e Miroku ridevano, accompagnati da Kirara e Shippo. I due demoni si erano persi nel bosco, ed erano stati portati al castello da un cacciatore inesperto che li aveva visti atterriti dopo l’attacco di un millepiedi gigante.

“Ma non è colpa mia”. Tentando di mantenere un qualche contegno, Kagome si alzò e si lisciò le pieghe della gonna, sgualcitasi. Gli occhi erano umidi e l’aria gioiosa, ma Sango si astenne dal fare commenti, e costrinse Miroku a fare lo stesso.

“Smettetela di fare i bambini e andiamo”, borbottò Shippo. Gli adulti gli davano costanti problemi.

***

“Ah, Inu-Yasha, ricordo ancora come se fosse ieri quando rincorrevi i passerotti per il giardino!”.

Stringendo i denti, Inu-Yasha fulminò ancora una volta il vecchio Totosai: sebbene il suo compito fosse di dare loro il ruolo che gli spettava per eredità paterna, il demone non sembrava curarsene, continuando a divagare sull’infanzia del giovane hanyou, ed evitando accuratamente di citare il seppur minimo ricordo su Sesshomaru, dato che questi lo minacciava con occhiate gelide.

“Vogliamo procedere?”, chiese ancora una volta con voce bassa e infastidita.

“Eh? Perché, cosa stavamo facendo?”.

Dopo l’ennesimo pugno assestato sulla tempia del vecchio, Inu-Yasha incrociò le braccia sul petto e prese a battere il piede sul pavimento, aritmicamente.

“Ah, ora ricordo! Sì, continuiamo. Con il potere conferitomi, che noia!, proclamo Inu-Yasha centoventisettesimo capo della guardia reale. E, sempre il potere conferitomi in quanto funzionario e consigliere reale, proclamo anche Sesshomaru centocinquantaduesimo re del regno di Yoshi”. Poi, con un ampio sbadiglio, girò sui tacchi e prese una corona, posandola sul capo di Sesshomaru. “Ecco fatto, buona giornata”.

Tra lo sbigottimento di alcuni e la commozione di altri, i due si voltarono verso i presenti.

L’aria di Sesshomaru era imperturbabile, e sembrava perfetta per il ruolo ora ereditato. Inu-Yasha, invece, era a disagio, e continuava a cercare il volto di Kagome tra la folla, quasi questi lo tranquillizzasse.

Avevano ereditato la loro carica da neppure due minuti, e già tutto sembrava loro diverso.

Le persone sembravano più servili nei loro confronti, e si prostravano al loro passaggio e sorridevano, chiedenti appoggio per qualcosa. Subito iniziarono richieste d’ogni sorta, che Sesshomaru concedeva di buon grado.

Inu-Yasha convenne con Kagome che, almeno, non s’era rivelato un despota. E pagò la scommessa, borbottando improperi all’indirizzo dei kami, che avevano rivelato un animo molto più umano di quel che credeva.

Dannazione.

Sentirono un brusio, e l’enorme portone d’ingresso si aprì.

Era un piccolo gruppo di persone, alla cui testa vi era un uomo. E Rin lanciò un urlo, facendo voltare persino Sesshomaru.

“Padre!”.

 







*\* Ehm... Non è stato 'sto granché, vero?
Ma non mi uscivo nulla di meglio, non con l'interrogazione di italiano alla porte, almeno. Questo è stato il mio meglio, e spero voi l'abbiate apprezzato.
Il capitolo, poi, è dedicato a tutti gli amanti della InuXKaggy, in special modo a quelli che ho conosciuto su msn (Se volete entrare nel gruppo, il mio contatto è nella mia presentazione XD). E, tra queste persone, in particolare a chi mi sprona a scrivere, magari anche minacciandomi.
ù.ù Grazie a tutti per il sempre costante sostegno!
I ringraziamenti saranno molto rapidi, ma ho un paio di problemini che non sto qui a spiegarvi e devo fare in fretta.
RINGRAZIO:
AvinPhi
marychan89
KaDe
kirarachan
kaggychan95
Bchan
Aryuna
inufan4ever
mikamey
kaggy95
demetra85
ryanforever

Grazie mille, perché il vostro sostegno mi spinge a scrivere. E perché amo i vostri commenti, e mi dispiace, magari, non vedere più qualche commentatore.
Davvero mille grazie: spero di riuscire a scrivere un nuovo capitolo in tempi non troppo lunghi, ma non prometto nulla. Vi chiedo solo di portare pazienza, e di non eliminarmi XD.
Alla prossima!
 
   
 
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