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Autore: Hoi    10/11/2014    3 recensioni
I fatti narrati si svolgono dopo gli eventi del primo film
“Pronto! Aiuto ho investito una persona. Sono in via...” Dove cazzo ero? Mi guardai attorno nel panico. Non c’era neanche un fottutto cartello. Merda! Ma quella era New York. Una New York mezza distrutta e ancora in piena ricostruzione, ma pur sempre New York. Di certo avrebbero rintracciato la chiamata e sarebbero venuti ad aiutarmi.
“il numero da lei selezionato è inesistente”
“Cosa?!?!?!” Piena di sgomento guardai lo schermo. 118. Idiota! Idiota! Idiota!
Genere: Avventura, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Loki, Nuovo personaggio, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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La torre tremò. La torre dei vendicatori, con una struttura progettata dai migliori ingegneri al mondo stava tremando vistosamente. Il cuore mi si fermò. Chiusi gli occhi, cercando di ignorare le urla. Inspirai mentre uno schianto assordante riempiva l’aria. Espirai, cercando di realizzare di chi fossero le voci che si allontanavano. Aprii gli occhi e la porta del bagno.
La stanza era devastata, ma la cosa peggiore era l’enorme voragine che si apriva nella parete e copriva gran parte del soffitto. La torre era stata squarciata da dentro. Una mano mi afferrò, ma io non riuscii a staccare gli occhi da quel gigantesco vuoto. Il mio cervello semplicemente non accettava quello che vedeva. La stretta si fece più insistente e iniziò a strattonarmi, costringendomi a voltarmi. Due occhi verdi e duri come smeraldi erano davanti a me e mi diceva di seguirla, che Stiv le aveva ordinato di proteggermi. Io però non realizzai subito il significato di quelle parole, mi sembrava fossero solo versi inarticolati, come quelli che venivano da fuori e che riempivano l’aria. Una mano mi voltò, il viso e Davide mi apparve in primo piano.
Franci, dobbiamo andare
Questa lingua la conoscevo. Questa volta avevo capito. Feci cenno di sì con la testa e lui subito mi fece strada. Andammo verso le scale, dopo qualche gradino la mia mente si era riattivata, nonostante quella situazione mi paresse ancora del tutto irreale.
“Che è successo”
“Stark è impazzito, ha colpito Bruce con una specie di pistola e… e lui si è trasformato”
Cercai d’ignorare il tremito nella voce di quella donna, che fino ad un attimo prima avevo considerato senza cuore. Lei non poteva aver paura, perché se davvero fosse stata spaventata allora forse era davvero la fine. Nonostante fosse sconfortante mi aggrappai a questo pensiero, mi aggrappai all’immagine di quella spia spietata, perché in un certo senso sentivo che se l’avessi lasciato andare il prossimo pensiero sarebbe stato: Succederà anche a me? Diventerò anche io un mostro verde?
“Quello non era Stark. Ho cercato d’avvertirvi…”
Natasha lanciò uno sguardo di sbieco a Davide. Sì, era vero ci aveva provato, aveva insistito un sacco cercando di farci capire quella cosa che per lui era tanto ovvia. Avrei voluto gridargli che avrebbe dovuto dirlo chiaramente, ma sapevo che non poteva averne la certezza, probabilmente era stato solo un presentimento.
“Come lo sapevi?”
La voce della Vedova divenne glaciale. Ci fu un lungo momento di silenzio, poi in un istante lei inchiodò, ruotò su se stessa estraendo una pistola, che puntò in faccia a Davide.
“Non te lo chiederò di nuovo e sia chiaro, se la tua spiegazione non mi soddisferà, non mi farò scrupoli”
Ci fermammo. Eravamo sulle scale, circa al quart’ultimo piano di una torre attaccata da un mostro gigante, con una pistola puntata contro. Era troppo. Non potevo reggere, così collassai. Inizia a gridare.
“Che cazzo stai facendo? Sei diventata completamente scema?! Credi davvero che abbiamo architettato tutto noi?! Ma hai visto come sono conciata?! Sono ricoperta di ferite cazzo. Perché diavolo avrei dovuto farmi questo? Perché diavolo starei cercando di rovinarmi la vita?”
Davide mi afferrò il braccio per calmarmi, ma fece l’effetto opposto. Mi divincolai. Era tardi ormai, ero partita.
“Sentimi bene stronza, io non intendo restare qui ad aspettare che la torre mi crolli addosso. Se vuoi giocare con le armi smetti di puntarmi quella roba addosso e va là fuori, o sei troppo codarda? È questo il punto, no? Super spia quando fa comodo, ma se le cose si fanno serie ti rintani nelle retrovie.”
Il suo sguardo era glaciale, la mia tirata non stava facendo il minimo effetto, io però non era per far paura a lei che gridavo. Gridavo per me, per rimpiazzare la paura con un sentimento che sapevo gestire meglio, l’ira.
Feci uno scalino. Lei tolse la sicura. Davide mi spinse in dietro e io caddi goffamente a terra. Fu un attimo. Ci fu una luce e partì uno sparo, che andò a vuoto. L’elettricità statica riempì l’aria, assieme ad un vago odore di bruciato. La Vedova Nera era a terra e Davide era su di lei, che cercava di sentirle il cuore. Rimasi in mobile finché non si alzò.
“Sta bene, è solo svenuta”
Feci cenno di sì con la testa, velocemente agguantai la cintura con le pistole, ma al primo tocco presi la scossa e dovetti ritrarre la mano e riprovare. Ne aveva ben due di pistole nel cinturone e devo ammettere che pesavano molto di più di quanto pensassi. Dopo che si fu calmato, Davide si caricò l’agente Romanoff sulle spalle. Anche se era una stronza di proporzioni epiche, non potevamo lasciarla lì.
Dopo un altro piano di scale fu chiaro ad entrambi che non si poteva continuare così, la Vedova era troppo pesante e quelle scale erano davvero troppe per farle tutte a piedi, così decidemmo, contro ogni regola dei vigili del fuoco, di andare all’ascensore. La pulsantiera ricevette l’avvio, quindi di certo la rete elettrica funzionava ancora. Davide Appoggiò il corpo della donna a terra, per riprendere fiato, mentre aspettavamo. Aveva una pessima cera. Gli presi la mano, cercando di tranquillizzarlo. Lui mi guardò.
“Non poteva ucciderla. Anche con tutto quel metallo addosso ero certo che non l’avrebbe uccisa, non le si è nemmeno fermato il cuore. È solo un piccolo shok. Si sveglierà tra poco”
Gli sorrisi facendogli cenno di sì con la testa. La sua voce tremava. Era chiaro che lo stesse dicendo più a se stesso che a me, d’altronde era da quando era ragazzino che era terrorizzato dall’idea di far male a qualcuno.
Uno schianto ci raggiunse alle spalle e una pioggia di detriti riempì la stanza. Quando alzai gli occhi vidi il cielo. La parete era in frantumi, sparsa per la stanze e un essere verde si contraeva sul pavimento. Urlando e facendo forza sulle gambe si rimise in piedi. Hulk ci guardava, tenendo il corpo scalciante di Thor in una mano. Davide mi tirò indietro, mentre alle mie spalle un ombra si alzava, scivolava nella fondina e afferrava una pistola. Romanoff, ci superò, puntando la pistola contro Hulk.
“Lo distrarrò, scappate”
Prima che il suo piano potesse avverarsi, una freccia colpì il terreno. Con un Clik la strana punta si aprì in quattro e iniziò ad emanare tanto gas da riempire l’aria in pochi istanti. Ero accecata da quel fumo giallo, tanto da perdere di vista Davide, che sarebbe dovuto essere ad un passo da me. Sentii Hulk gridare e poi, il Tin dell’ascensore alle mie spalle. Una mano mi afferrò. Mi aggrappai a quella mano e in un attimo fui nell’abitacolo e potei vedere di nuovo. Nell’ascensore per qualche strano motivo il fumogeno non era filtrato, nonostante questo, mi resi conto solo troppo tardi, quando ormai le porte si erano chiuse ed eravamo ripartiti, che quello davanti a me non era Davide.
“Scott… Che-che diavolo ci fai qui?”
Ero confusa e spaventata, le parole faticarono ad uscirmi, ma di afferrare la pistola che mi rimaneva, non mi passò nemmeno per l’anticamera del cervello. Non era un gesto naturale per me e in tutta sincerità non mi riusciva di vederlo come una minaccia. Lui mi sorrise, con quel suo sguardo gentile, che forse cercava di essere rassicurante.
“Non temere, sono venuto a salvarti”
Rimasi a bocca aperta. Quando l’avevo investito dovevo avergli provocato un danno cerebrale, oltre a tutto il resto, eppure sembrava stesse bene quando se n’era andato, non zoppicava neanche più!
“Che cazzo stai dicendo? Dobbiamo tornare giù! Davide è lì e anche…”
La voce mi macò. A quanto pare, per la prima volta da quando l’avevo incontrato, il mio cervello aveva ripreso a funzionare. Iniziò con una constatazione semplice, stavamo andando su e non giù. Se avesse voluto salvarmi, mi avrebbe portato verso una via di fuga e sul tetto non ce n’erano. Poi i pensieri si ammassarono nella mia mente e iniziai a capire ogni cosa, sin dall’inizio. Come se mi mancasse il filtro tra bocca e cervello, iniziai a parlare.
“Appari sempre dopo un attacco, tranne la prima volta… Cazzo, Stark ha ragione è me che seguono. Il giorno dopo che ti ho investito tu stavi bene. Nessuno si riprende tanto velocemente, a meno che non ti fossi fatto nulla fin dall’inizio… Oddio è da allora che i Chitauri mi inseguono! Sei stato tu? Perché? Come hai…?”
Mi schiaccia contro le porte per allontanarmi da lui e da quel suo ghigno il più possibile. Lui non mi lasciò tregua e si appoggiò alle porte, bloccandomi tra le sue braccia. Avevo paura. Solo paura, ma non di lui, bensì della situazione. In un certo senso lo vedevo ancora come il ragazzo fradicio e disperso che era entrato nell’ascensore del mio albergo. Un esplosione fece tremare la torre. L’ascensore vacillò ed una spinta mi fece perdere l’equilibrio. Caddi contro il suo braccio e mi aggrappai a lui per non cadere. Le luci vacillarono e l’ascensore si fermò. Trattenni il fiato maledicendomi per esserci salita, sicura che sarei morta precipitando in una gabbia d’acciaio, ma le luci si riaccesero e l’ascensore ripartì. Lui mi lasciò andare, quasi imbarazzato.
“Avevo bisogno di un diversivo. Stavano cerando me… io..”
Si allontanò da me, portandosi una mano al viso. Ora era lui a sembrare spaventato, forse persino sofferente.
“Ho fatto un errore e ho stretto accordi con loro… accordi che non ho potuto onorare e ora vogliono vendetta.” Si voltò verso di me, con quei suoi grandi occhi sofferenti “Non avrei mai dovuto coinvolgerti, ma credevo che saresti stata al sicuro coi Vendicatori al tuo fianco”
E come mi avevano protetto bene è! Arrivando sempre all’ultimo, sempre troppo tardi, come lui d’altronde. Ammetto che era difficile non solidarizzare con lui. Era stato sciocco e imprudente a impelagarsi con gente così, ma capitava. Erano cose che conoscevo purtroppo, ne avevo incontrati tanti di ragazzi ingenui che cedevano a chi gli proponeva una scorciatoia. Non mi sentivo di dargli la colpa, o quantomeno di accusarlo.
“Quindi pensavano che io li avrei aiutati a trovarti?”
Comunque non capivo che ruolo avessi io in tutta quella storia. L’avevo investito e picchiato, perché cavolo qualcuno avrebbe pensato che potessi farli arrivare a lui? Lui parve imbarazzato.
“Vedi, come ho detto, io credevo che tu fossi al sicuro con i Vendicatori e i Chitauri sono una razza molto diversa da quelle che conosciamo, per questo faticano a distinguere gli individui.”
Spalancai la bocca e rimasi così per un tempo infinito. Pensavano che io fossi lui! Non ci assomigliavamo neanche per sbaglio. Nemmeno un ceco-sordo-rimbambito ci avrebbe confusi. Ero inseguita da un esercito di deficienti!
“I Chitauri ci distinguono grazie alla percezione, sulla terra alcune culture la chiamano aura.”
Dovevo sembrare un deficiente con quell’espressione di stupore sulla faccia, il mio cervello aveva decisamente smesso di nuovo di andare.
“Tipo Dragonball?”
Lui mi guardò con un’espressione a metà tra l’interdetto e lo stupito. Chiaramente non sapeva di cosa stessi parlando. Fu allora che il mio cervello si riattivò e ricominciò a fare collegamenti.
“La sciarpa, hai fatto qualcosa alla sciarpa. Per questo poi hanno attaccato la stazione di polizia. Seguivano la sciarpa.” Abbassai gli occhi, sul mio braccio ingessato, con quei ghirigori a pennarello che avrebbero dovuto significare “fortuna”, ma che ormai ero certa volessero dire una cosa più tipo: Sei proprio un idiota, cara.
“La scritta. Dopo hanno seguito la scritta. Come hai fatto?”
Lui mi sorrise, come se in qualche modo fosse compiaciuto che alla fine ci fossi arrivata. Non aveva tutti i torti, ero stata una deficiente a non pensarci, a non sospettare nulla. Almeno quel suo tempismo dopo l’incidente al bar avrebbe dovuto farmi capire e invece niente. La possibilità di un collegamento non mi aveva neanche sfiorato il cervello. Il Tin dell’ascensore mi avvisò appena in tempo di levarmi dalle porte, per permettere che si aprissero. Uscii immediatamente. Volevo allontanarmi da lì il prima possibile. Era stato un grande errore entrarci, quello era a tutti gli effetti il posto più pericoloso in cui entrare durante un terremoto… o un attacco di Hulk.
Lui mi venne dietro.
“Ormai l’avrei capito, non sono un normale umano. Sono quello che chiamano mutante. Sono come te.”
Gli sorrisi. Era credibile dovevo ammetterlo, in ospedale avevo avuto l’impressione che si ritenesse diverso dagli umani, quasi superiore, ma se credeva che fossi io un mutante, cascava male.
“Guarda che hai capito male, io sono una banalissima umana, al cento per cento”
Lui mi sorrise. Questa volta quel sorriso voleva dire “Smettila di dire balle”. Io però non ne stavo dicendo, anche se Stark, la Vedova Nera e Scott pensavano fossi una bugiarda, io ero sincera. Almeno ero sincera nel dire che non ero IO la mutante. Davide, lui sì.
“Hai sconfitto i Chitauri disarmata. Ho visto bene la fine che ha fatto il tuo secondo avversario. Ammetto che ancora non capisco come…”
Mi si avvicinò, dovevo ammettere che era rassicurante. Fui sul punto di dirgli: “Non lo capisci perché è stato Davide a folgorarlo quasi a morte!”, ma mi morsi la lingua. Dovevo ricordare che mi stava nascondendo qualcosa. L’avevo capito ormai.
“In fondo che importanza ha quali siano i tuoi poteri? Ciò che conta è che ti devo molto e intendo ripagare il mio debito.”
Mi prese il braccio ingessato e passò una mano sulla scritta. Per un attimo il nero si illuminò, poi la luce si esaurì e tutto tornò com’era. Lo guardai confusa.
“Ti ho liberata, ora sarà me che cercheranno… io… avrei dovuto farlo molto tempo fa”
Pareva sinceramente dispiaciuto. Feci qualche passo verso le scale. Avrei voluto poterlo aiutare, poterlo togliere da quella situazione. Mi girai verso di lui. Mi stava guardando, forse voleva il mio perdono, forse credeva che in qualche modo avrei potuto aiutarlo, ma si sbagliava. Io ero solo una ragazza impacciata e ingenua e lui solo un bugiardo. Estrassi la pistola e gliela puntai contro. Lui parve sorpreso, ma sicuramente meno spaventato di me. La mano mi tramava vistosamente.
“Io non so cosa tu sia, ma non sei un mutante e sicuramente non sei nemmeno terrestre.”
Lui mi fissò confuso, poi in un attimo colmò la distanza che ci separava e mi disarmò. Lo guardai lanciare via la pistola con noncuranza. Probabilmente mi guardò seguire la traiettoria dell’arma, che scivolava sul pavimento, superava il tavolo da lavoro di Stark e andava a finire ad un soffio dalla voragine.
“Non fraintendere, anche se la recuperassi sarebbe inutile. Non mi scalfirebbe nemmeno.”
Una luce oro lo circondò. Per qualche istante sembrò un miraggio, poi l’immagine prese consistenza ed il suo corpo fu ammantato da abiti verdi e neri stretti sotto un spessa armatura d’orata. In un certo senso lo trovai familiare. D’altronde l’avevo sempre trovato familiare, nonostante ora più che mai mi apparisse magnifico e in qualche modo distante. Ciò nonostante mi strinsi nelle spalle con noncuranza, lanciando un ultima occhiata rassegnata all’arma. Ad essere sincera mi sentivo più al sicuro ora che non l’avevo più in mano.
“Non che mi sarebbe servita comunque, non so nemmeno togliere la sicura”
Lui mi guardò per un istante a bocca aperta, poi inaspettatamente scoppiò a ridere. La cosa non mi diede poi molto fastidio, in fondo la figura dell’idiota l’avevo fatta molto tempo fa, più di così non potevo peggiorare. Quando si fu calmato mi rivolse nuovamente la parola.
“Quindi finalmente hai capito chi sono?”
Alzando nuovamente le spalle mi avviai verso la scrivania. Lui mi afferrò fermandomi. Io lo guardai sinceramente sorpresa.
“Che c’è? Sarà una cosa lunga, no? Se mi devi raccontare tutto il tuo piano malvagio, come farebbe ogni super cattivo, almeno lascia che mi sieda. È per questo che siamo qui, no?”
Pareva divertito. Mi lasciò andare e io mi sedetti nel posto che sarebbe stato del signor Stark. Quella sedia era davvero maledettamente comoda.
“A sire il vero non ho idea di chi sei… è solo che nessuno sulla terra non sa cos’è Dragonball. Credo che perfino il capitano Rogers lo sappia.”
Scott, che ora dubitavo si chiamasse così, si sedette davanti a me, sogghignando malvagio. Io mi strinsi nuovamente nelle spalle, ostentando tranquillità. Con un tempismo impressionante una nuova scossa percorse la torre, strappandomi un grido oltre che alla mia maschera di donna sicura di se. Mi aggrappai alla scrivania e pregai sommessamente finché la scossa non fu cessata. Non sarebbe durata. La torre ormai era sul punto di crollare me lo sentivo. Sarebbe precipitata e io sarei morta, assieme ad chissà quante migliaia di persone. Quando finalmente riuscii a lasciare la scrivania, tornai a guardarlo. Sembrava deluso.
“Sai, pare che tu sia più spaventata da queste scossette che da me.”
Sì, era vero. Davanti alla prospettiva di precipitare per Dio-solo-sa quanto tempo e morire per l’impatto, o restare bloccata tra le macerie e morire per le ferite dopo giorni d’agonia, lui non sembrava poi così male era anche molto carino. Che dico, era proprio un gran figo e in un certo senso mi stava simpatico. Questo però non potevo di certo dirglielo.
“Se fossi terrestre sapresti che chi vive a New York ha molta più paura dell’undici settembre che degli alieni… Anche dopo aver sperimentato un invasione aliena in effetti”
Sì, mi rendevo conto che effettivamente pareva aver poco senso, ma era così. Lui mi guardò sempre più deluso. Una delusione che sfociava nel disprezzo e nell’odio.
“Davvero stai paragonando due insignificanti torri ad una guerra?”
Scattai in piedi. Come osava! Insignificanti torri? Lui che cazzo ne sapeva? Non era stato lui a costruirle, a lavoraci giorno e notte… bhè non ero stata neanche io, ma capivo cosa volevano dire. Erano un simbolo. Erano un punto di riferimento. Erano un immagine di grandezza.
“Ti credi tanto intelligente perché hai ingannato chi ti voleva aiutare? Dovrei avere paura di te perché sai come approfittarti della mia ingenuità? Ti dirò una cosa, non sei il primo e non sarai l’ultimo –ripensandoci ora, questa affermazione non mi coprì di certo di gloria- di stronzi ne è piena anche la terra, non c’è bisogno di cercarli nello spazio.”
Lui si alzò era infuriato. Una furia fredda, senza grida, ma piena di odio. Probabilmente quello sarebbe stato un ottimo momento per aver paura.
“Tu, se ora non mi temi, sappi che mi temerai. Tu mi sottovaluti, credi che ingannarti sia tutto il mio piano? Il mio gioco è molto più sottile. Ho calcolato alla perfezione tempi e tattiche per fare in modo che arrivasse questo giorno. Né Stark, né Fury, né tantomeno il tuo Capitano si sono accorti di niente, ma sono esattamente dove volevo fossero proprio quando volevo io. Ora che le sentinelle sono finite arriverà un ultimo drappello di Chitauri. Il loro ultimo tentativo. E quello che troveranno saranno i più grandi eroi della terra divisi e feriti. I miei nemici si annienteranno tra loro e io mi ergerò sopra i loro cadaveri. Innalzandomi come nuovo sovrano dei Midgard! E tu… Tutti voi pagherete per avermi sottovalutato.”
Una nuova scossa fece tremare la torre, ma io a malapena la notai. Il mio corpo era già scosso da tremiti da tempo. Era come se fossi schiacciata da quei due occhi pieni d’odio, che mi fissavano.





P.s. dell'autrice
Ecco un capitolo un po' più lungo del solito... Ma ci voleva dopo questa immensa pausa! (e poi c'erano da spiegare tante cose...) ^^'
Un grazie speciale a Elkie12, ammetto che avevo bisogno di sentire che qualcuno stava aspettando e che il nuovo cap non era deludente <3 GRAZIE! E GRAZIE GRAZIE anche a tutti quelli che stanno leggendo ancora!! è bellissimo sapere che c'è qualcuno a cui interessa la mia storia... spero di non deludervi!
  
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