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Autore: SilverSoul    01/04/2015    3 recensioni
La vita di Maka, chiusa in un appartamento in unica compagnia dei suoi amati libri, sta per cambiare.
Riuscirà il mondo reale ad essere all'altezza di un mondo di carta, dove le alte aspettative, i grandi amori e i sogni nel cassetto sono a portata di mano?
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Maka Albarn, Soul Eater Evans, Un po' tutti | Coppie: Soul/Maka
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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10) What women want
 
Erano passate due settimane dal giorno del loro rappacificamento, e le cose erano tornate alla normalità.
Soul aveva ripreso a sorridere o, meglio, a ghignare, ed era tornato ad essere il vivace scapestrato ragazzo di sempre. Aveva smesso di fissare il vuoto, aveva ripreso ad ascoltare –più o meno- quando le altre persone gli parlavano, e non c’erano più stati tentativi di pseudo-suicidio lanciandosi da rampe di scale o facendosi investire da vecchiette in carrozzina – almeno, Tom tentava di autoconvincersene ogni giorno.

Il ragazzo era addirittura tornato a vivere nel suo disordinatissimo appartamento, e c’era uno strano scintillio che traspariva nel suo sguardo, che contribuiva a sbarrargli gli occhi, facendolo apparire come uno costantemente strafatto di LSD.
Tom era abbastanza certo che Soul non facesse uso di droghe, ma vederselo praticamente correre su e giù per il negozio spostando merce e mettendo a posto i prodotti senza che nessuno gliel’avesse chiesto, be’, qualche dubbio lo faceva venire.

Maka, invece, dal canto suo, era tranquilla. L’ansia perenne che le aveva attanagliato le viscere nelle settimane precedenti era sparita e questo, unito al fatto di aver ricominciato a dormire sul suo comodissimo e morbidissimo letto, le aveva permesso di ricominciare ad occuparsi del suo lavoro.
Intendiamoci, la bozza scribacchiata di malavoglia di quello che la sua editrice Arya voleva - << Il nuovo Twilight, tesoro, il nuovo Twilight! >>- era ancora sul pavimento di camera sua a prendere polvere, utile solo come scendiletto, e lì sarebbe rimasto.

Maka non aveva nessuna intenzione di cambiare, di cambiare le sue storie e il suo modo di scrivere solo per piacere agli altri: era una cosa di cui era sempre stata convinta, ma se prima si era sentita sopraffatta dalle ciance di Arya e si era lasciata convincere, ora aveva riscoperto e rispolverato dentro di sé l’entusiasmo degli inizi e il coraggio di portare fino in fondo le sue idee.
Molte volte era scesa –era stata costretta a scendere, veramente - a compromessi negli ultimi tempi, ma era riuscita a mantenere una sua integrità.
Era sempre rimasta Maka, sempre, ma cedere su quello che la rendeva felice… non se lo sarebbe mai perdonata!

Tornando a noi, quindi, Maka aveva ripreso a scrivere, e quella specie di “blocco creativo” che era giunto con l’ingresso rocambolesco di Soul nella sua vita era come svanito, lasciandola piena di idee ed entusiasmo.
Passava le mattinate a scrivere pagine su pagine, battendo allegramente le dita sulla tastiera, rilassata e felice come non lo era da tempo. Più scriveva, e più si rendeva conto che quello che aveva tra le mani non sarebbe stato solo il suo ennesimo libro, ma il suo capolavoro, il culmine della sua carriera.

E se le mattinate erano tranquille e solitarie, il silenzio spezzato solo dal ticchettio dei tasti che rimbombava nell’appartamento, i pomeriggi, con l’arrivo di Soul dal lavoro, erano quanto di più incasinato, rumoroso e confusionario si possa immaginare dopo una compagnia di circensi russi ubriachi.

Maka-chop, inseguimenti, lanci di patatine e libri, insulti più o meno pesanti, grida che si alzano fino al limite dell’ultrasuono, risse in cucina per l’ultimo biscotto, botte sul divano per il controllo del telecomando, zuffe per… be’, per il piacere di picchiarsi, litigi infiniti davanti alla porta del bagno per stabilire chi dovesse andare prima…
Insomma, tutto era tornato alla normalità.
Ebbene sì, alla normalità del prima, almeno apparentemente.

***

<< MAKAAAA! >>

Un urlo strozzato ruppe la quiete di quel pomeriggio soleggiato.

La bionda schizzò in piedi dalla sua poltrona preferita, quella rosso sangue vicino alle vetrate.
Mezza impaurita e mezza preoccupata, abbandonò a se stesso il tomo che stava leggendo e corse velocemente nel soggiorno, per poi infilarsi nella voragine e sbucare in camera da letto dell’albino.

Albino che in quel momento si stava infilando i pantaloni della tuta, mentre a torso nudo e ancora voltato verso l’armadio guardava con occhio critico l’ammasso intricato di magliette cercando di scegliere a colpo d’occhio quella più pulita e meno stropicciata.

Maka fece appena in tempo a registrare l’informazione che Soul portasse dei boxer blu elettrico – “E anche molto bene, bisogna dire”-, prima che il ragazzo finisse di sistemarsi i pantaloni.

Si bloccò all’istante.

Distratta dei muscoli delle spalle che guizzavano sotto la pelle, non si accorse della breve occhiata che Soul le lanciò, inclinando appena il volto verso di lei per poi rigirarsi subito, camuffando il movimento come qualcosa di casuale.

Girando nuovamente la testa verso l’armadio, Soul lasciò che i capelli argentati (nuovamente della giusta lunghezza) nascondessero il sorriso sghembo di puro orgoglio maschile che gli si era disegnato sulle labbra vedendo Maka così interessata alla sua schiena nuda.

Improvvisamente, aveva deciso che avrebbe indossato una delle magliette che si trovavano nei ripiani più alti del mobile: raddrizzò appena la schiena, allungando pigramente un braccio verso l’alto fino ad afferrare il primo pezzo di stoffa che gli passò sottomano.
Soul si infilò la maglia, avendo cura di flettere ben bene le spalle, per poi girarsi di scatto.

***

Maka, ancora mezza persa in contemplazione e mezza lanciata in fantasticherie vietate ai minori, vide il ragazzo girarsi: rapidamente, richiuse la bocca e incurvò le sopracciglia in un cipiglio che sperava ardentemente fosse interrogativo e desse al suo viso un’espressione intelligente.
Vide un lampo di divertimento nello sguardo di Soul, e capì che il suo volto dovesse apparire tutto fuorché intelligente, al momento.

Indispettita, decise su due piedi di giocare d’anticipo: d’altronde, non è l’attacco la miglior difesa?

<< Ma dico, sei scemo? Ti sembra il modo di chiamare la gente? Mi sono preoccupata, sembrava ti stessi strozzando con qualcosa! >>
Vide il sopracciglio di Soul inarcarsi in modo elegante, sollevandosi lentamente verso la fronte, in una silenziosa richiesta di spiegazioni, quindi si sentì in dovere di sbuffare, prima di proseguire:
<< L’urlo di prima, genio. Sembrava l’ultimo rantolo di un condannato a morte >>
<< Aaahh! Mi si era incastrato l’orecchino nella maglia mentre la stavo sfilando. Stavo solo cercando di avvisarti di essere arrivato così, nello strano caso tu avessi deciso di venire di qui, non mi avresti trovato in mutande mentre mi cambiavo >>
<< Che poi è esattamente quello che è successo, idiota >>
<< Non mi è sembrato che la cosa ti fosse dispiaciuta troppo, prima >>

Beccata in pieno.

Soul  1 – Maka 0
Palla al centro.

Maka si bloccò con la bocca aperta, l’indice alzato, già pronta a ribattere: arrossì vistosamente, realizzando cosa il ragazzo avesse effettivamente detto, mentre Soul sogghignava godendosela da morire.
Non era certo cosa da tutti i giorni zittire Maka Albarn.
 “Magnifico Maka, continuiamo così! Dritte verso la rovina! YAHOOOO! “ bisbigliò una vocina nella testa della ragazza, per altro eccezionalmente simile a quella del suo stupidissimo vicino dai capelli azzurri.

“ E’ decisamente ora di ritirarsi”,  pensò Maka voltandosi senza aggiungere niente, e sperando di guadagnare l’uscita attraverso la voragine conservando ancora quel poco di dignità che le era rimasta.
<< E Maka? >>
Speranza che ovviamente morì dopo pochi secondi.
La bionda si paralizzò, girando appena la testa e puntando un unico occhio verde su di Soul, in modo da squadrarlo da sopra la spalla.
Non rispose, non si fidava della sua voce e sapeva che non ce n’era bisogno: Soul non si sarebbe fatto problemi a continuare neanche se gli avesse sparato addosso.

Il ragazzo sorrise dolcemente, per poi affondare l’ultima stoccata:
<< Hai un po’ di saliva proprio qui >> disse, picchiettandosi l’indice destro sul mento per indicargli il punto esatto, l’espressione del volto atteggiata a comprensiva che non riusciva a mascherare l’infinito divertimento che gli si leggeva negli occhi.

Maka lo fulminò per poi andarsene, stizzita,  le spalle contratte e i pugni chiusi lungo i fianchi, il naso all’insù, certa che la stesse prendendo in giro.
Soul la guardò andarsene divertito: sapeva già che Maka non gli avrebbe mai dato la soddisfazione di vederla pulirsi il mento lì, proprio di fronte a lui.

Il ragazzo si lasciò cadere sul letto, sdraiandosi supino  e portando le braccia a incrociarsi dietro la testa.
“Uno” pensò Soul “due, eeee tr-“
Un ringhio riecheggiò nel silenzio dei due appartamenti, quando Maka si rese conto che, effettivamente, Soul aveva detto il vero.

Eeeeee Soul stravince per KO dell’avversario! DIN DIN DIN!

***

Erano passate due settimane, e da quell’ultima specie di abbraccio con strofinamenti vari, non era successo niente.
Niente di niente.
Sembravano due ragazzini alla prima cotta, e forse era proprio così.

Maka, dopo tanto tanto tempo, si sentiva finalmente felice ed appagata, e il vuoto che da sempre sentiva dentro e che aveva sempre tentato di combattere a colpi di letture sentimentali e immaginazione si era come placato, lasciandola con una sensazione di… quasi completezza, addosso.

Essendo abbastanza fuori allenamento per quanto riguardava la gestione e il controllo dei sentimenti reali, non di carta, si lasciava trasportare dalle mille emozioni diverse che Soul scatenava in lei con la sua vicinanza, senza analizzarle minuziosamente, ma solo godendo del calore che riuscivano a regalarle all’altezza del petto.

Tutto questo, ovviamente, accadeva dentro di lei.
Fuori, lasciava trasparire poco niente del caos bollente che la metteva a soqquadro tutti i giorni, timorosa di dire o fare qualcosa di cui avrebbe potuto pentirsi.
O che avrebbe fatto scappare Soul.
E quindi Maka attendeva, fiduciosa nella sua personalissima visione delle cose: “se qualcosa deve accadere, accadrà”.
Per ora, si accontentava di sentirsi come una piuma in balia di una tempesta, cosa che non le dispiaceva affatto.
Per il momento, almeno.

Per Soul, invece, ogni giorno era una battaglia contro se stesso.
Dal momento in cui Maka si era rilassata tra le sue braccia, il giorno del suo ritorno dopo “la grande fuga”, era come se il suo corpo fosse in costante tensione verso di lei, verso Maka.

Bramava costantemente la sua pelle, morbida e soffice al suo tocco, plasmabile come se fosse creta sotto le sue dita, come se fosse stata creata solamente per il piacere delle sue mani.
Anelava immergersi nel suo profumo, agrodolce come il suo carattere, e smarrire i polpastrelli in quella chioma bionda lunga fin oltre le spalle.
Smaniava per toccarla, per starle accanto, e ogni occasione era buona per stuzzicarla e vedere quel miscuglio di orgoglio, malizia e sarcasmo che traspariva nei suoi occhi verde prato mentre ribatteva stizzita.

Più la conosceva, e più desiderava carpire i più piccoli segreti occultati anche alla sua coscienza, i suoi pensieri più nascosti e le pieghe più sottili della sua anima.

Ma.

C’era un grosso “ma” che impediva a Soul di realizzare fino in fondo quelle che per ora rimanevano semplici fantasie appena abbozzate nella sua testa.
Soul non riusciva a capire cosa volesse Maka o, meglio, quanto in fretta lo volesse.

Entrambi si comportavano normalmente l’uno con l’altra, ma c’erano momenti in cui bastava un lieve sfioramento delle loro dita, una battuta più spinta delle altre o uno sguardo più lungo e intenso ad accendere una tensione elettrica tra di loro.
E, puntualmente, ogni volta che quella scintilla di qualcosa scoppiava tra loro due, Maka prontamente di tirava indietro: spostava la mano con un gesto casuale (che di casuale non aveva niente), gli tirava dietro un libro arrossendo e iniziando a balbettare o distoglieva lo sguardo puntandolo nel vuoto.

Soul non era stupido, e l’episodio dell’armadio era stato solo l’ennesima conferma: Maka era attratta da lui tanto quanto lui lo era da lei.
Il problema era: quanto ancora avrebbe dovuto aspettare, perché Maka si decidesse a sciogliersi un attimo e a concedergli l’occasione per portare il qualcosa che c’era tra loro ad un altro livello?
Soul stava impazzendo: avere quella biondina tutto pepe sotto il naso a tutte le ore del giorno era una tentazione costante che lo rendeva smanioso di agire, pur avendo paura di rovinare quella specie di tregua che si erano faticosamente –più o meno- costruiti.

***

Passò un’altra settimana, e se le cose nei fatti non erano cambiate, erano però cambiati gli animi dei nostri due protagonisti preferiti.
Soul era… be’, come da un po’ oramai, al limite. Aveva deciso che si sarebbe buttato alla prima occasione che si sarebbe venuta a creare perché ehi, “il gioco vale tutta la candela” e “all’inferno questa situazione alla vorrei-ma-se-poi”.

Quindi, mentre Soul rimuginava e ponderava tutti i modi possibili per sfruttare a suo favore quelle ore passate in compagnia della bionda, Maka aveva deciso di passare all’azione.

Dopo quasi tre settimane di attesa filosofica, fiduciosa nel domani e nella proverbiale intraprendenza degli uomini, che mai come in quel momento era venuta a mancare, la ragazza aveva deciso di prendere in mano le redini del gioco.

Si era fatta un piccolo esame di coscienza, che dopo i suoi millemila voli pindarici aveva portato la giovane a tre semplici conclusioni:
  1. Lei voleva Soul
  2. Aveva visto gli sguardi affamati del giovane che l’accarezzavano quando lui pensava che non vedesse: ergo, lui voleva lei
  3. Se avesse aspettato ancora che fosse Soul a prendere l’iniziativa, era meglio rinunciarci in partenza: quindi, doveva agire.
Non sapeva ancora come, cosa, quando, ma Maka sapeva che era arrivato il momento della verità.
E, nel caso fosse stato necessario, ci avrebbe pensato lei, a farlo arrivare.

***

Stavano guardando un film in tv, cosa che accadeva spesso ultimamente.
Si erano accorti che quel genere di svago consentiva loro di passare del tempo insieme senza urlarsi addosso o battibeccare, senza contare l’incredibile opportunità di potersi osservare di sottecchi l’un l’altro senza farsi beccare con la bava alla bocca dal “nemico”: inutile precisare che be’, in definitiva, a nessuno dei due poteva fregare di meno della trama o dell’interpretazione degli attori.

Ma quella volta era diverso.

Davano “Wolverine”, quel pomeriggio, e Maka era ben decisa a non farsi distrarre dalla piacevole compagnia.
Era uno dei suoi film preferiti, l’aveva rivisto infinite volte, tanto da saperne ormai le battute a memoria.

Ma, ovviamente, le cose non vanno mai secondo i piani.

***

Il film era iniziato da una mezz’oretta, e Maka era seduta impettita sul divano del suo salotto, la schiena rigida appoggiata allo schienale e il mento posato sulle mani che racchiudevano le ginocchia portate al petto.
Gli occhi verdi risplendevano appena nella penombra della stanza, socchiusi com’erano ad osservare concentrati lo schermo.

Soul, al suo fianco, era mezzo stravaccato, i piedi che appoggiavano sul tavolino davanti a lui.
Stiracchiandosi, il ragazzo sbadigliò vistosamente, per poi posare le braccia spalancate sullo schienale del divano e domandarsi oziosamente tra sé e sé cosa ci trovassero mai le donne di tanto eccitante in uno come Hugh Jackman.
Gli occhi ancora appannati dal recente sbadiglio, girò la testa verso Maka, squadrandola: perché sì, quello scintillio nello sguardo era assolutamente eccitazione.

Sbuffò contrariato, iniziando a tamburellare impaziente con le dita: aveva davanti per lo meno ancora un paio d’ore di film… o forse no.
 Soul ghignò: forse, l’occasione che tanto aveva atteso per cambiare le cose era appena giunta nei panni di quell’attore da strapazzo.

Il ragazzo si era appena reso conto di dove avesse effettivamente appoggiato le braccia, e di quanto fossero pochi i centimetri che separavano i suoi polpastrelli dalla spalla lasciata nuda dalla canottiera di Maka.
Il ghignò si allargò, mentre negli occhi ora di nuovo lucidi e attivi del ragazzo la brace tornava a bruciare.

***

Dapprima sentì solo una carezza lievissima, Maka, talmente impalpabile che pensò di essersela immaginata.
 
<< Sai perché la Luna si sente così sola? >> chiese Kayla

Un momento dopo, la sua schiena era invasa da brividi, che avevano tutti come origine il punto sulla sua spalla dove Soul, come sovrappensiero, stava trascinando lentamente le dita, avanti e indietro.
<< Perché? >> risposte Logan

Maka espirò il fiato che non si era accorta di trattenere, mentre quei polpastrelli si facevano sempre più avidi di carne, arrivando a saggiare l’osso della clavicola, resi sfacciati dalla sua mancanza di reazioni.
<< Perché aveva un amante, una volta >>

Il primo impulso della ragazza fu quello di fuggire, ma l’istinto di scattare in piedi ed andarsene fu immediatamente bloccato dalla volontà della ragazza.
<< Racconti queste storie ai bambini? >> domandò Logan sorridendo,
il tono della voce canzonatorio.

Finalmente le cose si stavano sbloccando, e non aveva alcuna intenzione di fare passi indietro.
E soprattutto non aveva alcuna intenzione di sottrarsi a quelle dolci carezze, anelate quanto un soffio d’aria fresca in una pesante notte estiva.
<< No... Lui si chiamava Quequacho e viveva con la Luna,
 nel mondo degli Spiriti... >> riprese Kayla, seria

Persa nelle sue considerazioni, a malapena registrò il rilassarsi improvviso del braccio posato sulle sue spalle e il profondo respiro che si liberò nell’aria alla sua sinistra, quando Soul comprese che non se la sarebbe data a gambe, non quella volta.
 
<< Ahh, è una storia vera... Bene... >>
Il sorriso giocoso di Logan non accennava a spegnersi.

Distratta, sempre più persa in quel vortice di sensazioni riscoperte, Maka ricordò all’improvviso la promessa che si era fatta solo pochi giorni prima: agire, doveva agire.
E lo fece senza pensarci un attimo di più, senza pensare alle possibili conseguenze.
 
Incurante di tutto, Kayla continuò il racconto, il tono sempre più grave
<< E ogni notte vagavano insieme per il cielo.
Però uno degli spiriti era geloso... Quell'imbroglione voleva la Luna tutta per sé.
Così disse a Quequacho che la Luna voleva dei fiori.
Gli disse di venire nel nostro mondo e raccoglierle delle rose selvatiche >>

Allungò le gambe sul divano, accanto a sé, mentre faceva scivolare la schiena un po’ più giù, in modo tale da appoggiare la guancia sulla spalla di Soul e la mano sul suo petto, all’altezza del cuore.
Cuore che, si rese conto con un certo stupore,  batteva all’impazzata sotto il suo palmo.
Le abili dita di Soul ripresero a tracciare sentieri invisibili sulla sua pelle.
<< Quequacho non sapeva che una volta lasciato il mondo degli spiriti
non sarebbe potuto tornare.
E ogni notte lui guarda su nel cielo e vede la Luna e ulula il suo nome... >>
 
Avvertì la testa del ragazzo appoggiarsi contro la sua, emettendo un piccolo mugolio soddisfatto mentre lei, con la pelle in fiamme, teneva ostinatamente i suoi occhi verde prato incollati allo schermo.
<< Ma... Non può più toccarla >>
 
All’improvviso, avvertì un bisogno incontrollabile crescerle nello stomaco.
Non sapeva perché, ma quello che stavano vivendo in quel momento non era abbastanza.
Le sensazioni che aveva dentro, il calore che emanava dalla sua pelle e la pace che provava a stare praticamente distesa su Soul all’improvviso non bastarono più.

Ne voleva ancora, ne voleva di più, voleva qualcosa di più intimo.

Complice forse la sequenza di battute più tristi e meravigliose del film che facevano da sottofondo o la riscoperta di un bisogno che aveva sempre avuto ma che fino a quel momento era riuscita ad ignorare, Maka voltò la testa e incatenò i suoi occhi a quelli rossi di Soul, già fissi su di lei, ad aspettarla.

La ragazza lesse sorpresa e piacere in quello sguardo, ma anche determinazione.

Doveva agire? Avrebbe agito. “Fino in fondo”, si disse.

Maka si scostò appena da Soul, il quale, dapprima contrariato per quel gesto, rimase ancora più interdetto dalle intenzioni della ragazza.
Gli posò le mani sulle spalle, spingendolo delicatamente, costringendolo a scivolare lungo lo schienale del divano, facendolo sdraiare, per poi arrampicarsi fino ad arrivare a sedersi a cavalcioni sul ragazzo.

“Non è Maka, non può essere Maka. Chi sei tu e che ne hai fatto di lei?” si chiese Soul, non del tutto certo di volerla fermare, però.

Completamente basito ma del tutto attento, il ragazzo non aveva staccato neanche per un secondo gli occhi da quelli di Maka. Non si era concesso neanche di sbattere le palpebre, non voleva perdersi neanche un millesimo di secondo di quello che stava succedendo.
A quel pensiero, le labbra di Maka si incurvarono in un mezzo ghigno.
<< Sai >> disse la bionda, con voce resa roca un po’ dall’imbarazzo e un po’ dall’eccitazione che provava ad avere quegli occhi di fuoco concentrati su di sé << qual è la definizione di pazzia? >>
Soul scosse lentamente la testa, prima che il solito ghigno strafottente facesse capolino sulle sue labbra, e continuò:
<< Ma sono sicuro che muori dalla voglia di dirmelo, da piccola so-tutto-io quale sei  >>
Maka, a quelle parole, girò gli occhi al cielo sbuffando, e il ghigno di Soul si trasformò in sorriso: eccola, la sua Maka, la ragazza che conosceva.
<< Ma sta’ zitto, era una domanda retorica! >> La bionda gli mollò un piccolo pugno sulla spalla, che venne subito intrappolato dalla mano veloce di Soul.
Schiarendosi la voce e spostando lo sguardo dalle loro mani, ormai intrecciate, agli occhi di Soul, continuò imperterrita:
<< E’ continuare a fare le stesse cose, aspettandosi un risultato diverso >>
Il viso della ragazza iniziò la discesa verso quello di lui.
Le labbra di Maka erano a meno di due centimetri da quelle di Soul, quando concluse a voce lieve:
<< E io, mi sono stancata di comportarmi da folle >>

Soul, impaziente come non mai, diede un colpo di reni facendo scontrare le loro labbra, dopo così tanto –troppo- tempo dalla prima volta: contemporaneamente, le passò un braccio dietro al collo, attirandola a sé e lasciandosi ricadere sul divano con un gemito soddisfatto.
Maka rise sulla sua bocca, mentre la mano non impegnata correva ai suoi capelli di luna, scompigliandoli e saggiandone la morbidezza di seta. Ne tirò piano una ciocca, mentre le labbra si spalancavano e si impegnavano con vigore in quel duello di lingua e saliva: Soul sospirò beato, facendola ridere ancora.

Proprio quando il ragazzo stava per approfondire ulteriormente, il campanello trillò.

Si staccarono, le labbra gonfie e rosse e il respiro affannato, occhi negli occhi alla ricerca anche della più piccola scintilla di pentimento.

Il campanello suonò per la seconda volta, sorprendendoli ancora intenti a fissarsi.

Mentre Soul borbottava ingiurie e vendette verso tutti gli dei e pianeti avversi conosciuti e non, cercando  contemporaneamente di afferrarla per la vita e trattenerla, Maka rise ancora, felice, riuscendo a liberarsi da quell’intrico di braccia e correre alla porta.

Le dita posate lievi sulla maniglia, Maka si voltò un’ultima volta verso Soul.

Il ragazzo, le mani che passavano frenetiche nei capelli, aveva ripreso a borbottare, questa volta qualcosa a proposito di docce fredde e vagonate di ghiaccio, mentre si dirigeva verso il buco che separava i loro due appartamenti: le sorrise, facendole l’occhiolino, prima di scomparire nella casa accanto.

Maka spalancò la porta di casa, sorridendo a trentadue denti.

***

Altro che semplice doccia fredda!
C’era voluta mezz’ora sotto il getto d’acqua più gelido che avesse mai provato,  seguito a ruota da un’ora buona di appostamento davanti alla porta aperta del frigo, intervallata da qualche scappatina alla finestra della cucina, da cui spirava un sottile venticello gelido, per schiarirgli le idee.

Non che tutto questo fosse bastato a frenare i suoi bollenti spiriti, ma, per lo meno, erano sotto controllo.

Quello che non era sotto controllo, invece, era il sorrisino isterico e soddisfatto che sfoggiava da quando era uscito da casa di Maka.
 Soul iniziava a sentire le guance dolergli per quello sforzo prolungato, ma non sapeva proprio cosa fare per convincere i suoi muscoli a rilassarsi.

Macché calmarsi! Cominciava a pensare che tutta quell’esposizione al freddo da frigo avesse avuto come unico risultato quello di fargli un lifting, mal riuscito per giunta, che gli avesse deturpato il viso in maniera permanente.
Eppure, per quanto gli dispiacesse che il suo perfetto viso da maschio cool fosse andato irrimediabilmente perduto, in quel momento non gliene poteva importare di meno.

Finalmente, dopo tanto sangue, lacrime –simboliche, ovviamente- e sudore, era riuscito a baciare Maka!
Un bacio come si deve, con tutti i crismi! Be’, quasi tutti i crismi… se non fosse arrivato qualcuno a interrompere forse…
“Forse niente” pensò ironicamente Soul, cercando di calmare il suo cervellino impazzito e di contenere tutte le immagini vietate ai minori di 18 che gli stava inviando di quello che sarebbe potuto accadere dopo, se il campanello non avesse suonato.

Soul lanciò uno sguardo all’orologio appeso alla parete, soppesando le alternative.
Era tardo pomeriggio… Avrebbe potuto rilassarsi un po’, magari mangiare qualcosa… oppure sarebbe potuto tornare a tormentare lei.

“Lei, e quelle sue labbra rosse e morbide come seta”

Neanche a dirlo. L’albino chiuse lo sportello del frigo davanti al quale era piantato da almeno un quarto d’ora, iniziando a massaggiarsi le guance contratte mentre camminava a passo spedito verso la sua camera da letto, infilandosi felice nella parete.

D’altra parte, lo scocciatore di prima, chiunque fosse, doveva essersene andato da tempo.

***

Mai previsione fu più sbagliata.

Giunto sulla soglia della cucina, Soul si trovò davanti una scenetta abbastanza scioccante:
l’intruso o, meglio, suo cugino Tom, chinato su Maka, ad una distanza irrisoria.
Si guardavano intensamente negli occhi, le mani di lei posate delicatamente sulle tempie di lui, quasi ad accarezzarlo teneramente, il viso di entrambi leggermente arrossato.

Non si accorsero del suo arrivo, talmente erano concentrati.
E Soul non ci vide più.
Con un urlo degno di una banshee che scende in battaglia, l’albino calò sul cugino.

L’ultimo pensiero coerente di Soul fu per le sue guance: non gli dolevano più.
  
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