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Autore: Shainareth    06/07/2015    7 recensioni
Ero consapevole che Ambra meritasse tutti quegli insulti, e forse anche qualcuno di più, visto il modo poco amabile in cui era solita comportarsi con gli altri – ed io per prima ne sapevo qualcosa. Tuttavia, non potevo non immedesimarmi in lei e non provare la sua sofferenza: anch’io ero innamorata, e se Kentin avesse avuto per me le stesse parole che ora stava pronunciando contro Ambra… beh, probabilmente mi sarei sentita morire.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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RIVALI - CAPITOLO SECONDO




Ambra non si presentò all’ora di ginnastica.
   Non me ne stupii, in realtà, tuttavia avrei voluto che le cose fossero andate diversamente. Vidi Nathaniel guardarsi attorno con aria perplessa, poiché con tutta probabilità non sapeva spiegarsi la sparizione di sua sorella. Mi venne spontaneo domandarmi se fossero venuti a scuola insieme anche se ormai, per forza di causa maggiore, vivevano vite separate. Di riflesso, oltre che per Ambra, adesso cominciò a stringermisi il cuore anche per lui.
   Nathaniel amava sua sorella. Penso che all’epoca fosse davvero il solo, in tutta la scuola, a nutrire per lei un affetto sincero e disinteressato. Certo era consapevole dei difetti di Ambra, ciò nonostante il loro legame di sangue risultava più forte e spesso accadeva che, come aveva detto Castiel, Nathaniel fosse troppo indulgente nei suoi confronti. Non avevo certo dimenticato il primo periodo passato al liceo, quando io e Kentin eravamo stati presi di mira da Ambra e Nathaniel quasi non credeva a ciò che gli raccontavo al riguardo. Col tempo aveva imparato ad aprire gli occhi ed era arrivato persino a difendermi con decisione, ma restava il fatto che si trattava di sua sorella minore – sia pure di pochi minuti – ed era evidente che avesse un debole per lei e che le avrebbe perdonato qualunque capriccio o mossa falsa. Come l’avrebbe presa, ora, se fosse venuto a conoscenza del fatto che nessuno riusciva a sopportarla? A meno che non ne fosse già consapevole e, peggio ancora, fingesse di non accorgersi dell’evidenza dei fatti.
   Alla fine dell’ora, sperai di trovare Ambra nello spogliatoio femminile, ma lei deluse ancora una volta le mie aspettative. D’altra parte ero una sciocca a pensare che potesse passarle subito e che lei tornasse a far finta di nulla; ero stata testimone di qualcosa di troppo grande e l’orgoglio ferito doveva bruciarle il doppio proprio per questo.
   Gettai un’occhiata alle sue amiche: mentre si cambiava, Capucine canticchiava fra sé un motivetto allegro; Li e Charlotte, invece, se ne stavano come sempre per conto loro. La prima parlottava a bassa voce, smanettando con il cellulare con fare nervoso, mentre la seconda rimaneva ad ascoltarla con espressione apparentemente impassibile, annuendo di tanto in tanto o dando qualche sporadica, telegrafica risposta. Dal punto in cui mi trovavo non mi era possibile udire ciò che stavano dicendo, ma non era improbabile che anche loro si stessero domandando che fine avesse fatto Ambra.
   Avrei voluto attendere che lo spogliatoio si svuotasse almeno in parte, tuttavia Charlotte fu proprio una delle prime ad imboccare l’uscita. La intercettai appena in tempo, ponendomi fra lei e la porta, nonostante fossi vestita soltanto per metà. Mi squadrò da capo a piedi con la fronte corrucciata e l’aria vagamente stupita. «Che vuoi?»
   Mi ero spesso chiesta quanto potesse essere forte e leale l’amicizia che univa lei e Li ad Ambra, e forse quella sarebbe stata una buona occasione per scoprirlo. Soprattutto, si trattava di un rapporto alla pari oppure, come troppe volte appariva, quelle due erano soltanto delle seguaci, incapaci di pensare con la propria testa e, perciò, dipendenti dalla brillante personalità di quella che Armin aveva sarcasticamente definito la reginetta del liceo?
   «Hai idea di dove sia Ambra?»
   Le sopracciglia di Charlotte si aggrottarono più di prima, ma almeno finalmente si prese il disturbo di guardarmi negli occhi. «Che ti importa?»
   «Mi stavo solo chiedendo perché non si è presentata a lezione, visto che sono certa di averla vista a scuola, stamattina presto.» Giocare sporco non era il mio forte, ma avevo bisogno di indagare senza dover scoprire le carte. Non tanto perché temevo di essere mal giudicata per l’essermi nascosta nello spogliatoio maschile – per la seconda volta! – quanto soprattutto perché non potevo e non volevo creare ulteriore imbarazzo alla povera Ambra.
   «Perché mai dovrei dirtelo?» La diffidenza di Charlotte era senza dubbio pari soltanto alla sua adorabile voglia di socializzare. A parte questo, non me la sentii di darle torto, visto il rapporto tutt’altro che idilliaco che c’era sempre stato fra noi – e non certo per colpa mia. «Ora levati di mezzo.» Dicendolo, mi scostò bruscamente di lato e passò oltre, lasciandomi con un palmo di naso.
   Non demorsi. Certo non potevo inseguirla fuori dallo spogliatoio, in mutande com’ero, perciò afferrai al volo i jeans e mi diressi invece verso Li, con la remota speranza che con lei sarei stata più fortunata. Con la scusa di dover infilare i pantaloni, le sedetti accanto sulla panca e subito la vidi alzare di scatto la testa nella mia direzione. Attraverso i sottili capelli neri che le ricadevano davanti al viso, scorsi una certa sorpresa.
   «Sai mica dov’è finita Ambra?» le domandai di getto, senza preamboli di sorta.
   «Sto provando a contattarla da un pezzo», mi rispose d’istinto, tornando a prestare attenzione al cellulare che aveva in mano, «ma il suo telefono risulta spento. Ho provato anche a mandarle dei messaggi, ma…»
   Li lasciò cadere la frase nel vuoto. Non che servissero ulteriori parole per farmi intuire quanto Ambra dovesse star male, in quel momento. «Semmai dovessi avere sue notizie, me lo faresti sapere, per favore?»
   Gli occhi a mandorla dell’altra tornarono a puntarsi su di me, fissandomi questa volta con sospetto. «Perché ti interessa?»
   Mi strinsi nelle spalle. «Ho qualcosa da chiederle», mentii senza vergogna. Beh, in effetti avrei avuto per davvero parecchie cose da domandarle, iniziando dalla ragione per cui si incaponiva a comportarsi in modo scontroso e prepotente con tutti. A ben pensarci, Castiel aveva un bel fegato a dire che non la sopportava: era un po’ la sua copia al femminile, solo più maligna.
   Li continuò a fissarmi con sospetto, ma non mi importò. Mi rimisi in piedi e mi tirai su i jeans, rivestendomi in fretta per uscire dallo spogliatoio. Quando fui pronta, mi precipitai fuori da lì e, senza poterlo evitare, andai a sbattere contro qualcuno che stava percorrendo il corridoio per l’ingresso della palestra.
   «Muori così tanto dalla voglia di abbracciarmi?»
   Rimasi sorpresa più dalla frase da lui pronunciata che dallo scontro accidentale di per sé. «Ovviamente», sospirai, ruotando gli occhi al soffitto. Alexy rise divertito e mi diede una schicchera sulla punta del naso. Mugolai una protesta e mi strofinai la parte lesa con un vago senso di fastidio, mentre gli altri ragazzi che avevano finito di cambiarsi ci raggiungevano. Lanciai uno sguardo a Nathaniel e mi parve alquanto distratto. Stava pensando a sua sorella e alla sua assenza ingiustificata?
   «Hai la zip dei jeans aperta», m’informò Alexy con disinvoltura, proprio quando anche Rosalya usciva dallo spogliatoio.
   Non trattenni un’imprecazione e subito diedi le spalle a tutti per sistemarmi. «Non che non avessimo già visto le tue mutandine, comunque...» fu il divertito, ma poco delicato, commento di Armin.
   «Non ricordarmelo!» berciai in risposta, cercando di non incrociare lo sguardo di nessuno per non morire di vergogna.
   Ci pensò Rosalya a mettermi a mio agio. «Oh, ma è molto migliorata da questo punto di vista. Adesso, per esempio, indos...!» S'interruppe unicamente per lo schiaffetto che le diedi sul braccio. «Ahia!» si lagnò, guardandomi male.
   La ignorai e tornai a voltarmi verso i gemelli che intanto continuavano a riderci su, mentre Kentin e Nathaniel, palesemente imbarazzati, non sapevano dove posare gli occhi. Non dovevo lasciarmi distrarre da quella situazione, perciò accantonai il pudore e mi diressi spedita verso Nathaniel. «Tu!» esordii con tono forse troppo perentorio, visto il modo in cui quel poveretto sobbalzò. «Ho bisogno di parlarti.»
   «Delle tue mutandine?»
   «Alexy, hai cinque secondi per sparire dalla mia vista. Scaduto il termine, ti getterò una scarpa appresso.»
   Quel disgraziato scrollò le spalle con noncuranza, riprendendo a ridere divertito. «Fai pure, tanto hai una mira che fa schifo.»
   Finsi di essergli superiore e di non sentirlo, preferendo concentrarmi su cose più importanti. Afferrai Nathaniel per un braccio e, senza neanche lasciargli il tempo di capire cosa stesse accadendo, lo trascinai via dalla palestra sotto lo sguardo attonito e curioso degli altri – e quello infastidito di Kentin, immagino.
   «Ehi, ma che succede?» mi sentii domandare quando fummo ormai nei pressi dell’edificio scolastico centrale.
   «Posso chiederti una cosa?» cominciai, rallentando il passo e lasciando finalmente andare il povero Nathaniel. Ci fermammo non distanti dall’ingresso e quando lui mi diede il suo bene placito, mi feci coraggio. «Sei venuto a scuola da solo, oggi?»
   Lo vidi prima impallidire, poi evitare il mio sguardo e, infine, arrossire. Aggrottai la fronte, cercando di capire cosa ci fosse di così indiscreto nella mia curiosità, ma fu solo quando lui iniziò a tartagliare che compresi. «No, beh… Ci siamo solo incontrati in cartoleria e allora abbiamo fatto un tratto di strada insieme, fin qui…»
   «Tu e Ambra?»
   Nathaniel tornò a fissarmi, questa volta con aria inebetita. «Che c’entra, Ambra?» Non stava parlando di lei? Comico. Ed io che lo credevo preoccupato per sua sorella…
   «E allora di chi parlavi?»
   «Di Melody.» Inarcai le sopracciglia con stupore, ma non commentai, preferendo lasciare a lui l’ultima parola. «È stato un incontro fortuito, davvero», aggiunse poi, a mo’ di giustificazione. Che avesse interpretato la mia domanda come un’accusa indiretta dovuta alla gelosia? Prima o poi avrei dovuto chiarire questa faccenda con lui una volta per tutte, assicurandogli che, per quanto potesse piacermi, non mi importava se andava e veniva con Melody o con altre dieci ragazze differenti per volta.
   Non era quello il momento, comunque.
   «Mi riferivo ad Ambra, in realtà», presi a spiegare lentamente, dandogli tutto il tempo per calmarsi. «L’hai vista, stamattina?»
   «A dire il vero no», rispose, inalberando un cipiglio corrucciato. «Forse non sta bene e non è venuta a scuola. Ammetto di essere in pensiero. Più tardi proverò a chiamarla.»
   Mi morsi il labbro, indecisa se parlare o meno. Nathaniel al momento non pareva davvero allarmato come credevo – e dopotutto perché mai avrebbe dovuto esserlo, visto che ero l’unica a sapere cosa fosse successo? – però era anche il fratello di Ambra e forse era il solo a potermi aiutare. Per di più, ritenevo che avesse il diritto di sapere che sua sorella era sparita.
   Aprii la bocca per parlare, ma prima che riuscissi ad imbastire un discorso, udimmo il vociare dei nostri compagni di classe giungere dalla direzione della palestra. Decisi di lasciar cadere il discorso, per il momento. Forse Ambra si sarebbe fatta viva durante le ore successive e, in tal caso, non avrebbe avuto senso allarmare inutilmente suo fratello. Rivolsi un vago sorriso a Nathaniel e non appena gli altri ci raggiunsero, ci avviammo tutti insieme verso l’aula accompagnati dal suono della campanella che annunciava l’inizio della prossima lezione.
   Mi sbagliai ancora una volta. Ambra non tornò. Fu allora che iniziai seriamente a preoccuparmi, al punto che, con il cuore sanguinante, alla fine della giornata fui costretta a dar buca a Kentin che mi aveva chiesto di tornare a casa insieme. Ci rimase male ed io più di lui, ma avevo urgenza di parlare con Nathaniel e se glielo avessi detto di sicuro si sarebbe immaginato chissà cosa, andando su tutte le furie. Tacqui, perciò, promettendogli tuttavia che, se il tempo si fosse mantenuto al bello, durante il fine settimana avremmo potuto andare da qualche parte insieme; suonava un po’ come un appuntamento, certo, ma tanto meglio così perché bastò questo per fargli tornare il buon umore.
   Quello che feci successivamente a Nathaniel, appostandomi dietro la porta della sala delegati in attesa che lui finisse di svolgere i propri doveri, avrebbe potuto benissimo passare come un agguato in piena regola, ma non mi importò. Quando mi vide, sgranò gli occhi e mi fissò con aria sorpresa.
   «Che ci fai ancora qui?» mi domandò di riflesso.
   «Ti aspettavo.» Non fu la risposta più geniale del mondo, tuttavia fu senz’altro la più ovvia. Mi resi conto di quanto potesse essere fraintendibile quella situazione dal modo in cui Nathaniel mi sorrise, pertanto mi affrettai a recuperare. «C’è qualcosa di cui dovrei parlarti seriamente.» Avrei senza dubbio dovuto mordermi la lingua per il mio scarso acume.
   Feci per parlare ancora, ma dalla porta ancora aperta della sala delegati spuntò Melody, graziosa e sorridente come al solito. «Ehi, ciao!» mi salutò con voce allegra. «Come mai ancora qui?»
   Le cose si complicavano. Se avessi ripetuto a lei ciò che avevo appena detto a Nathaniel, con tutta probabilità Melody sarebbe tornata a sospettare di me e del mio ormai sepolto interesse per lui. Esitai, perciò fu proprio Nathaniel ad anticipare la mia risposta. «Aishilinn mi stava dicendo che c’è la probabilità che nei prossimi giorni debba mancare da scuola per motivi personali, perciò voleva informarsi sul numero delle assenze già fatte, affinché non abbia problemi.» Avrei dovuto imparare da lui cosa significassero mantenere la presenza di spirito e la capacità di mentire.
   Melody si lasciò sfuggire una risatina divertita. «Ma va’!» esordì, rivolgendosi ancora a me. «Non mi pare che tu ne abbia fatte così tante, di assenze, perciò non hai nulla di cui preoccuparti», mi rassicurò. «In ogni caso, mi fa piacere sapere che sei così scrupolosa, soprattutto se teniamo conto di certi soggetti...»
   «Castiel non è neanche da prendere in considerazione come termine di paragone», le fece notare Nathaniel. «Ad ogni modo», riprese poi, tornando a guardarmi, «se può farti stare più tranquilla, possiamo lo stesso dare uno sguardo alle tue assenze. Non ci metteremo molto.»
   «Oh, sì, per favore», balbettai, cercando di essere convincente. Non so come fece a bersela, ma Melody credette alla storia inventata da Nathaniel, per cui ci salutò cordialmente e ci demmo appuntamento per l’indomani mattina, lì a scuola.
   Quando lei fu abbastanza lontana, l’altro domandò: «È da prima che ti comporti in modo strano. Cos’è successo?»
   Stesi le labbra in una linea pensosa, ringraziando il cielo che lui non avesse davvero frainteso il mio approccio di prima. «Si tratta di tua sorella», dissi infine. «Credo di sapere perché non è venuta a scuola, oggi.»
   Nathaniel corrucciò le sopracciglia bionde. «Cos’è successo?» ripeté. «Che ha fatto, stavolta?»
   «Lei niente», la giustificai, benché non fosse del tutto vero. Assurdo che la pena che provavo per lei fosse arrivata a tal punto... «Il fatto è che stamattina, prima dell’ora di ginnastica, abbiamo sentito gli altri ragazzi che parlavano fra loro del più e del meno e, non chiedermi come, il discorso s’è poi spostato su Ambra e...» Tentennai, cercando il modo più adatto per indorargli la pillola, ma con scarsi risultati. «Nessuno di loro ha avuto parole delicate nei suoi riguardi», soffiai, arrendendomi ad essere onesta. «Soprattutto Castiel. Credo che il suo giudizio, per lei, sia stato quello più duro. Ma è comprensibile che ci sia rimasta male, lo sai che a lei piace molto...»
   Nathaniel rimase in silenzio per qualche istante. Poi, spostò lo sguardo altrove e trasse un profondo respiro. «Quindi, secondo te, Ambra ha saltato le lezioni di proposito perché è rimasta ferita da ciò che ha sentito?» Si lasciò andare ad uno sbuffo pensieroso, allargando le braccia ai lati del corpo e lasciandole poi ricadere con impotenza. «Non mi meraviglia, in effetti.» Si riferiva anche al fatto che era ovvio che Castiel non avesse una bella considerazione di lei? «Hai idea di dove possa essersi ficcata?»
   Scossi il capo e mi strinsi nelle spalle. «Sono venuta a parlarne con te apposta. Non volevo che la cosa fosse di dominio pubblico, perciò sei l’unico a sapere quello che è successo.»
   «Ti ringrazio», riprese allora lui, tornando a guardarmi. I suoi occhi si soffermarono nei miei per qualche attimo di troppo ed io mi sentii vagamente a disagio. «Va bene», sospirò poi, alleviandomi da quell’imbarazzo e preferendo concentrarsi sulla ricerca del cellulare nella tasca dei pantaloni. «Proviamo anzitutto a contattarla.»
   «Ho sentito dire a Li che ha il telefonino spento.»
   «Tentar non nuoce, comunque.»
   Rimasi con lui. Dopotutto, come potevo lavarmene le mani dopo avergli detto ogni cosa? In più, la mia coscienza mi avrebbe impedito di non accertarmi che Ambra stesse bene.
   «È acceso», m’informò Nathaniel, alzando di nuovo lo sguardo su di me. Attese una manciata di squilli, poi chiuse la chiamata. «Non risponde. Ci provo di nuovo.» Dicendolo, si spostò lungo il corridoio, ma in direzione opposta all’uscita della scuola. Lo seguii d’istinto e lo vidi riagganciare e riprovare ancora. Al terzo tentativo, non fu Ambra a dare segni di vita, ma la lontana, ovattata melodia del suo cellulare, udibile grazie al silenzio dell’edificio ormai deserto. Nathaniel mi lanciò un’occhiata speranzosa e affrettò il passo: sua sorella era ancora al liceo, ma dove?
   Seguimmo il suono fino a che, giunti in prossimità delle scale, non si fece più forte. Fu a quel punto che ci rendemmo conto che Ambra doveva essersi rifugiata nel posto più solitario e deprimente della scuola: il seminterrato. Nathaniel appoggiò il palmo della mano contro la superficie della porta, il cellulare ancora all’orecchio. «È qui», confermò, chiudendo la chiamata per l’ultima volta e mettendo via il telefonino. Si volse verso di me e domandò: «Ti spiacerebbe rimanere fuori?»
   «Ma certo che no», gli assicurai, stupita persino dalla sua richiesta. Era ovvio che, se mi avesse vista, Ambra si sarebbe sentita di nuovo mortificata. Oltretutto, chi ero io per intromettermi in un momento tanto intimo tra fratello e sorella? «Mi sono rivolta a te di proposito.»
   Nathaniel mi sorrise con riconoscenza e, dopo aver recuperato la copia delle chiavi del seminterrato che portava con sé in qualità di delegato, schiuse l’uscio. «Ambra?» chiamò cautamente, avanzando giù per le scale.
   A rispondergli, da qualche parte nella penombra della stanza, ci pensò dapprima un singhiozzo capace di spezzarmi il cuore, poi la voce affranta di Ambra. «Nath...?»
   Mi resi conto che non potevo rimanere lì, sulla soglia, ad origliare ciò che si sarebbero detti; pertanto, socchiusi l’uscio per consentire loro tutta la privacy di cui avrebbero avuto bisogno e, silenziosamente, tornai sui miei passi. Percorrendo la strada a ritroso, mi domandai se Ambra avesse scelto di nascondersi lì di proposito: quello era il luogo in cui di solito Castiel e Lysandre si isolavano in cerca dell’ispirazione perduta. Eppure non mi convinceva. Al posto di lei, sarei stata troppo delusa e arrabbiata per rifugiarmi proprio lì dove il ragazzo che mi aveva ferita in quel modo sarebbe stato capace di trovarmi nel giro di poco. Forse, più semplicemente, Ambra aveva ritenuto che quello fosse il posto più sicuro in cui rimanere fino a che il liceo fosse stato pieno di gente, senza pensare al resto. Mi venne spontaneo chiedermi anche perché avesse deciso di accendere il cellulare sul finire della giornata, quando ormai la scuola si era svuotata. Voleva che qualcuno la trovasse proprio come aveva fatto Nathaniel? Voleva che fosse proprio lui, a venire a cercarla, o avrebbe preferito avere accanto le sue amiche? No, mi dissi, nessuno può contare più di un fratello. Di questo ne ero convinta, forse anche per via del fatto che, essendo figlia unica, non avevo mai potuto avere la gioia di provare quel genere di affetto per qualcuno.
   Lo scorgere in lontananza una figura imponente venirmi incontro mi riscosse dai miei pensieri e non appena riconobbi di chi si trattava, arrestai di colpo il passo, allarmata. Con il suo incedere sicuro e vigoroso, Castiel avanzava nella mia direzione in solitario. Non avrei avuto bisogno della sfera di cristallo per indovinare dove stesse andando: dopotutto, che altro avrebbe potuto farci, lì a scuola, quando le lezioni erano ormai finite da un po’?
   «Ehi», fu il suo modo di salutarmi, quando fu abbastanza vicino. «Che ci fai ancora qui? Ne stai combinando qualcuna delle tue?» scherzò, intrecciando le braccia al petto e regalandomi uno dei suoi soliti sorrisi spavaldi.
   «Hai davvero questo genere di considerazione di me?» mi venne spontaneo chiedergli. Non che me ne importasse più di tanto, ma un po’ ce l’avevo con lui per le cose cattive che aveva detto su Ambra. E poco importava che anche gli altri non erano stati più gentili, specie Kentin; a differenza loro, suo malgrado, Castiel aveva avuto la colpa di averla fatta innamorare. Ovviamente ero consapevole del fatto che Ambra non fosse la persona più meritevole di elogi, ma, insomma, come potevo rimanere indifferente a tutto quello?
   Castiel inarcò un sopracciglio con fare ironico. «Da quando ti curi di ciò che penso?»
   Sbuffai e agitai le mani a mezz’aria con lieve esasperazione. «Lascia perdere», dissi. «Piuttosto, dove stai andando?»
   «Ho finito le sigarette e giù nel sottoscala dovrei aver lasciato un pacchetto di riserva.»
   Cercai di mantenere il sangue freddo, seguendo l’esempio di Nathaniel, ma tutto ciò che riuscii a fare fu di mostrarmi una perfetta cretina. «Accompagnami a casa e te ne comprerò un altro strada facendo.» Lo sguardo attonito di Castiel fu forse più allarmante di quello deluso che Kentin mi aveva rivolto alla fine delle lezioni, dopo il mio rifiuto a tornare da scuola con lui. «O... Ovviamente non c’è alcun secondo fine, in tutto questo.»
   Scoppiò a ridermi in faccia, senza preoccuparsi minimamente di ferire i miei eventuali sentimenti romantici. No, sul serio, Ambra: cosa ci trovi in un tipo del genere?! Fu questo che mi chiesi, stringendo i pugni e vincendo a stento la tentazione di piazzarne uno sul naso di quel gorilla dai capelli tinti.
   «Ammetto di non aver mai conosciuto una ragazza più divertente di te», mi sentii rispondere poi, tra una risata e l’altra.
   «E dunque?» volli sapere, iniziando a spazientirmi.
   «Accetto», mi accontentò inaspettatamente. «Sono troppo curioso di sapere cosa ti passa per quella testolina stramba.»












Confesso che non mi aspettavo tutte queste recensioni e, ancor meno, tutto questo entusiasmo. Non avete idea di quanto mi abbiate resa felice! ♥ Sono talmente gongolante che non ho parole per esprimere la mia gratitudine. So solo che non mi sento degna di tutti i vostri complimenti, però li accetto con gioia e vi ringrazio dal più profondo del cuore.
Non credevo che avrei aggiornato così in fretta, ma ogni volta che mi viene l'ispirazione, per fortuna, la storia si scrive da sola (e i personaggi prendono vita propria), quindi mi compiaccio almeno della velocità con cui procedo. Spero di mantenere un ritmo di un capitolo a settimana, perché ho talmente tante cose da raccontare che preferirei non tenerle troppo a lungo solo per me. Magari alla fine risulteranno idee stupide, banali o scandalose (lol, vorrete la mia testa, prima della fine della long), ma voglio comunque provare ad andare avanti e a concludere questa vicenda.
Ovviamente non so quanti capitoli verranno fuori, ma credo che non saranno più di dieci o, esagerando parecchio, quindici. C'è da dire che dipende anche dal modo in cui si svolgeranno gli eventi principali che ho in testa e che, mettendoli nero su bianco, potrebbero portarsi appresso un po' di eventi e dettagli secondari che avranno comunque bisogno dei loro spazi. Vedremo.
Per il momento concludo qui, tornando a ringraziare tutti i lettori, i recensori e coloro che hanno già inserito la presente fanfiction fra le storie preferite/ricordate/seguite. ♥
Un abbraccio e buona settimana a tutti!
Shainareth





  
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