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Autore: marta_bilinski24    10/03/2016    3 recensioni
Tratto dal primo capitolo: “Derek non sapeva come fosse potuto accadere. […] si ritrovava prigioniero del suo stesso corpo, senza la più pallida idea di come recuperare le sue normali funzioni umane. […] Derek era diventato un lupo completo e non sapeva più come tornare un uomo.”
Se non vi bastasse un wolf!Derek aggiungeteci un dogsitter!Stiles e state a vedere cosa succederà!
Genere: Fluff, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Cora Hale, Derek Hale, Stiles Stilinski
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Note iniziali: Ultimo capitolo *sigh*! Spero vi piaccia anche questo, ci vediamo alla fine!

Buona lettura :)

 

 

 

CAPITOLO 10: Questo momento è solo nostro

 

La porta si era aperta all’improvviso, Stiles non aveva avuto il tempo di accorgersene e infatti era caduto come una pera cotta. Era crollato all’indietro senza tentare nemmeno di attutire la caduta, era scivolato verso il pavimento senza forze, svuotato dalle sue stesse parole. L’unica cosa che era riuscito a fare era stato irrigidire di colpo i muscoli e stringere forte le palpebre, in attesa del tonfo sordo che sarebbe seguito. Tonfo che non arrivò perché due forti braccia stavano sostenendo il suo fragile corpo, una dietro la schiena, da una spalla all’altra passando per le scapole, e una dietro la nuca, proprio all’attaccatura dei capelli. Quella dietro le spalle era ferma e salda, come una roccia resistente a qualsiasi intemperia, mentre quella dietro la nuca era molto più morbida; le dita scorrevano lente e leggere, accarezzavano e sfioravano con delicatezza la base del collo di Stiles, come a voler conoscere di lui ogni minimo particolare, come a volersi imprimere nel cervello ogni dettaglio del suo corpo. Stiles poteva sentire quanto le mani di Derek fossero calde, sia sul suo collo che sulla sua spalla, e questo gli provocava una stranissima sensazione, un calore che gli partiva dal centro del petto e si irradiava ovunque.

 

La cosa che però in quel momento più bruciava erano le sue labbra, le labbra che erano premute (finalmente!) su quelle di Derek. Per quanto tempo aveva sognato quel momento? Lo stava ancora sognando? Era davvero possibile che Derek lo stesse baciando? Aveva avuto una miriade di fantasie in quel lungo anno sull’ipotetico momento in cui si sarebbero rincontrati, fantasie che comprendevano ogni scenario possibile. Derek che lo incrociava per strada, lo seguiva fino ad un vicolo e lo prendeva per il colletto, baciandolo con foga contro il muro. Derek che lo vedeva in un bar, gli si avvicinava e con un sospiro caldo gli sussurrava all’orecchio un indirizzo a cui raggiungerlo, lasciandogli un piccolo morso sul padiglione auricolare prima di uscire come se nulla fosse dal locale. Derek che lo incontrava in biblioteca e che gli lasciava cadere sul tavolo un libro al cui interno aveva lasciato un post-it con il suo numero di telefono. Derek che si faceva trovare sotto casa sua (perché Derek investigatore che scopriva il suo indirizzo di casa era sexy il doppio) con la Camaro nera, pronto a partire per qualsiasi posto Stiles avesse scelto. E Stiles che gli saltava in braccio, strofinando il naso sul suo collo, dicendogli che qualsiasi posto andava bene purché fossero insieme. E poi lo baciava, lo baciava fino a perdere il controllo, fino a perdere il respiro, fino a perdere il senso del tempo, fino a perdere la cognizione di dove finiva Stiles e dove iniziava Derek.

 

Ora però lo stava facendo davvero, stava davvero baciando Derek, praticamente disteso per terra, nel suo appartamento: non poteva esserci nulla di più perfetto. Rispose subito al bacio, come se le loro labbra non fossero state create per nient’altro se non per unirsi e completarsi. Il labbro inferiore di Stiles tremava appena, sfiorando quello di Derek, sentendo il suo sapore mischiarsi con quello del lupo. Le loro bocche si muovevano in sincrono e in modo completamente opposto, si prendevano e si lasciavano, si sfioravano appena e poi, avide, si assaggiavano di nuovo. Il corpo di Stiles stava reagendo a blocchi: prima la bocca sulla sua bocca, poi le mani sul suo corpo. Una scivolò sulla nuca di Derek, spingendolo forte in avanti e allo stesso tempo risalendo verso la sommità della testa con le dita in mezzo ai capelli, accarezzandone la setosa consistenza. L’altra scivolò sul fianco di Derek, che ne sembrò piacevolmente sorpreso, visto il mugolio di piacere che rilasciò immediatamente sulle labbra di Stiles, senza però staccarsene mai. Il ragazzo lo prese per un invito a continuare, ma lo fece a modo suo: con una leggerezza che non era da lui, alzò piano la maglia di Derek e gli sfiorò l’osso del bacino, con la punta delle dita, risalendo poi verso le costole. Constatò con enorme piacere che questo eccitava parecchio sia lui che Derek, doveva tenerlo a mente per quando le cose si sarebbero scaldate; anche se cominciava seriamente a pensare che quel giorno non fosse poi così lontano.

 

Derek a quel punto cercò una posizione migliore, soprattutto per poter a sua volta cominciare a toccare il corpo di Stiles: lo fece scivolare di peso verso l’interno dell’appartamento, riuscendo a non staccarsi mai da quelle labbra soffici. Stiles si issò su di lui per potersi mettere a cavalcioni sulle sue gambe, trovandosi col petto a pochi centimetri da quello di Derek: le loro casse toraciche si alzavano e si abbassavano velocemente, stavano ansimando entrambi ma nessuno aveva intenzione di rallentare il ritmo, era troppo tempo che desideravano tutto quello che finalmente stava accadendo. Stiles approfittò della posizione più libera che aveva guadagnato per posare entrambe le mani sul volto di Derek, premendo i pollici sui suoi zigomi e accarezzando quella barba ispida che lo faceva impazzire. Derek intanto aveva fatto scendere le sue mani lungo i fianchi di Stiles, per sistemarlo meglio sulle sue gambe e ridurre al minimo la distanza tra loro, sollevandolo con una naturalezza che subito il ragazzo ricollegò alla sua forza da lupo mannaro. «Dio, Derek, tutto questo…tutto questo è mille volte meglio delle mie sciatte fantasie erotiche su di te…» esalò Stiles sulla sua bocca. Derek aprì gli occhi e scese con le labbra e la bocca lungo la giugulare del ragazzo, lasciando una scia umida al suo passaggio; mantenne però lo sguardo sul viso di Stiles, chiazzato di rosso, leggermente sudato, con le labbra gonfie. Ma la cosa che più immagò Derek furono gli occhi, quegli occhi color caramello che Stiles stava roteando all’indietro dal piacere: nessuna visione avrebbe mai appagato Derek quanto vedere Stiles in quelle condizioni per “merito” suo. Arrivato alla clavicola risalì leggermente e lasciò un piccolo morso e un succhiotto sul lato sinistro del collo di Stiles: la sua parte animale aveva bisogno di lasciare un marchio, perché c’erano cose che ormai erano sue e nessuno doveva azzardarsi a toccare. Stiles dimostrò subito di apprezzare quel genere di attenzioni, perché rilasciò un verso abbastanza gutturale, che spiazzò entrambi e li fece scoppiare in una risata leggera.

 

«Sono stato un idiota, un enorme idiota» confessò Derek, incupendosi e fermandosi un attimo, premendo la punta del naso nel punto in cui aveva appena lasciato il suo segno. «Abbiamo perso un anno per colpa mia, perché sono scappato. E se non fossi rimasto bloccato nel mio corpo sotto forma di lupo avrei anche potuto non incontrarti più. Ti rendi conto? Stavo per rovinare la cosa più bella della mia vita, stavo per perdere te, stavo per…» Derek stringeva gli occhi, non osando nemmeno aprirli, si sentiva troppo in colpa e continuava a nascondersi nel collo di Stiles. Stiles gli alzò il viso a due mani e gli sussurrò piano «Apri gli occhi, Derek». Il lupo obbedì, schiudendo le palpebre ai due smeraldi che gli splendevano in viso. «Mi vedi? Mi stai vedendo, Derek? Sono qui davanti a te, sono reale, non mi hai perso. Non importa cosa sarebbe potuto succedere, non mi importa se la prima volta sei scappato tu e la seconda sono scappato io. Eravamo destinati a incontrarci di nuovo, eravamo destinati a questo» gli disse allontanandosi un po’ dal suo viso. «Sì, eravamo destinati a pomiciare per terra, sullo stipite di una porta, come due quindicenni arrapati» e qui non poté che scoppiare in una risata leggermente isterica. «E non mi importa quanto tempo ci abbiamo messo a capirlo, con te ne sarebbe valsa la pena anche se ci fossimo rivisti solo sul letto di morte, anche se ci fossimo potuti solo stringere la mano o sfiorare le labbra. Per cui, siccome ora ci siamo trovati e non siamo ancora esattamente decrepiti, non ho intenzione di perdere un altro minuto a discutere sulla questione “sensi di colpa”» concluse deciso. Derek lo fissava con la bocca socchiusa, senza parole. Alla fine deglutì rumorosamente e replicò «Mostrami ancora come sai prendere in mano la situazione con decisione» e poi abbassando la voce fino a renderla roca aggiunse «fallo Stiles e raccontami ancora delle tue fantasie erotiche su di me, su di noi…». Il ragazzo fu scosso da un lungo brivido e maledisse Derek per essere il dio della voce da orgasmo.

 

«Prima di tutto non sarà possibile nessuna fantasia erotica finché sei così tanto vestito» sbuffò Stiles, pizzicando la maglia di Derek proprio al centro del petto. «Queste maglie aderenti, queste henley che ti ostini a portare sono molto sexy, lo riconosco» e qui gli lasciò un languido bacio sull’angolo destro della bocca, facendogli spuntare un sorriso furbo sulle labbra «ma penso che tu sia ancora meglio senza» proseguì alzandogli leggermente la maglia all’altezza degli addominali, solo per inserire sotto il tessuto le sue mani e risalire l’addome di Derek con lentezza. Il lupo ringhiò di un sordo piacere e le sue mani corsero subito al collo della maglia per potersela sfilare, ma Stiles gliele bloccò improvvisamente. «No no no, mie le fantasie erotiche, mie le regole» disse schioccando soddisfatto la lingua, in maniera provocatoria e un po’ oscena. «Questa maglia la toglierai quando lo dirò io» concluse con un sorriso malefico sulle labbra. Derek cominciò a pensare che ne sarebbe morto, Stiles sapeva come portarlo al limite. «Intanto ci dovremmo spostare in un punto più…comodo» esordì Stiles, guardandosi un po’ intorno, alla ricerca di un posto dove sistemarsi meglio. A quel punto Derek prese la situazione in mano, raccolse le gambe e, spingendo con la schiena sulla parete fece per alzarsi da terra. Stiles fece per scostarsi da lui per aiutarlo ad alzarsi ma Derek lo afferrò per i fianchi e lo bloccò; con un movimento di sopracciglia gli intimò di restare dov’era, non aveva intenzione di lasciarlo allontanarsi da lui. Fece scivolare le mani dai fianchi verso il basso, arrivando a bloccarsi solo quando ebbe una buona presa sulle natiche di Stiles. Decisamente quella sera in cui l’aveva visto al bar c’aveva preso a proposito di quel sedere. Come l’aveva definito? Rotondo, piccolo e sodo, sì sì, era proprio così. Stiles gli lesse tante di quelle cose negli occhi che a stento trattenne una risata, stringendogli le braccia attorno al torace e cominciando a baciargli avido il collo.

 

Crollarono sul divano così violentemente da farlo sbattere contro la parete, Derek disteso di schiena e Stiles sopra di lui. Non avevano mai staccato gli occhi l’uno dall’altro, con quel sorriso stupido sulle labbra che non potevano e non volevano ricacciare indietro. Volevano studiare ogni particolare del viso l’uno dell’altro: Derek voleva sapere quante sfumature poteva avere il sorriso di Stiles e Stiles voleva sapere in quante maniere potevano parlare le sopracciglia di Derek. Il rumore che fece il divano contro il muro li distrasse solo un attimo, facendo sbuffare una risata nasale a Derek, mentre Stiles ne approfittava per tornare sul suo collo. Cercava nuovi posti in cui far gemere forte il suo lupo, come quando risalì languido fino a dietro il suo orecchio, sussurrando in un soffio «Ok, questa maglia ha fatto il suo tempo». Derek non se lo fece ripetere due volte e se la sfilò, aiutato da Stiles che stava a cavalcioni su di lui e lo ammirava senza parole. «Dimmi che patto col diavolo hai fatto per avere degli addominali così perfetti» esalò Stiles, umettandosi istintivamente le labbra. Derek scosse la testa e prese a due mani il viso di Stiles, avvicinandoselo fino a baciarlo con trasporto, cercando di fargli capire che in quel momento la lingua poteva essere usata in modo molto più proficuo e fantasioso. Stiles appoggiò le mani sul torace di Derek, facendolo gemere leggermente sulle sue labbra, continuando comunque a far danzare le loro lingue e le loro bocche con schiocchi umidi e sensuali. Derek poteva sentire la pelle d’oca che era venuta a Stiles sui lati del collo, mentre Stiles poteva sentire Derek fremere leggermente sotto il suo tocco.

 

Baciare Derek era inebriante e travolgente, era come la prima volta e allo stesso tempo era mille volte meglio. E ad ogni bacio tutto sembrava girare sempre più forte, la terra sotto i piedi di Stiles sembrava correre più veloce dei suoi pensieri. Ma le mani di Derek, forti, sul suo corpo, lo tenevano saldo all’unica cosa a cui voleva ancorarsi per il resto della vita.

 

Baciare Stiles era assuefacente e disarmante, Derek si sentiva privo di ogni difesa e per la prima volta questa sensazione non lo spaventava, lo faceva sentire ancora più forte. E ad ogni bacio era come spezzarsi in mille parti per ricomporsi insieme, in un unico pezzo. E le mani di Stiles erano perfette per rimodellare e ricostruire il loro futuro.

 

Lasciando per un attimo le sue labbra per riprendere fiato e per far riprendere fiato a Stiles, Derek si mise a guardarlo negli occhi e ad accarezzargli una guancia; di riflesso Stiles gli passò un dito su una tempia, a risistemargli un ciuffo disordinato. Si fissarono a lungo, in silenzio, parlandosi più di quanto non avessero mai fatto. Derek scorreva il pollice sul labbro inferiore di Stiles, univa con dei tratti immaginari i piccoli e irregolari nei sul viso del ragazzo; Stiles scorreva il dorso delle dita sulla barba di Derek, tracciava la linea delle sue sopracciglia folte. Poi prese il bordo inferiore della sua maglia e fece per sfilarsela, con movimenti lenti, senza mai lasciare lo sguardo di Derek che nel frattempo era sceso a guardargli il petto. Poteva davvero fare quell’effetto il suo corpo, il corpo di Stiles? Perché Stiles vedeva in Derek la stessa espressione che lui aveva fatto quando il lupo si era tolto la maglia. Derek era affascinato da ogni parte del corpo di quel ragazzo; quei nei, che lui tanto amava sul suo viso, erano riprodotti in larga scala su tutto il torace candido, alcuni più grandi, altri del diametro di una capocchia di spillo. Stiles tornò sul collo di Derek, questa volta con meno foga e più attenzione ai dettagli; fece in modo che i loro corpi strofinassero l’uno contro l’altro, fece scivolare la sua pelle contro il torace di Derek, sentendo come entrambi emanavano calore e come entrambi allo stesso tempo fossero percorsi da un brivido. Le mani di Derek furono di nuovo sui suoi fianchi e poi risalirono e riscesero la schiena senza mai fermarsi, a tratti più leggere e a tratti più desiderose di contatto. Mentre Stiles gli divorava il collo, Derek posò la punta del naso sulla sua spalla, inspirando a fondo quell’odore che lo aveva sempre fatto calmare e che gli era mancato così tanto in quegli ultimi giorni.

 

«OH DIO! Ma che diavolo…?!» un rumore di oggetti caduti per terra li fece ritornare alla realtà e Stiles istintivamente scattò a sedere sul divano, ancora a cavalcioni di Derek. Era senza maglia (quella sua e quella di Derek erano malamente accartocciate sul pavimento), aveva i pantaloni appena allentati e leggermente scesi lungo i fianchi, così da lasciare intravedere appena l’elastico blu dei boxer. I suoi capelli erano irrimediabilmente scomposti e arruffati, aveva il viso arrossato, le labbra umide e sul suo collo campeggiava un circoletto violaceo grande quanto un penny. E, nonostante tutto ciò, Stiles stava fissando Cora con uno sguardo innocente e da cucciolo che voleva dire “Non è assolutamente come sembra”. Cora, dal canto suo, aveva uno sguardo che virava dallo shock alla confusione. Non aveva nulla contro quello che stavano facendo, ma per Dio, lei non doveva sapere se lo facevano! Non potevano trovare un altro posto? Ma soprattutto, come poteva aver lasciato mezz’ora prima un Derek depresso a fare le valige e ritrovare in quel momento Derek eccitato intento a fare…? Ok, non aveva nessuna intenzione di soffermarsi ad immaginare nulla sulla vita sessuale di suo fratello. Già respirare l’aria in quella stanza stava facendo sorgere in lei immagini che difficilmente avrebbe dimenticato. «Vi amo ragazzi, mi auguravo che alla fine vi sareste ritrovati, ma capitemi, non volevo essere la testimone di tutto questo…per cui» disse sospirando e puntando il dito verso le maglie sul pavimento «che ne dite se vi rivestite mentre io raccolgo la spesa e mi raggiungete in cucina che vi preparo qualcosa da mangiare? Intanto mi raccontate un po’ come sono andate le cose» concluse inginocchiandosi a raccogliere pomodori e scatole di tonno.

 

«Devo chiederti scusa, Cora» esordì Stiles entrando in cucina, mentre ancora si tirava giù la maglia sui fianchi e cercava inutilmente di ridare una piega decente ai suoi capelli. Derek, che era entrato pochi passi avanti a lui nella stanza, si girò e dolcemente gli spostò gli ultimi ciuffi dalla fronte, col viso a pochissimi centimetri da quello di Stiles tanto che il ragazzo poteva sentire il suo respiro caldo sulle labbra. Era stato un gesto semplice ma pieno di dolcezza, una quotidianità di movimenti a cui Stiles non era abituato e per il quale perse un battito del cuore. Derek se ne accorse immediatamente e questo gli fece nascere un sorriso ampio sulle labbra, mentre le posava su quelle di Stiles. «E io sono ancora qui!» aggiunse con un colpo di tosse Cora. «Per la cronaca, Stiles, sento anch’io le tue emozioni e il tuo battito cardiaco, quindi per me sei già un libro aperto. Non serve che ti scusi, ti adoro da quando hai varcato la soglia di questa casa e soprattutto hai guadagnato una valanga di punti quando hai portato quel sorriso ebete sulla faccia di mio fratello. Cosa per cui (sappilo, Derek) ti prenderò in giro fino alla fine dei tuoi giorni» concluse soddisfatta, girandosi con in mano una padella bollente su cui soffriggevano uova e pancetta. «Su, Derek, avrai pure la faccia da ebete ma mamma ti ha fatto anche delle mani con cui apparecchiare per tre persone su questo bancone. E fallo ad una velocità mannara, per favore» gli ordinò severa, prima di strizzargli l’occhio complice.

 

Fecero colazione come una famiglia: questo fu l’unico pensiero che attraversò la mente di Derek mentre fissava Stiles che raccontava a Cora tutto quello che avevano passato per arrivare a quel momento. Derek si crogiolava nella risata cristallina di Stiles, nel rossore che gli saliva alle guance quando raccontava certi particolari della storia, nel modo in cui aveva cominciato a chiamarlo “Der” nei racconti. Diceva che se non cominciava ad abbreviare i nomi avrebbe dovuto passare tutta la notte a riassumere la loro storia ma Derek aveva sentito il suo cuore accelerare mentre lo diceva; doveva ricordargli che con lui non si poteva mentire. E poi il modo in cui Stiles si era seduto sullo sgabello accanto al suo, “Così posso parlare con Cora che mi sta di fronte” aveva detto, quando in realtà aveva solo voluto tenere la sua coscia premuta contro quella di Derek. Ogni tanto, poi, Stiles lasciava penzolare il suo piede scalzo accanto a quello di Derek, spingendolo giocosamente sul malleolo mentre continuava a spiegare tutto quello che era capitato loro ad una entusiasta e attentissima Cora. Derek si perse più volte ad osservare e studiare i suoi piccoli movimenti, come si passava le dita nei capelli quando raccontava qualcosa di cui andava fiero, come si strofinava la palpebra dell’occhio destro quando raccontava qualcosa di imbarazzante, come si torturava le dita quando nominava Derek. Più di una volta Stiles si girò verso di lui per chiedergli conferma di ciò che aveva appena detto e ogni volta Derek cadeva dal mondo delle nuvole, perché concentrarsi su Stiles e sul suo racconto allo stesso tempo non era possibile. Alla fine Derek si ritrovò a chiedersi come avesse potuto mai chiamare “casa” qualcosa che non comprendesse Stiles.

 

10 mesi dopo…

Derek entra in cucina stropicciandosi gli occhi, non ha nemmeno avuto la forza di mettersi una maglia, ha semplicemente indossato i pantaloni della tuta e ha seguito il profumo che si è propagato in tutto l’appartamento. Davanti ai fornelli sta un giovane uomo, nel fiore dei suoi vent’anni, con una canottiera grigia scura e un paio di pantaloni della tuta appena posati sulle ossa del bacino. Ha le spalle abbastanza larghe e, mentre armeggia tra le pentole, Derek può ammirargli i bicipiti scolpiti sotto la pelle tesa e i muscoli della schiena esaltati dal tessuto della canotta. Ha i capelli un po’ troppo lunghi, Derek continua a ripetergli di andare a tagliarseli ma alla fine gli piace con qualsiasi taglio; non è riuscito a trattenersi dal dirglielo, ieri sera, mentre erano a letto e quel ciuffo gli solleticava la fronte, la spalla, gli addominali, l’ombelico, l’inguine… Il ragazzo si sposta verso il lavandino, per lavare il cucchiaio che ha appena utilizzato per guarnire con la glassa i piattini con la colazione. Derek gli si avvicina e nota con piacere che porta gli occhiali; anche quello è un dettaglio che gli piace, vederlo con gli occhiali è come vederlo sotto la luce più quotidiana e semplice possibile. Anche se non ha i sensi sviluppati come quelli di Derek, sa benissimo che l’ha sentito entrare in cucina, quindi non si preoccupa di spaventarlo quando lo abbraccia da dietro, appoggiando il suo petto sulla schiena del ragazzo. Gli bacia una spalla solamente appoggiando le labbra socchiuse sulla pelle che sa di fresco e di menta; si inebria un po’ annusando quell’aroma, che nelle sue narici si mescola con quello dolce della colazione appena sfornata e con l’odore di felicità che il ragazzo emana.

 

«Buongiorno ragazzone. Pensavo che dormissi di più stamattina, dopo ieri notte…» Stiles fa spuntare sul viso quel ghigno che fa andare Derek fuori di testa. «Devo ricordarti che quello con la resistenza da lupo mannaro sono io?» gli mormora Derek sul collo, con quel fiato caldo che fa rabbrividire Stiles, mentre il lupo gli riempie di piccoli baci umidi il collo e arriva a mordicchiargli piano il lobo dell’orecchio. Nel frattempo incrocia le braccia sul petto di Stiles, concedendosi senza pudore di scorrere le dita sui suoi pettorali e di sfiorare i capezzoli che stanno diventando turgidi sotto la canottiera leggera e aderente. Derek chiude gli occhi perché tutto quello gli sta facendo perdere il controllo sulla realtà e l’unico modo per riprendersi è inspirare di nuovo il profumo di Stiles, il profumo che gli indica la strada, che gli dice chi è. Intanto il ragazzo reclina la testa all’indietro, per appoggiare la nuca sulla spalla muscolosa di Derek, lasciandosi andare anche lui al piacere e al calore che quel loro abbraccio gli sta infondendo. Stiles socchiude gli occhi ed espira forte, non riuscirà mai a rallentare il battito cardiaco quando sono così vicini; ci prova da dieci mesi eppure non è nemmeno minimamente vicino a farcela. L’effetto Derek, come lo chiama lui, sarà sempre il suo punto debole. Ma alla fine non gli importa, quella è solo un’ulteriore prova di quanto ami stare con il suo lupo. Con gli occhi ancora chiusi, alza a casaccio una mano e cerca di premere un pulsante sulla radio che sta sulla mensola di fronte a lui; conoscendo la sua sbadataggine riesce a farla scivolare fino al bordo e poi farla cadere. Prontamente la mano di Derek l’afferra al volo e la salva da morte certa. «Ci tengo a questa radiolina, lo sai?» gli mormora Derek sul collo, col naso ancora posato sul suo incavo, sbuffando una piccola risata. Appoggia la radio sul piano della cucina e preme il tasto di accensione: subito parte una canzone dal ritmo latino americano. Derek comincia a muovere il bacino contro il sedere di Stiles, prima con dei piccoli movimenti, poi con degli ancheggiamenti più decisi. Stiles risponde a tono, seguendo il ritmo dettato da Derek, spingendo piano verso di lui, muovendosi lento e sensuale. «Stavo pensando» la voce di Derek si fa roca e Stiles potrebbe giurare che sta per dire qualcosa che gli farà venire la pelle d’oca «che potrei ricambiare un po’ quello che ieri sera hai fatto per me» e Stiles lo sente sorridere sornione alle sue spalle. E sente anche come il lupo continui a strofinarsi su di lui, come se il messaggio non fosse già abbastanza chiaro. Stiles sta per perdere il controllo, sta seriamente pensando di girarsi e baciarlo con foga, sopra il bancone, mentre si lascia fare quello che vuole da Derek, qualsiasi cosa voglia. Si sta già immaginando la scena, Derek continua ad ancheggiargli dietro, sempre più premuto su di lui, sempre più vicino, sempre più presente…

 

Un colpo di tosse li fa tornare alla realtà. «Voi siete erotomani. Volete smetterla di sbattervi su ogni superficie orizzontale, verticale e obliqua, con o senza vestiti? Vestitevi di pudore per una volta» Cora sa essere piuttosto acida di prima mattina ma entrambi sanno che è la loro prima sostenitrice. Certo che dopo dieci mesi di convivenza a tre è normale che lei sia un po’ stufa, anche perché preferirebbe mille volte condividere l’appartamento con il fidanzato con cui si è messa insieme quasi otto mesi fa; ma Derek è così geloso di lei, la considera sempre la sua sorellina nonostante abbia ormai diciannove anni e Stiles ne è quasi commosso. Anche se alla fine parteggia per Cora e utilizza i suoi trucchi perché lui la lasci un po’ più libera. «Allora, Stiles pasticcere, cosa ci hai preparato stamattina?» continua la ragazza leccandosi il labbro superiore e ammirando i tre piatti appoggiati sul piano cottura. Ha i capelli raccolti in una coda alta e morbida, gli occhi truccati in maniera molto leggera ed emana un’aura di eleganza tutta firmata Hale. «Beh, per un giorno così importante ho preparato il tuo piatto preferito, Cora. I pancakes con la glassa al cioccolato!» esclama Stiles orgoglioso, indicando i piatti come se fosse uno chef stellato, con la mano destra. L’altra mano è rimasta sul petto, sopra quelle di Derek che non ha nessuna intenzione di smettere di abbracciarlo.

 

Cora si è diplomata qualche mese prima e ha passato l’estate ad organizzare il suo futuro: l’Hale Phoenix. Ha contattato restauratori, pittori, decoratori, tutti quelli che avrebbero potuto aiutarla a far diventare quel posto il suo sogno. Per Derek non è stato facile, la prima volta voleva entrarci da solo, ma alla fine ha preso la mano di Stiles, l’ha stretta piano e l’ha portato dentro con sé. È stata una visita breve e silenziosa e in quel silenzio Derek ha chiuso un capitolo della sua vita e ne ha iniziato un altro. Ne è uscito col sorriso sulle labbra e Stiles era al suo fianco, a sorridere con lui. Da quel momento si sono messi tutti e tre al lavoro, ognuno su quello che sapeva fare meglio: Derek aiutava gli operai con i lavori più pesanti, Cora dirigeva le operazioni e teneva i contatti con le varie persone che lavoravano al progetto, Stiles l’aiutava nelle decorazioni, dava idee e aggiungeva un tocco colorato e spiritoso ovunque. È stato un lavoro impegnativo ma ha riempito tutti di una nuova speranza, speranza in un futuro che finalmente potrà splendere anche per loro. L’inaugurazione è un successo che Derek non avrebbe mai potuto immaginare, Beacon Hills ha saputo rivelare il suo lato più familiare. Tutti i suoi abitanti hanno sostenuto, in maniera più o meno diretta, l’apertura della loro attività e quel giorno sono lì a festeggiare con loro l’evento. L’atmosfera di festa, l’atmosfera calda e familiare è una cosa che ancora stranisce e un po’ spaventa Derek, ma sa che non c’è nulla da temere, non finché Stiles sarà al suo fianco.

 

Sì, ma Stiles dov’è finito? Nella confusione Derek l’ha perso di vista da una decina di minuti, pensava andasse a prendere da bere al buffet ma non è più tornato. Derek si congeda gentilmente da Melissa McCall (che è stata molto contenta di vederlo tornare in città e che ha fatto parecchie domande sul cane nero, mentre Derek fulminava Cora per averlo lasciato in quella situazione) e sale le scale, un po’ affannato. In cima ad esse trova Stiles, col sorriso sulle labbra: non promette nulla di buono, Derek lo sa, mentre anche a lui sale un ghigno sulle labbra. «Non ti trovavo più…ma dalla tua faccia sembra che tu volessi farti cercare» gli dice Derek restando un gradino più in basso rispetto a quello su cui sta Stiles. «Avevo da mostrarti una cosa qui di sopra» gli risponde lui prendendolo delicatamente per mano. «Ma prima chiudi gli occhi» gli sussurra sfiorando con l’altra le palpebre di Derek e invitandolo a chiuderle. A quel punto lo trascina con sé fino alla porta della prima camera, lo fa posizionare davanti e lo invita ad aprire gli occhi. Stiles ha realizzato il profilo di un lupo sulla porta di ogni stanza dell’hotel quella notte. Derek rimane qualche secondo senza parole di fronte a quel disegno, col fiato in gola. Alla fine si volta piano ed esala un «Grazie» premuto sulla bocca di Stiles. Rimangono così, con il brusio in sottofondo dei partecipanti al buffet, abbracciati in silenzio, in un silenzio in cui non c’è nulla da aggiungere.

 

«Non ti ho più detto come si mangia un Oreo» Derek se ne esce così, dal nulla, puntando gli occhi verdi in quelli liquidi di Stiles, che lo guarda interrogativo. «La sera in cui ci siamo conosciuti non mi hai lasciato finire la spiegazione su come si mangiano gli Oreo» spiega allora Derek, mentre un piccolo sorriso gli spunta all’angolo della bocca. «Vuoi mostrarmelo ora?» gli chiede Stiles tirandone fuori dalla tasca dei pantaloni un pacchetto. Quel ragazzo non smetterà mai di stupirlo. «Andiamo, te lo spiego strada facendo» Derek gli prende la mano e si avviano giù per le scale, cercando di trattenere le risate come due adolescenti in fuga.

 

Un’ora dopo Derek e Stiles sono seduti nella Camaro, con i sedili reclinati; Stiles è appoggiato col viso sul petto di Derek, che tiene un braccio intorno alle sue spalle. Mangiano Oreo davanti ad un tramonto sulla spiaggia e non potrebbero volere nient’altro da quel momento che è solo loro e che nessuno potrà mai portargli via.

 

 

 

Note finali: Oddio, non posso crederci. Sono arrivata alla fine di questa storia. Sono felice e triste allo stesso tempo. È stata la mia prima long e quando ho cominciato a scriverla non sapevo dove sarei arrivata o se l’avrei portata a termine. Ero partita con l’idea di tre-quattro capitoli e poi la storia è scivolata via dal mio controllo…ed ecco che ne sono usciti 10 capitoli! Sarò sincera, sono orgogliosa di questa storia e di come è venuta, non cambierei nulla. Probabilmente (anzi sicuramente) c’è gente su questo fandom che scrive mille volte meglio di me…ma sapete? Sono soddisfatta del mio lavoro, per migliorare c’è sempre tempo! ;)

 

Prima di lasciarci (mi viene la lacrimuccia a dirlo) devo dire un G R A Z I E enorme a tutte le persone che hanno recensito, leggere le vostre bellissime parole ad ogni capitolo è stata la felicità più grande: ogni frase era un sorriso sulle mie labbra.

G R A Z I E alle persone che hanno seguito, ricordato e preferito la storia: siete un numero che non avrei mai nemmeno potuto sognare.

G R A Z I E a quelli che mi hanno messa tra gli autori preferiti, è un grande onore per me.

G R A Z I E a tutti quelli che hanno letto silenziosamente ogni capitolo, spero di non aver mai deluso le vostre aspettative. E se volete lasciare un commento sono sempre qui! ;)

G R A Z I E infine a tutte le persone che, a vario titolo, mi hanno seguito in questo percorso. È stato un viaggio emozionante e non vedo l’ora di imbarcarmi sul prossimo.

 

Per i prossimi progetti, ho una OS/mini long già quasi finita ma è così strana che…boh, chissà se un giorno la vedrete mai su questo sito! E poi ho tante idee random che aspettano solo di essere sviluppate, spero di avere tempo e inventiva :) Per ora spero che questo viaggio vi abbia emozionato quanto ha emozionato me, speriamo di rivederci presto!

Un abbraccio grandissimo e un bacione a tutti <3

   
 
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