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Autore: Eleanor_    14/06/2016    1 recensioni
Rose Weasley ha quindici anni, è una Grifondoro ed è la figlia di Ronald Weasley e Hermione Granger. E questo lo sanno tutti.
Ha i capelli rossi, gli occhi azzurri, la passione per i guai e per il Quidditch ereditati dal padre.
Il covo di ricci che si trova in testa, l'astuzia e la bontà d'animo, invece, li ha presi dalla madre.
Ma la somiglianza finisce qua.
Non è intelligente come Hermione, né coraggiosa come Ronald.
Rose Weasley non è sola, per fortuna.
Nella sua situazione si trovano quasi tutti i suoi cugini: lo scapestrato James, innamorato da sempre della bella e malinconica cugina Dominique, che si trova in una situazione complicata; Albus, spirito libero intelligente e decisamente affascinante; la dolce e furba Lily, il fratello Hugo, il freddo e apatico Louis, gli instancabili Fred e Roxanne.
Ognuno di loro sa cosa vuol dire avere il peso di un cognome sulle spalle.
E lo sa, scoprirà Rose, anche il biondissimo Scorpius Malfoy, il misterioso, arrogante e sensibile ragazzo che imparerà a conoscere, per un caso più o meno fortunato.
In breve, Rose Weasley sono io e vi voglio raccontare le nostre storie.
Genere: Fantasy, Romantico, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Famiglia Malfoy, Famiglia Potter, Famiglia Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: James Sirius/Dominique, Rose/Scorpius, Teddy/Victorie
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
Capitoli:
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Sometimes it’s hard to accept the truth
 


I wanna leave my footprints on the sands of time
Know there was something that, something that
I left behind
When I’ll leave this world, I'll leave no regrets
Leave something to remember
So they won't forget
-I Was Here, Beyoncé
 


A lezione, tre mattine dopo, non ho ancora incrociato lo sguardo di David, nonostante sia seduto ad appena qualche metro da me. Non sono arrabbiata perché l’ho visto con Dominique. Ce l’ho con lui perché non si accorge di cosa provo per lui. Io sono profondamente timida quando si tratta di gente che mi conosce bene, perciò non avrò mai il coraggio di dichiararmi.
È mio amico da un anno ormai, ma scommetto che non ha mai pensato a me in modo diverso da una delle persone a cui chiedere aiuto per i compiti o per qualche dritta sulla conquista delle ragazze. Si ostina a provarci con tutte le studentesse di Hogwarts, nonostante ce ne sia una che ricambierebbe i suoi sentimenti senza bisogno di chiederlo.
Ma perché faccio questi pensieri, quando non riuscirò mai a confessargli che mi piace? Non succederà mai nulla, io lo so. Certe cose te le senti. E allora sorge spontanea una domanda: perché non riesco semplicemente a lasciarlo andare?
 
L’anno scorso mi è stato concesso di cambiare corso, abbandonando Divinazione per Rune Antiche, con un piccolo contributo da parte di una furiosa Hermione Granger. Dopo aver capito che non sono portata nemmeno per lo studio di questa materia, e aver passato tutt’e due le ore di lezione a imparare a scrivere i numeri con Connie Marigold - la Corvonero piuttosto irritante con un problema di alitosi che decisamente non mi mancava -, sono uscita nel giardino del castello, per prendere un po’ d’aria.
Gli inizi di settembre sono freddi ma piacevoli come lo è stata tutta quest’estate. Pochi giorni di pioggia e, naturalmente, un sole che tiepidamente riscalda la pelle.
Osservo quasi in trance i ragazzi davanti a me: li conosco quasi tutti.
C’è un gruppetto misto di Corvonero e Tassorosso, composto da circa dieci ragazze che si sono distese sull’erba, immergendo i piedi stanchi nel Lago Nero per qualche secondo, rischiando l’ibernazione.
Adhar Avery di Serpeverde si avvicina alle ragazzine (del secondo anno?) le quali si voltano in fretta e vedono un boccino fluttuare. Non l’avevo notato fino a quel momento, ma mi sorprendo molto della velocità di Avery nell’afferrarlo.
Il Serpeverde, con la preda in mano e sorridendo, torna dal suo gruppetto. L’anno scorso, durante l’ultima partita di campionato tra Tassorosso e Serpeverde, Avery si era rivelato un Cercatore nella media, che non era riuscito ad acchiappare il boccino d’oro prima che gli avversari raggiungessero i 250 punti e perdendo la Coppa. La sua agilità e grazia, rispetto a come si muoveva solo tre mesi prima, sono migliorati in modo impressionante e rimango alquanto sconcertata.
Mi risveglio dai miei pensieri e prendo l’mp3 nella mia borsa, sedendomi su una panchina accanto all’entrata al castello. È vero, le apparecchiature elettroniche non funzionano a Hogwarts, ma quelle che vanno a batteria sì, quindi, sperando che questo l’aggeggio non mandi in tilt le barriere di protezione attorno ad Hogwarts o che so io, infilo le cuffiette nelle orecchie e mi immergo nella musica.
Dopo un paio di minuti, qualcuno mi prende per un braccio e inizia a strattonarmi. Io alzo lo sguardo e mi ritrovo davanti una faccia familiare. Sono quasi pietrificata e mi ci vuole qualche secondo per riprendere a respirare.
Mi tolgo una cuffietta e urlo: «Cosa cavolo ti passa per il cervello?! Mi hai fatto prendere un colpo!»
«Ascolti musica a volume troppo alto!» mi grida in risposta il disturbatore.
«Meglio che stare a sentire te, comunque» ribatto.
«Senti, mi dispiace, ok? Te l’ho già detto ieri. Non serve che mi tieni il broncio. E fammi spazio» sbuffa Fred, spingendomi a sinistra, così da potersi sedere accanto a me, sulla panchina di ferro.
« Cosa vuoi? Fare “il cuginetto perfetto” non funzionerà, chiaro?» grugnisco.
Lui mi guarda per un attimo, in un apparente stato di confusione. Poi sembra non reggere più e inizia a travolgermi con un fiume di parole.
«Ross, tu sei in assoluto uguale a me.» Qui lo interrompo ribadendo la mia intelligenza nettamente superiore. Prima di riprendere strizza gli occhi e mi fissa seccato.
«Sei come una sorella. E pensavo che quando ti saresti risvegliata, ti saresti fatta una risata sapendo ciò che è successo. Ma non è stato così, anzi, mi hai accusato, e ne avevi tutto il diritto. Sono stato anche io chiuso in casa tutta l’estate e tu lo sai, ma questo mi ha cambiato? No, al contrario, mi ha infuso ancora più voglia di combinare guai e fare il culo a strisce a quelli là» dice, indicando i ragazzi di Serpeverde.
«Lo sai che non sono arrabbiata» replico.
Fra di noi si crea un lungo momento di pausa in cui ognuno medita su molte cose contemporaneamente. Mi sembra quasi di vedere gli ingranaggi al lavoro nel cervello di mio cugino, solo che non saprei proprio dire a cosa sta pensando.
«Quando ho scoperto che hai detto alla McGranitt che ho portato roba vietata a scuola, io mi sono sentito tradito…» comincia.
«Ti ho sentito parlare con Alan ieri sera. Ma non sono stata io, Fred» lo interrompo, sentendo che è il momento buono per risolvere. «Nemmeno se mi avessi costretta a mangiare carne di Chimera. Nemmeno se avessi distrutto la mia chitarra. Nemmeno se…»
«…avessi bruciato i tuoi libri?» mi interrompe a sua volta, ridendo.
«No, in quel caso sarei corsa dalla McGranitt. Ma devi credermi che non ti farei mai un torto del genere» assicuro.
«Immagino che dovremo scoprire chi è il colpevole, no?» sussurra lui, strizzando l’occhio.
Io annuisco sorridendo e torno a spostare lo sguardo su Avery e la sua compagnia: Thalia Nott, Augustus Goyle, Destiny Rookwood, Hector Yaxley e poi gli altri ragazzi, del quinto e sesto anno, come Travers, Selwyn e Warren Rosier.
Rosier è uno dei ragazzi più popolari, se non in assoluto il più popolare, dell’intera Hogwarts. È un ragazzo alto, muscoloso e sportivo, che vive di Quidditch, del sesto anno.
È il nipote del Mangiamorte più temuto ai tempi della Prima Guerra Magica, Evan Rosier. Non solo è un patito di sport, ma è anche un ragazzo estremamente venerato da tutte le studentesse della scuola. Eccetto me. Insomma, come si può trovare attraente un ragazzo così muscoloso, fissato ai limiti dell’esagerazione con uno sport, che ha delle sopracciglia più curate delle mie (e credetemi, le mie sono esageratamente curate) e, soprattutto, che si depila posti innominabili?! (Non chiedetemi come faccio a saperlo. Non ne voglio parlare). No, assolutamente non lo guardo in quel modo.
Ah, inoltre dubito sappia leggere qualcosa a parte le statistiche di gioco o i risultati in campionato. A lui basta agitare la bacchetta e tutti cadono ai suoi piedi, letteralmente. Infondo è così che funziona nella sua famiglia, da generazioni.
«Come fa Albus a uscire con gente del genere?» sbotta schifato Fred, di cui mi ero momentaneamente dimenticata. «Come fai tu a uscire con gente del genere?!» aggiunge.
Io gli tiro uno schiaffo sulla testa e dico stizzita: «Come puoi vedere non ci sono né Jade né Albus là. Ormai dovresti esserti arreso al fatto che tuo cugino è un Serpeverde.»
Lui liquida la mia osservazione con un gesto della mano. Piuttosto che frequentare i Serpeverde, tutti i miei cugini si farebbero appendere ad un albero per poi farsi mangiare da un’Acromantula gigante, anche se tra di loro c’è Albus.
Proprio mentre mi sto alzando in piedi per avviarmi verso la biblioteca (devo scrivere un saggio sulle epiche imprese dei maghi più famosi tra diciassettesimo e diciottesimo secolo), noto che Rosier mi sta guardando, per poi sussurrare qualcosa a Travers. Il ragazzo sorride e posa lo sguardo su di me, imitando l’amico. Io fisso Rosier inarcando le sopracciglia ma lui, dopo pochi istanti, torna a concentrarsi sul lavoro che sta facendo: lucidare la sua nuovissima Firebolt Pro II.
«Freddie io torno dentro. Devo iniziare a scrivere un saggio. E non vedo l’ora» lo informo in tono sarcastico.
«Perché Rosier ti stava fissando?» chiede indispettito, ignorando completamente il mio saluto.
«Non lo so. Probabilmente non è qualcosa di piacevole» rispondo.
Lui alza le spalle.
 
Sto salendo le scale quando l’occhio mi cade su una ragazza magra, seduta su un davanzale della finestra, che mi sta dando le spalle. Ha i capelli biondo platino raccolti in una mezza coda, indossa delle Converse rosa e da quello che riesco a vedere, sta tenendo in mano un libro.
«Dominique» chiamo, raggiungendo mia cugina. Quando le tocco la spalla e lei si volta, però, è palese che quella ragazza non è Dominique. Non ha gli occhi azzurri ma verdi e sulla divisa vedo lo stemma di Serpeverde. Noto comunque una bizzarra somiglianza con mia cugina: pelle chiara e liscia, corporatura magra, sopracciglia chiare delineate perfettamente, bocca piccola e sottile e naso stretto e lungo.
«Io… Mi dispiace, ti ho scambiata per un’altra» mi scuso, sorridendole. Poi faccio per proseguire, ma prima che riesca a salire un gradino, una mano mi afferra debolmente.
«Non, aspetta!» mormora la ragazza, con il viso serio. «Sono nuova della scuolà, e non so ritrovare la mia stansa!» Ha un pesante accento francese, il che spiega come mai sia nuova a scuola.
«Come ti chiami?» le domando dolcemente. Lei molla la presa sul mio braccio e chiude il libro.
«Noémie Gillet. Sto scercando i miei cusgini, Dominique e Louis  Weasley, li conosci?»
«Oh, be’… dal momento che sono anche miei cugini, sì» rispondo divertita.
«Anche i tuoi cusgini?» chiede confusa.
«Sì. Loro padre, Bill, è fratello di mio padre, Ronald» spiego. «E tu come giustifichi la tua parentela?»
«Loro madre è sorella di mia madre, Gabrielle.»
« Ommioddio, Dominique mi aveva accennato che ti saresti trasferita a scuola qua, ma me n’ero completamente dimenticata! Comunque è un vero piacere, io sono Rose Weasley» mi presento, sorridendole nuovamente. «Da dove vieni?»
«Provengo dalla scuolà di Beauxbatons. Io, mia sorella e mia madre siamo venute a vivere qui per alcuni problemi. » Evito di chiederle quali, perché sembra molto infelice.
« Senti, se vuoi posso aiutarti a cercarli… Non conosco una buona metà del castello, ma in teoria quella che conosco è la più frequentata» sorrido.
«Rose» sbotta una voce alle mie spalle. Mi volto velocemente, la bocca leggermente aperta in un’espressione sorpresa. La bocca di Dominique, invece, è una smorfia triste. Evita di guardarmi negli occhi e si sta torturando le mani.
«Hai conosciuto mia cugina, vedo» sussurra piano.
«Dom, io vorrei parlarti…» comincio scendendo i pochi gradini che ci separano, ma lei, come la sera precedente, si allontana.
«Non ora. Io… io devo portare Mie a fare un giro della scuola.»
«Ma veramante anche Rose si era offerta per portarmi a far un sgiro!» squittisce Noémie.
«Non voglio disturbarti Rose, sto io con lei» dice Dominique scuotendo la testa e i capelli biondi, ma ancora una volta so di per certo che non è arrabbiata con me.
«Non importa, in effetti ho un tema da fare» mormoro, tentando di sembrare dolce. Sfioro una spalla a mia cugina e poi mi volto senza guardarmi indietro, per salire in biblioteca.
 
* * *
 
Le storie sui maghi che, tra il Diciassettesimo e il Diciottesimo secolo,
 
I racconti narrati sui maghi che compirono le più epiche imprese conosciute dalla storia
 
Non si possono contare, nemmeno impiegandoci settimane intere, le imprese che i maghi tra il Diciassettesimo e il Diciottesimo secolo realizzarono. Ora, i nomi di questi
 
Esasperata, poso sul tavolo la piuma d’oca blu e oro e stropiccio la pergamena, finché non si riduce a una sfera delle dimensioni di una pallina da golf.
Mi metto le mani tra i capelli e chiudo gli occhi, cercando di concentrarmi.
«Hai bisogno di una mano?» Una voce profonda e maschile mi fa alzare la testa di scatto, mentre metto a fuoco un ragazzo alto e muscoloso.
«Oggi mi fate tutti prendere un colpo» sibilo, più a me stessa che a David. «Cosa ci fai qui?» Sono certa di non averlo mai visto in biblioteca.
«Ero venuto a cercarti. Non mi parli da tre giorni, Rossa, che succede?»
«Potevi anche dirmi che ti piace Dominique, non mi arrabbiavo mica» mi giustifico, mentendo.
«Non mi piace Dominique, non la conoscevo neppure fino a lunedì. Oh, avanti, non puoi essere arrabbiata per questo!» esplode Dave.
«No, no. Scusa. Sono solo… nervosa, credo. Sai, a casa va tutto male, mia madre non mi ha fatta uscire tutta l’estate, mio padre vive praticamente al Ministero. Per non parlare del fatto che non faccio un allenamento di Quidditch da due mesi, che Avery è improvvisamente diventato un Cercatore fantastico, non riesco a cominciare questo maledetto tema, le mie amiche più care si odiano e, cavolo, avrei proprio bisogno di un tè» racconto velocemente, senza riuscire a trattenere il fiume di parole che mi sto tenendo dentro.
«Be’, io il tè non ce l’ho, ma potremmo andare a prenderlo, magari mentre parliamo dei tuoi problemi da adolescente, che dici?» mi chiede, con un sorriso sghembo.
«Sì, ci sto» acconsento, prima di riuscire a trattenermi.
Lui allarga il sorriso a tutta la bocca e agli occhi.
 
A cena, quella sera, mi ingozzo di cibo fino a sentirmi quasi scoppiare lo stomaco. Pasticcio di melanzane, insalata calda di verdure e crema di formaggio sono tra i miei piatti preferiti e, pur avendo chiesto migliaia di volte a mia madre di cucinarli, lei si rifiuta di mettersi ai fornelli, così a casa mangiamo praticamente ogni giorno cibo da asporto, in scatola o surgelato. Non molto salutare, ammettiamolo.
Mentre gioco con un peperone ormai freddo, alzo la testa e proprio davanti a me, a due tavolate di distanza, scorgo la chioma bruna di Jade accanto a quella scurissima di Albus. Sorrido e continuo a passare lo sguardo sui Serpeverde finché un paio di chiarissimi occhi verdi su di me non attirano la mia attenzione. Warren Rosier mi sta fissando, di nuovo. È una frazione di secondo, poi lui volta la testa e torna a parlare con una ragazza piuttosto bruttina, con la faccia schiacciata.
«Perché Dominique è così lontana da noi, stasera?» domanda piano James, seduto alla mia sinistra.
Gli spiego in breve ciò che è successo, raccontando anche dell’incontro con Noémie ma tralasciando il nome di David e nel frattempo lui annuisce, come assorto nei suoi pensieri. Una vena sembra ingrossarsi sul suo collo ogni volta in cui nomino il ragazzo misterioso.
«…e allora io non so nemmeno se lei abbia capito che mi piace quel ragazzo» concludo, abbassando la voce per non farmi sentire. «E perché non voglia parlarmi. »
«Che palle voi donne, sempre a farvi sti problemi, parlate e basta» è la risposta più intelligente che riesce a produrre.
Apro la bocca per rispondere, ma poi vedo che Dom si sta alzando da tavola, così faccio lo stesso.
Inizio a seguirla, liquidando le domande di Jamie con un “ci vediamo dopo”, ma prima di poter varcare il portone della Sala Grande, una mano sulla spalla mi blocca. Mi volto piano e mi trovo davanti ad una persona che non mi sarei mai aspettata di vedere: la professoressa McGranitt.
«Rose Weasley. Posso parlarti un attimo?» chiede in tono pacato.
Merda, mi ha chiamata per nome e cognome.
Ha i capelli tirati indietro in uno chignon grigio fissato sulla cima della testa, che scoprono un viso spigoloso e tirato, costellato da rughe più o meno profonde.
«Ce-certo professoressa» balbetto, incerta dell’argomento di cui vorrà parlarmi. Finora non ho combinato niente, ho passato i pomeriggi in biblioteca o in giardino, ho seguito tutte le lezioni e fatto tutti i compiti.
Seguo la Preside oltre il portone della Sala, poi svoltiamo a sinistra e ci appostiamo davanti alla porta di uno sgabuzzino.
Lei sembra soppesarmi per qualche secondo con gli occhi socchiusi e dopo inizia a parlare, la voce chiara e forte.
«Dunque, tua madre, quest’estate, mi ha chiesto un favore. Non è contenta dei risultati da te conseguiti l’anno scorso e, se devo essere sincera, non lo sono nemmeno io. Senza tanti giri di parole, mi ha chiesto di darti ripetizioni. Io trovo scorretto nei confronti degli altri studenti che hanno molti più problemi di te darti ripetizioni private. Alla fine ho accettato, solo che a darti ripetizioni non sarò io. Sarà un altro studente o studentessa, con cui, magari, frequenti la maggior parte delle lezioni. Io stessa mi prendo l’incarico di trovarti questo tutor, a patto che studierai con lui, o lei, per tutto l’anno» dichiara. Sembra irremovibile sul fatto che mi serva qualcuno con cui studiare, così mi limito ad annuire.
«Inoltre ti ricordo che quest’anno dovrai affrontare i G.U.F.O, che sono esami molto importanti» aggiunge, con una sfumatura che mi fa pensare che sia scettica al pensiero che, ora come ora, io possa farcela.
«Okay, grazie» farfuglio. Sono troppo confusa, delusa e sconfortata, per aggiungere altro.
La Preside fa un brusco cenno con la testa, per poi congedarsi e tornare in Sala Grande. Io la osservo mentre se ne va, un veloce fruscio di stoffa scura.
Non è contenta dei risultati da te conseguiti l’anno scorso.
Quelle parole mi rimbombano nella testa come se un fastidioso picchio mi stesse forando il cranio, galleggiano nella mia mente senza accennare a scomparire. Come se fosse mia madre a dover essere contenta dei miei risultati. Lei ha già ricevuto il diploma, lei ha già frequentato la scuola, lei ha già avuto i suoi risultati, di cui è rimasta più che soddisfatta. Non deve condizionare anche la mia vita. È inutile che si aspetti esiti come i suoi, da una come me.
Studenti che hanno molti più problemi di te.
Oh, certo, sono io la problematica. Io sono la ragazza che non è abbastanza intelligente, quella addirittura troppo stupida da riuscire a superare i G.U.F.O da sola. Vorrei dimostrare loro quanto si sbagliano, ma ormai quel che è fatto è fatto, e sicuramente mi obbligheranno a studiare con qualcuno per tutto l’anno. Neppure volendo, potrei rifiutare. Spero tanto che mia madre capisca una cosa: io non sono come lei. Non sarò mai, nemmeno volendo, come lei.
 
«Dom! Dominique!»
Sto bussando alla porta della stanza di mia cugina da cinque minuti buoni, senza aver ottenuto nessun risultato.
«Dominique Danielle Weasley, apri subito questa porta! So che sei lì dentro!» urlo, per la settima volta.
Finalmente, qualcuno viene ad aprirmi, ma non è certo Dominique. È una delle sue compagne di stanza, penso si chiami Lizzie o Livvie o qualcosa del genere.
«Che vuoi?» sbotta lei, tutt’altro che gentile.
«Vedere mia cugina!» sbraito.
«Be’, lei non vuole vedere nessuno» dice con un ghigno, mentre chiude la porta. Io però, grazie ai miei riflessi da Cercatrice, sono più veloce e infilo prima il piede e poi la mano tra la porta e il muro.
«Se non mi apri, giuro che butto giù la porta» la minaccio. Lei dapprima mi guarda in cagnesco, poi però si fa da parte e torna sul suo letto, sbuffando.
Entro nella stanza e mi guardo attorno. La camera è esattamente uguale alla mia, ma a questa sono state fatte delle modifiche che non potrebbero essere più azzeccate: le tende di pesante velluto rosso sono decorate da perline colorate, attorno alle colonne dei letti ci sono catenine e nastri che si inerpicano fino in cima. Sulle pareti e perfino sulle testiere sono incollati poster e foto di cantanti, attori e atleti tra cui la maggior parte sono babbani.
Mia cugina occupa il primo letto a destra, seminascosto dentro al muro.
Mi avvicino a lei e, senza aspettare un momento di più, le dico: «Dominique, ti prego, dobbiamo parlare!»
«Va bene» concede, mettendosi a sedere. Io la imito mentre lei appoggia il libro che stava leggendo.
«Lo sai benissimo che evitarmi e guardarmi con gli occhi tristi servirà solo a tartassarti di più» inizio. Spero di sembrarle sincera, perché lo sono, davvero. Prima che possa aggiungere altro lei alza la mano e mi zittisce.
«Lo so, Rosie. Ma…» farfuglia. «Ma quello che ha detto la tua amica…»
«Non sono d’accordo nemmeno su una parte di quello che ha detto, fidati. Ti ho difesa perché non meriti tutto quello che dicono su di te.»
«Ma non è questo il punto. Io ti credo, non sono arrabbiata. Sono solo molto stanca di tutto, e quando lo sono, preferisco starmene da sola…»
«È per quello che ha detto Celeste sulla tua reputazione, ho indovinato. Non pensarci, Dom, non è vera una singola parola. Non so perché abbia detto quelle cose, ma tu devi fidarti di me se ti dico che sei una persona meravigliosa, sei un’amica e una fidanzata fedele e anche Jonathan lo sa.»
Jonathan Pearse è uno dei prefetti di Grifondoro del settimo anno. Se supera i M.A.G.O, e non saprei dire quante sono le sue probabilità, i Sweetwater Allstars – squadra di Quidditch del Texas – gli hanno già offerto di unirsi a loro. Non che siano una squadra particolarmente conosciuta, ma la paga è buona e a un vero giocatore di Quidditch non interessano tanto i soldi quanto piuttosto giocare per vincere il campionato.
Lei sembra quasi sciogliersi a quelle parole e mi stringe in un abbraccio.
Io e Dominique passiamo il resto della serata a parlare, dimenticando le parole di Celeste. Non ne abbiamo avuto l’occasione da quando siamo qui ad Hogwarts, così ci intratteniamo fino a mezzanotte, chiacchierando di Jonah, Dave, Noémie (che, a proposito, ho scoperto avere una sorella, Nathalie, che frequenta il terzo anno ed è stata smistata a Corvonero), Quidditch e tutto ciò che ci viene in mente. Poi si scusa per la situazione in cui l’ho trovata con David mi assicura che si era fermata a chiacchierare solo perché aveva notato che anche lui è un fan degli Appleby Arrows (squadra di Quidditch che nessuno tifa in famiglia, a parte lei).
Mi addormento verso mezzanotte e mezzo, troppo stanca per andare in camera mia, con la testa sulla spalla ossuta di mia cugina.
 
 
«SVEGLIATEVI!» Una delle compagne di stanza di Dominique, che non riesco ad individuare, ci sta scuotendo entrambe.
Apro gli occhi di colpo, improvvisamente conscia che devo andare a lezione. Mi alzo rapidamente dal letto, apro la porta della camera e schizzo fuori.
Salgo a prendere la mia borsa, mi vesto, mi pettino, mi lavo e assieme a Meg, anche lei sempre in ritardo, scendo nell’aula di Trasfigurazione.
Il professor Wessex non è ancora entrato in classe, così posso sedermi nel posto che Celeste ha tenuto occupato per me. Liquido le sue domande con uno stanco gesto della mano, poi appoggio le braccia sul tavolo, in attesa dell’inizio della lezione, sbadigliando.
Dico velocemente a Cel dove ho passato la notte, rassicurandola sul fatto che Dominique non sia arrabbiata con lei.
Wessex entra un buon quarto d’ora dopo il teorico inizio delle lezioni, giustificando il ritardo con parole borbottate su caffè, tè e borse zuppe.
«Abbiamo già perso tempo, Goyle, taci o ti butto fuori» tuona il professore, dopo aver richiamato il Serpeverde. Questi arrossisce e abbassa la testa, borbottando: «Come se fosse colpa mia.»
Durante entrambe le ore non riesco quasi a tenere gli occhi aperti, ed esercitarmi con gli incantesimi di camuffamento non è affatto facile. 
«Forza, Rose. Muovi bene il braccio» mi incoraggia Wessex verso la fine della lezione.
«Disillo» pronuncio stancamente.
La rana che sta sonnecchiando nella gabbia sul mio banco non sembra presentare cambiamenti così mi abbandono sulla sedia, sbuffando.
Il professore mi tocca la spalla e con un sorriso che dovrebbe essere lontanamente incoraggiante e forse troppo compassionevole, prosegue oltre. Mi sembra che tutti provino pena per me, a volte. Come se io fossi un cucciolo ferito a una gamba che non riesce neppure a camminare.
Quando ero più piccola, e non avevo ancora una bacchetta, mi esercitavo con mia madre a pronunciare formule di incantesimi e fatture. A volte addirittura mi riusciva qualche piccola magia, ma spesso e volentieri mi scoraggiavo perché non succedeva niente.
Mia madre provava a consolarmi dicendo che ero ancora piccola, che alla mia età la maggior parte dei maghi e delle streghe non avevano ancora i poteri e mi guardava con gli occhi carichi di tenerezza, sguardi che si riservano solo ai bambini. Alcune volte però, mamma mi guarda ancora così, e mi dà un sacco di fastidio. Non sono piccola e soprattutto non ho bisogno di essere compatita.
 
Quella sera la professoressa McGranitt dice di avere due annunci per noi.
«Attenzione!» prorompe la Preside con la sua voce forte e chiara. «Gli allenamenti di Quidditch di quest’anno scolastico avranno inizio con il primo giorno di ottobre, mentre la prima partita di campionato si svolgerà agli inizi novembre, seguendo la programmazione, che verrà esposta a breve in ogni Sala Comune delle Case. Come ogni anno, auguriamo buona fortuna ad ogni squadra, ma soprattutto pretendiamo di vedere un gioco onesto e partecipativo. Ogni Capitano dovrà indire i provini quando gli è più comodo, chiedendo il permesso di utilizzare il campo da gioco a Madama Bumb.
«Per quanto riguarda le gite a Hogsmeade, sarà possibile uscire dal castello dalla metà di novembre e ricordo che solo gli studenti dal terzo anno in poi hanno il permesso di visitarla, in possesso dell’autorizzazione firmata» conclude. Passa lo sguardo severo su ogni tavolo e poi si siede sulla sua enorme sedia di legno.
Io ritorno a concentrarmi sulla mia zuppa di funghi e ascolto le conversazioni tra James e Roxanne.
«Fred e io l’anno scorso siamo stati squalificati a metà campionato» sta dicendo mia cugina. «Dici che quest’anno possiamo tornare in squadra?»
«Credo proprio di sì. Senza voi due abbiamo fatto pena, siamo stati battuti dai Tassorosso e ci siamo dovuti accontentare del terzo posto» fa notare James, come se quel ricordo gli provocasse dolore.
«Abbiamo dovuto sostituire due grandi Battitori con due mediocri Battitori, Jamie» intervengo io, beccandomi un’occhiataccia da parte sua.
«Quest’anno, comunque, sono io il Capitano. Propongo di organizzare i provini per la prossima settimana» annuncia, tutto pomposo.
«Evvivaaa» lo prendiamo in giro io e Roxanne in tono sarcastico. James ci guarda in cagnesco ancora una volta e poi torna a gustarsi il suo arrosto, assaporandolo come se non ci fosse cosa migliore al mondo.
 
Ci vuole una settimana e mezza perché la professoressa McGranitt trovi uno studente disposto a darmi ripetizioni. È stato il mio pensiero fisso durante tutti quei giorni. Non riuscivo a togliermi dalla testa le sue parole.
Non ho scritto a mia madre nemmeno una volta da quando sono a Hogwarts, e non ho nemmeno intenzione di farlo, visto che sono ancora arrabbiata con lei. Avrebbe dovuto parlarmi della questione ripetizioni visto che riguarda me in prima persona. Probabilmente mi sarei arrabbiata comunque, ma almeno avrei evitato l’imbarazzante situazione che si è creata. Insomma, la McGranitt mi è venuta a dire che non è stata contenta dei miei risultati! E, per inciso, se non sapessi che mia madre e mio padre e i miei zii e i miei nonni e tutti quanti i miei parenti la conoscono da moltissimo tempo, mi sarei davvero sorpresa che avesse acconsentito a trovarmi qualcuno che mi aiuta con i ripassi.
È sabato, durante una mattinata interamente dedicata al dolce-far-nulla in Sala Grande, che la McGranitt si avvicina a me e cautamente mi porta in disparte per informarmi di aver trovato uno studente che ha acconsentito ad aiutarmi.
Lascio Margaret e Belle a fare i compiti mentre seguo la Preside lontano da orecchie indiscrete.
«Scorpius Malfoy» annuncia, senza tanti giri di parole. «Il vostro primo incontro è fissato a martedì sera, in biblioteca, e da quel giorno in poi sceglierete voi quando incontrarvi.»
«Grazie professoressa, è stato gentile da parte sua» dico, senza tanto entusiasmo.
Lei mi mette una mano sulla spalla in quello che interpreto come il miglior gesto affettuoso di cui sia capace e fa per andarsene, ma prima di girarsi mi sussurra: «Ah… Scorpius è stato molto gentile ad accettare di darti ripetizioni, spero che tu lo capisca. Vedi… vedi di non mandare tutto all’aria e abbi pazienza» e stavolta se ne va davvero.
Resto in piedi per un po’, a rimuginare su ciò che ha appena detto. Un’altra volta, senza pensarci, mi ha fatta sentire una nullità.
La rabbia per le parole della McGranitt svanisce presto e lascia il posto alla sorpresa, poi comprendo a pieno le parole che prima mi erano sfuggite.
Scorpius Malfoy.
Il migliore amico di mio cugino, persona a cui non ho mai rivolto più di una domanda di circostanza, sarà la persona che mi aiuterà per tutto l’anno a studiare le materie in cui sono più debole. Me ne rendo conto piano piano e un sorrisetto mi passa veloce sul viso. Nonostante non mi piaccia il carattere immensamente Purosangue di Malfoy, so che se mio cugino lo reputa una persona importante, un motivo valido ci dev’essere. Tento di non partire prevenuta sul rapporto che avremo. Poteva andarmi molto, molto peggio.
 
Lunedì pomeriggio, come a voler sottolineare il mio bisogno di aiuto nello studio, il professor Rüf decide di consegnarci il saggio corretto sulle Epiche Imprese dei Maghi e Bla Bla Bla.
Dopo una decina di “Oltre Ogni Previsione” e “ Accettabile” assegnati ai Corvonero, il professore e la sua aura da fantasma si fermano davanti al mio banco.
«Weasley, il suo compito è insufficiente» dice a bassa voce, mentre le mie budella cominciano a contorcersi e il mio cuore ad accelerare. Sento Celeste trasalire accanto a me. Appoggia il blocco di pergamena sul mio banco, dove una grande S rossa sembra si stia prendendo gioco di me da un angolo del foglio.
«Tre giorni» sputo.
«Come?» chiede Rüf.
«Ci ho messo tre giorni a scriverlo» spiego. «Ed è un compito Scadente?»
So benissimo che non dovrei arrabbiarmi con lui, con un professore. In questo momento, come un lampo a ciel sereno, comprendo che è proprio di questo che parlava la McGranitt: devo controllare la mia impulsività e tenere a freno la lingua.
Lei mi conosce meglio di quanto io creda e sa che non mi faccio dare ordini da nessuno, proprio per questo mi ha detto che non devo mandare tutto all’aria con Malfoy.
Solo un’altra volta. Solo una solo una solo una…
«Non potevo darle un voto sufficiente, le informazioni sono completamente messe alla rinfusa. Alcune date non corrispondono all’impresa di cui ha scritto e alcuni nomi di maghi non esistono nemmeno!» borbotta.
«Ho scritto tutto ciò che ho trovato in biblioteca, vada a controllare! Ho cercato su un sacco di libri e ho scritto un tema di cinque pagine, rielaborandolo personalmente» ringhio, alzando la voce. Celeste mi stinge la gamba e alcune ragazze di Corvonero si girano nella nostra direzione, e si uniscono agli sguardi curiosi che ci stanno già lanciando i Grifondoro nei banchi accanto al mio, ma io non ci bado. Vorrei stare zitta perché ciò che sto per dire mi costerà molto, molto caro. Ma non ce la faccio, quindi, così piano che solo il professore mi possa sentire, sussurro: «Lei non sa dare un giudizio a un buon compito.»
Scommetto che se fosse ancora vivo potrei vederlo visibilmente sbiancare, ma visto che è un fantasma si limita ad indurire lo sguardo.
«Venti punti in meno a Grifondoro» sussurra, con la stessa voce che ho usato io poco prima, laconicamente. «Penso che troverà l’esterno dell’aula molto più confortevole della mia classe, giusto? E si ritenga fortunata che non le abbasso ancora il voto. Non osi mai più contraddire la mia capacità di giudizio. Fuori!»
Io lo guardo negli occhi opachi per qualche secondo, poi prendo la mia borsa e il tema e a grandi passi mi avvio fuori dall’aula tra i sussurri dei miei compagni, assicurandomi di sbattere bene la porta.
 
Una volta a letto, quella sera dopo cena, io e Celeste iniziamo a parlare dell’accaduto. Mi racconta che dopo essere uscita dalla classe di Storia della Magia, Connie Marigold e Liam Simons hanno chiesto a Rüf perché me ne fossi andata e lui ha risposto semplicemente che non so tenere a freno la lingua, che sono una delle persone più maleducate che abbia mai conosciuto e che mi sono stati tolti venti punti.
«Che bastardo! Doveva stare zitto!» grido, in preda alla rabbia.
È già stato abbastanza umiliante per me ricevere l’unica insufficienza della classe. Se in più aggiungiamo la sfuriata davanti al professore composto di ectoplasma, decrepito e noioso, la mia dignità può benissimo essere considerata morta e sepolta.
Ma che cavolo, almeno i particolari su quello che lui pensa di me poteva risparmiarseli al posto che spifferarli ai quattro venti a gente come Connie Marigold !
Non ho idea di come si comporterà con me il professore, d’ora in avanti, né come mi comporterò io con lui. Ammetto di aver esagerato, e che non avrei dovuto rivolgermi a lui così, però, d’altra parte, poteva anche chiudere un occhio e mettermi Accettabile. Mi sono impegnata, davvero! Tento di rassicurarmi dicendomi che quell’ultra centenario di uno spirito non ricorda nemmeno il nome di Harry Potter, tanto vecchio e incurante dei propri alunni, figuriamoci il mio!
La mia stessa giustificazione non sta in piedi e con un singhiozzo, tento di ingoiare i sensi di colpa e l’imbarazzo.
Celeste improvvisamente si mette a sedere e io faccio lo stesso, guardandola perplessa.
«In effetti, però, tu sei dalla parte del torto. So che ti sei impegnata e che ci hai lavorato tanto, ma il compito non era sufficiente, e per quanto tu possa protestare, primo, il voto non cambierà, e secondo, il professore è lui quindi… è lui che decide» dice cautamente Cel, tormentando il lenzuolo bianco, come impaurita da me.
Io resto spiazzata da quelle parole, perché ovviamente sono vere, e non credevo le avrebbe mai dette. Però ha ragione. Ha pienamente ragione e io lo so. Mi sono comportata come una bambina capricciosa e ho fatto una sfuriata a un professore. Mi sono meritata di uscire dalla classe, mi sono meritata di perdere venti punti.
«Lo so» bisbiglio stancamente. «Sai benissimo anche tu come sono fatta. Non sto mai zitta » dico, più a me stessa che a lei. Ripenso alle parole della McGranitt e mi volto dall’altra parte.
Vedi di non mandare tutto all’aria e abbi pazienza.
Già, facile a dirsi, quando si possiede un’innata tranquillità. La mia pazienza è tragicamente e decisamente inesistente.
 
* * *
 
La sera successiva, dopo aver cenato abbondantemente, mi dirigo in biblioteca salutando i miei cugini e i miei amici, per adempiere al compito affidatomi dalla McGranitt.
Stamattina, durante la lezione di Cura delle Creature Magiche, ho raccontato tutto a Jade, sia di Scorpius sia della lezione di Storia della Magia. È felicissima che Scorpius mi dia ripetizioni perché lo ritiene davvero intelligente e simpatico.
Per quanto riguarda Rüf, non ha smesso di ridere un attimo. Ha commentato “Oh mio Dio, era ora che qualcuno glielo dicesse” e io mi sono sentita veramente lusingata, anche se ciò che ho detto non è una cosa di cui andare fieri.
Entro in biblioteca facendo silenzio, perché non voglio finire nei casini anche con Madama Pince, la decrepita bibliotecaria che non vuole sentire altro che il rumore delle pagine che si muovono, altrimenti ti scaccia.
Passo davanti a tutti i corridoi, cercando Malfoy, ma non trovandolo mi siedo a un tavolo con sei posti e prendo un libro a caso dallo scaffale più vicino.
Pozioni: Manuale all’Uso Quotidiano dice il titolo. Pozioni sicuramente non è la mia materia preferita, ma non mi fa male sapere qualcosa in più.
Dopo venti minuti di lettura e attesa, sto già perdendo la pazienza e la speranza che
Malfoy arriverà.
 
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Mi interrompo a metà del paragrafo perché un ragazzo alto e biondo si è appena messo a farmi ombra sul libro.
«Sono cinque minuti che ti cerco» mi saluta.
«Primo, ciao anche a te. E secondo, sto leggendo, e tu stai coprendo la luce» replico.
«Chiedo scusa» dice sarcasticamente, e si siede sulla sedia di fronte a me, le braccia incrociate sul petto.
Lo guardo per qualche secondo e mi accorgo che indossa una maglia di cotone a maniche lunghe e una felpa grigio chiaro con la cerniera abbassata al posto della divisa. I capelli chiarissimi e ondulati riflettono la luce arancione della lampada sopra di noi e gli occhi, che all’ombra sembrano neri, sono fissi su di me.
«Porti gli occhiali?!» chiede sogghignando, e solo allora mi accorgo che indosso ancora i miei occhiali da vista. Mi affretto a toglierli, imbarazzata, e li rimetto nella borsa.
«Ognuno ha i suoi segreti» mormoro con voce ferma.
Malfoy si limita ad alzare le spalle quasi stizzito di essere qui.
«Quindi, dovrò darti ripetizioni tutto l’anno» comincia.
Perspicace, penso io, ma mi trattengo dal dirlo solo per fare un favore alla McGranitt.
Vedi di non mandare tutto all’aria e abbi pazienza.
«Già» commento, tentando di nascondere l’irritazione. Non avevo pensato che, in questa situazione, sarei stata io quella in posizione inferiore. Adesso sono svantaggiata, ho bisogno di lui e ci sono legata.  Per un intero anno dovremo continuare a incontrarci e studiare assieme. Lui, il più bravo della classe, e io, che non trovo la voglia di studiare nemmeno se mi pagano.
Ora, mi chiedo per quale misterioso motivo la McGranitt abbia scelto proprio lui.
Annuisce piano, pensieroso.
«Qual è la tua materia preferita?» chiede.
Nessuno mi ha mai fatto quella domanda, perché tutti danno per scontato che, dal momento che non sono una cima in alcune materie, io detesti la scuola e lo studio. Ed è così, ma fino ad un certo punto.
«Difesa contro le Arti Oscure. E Incantesimi» rispondo. Sono le uniche due materie in cui non ho mai preso un’insufficienza ed è perché mi piacciono, davvero. Esclusa Erbologia. Ma dai, nemmeno se mi mettessi a ballare il tiptap sulle Mandragole di Neville, lui mi metterebbe un brutto voto.
«Bene. Ah, complimenti per quello che hai detto a Rüf» mi prende in giro, sorprendendomi.
Sto per domandargli come cappero faccia a saperlo, imbarazzata, ma poi evito di farlo. Che sia stato qualche Corvonero di sua conoscenza, Jade, o chiunque altro, non voglio far altro che dimenticarmi al più presto questa storia.
Scrollo le spalle e guardo il manuale che ho tra le mani.
«Ci sono delle condizioni che dovrai rispettare» mi informa, con aria di superiorità, sottolineando in questo modo che è lui a fare le regole. «E, visto che dovremo collaborare, cerchiamo di farlo civilmente.»
«Okay» sospiro. «Sono tutt’orecchi.» Mi rigiro il manuale fra le mani e poi lo rimetto al suo posto, mentre lui probabilmente si sta mentalmente facendo la lista di Condizioni-Da-Rispettare-Ad-Ogni-Costo.
«Uno: ci incontreremo sempre qua, martedì, giovedì e sabato, dalle otto alle nove. Due: devi essere puntuale e non ci sono scuse per i ritardi. Tre: nessuno deve sapere che ci incontriamo» dice.
«Aspetta, aspetta. A ottobre iniziano gli allenamenti di Quidditch, se nessuno deve sapere che mi dai ripetizioni, come faccio a spiegare a James il perché non posso allenarmi?» gli chiedo, leggermente in imbarazzo a causa dell’ultima regola.
«Quando inizieranno gli allenamenti ci accorderemo diversamente, ma per ora queste sono le condizioni» risponde con un sorrisetto freddo, che non dovrebbe sembrare nemmeno per sbaglio cordiale.
Io alzo gli occhi al cielo.
«Vuoi dirmi che Albus non deve saperlo? Jade lo sa già» ribatto acidamente.
«Che Albus lo sappia non è un problema, e anche Jade mi sta bene. Ma nessun’altro deve saperlo, chiaro?» ordina.
«Che problema c’è se qualcuno lo viene a sapere? Ti vergogni? Non vuoi che tutti sappiano che sei un secchione e dai ripetizioni?» lo stuzzico.
Ovviamente, non avrei dovuto farlo, perché lui si avvicina a me, sporgendosi sul tavolo, tanto che riesco ad inalare tutto il suo odore: sa di sapone, di limone, di vestiti puliti e di ragazzo.
«Non voglio che sappiano che do ripetizioni a te, Weasley» mormora con una malignità non celata negli occhi. Poi si alza in piedi e noto che è molto più alto di quello che si direbbe: gli arrivo al mento, forse.
«Ci vediamo giovedì» si congeda e poi esce velocemente dalla biblioteca, lasciandomi seduta a torturare i miei occhiali.
Nonostante non sia partita prevenuta, credo che il carattere di Malfoy sia quello di un inguaribile stronzo, cinico, narcisista e crudele Purosangue-Sono-Meglio-Di-Te.
E non capisco cosa mai potrò avere a che fare io con un personaggio del genere.
 
 
Note:
Spero davvero che questo capitolo non sembri banale. Io ci metto del mio meglio, sul serio. E sono anche parzialmente soddisfatta! Però c’è qualcosa che ancora non mi convince al 100%. Comunque, fatemi sapere che ne pensate! :)
Ellie

 
  
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