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Autore: Ashley More    04/09/2016    4 recensioni
Lei è bella come un angelo, dolce come il miele, brillante come un gioiello, preziosa come l'aria che si respira.
Ma, in realtà, lei non è nulla di tutto ciò...è solo menzogna, ipocrisia e bugia.
Lei è il male.
(Se amate Lily Evans, questa storia non fa per voi.)
Genere: Drammatico, Erotico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Severus Piton, Sirius Black, Voldemort | Coppie: James/Lily, Lily/Severus, Sirius/Lily
Note: Lime, Missing Moments, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Prima parte: Lily vs la Veggente.


Il Signore e la Signora Evans erano molto conosciuti, nella cittadina industriale di Cokeworth.
La loro era l’unica casa della zona con un prato ben curato e un’alta siepe a delimitarlo; quel tentativo di crearsi una privacy aveva suscitato molte chiacchiere in tutto il quartiere.
Il tetto azzurro della casetta a due piani spiccava, nel grigiore di quella periferia anonima, ma tutti sapevano che Gilbert Evans avrebbe fatto qualsiasi cosa per accontentare sua moglie: Olive.
Il punto era proprio questo: nessuno aveva idea di come, quella donna bellissima, avesse potuto sposare un uomo così anonimo e noioso.
Olive aveva un passato oscuro alle spalle; nessuno sapeva da dove arrivasse esattamente ma, una cosa era certa, tutti ricordavano il giorno in cui era arrivata a Cokeworth al braccio del mite Sig. Evans che, invece, viveva là, in quei luoghi, da sempre.
Gli uomini avevano srotolato il mento, con gli occhi fuori dalle orbite; mentre le donne avevano stretto la mascella e poi, nel giro di un paio d’ore, l’avevano dipinta a dovere, sussurrando alle sue spalle.
Quei due, gli Evans, erano sembrati impermeabili a quella pioggia di cattiverie abbattutasi su di loro, continuando la loro vita senza sbavature e, dopo un paio d’anni, nessuno aveva più osato insinuare cose del tipo: “Lei, di certo, viene da uno di “quei” quartieri di Londra!” “Quei capelli rossi sono tinti, si vede lontano un miglio!” “Lui deve avere un patrimonio nascosto da qualche parte, altrimenti non si spiega!”.
I due coniugi aveva continuato a camminare per le strade di Cokeworth sottobraccio, si erano presentati a qualsiasi evento insieme e così avevano messo a tacere tutti.
Poi era nata la loro prima figlia: Petunia.
Olive aveva stretto le labbra perfette, quando aveva visto quella neonata rugosa color latte inacidito.
“Migliorerà crescendo!” si era detta, cercando di ignorare quanto somigliasse a suo marito e, soprattutto, alla zia di lui, una donna dal volto simile a una tartaruga con dei capelli di un biondo spento.
Crescendo Petunia non era migliorata affatto, anzi.
Era una bambina malaticcia e bruttina, solitaria e silenziosa; il suo aspetto ricordava quello di una vecchietta in miniatura: aveva modi compìti e severi, insoliti per una bimba di tre anni.
Il Sig. Evans l’amava molto, la teneva per mano e se la portava in ufficio, nella sua piccola ditta che produceva bulloni e rondelle.
Petunia, quando era insieme a suo padre, cambiava: sorrideva molto, chiacchierava e ascoltava rapita le spiegazioni incomprensibili che lui le narrava del suo lavoro noioso.
Quando arrivava sua madre, invece, si chiudeva in se stessa, incassando i rimproveri aspri che la invitavano a essere meno schiva, paurosa e remissiva.
Poi era nata Lily.
Olive aveva esultato intimamente, notando la sua peluria rossa e leggera come il piumaggio di un pulcino.
Da subito aveva amato quella figlia, così simile a lei: bella, solare e femminile.
Petunia era stata del tutto eclissata da quella sorellina così graziosa, divertente e furba.
Aveva i capelli rossi e gli occhi verdi e brillanti, aveva un sorriso aperto, un visetto paffuto e amabile.
Lily era perfetta.
Anche Gilbert se n’era innamorato immediatamente ma era stato l’unico a non mettere Petunia da parte.
Con il passare degli anni, le due sorelline Evans avevano preso a stare sempre insieme, inseparabili, dietro preciso ordine di Olive che aveva intimato a Petunia di non perdere mai di vista Lily.
La bambina aveva accettato di buon grado quel compito ma aveva serbato per sé il terrore che sua sorella le incuteva...si, terrore.
La maggiore delle sorelle Evans non lo avrebbe ammesso mai ma sua sorella era spaventosa.
Quando gli altri non la vedevano, Lily le tirava dei violenti pizzicotti e poi scoppiava a piangere, accusando lei di averle fatto male.
Lily rubava i rossetti di sua madre e poi li usava per colorare l’asfalto; si impossessava del profumo di Olive e lo spargeva sul prato, ridendo soddisfatta quando sua madre non capiva come mai la boccetta fosse vuota.
Ma quello che terrorizzava Petunia non era nemmeno questo; queste erano cattiverie si, ma abbastanza normali.
Quello che la lasciava con l’angoscia addosso era lo sguardo di Lily quando le metteva in atto e, sopra ogni cosa, il fatto che riuscisse a compiere certe azioni usando solamente la forza del pensiero.
Sapeva far volare gli oggetti e spostarli, senza toccarli.
Accendere e spegnere la luce senza muoversi da letto; far volare i cuscini o farli esplodere dopo averli gonfiati a dismisura durante uno dei suoi eccessi di rabbia.
Quindi, l’obbligo di stare sempre accanto a sua sorella, per Petunia era una vera tortura.
Si, aveva paura di Lily.

 

Giugno 1969:

 

- Dai ‘Petonia’, muoviti!- Lily aveva riso e l’aveva invitata a seguirla.
- Lily! Smettila di chiamarmi così! Guarda che lo dico a papà!- aveva arrancato dietro sua sorella, molto più agile e svelta di lei.
- Tanto non ti crederebbe! - la dileggiò la ragazzina - Lo sanno tutti che sei acida e antipatica! E che sei invidiosa di me…- e strinse gli occhi con cattiveria.
- Cosa dici?! - Petunia si era bloccata di colpo: lei invidiosa?
- Me lo dicono sempre Elinor e Magdaline...dicono che, siccome io sono bella e tu sei brutta come una lucertola, sei invidiosa...dicono che devo stare attenta…- si avvicinò di un passo a sua sorella maggiore.
Petunia arretrò involontariamente, odiandosi per la paura che sentiva quando sua sorella le piantava quegli occhi verdi e inquietanti addosso.
- Secondo me, sei tu che devi stare attenta a me, PeTOnia...vero?- schioccò la lingua - Io so fare cose speciali, mentre tu no! Io sono speciale...e tu no…-
Le cicale frinivano in modo insistente e il caldo afoso era quasi palpabile.
- N-non sono invidiosa…- Petunia non trovò di meglio da dire, ma sua sorella sembrò soddisfatta.
- Allora muoviti, voglio arrivare alla fiera prima che le giostre chiudano!- e così si erano avviate insieme, in silenzio.
Una volta arrivate là, Lily era corsa via, gridando alla sorella che non voleva che le vedessero insieme, piantandola da sola in mezzo alla piccola sagra paesana che si svolgeva una volta l’anno, animando quei luoghi tristi e noiosi.
Petunia sospirò, andò a prendersi un’orzata fresca e si dispose ad aspettare sua sorella, sapendo che l’attesa sarebbe stata lunga: Lily aveva scucito alla mamma un bel po’ di sterline.

 

“Finalmente libera!”  Lily scosse i lunghi capelli ramati e lisciò il prendisole a piegoline: aveva solo nove anni ma era molto consapevole di sé e del suo bell’aspetto.
Tutti non facevano che sciogliersi davanti ai suoi occhi smeraldo e ai suoi capelli rossi così speciali e lei si beava di quelle attenzioni, fingendo una modestia che non sentiva ma che, lo capiva bene, agli altri piaceva molto.
Incontrò le sue amiche, giocarono al tirassegno, entrarono della casa labirinto, si guardarono negli specchi deformanti, ridendo fino a farsi uscire l’aranciata dal naso.
Un paio di loro compagni di scuola si unirono al gruppetto e presto iniziarono a pavoneggiarsi per attirare l’attenzione di Lily.
- Oggi ho beccato quel rospo di Snape, giù vicino al torrente delle rane, proprio!- disse Paul, un ragazzino dalla faccia piatta e abbronzata - Mia mamma mi ha detto di stargli lontano, così gli ho tirato un sasso e lui è corso a nascondersi, come una biscia di fiume...dicono che suo padre rapisca i bambini!-
Le ragazzine lanciarono gridolini spaventati, ma Lily no.
- Snape è quello con i capelli lunghi e magro da far spavento?- chiese interessata, mangiando il suo zucchero filato.
- Frequenta la scuola pubblica, quella vicina alla fabbrica. Mio cugino dice che nessuno vuol giocare con lui e che lui non parla non nessuno. Gli tirano la palla medica per fargli male, dicono sia un vampiro e forse sa volare! Nessuno riesce mai a prenderlo!-
Erano tutti spaventati all’idea, ma Lily no.
Lei disprezzava la debolezza negli altri, sapeva di essere forte e speciale.
Se quel Snape era un vampiro le importava poco, lei sapeva fare cose strabilianti e, di certo, avrebbe saputo rimetterlo al proprio posto.
Continuarono a fare illazioni per un po’, ma ad un certo punto Lily sbadigliò, annoiata.
- Io vado a cercare Petunia, ci vediamo!-
I ragazzini cercarono di convincerla a restare, la corteggiarono facendo gli sciocchi e offrendole le loro biglie di vetro più rare.
Lei finse di essere imbarazzata, si mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio e rise piano, sbattendo gli occhi.
L’effetto fu immediato: i maschietti si sciolsero, le femmine l’ammirarono e le vollero ancora più bene.
Alla fine Lily si allontanò con una smorfietta soddisfatta.
Ad un certo punto vide la tenda della Chiromante.
Era viola con grandi stelle dorate e invitava ad entrare per conoscere il proprio futuro.
Aveva ancora qualche spicciolo, in tasca, e decise di entrare.
C’era una luce fioca all’interno e una puzza di incenso, mescolata a quello che sembrava odore di patate marce.
Tossì e si pentì di essersi lasciata tentare, stava per fare dietrofront ma vide il tavolino rotondo con sopra la palla di cristallo e si bloccò.
- Vieni mia cara…- le sussurrò la donna vecchia, o così le parve, che sedeva su una specie vecchia poltrona dall’aspetto trasandato.
Lily si avvicinò e si sedette sullo sgabello instabile, posando i suoi spiccioli su un piccolo vassoio.
La sfera di cristallo le ricordava tanto il lampadario che c’era all’ingresso di casa sua e, probabilmente, non era che questo: un inutile coccio di vetro.
- Mh...sei una bambina molto buona e brava, a scuola hai ottimi voti e sei felice…- sussurrò la presunta veggente.
- Che noia! Dimmi cose che non so!- le ordinò Lily, facendo sussultare la donna.
- Sei molto decisa…- mormorò la vecchia, studiandola in viso con più attenzione, e poi si concentrò di nuovo sulla sfera.
- Uhm…- per un po’ rimase in silenzio, scrutando con sempre più impegno quella palla luminescente.
- Non ho tanto tempo, devo rientrare per la cena…- sibilò Lily, infastidita.
- Tutti ti amano eppure tu non ami alcuno, vuoi bene solo a te stessa…- la voce della chiaroveggente ora era diversa, più dura e fredda - Sei piccola, eppure dentro di te hai tanta di quella cattiveria che nemmeno in cento assassini può esistere...solo in un’altra persona ho visto questo, ma era un uomo già adulto e di grande potere…-
- Cosa dici? Come ti permetti?!- nessuno le aveva mai parlato a quel modo e Lily era sconvolta.
Gli assassini uccidevano la gente, lo sapeva.
- Vedo l’oscurità che ti accompagna e, la cosa peggiore, è che la diffondi tutto attorno a te...sei una jettatrice! Chi avrà la sfortuna di amarti farà una fine orribile...tu stessa interromperai la tua esistenza quando ancora sarai troppo giovane per aver compreso il senso della vita!-
Lily scattò in piedi, non aveva capito tutto ma quelle parole le fecero provare una cosa mai provata prima: paura.
- Smettila!- urlò, piena di furore. - Volevo che mi dicessi se da grande mi sposerò e se a Natale avrò il regalo che desidero tanto!-
La vecchia veggente rise.
- Ma certo...ti sposerai...sarai una sposa bellissima...ma il giorno del tuo matrimonio le stelle piangeranno, per tutta la sofferenza che causerai negli altri e la sventura che porterai a chi ti sarà vicino!-
Lily sentì un calore, una rabbia profonda, provenirle dal petto e la palla di cristallo si infranse in mille pezzi.
- Ah!- la veggente si coprì il volto con le mani - Sparisci, demonio! Jettatrice!-
Senza fiato per la paura, Lily corse via e, per una volta, fu felice di ricongiungersi a Petunia.
- Che succede?!-
Il viso pallido e sudato della sua sorella minore la spaventò.
- N-niente...andiamo a casa?- Lily sembrava sconvolta.
Così ritornarono a casa e, la sera a tavola, la ragazzina cominciò a chiedere il significato di alcune parole nuove che aveva scoperto: jettatrice e sventura, per esempio.
I suoi genitori si agitarono, esigendo una spiegazione, e allora lei finse di averli letti su un cartellone che pubblicizzava un film.
Petunia la guardò ma non disse nulla, continuando a mangiare la sua minestra.
Il giorno dopo, Lily ritornò alla fiera, decisa ad andare di nuovo dalla vecchia veggente per farle rimangiare tutte quelle menzogne, ma la tenda con le stelle gialle non c’era più.


Il delirio dell'autrice: ho scritto questo in un momento di cattivo umore, ciò non toglie che io detesti Lily Evans: la più perfetta delle perfette.
Ho pensato di ripercorrere la sua storia gettando una luce diversa sui retroscena, sulle motivazioni e sulle scelte che ha fatto.
Siccome sono abbastanza umorale, cercherò di postare in modo regolare ma anche seguendo l'ispirazione del momento. (del resto ho in piedi altre due storie, quindi mi scuso se ci saranno ritardi)
Il titolo è ispirato alla sit-com "Non fidarti della str***a dell'interno 23" che, a dire il vero, non ho mai seguito ma della quale mi piace molto il titolo, appunto.
Dedico questa storia a Pervertsoul90 che, con la sua meravigliosa raccolta "Hunger",  mi ha portato alla luce questo bolo d'odio per Lily, che covavo da tempo!
Ho scritto chiaramente che è OOC e che non è roba per gli amanti della Evans, quindi siete avvisati...^^ grazie a chi leggerà!

note: pur essendo incompatibile con la tecnologia ho creato una pagina fecebook. Per trovare anticipazioni o annunci riguardo le mie storie cliccate -->QUI

   
 
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