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Autore: blackama    20/11/2016    4 recensioni
Purtroppo per Ash le cose non sarebbero andate così bene, ormai aveva raggiunto il suo obbiettivo e la sua psiche si era mentalmente preparata a supportare il colpo, se questo fosse fisicamente possibile.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Ash, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Anime
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A stare fuori per un giorno...

Ma allora, perché ho iniziato il viaggio con Pikachu?

Delia e Oak ora si guardavano, ora guardavano Ash, in quel folle momento che sembrò prolungarsi per un'assurda e astratta eternità, persino Pikachu non riusciva a credere cosa il suo allenatore stesse dicendo.
Il professore incassò il colpo uscendone un po’ frastornato.
Nella più totale inattività delle sue corde vocali influenzate dal vuoto che riempiva la sua mente,  osservò quel ragazzo che occhieggiava Pikachu, e, se ne accorse, lo guardava con occhi diversi, totalmente differenti da quelli che aveva sino a pochi minuti prima.

Delia semplicemente non ci credette, o meglio, non voleva crederci, nel suo pensiero si diceva che aveva sopportato già abbastanza mentre suo figlio era in coma, non aveva la forza di poter anche solo pensare a questo.
Alla fine la donna si fece coraggio chiedendo con una punta di dolcezza:
Ash, non ricordi, che quel giorno fosti in ritardo e il professor Oak ti diede Pikachu come primo compagno di viaggio, dopo che gli altri allenatori di Biancavilla avevano già scelto il loro primo pokémon?
Il ragazzo ci pensò su cercando di scavalcare il confine della sua amnesia e si rese conto che il problema della memoria era circoscritto in quell’unica mattinata.
Delia e Oak notarono poi che il ragazzo scuoteva leggermente la testa e si metteva a sorridere a Pikachu, non riuscendo in alcun modo a interpretare il suo comportamento di cui ne sfuggì il messaggio:
"Ma a cosa penso? Pikachu sarà sempre il mio amico "

Ash riprese:
Mi ricordo che Pikachu era ferito e che grazie all’agente Jenny sono arrivato in poco tempo al centro pokémon, ma prima di quello…

Rivolse lo sguardo a Pikachu e solo allora si rese conto di quello che stava davvero accadendo:

Lui aveva dimenticato il giorno più importante della sua vita, la mattina in cui aveva iniziato il suo viaggio, il momento in cui la sua esistenza aveva svoltato senza una via di ritorno, quel giorno significava l’inizio delle sue ambizioni, l’inizio della sua massima aspirazione di diventare Maestro Pokémon.

Ma non era solo quello, Lui si era dimenticato dell’incontro con il suo primo compagno, il suo migliore amico ed era solo con lui che era entrato in quel vasto mondo.

Lui si era dimenticato di quel mattino, quando aveva conosciuto Pikachu.


Un’ombra improvvisa si gettò sui suoi occhi oscurandone la vista ai presenti, chinando la testa.

Sorrise, ma come Delia notò subito, non era radioso e lo stesso Ash notò quanto fosse beffardo il destino a increspargli le labbra in quel modo proprio nei momenti in cui la felicità mancava.
La definizione che gli diede una volta sua madre per quel fenomeno era “un sorriso amaro” ma quello che realmente riconosceva dentro sé era acida rabbia.

Rabbia contro se stesso.

Il labbro bianco sotto la pressione del morso, ormai sapeva che voleva dire ma le frasi gli sfuggivano e quello che gli uscì di bocca fu solo una parola, triste, ma allo stesso tempo, reclamante attenzione:
Pikachu

L’interpellato si dimostrò curioso e ansioso per quello strano tono e ascoltò con più interesse il ragazzo:

Mi dispiace, sembra che debba migliorare ancora come allenatore perché ciò che ho fatto, ciò che ti ho fatto, non posso accettarlo. Ti ho lasciato da solo per un anno e poi il fatto che non mi ricordi… è imperdonabile e non ho alcuna intenzione di campare scuse inutili

Pika – pi” rispose Pikachu annuendo.

Ash riprese:
Io recupererò la mia memoria, Pikachu sei con me?

Il ragazzo alzò lo sguardo e guardò il suo pokémon, il sole lo colpì in volto e le sue iridi nocciola sembrarono schiarirsi alla luce dorata, le pupille si strinsero per l’improvvisa luminosità: uno sguardo carico di aspettativa e di ansia.

Il pokémon ricambiò ammiccando e sorrise.

Fantastico, io... Grazie amico mio!

Delia osservava la scena con un leggero sorriso e Oak permise un po’ ai suoi nervi di distendersi...
Se solo la vibrazione nella sua giacca avesse smesso...
Cosa, il cellulare?

Estrasse l’apparecchio vecchio modello, che ormai vibrava da circa mezzo minuto, e nell’atto di rispondere notò l’occhiataccia che gli stava rifilando Delia:

Scusi professor Oak, ma il telefono è meglio che non stia vicino agli apparecchi dell’ospedale!

Eh? Giusto, torno subito” disse dirigendosi verso la porta e portandosi il cellulare all’orecchio.

Pronto? Si, sono Oak, potresti darmi un po’ di tempo? Si, grazie

Si chiuse la porta dietro stando attento a non sbatterla e scese rapidamente le rampe di scale di cui si dimenticò, di fretta com’era, di accendere le luci così che erano poco illuminate.
Rassicurato dalla distanza presa dalle apparecchiature si appoggiò al muro di fianco all’uscita con le maniglie antipanico e finalmente rispose dopo un breve respiro:

Scusami per averti fatto attendere. Per quale ragione mi hai chiamato?

Il suo interlocutore sembrava preso da un attacco di crisi, lo scienziato non riusciva a cogliere un significato di senso compiuto, e quelle poche parole che si distinguevano erano facilmente oggetto d’interpretazione tanto che dovette affidarsi al proprio intuito per cercare di capirci qualcosa.

Laboratorio... Io non ci riuscii... buio... Marill...

Intuito o meno, se aveva inteso giusto, le notizie non erano affatto di buon auspicio e aveva un che d’incredibile.
O scioccante per meglio dire.

Okay, Tracey calmati! Prenditi un po’ di tempo e dimmi con più calma che è successo!

Tra le tante parole di scuse che non ebbe dubbi: le diceva pieno d’imbarazzo; riuscì finalmente a pronunciare:
Professore! Io non sono degno di farle da assistente!

Oak sospirò a quell’affermazione, dal tono che aveva, capì perfettamente che era nel panico più completo.

Ragazzo, ascoltami! Sei in gamba e il tuo aiuto non è assolutamente indifferente. Ma ora puoi spiegarmi, di grazia, cos’è successo?

Si, ecco... è successo che ieri sera...

*              *              *


Dannatissimi selvatici! Se siete così deboli, che sbucate fuori all’improvviso a sbarrare la strada!

Per quanto imprecasse sottovoce, le sue parole si spansero nella vastità di quel luogo, squarciate e sequestrate dai rami che parevano neri nell’oscurità serale senza luna apparente, come il corpo gassoso di un gastly.
Pokémon che per sua sfortuna era notturno e che, accompagnato da qualche zubat occasionale, era l’unica noiosissima cosa che animasse la foresta altrimenti immobile.

La figura avanzò fino a che raggiunse la zona più periferica della foresta, dove la vegetazione divenne sempre più rada e s’intravidero stralci di cielo effettivamente illuminati dalla luce lunare, finora nascosta dalle fronde degli alberi.

Una piccola cittadina dormiente.

Ecco cosa gli si parava davanti agli occhi dopo ore di camminata per raggiungere quel posto, che se non fosse per il laboratorio di un “famoso e geniale ricercatore” come certi lo definivano, verrebbe dimenticato dal mondo.

Che roba! Se avessi potuto usare il K.I.T. ora non dovrei preoccuparmi di certe cose!
Esclamò osservandosi i vestiti e scrollandosi di dosso fili di qualche millebave casuale dalla felpa nera e del terriccio dai jeans.
Gli stivali una volta neri e ora tristemente imbrattati di fango toccarono un suolo più liscio, segno inequivocabile che per quanto piccola fosse la città, essa era piena di vita.

Se fino ad allora aveva tenuto un’espressione contrariata e scocciata per le modalità del viaggio, ora praticò il silenzio e l'attenzione, estraendo con un fluido gesto della mano la pokéball che riflesse in un scintillio quasi impercettibile, la luce lontana di un lampione casalingo.

Il suo pokémon uscì dalla sfera, separandosi dal sottile lazo di luce rossa che ne permetteva l’accesso in essa. Rassicurata dalla vicinanza di un suo alleato con capacità difensive e offensive sicuramente più sviluppate delle sue, la figura s’incamminò per la strada principale oltrepassando un cartello troppo al buio per leggerlo.

I due si avvicinarono al basso cancello che dava a una lunga scalinata in pietra.
Ci mancavano solo le scale!” Sibilò acidamente scavalcando l’inferriata.

Le salì con passo deciso ma felpato cercando di non fare rumore, finché i suoi occhi ormai abituati al buio  non registrarono i fasci di luce uscenti dalla coppia di finestre dell’edificio.

Allora c’è qualcuno come me che è costretto a lavorare fino a tardi” pensò mentre aggirava i cespugli ben curati con il suo pokémon al seguito.

CRACK

Ma che diamine! Non l’avevo notato!” emise in un borbottio infuriato osservando il rametto appena spezzato sotto i suoi piedi. Alzò di scatto lo sguardo in direzione della luce ma notò con piacere che nessuno si fosse affacciato dalla finestra del laboratorio.
Rassicuratosi di ciò, sbirciò con la coda dell’occhio il proprio compagno meditando su come agire e alla fine optò nell’ordinargli:
Sonda il luogo: vediamo in quanti sono

All’ordine datogli il pokémon chiuse gli occhi concentrandosi.  
Nell’osservarlo si stupiva, come ogni volta, di come i contorni del suo amico si sfocassero sempre quando usava i poteri psichici: “Un delicato velo di potere” sentenziò affascinata una sua collega, la prima volta che lo vide.
Si riscosse dai suoi pensieri al singolo cenno del suo pokémon.
Per fortuna che è solo una persona, meno gente verrà coinvolta e meno teste voleranno in sede
disse sospirando, con l’animo appena più allegro dopo la notizia. Ma il pokémon negò quell’affermazione.
Mi stai dicendo che c’è qualcuno con lui? Magari un pokémon. – il suo silenzioso interlocutore annuì e a quella conferma non resistette nel stuzzicarlo – Non sembra anche a te che ci sia un po’ troppa luce?
A quella domanda, il suo amico alzò gli occhi al cielo intuendo già cosa doveva fare.
Con un colpo veloce degli artigli infranse il vetro di una delle finestra e puntò un pistolacqua sulla lampada al soffitto mandandola in corto circuito.
Poco prima che il buio sopraggiungesse lo notò. Chi era con lui, al momento, stava shakerando la mano destra con gesti secchi del polso: stretta a pugno e il pollice e l’indice a pochi cm di distanza l’uno dall’altro.
Era il loro segnale.

*              *              *

Il ragazzo stava riordinando in modo meticoloso tutti gli appunti sulle ricerche che stava conducendo fino a pochi attimi prima.
A detta sua era l’uomo più fortunato del mondo, nessun altro così giovane poteva vantarsi di essere un assistente del più famoso e geniale ricercatore di pokémon che sia mai esistito!
Canticchiò allegramente aprendo lo schedario e sistemando il plico di fogli in una delle cartellette ordinate in ordine alfabetico. Scorse velocemente i titoli per essere sicuro che non ci siano errori in quell’ordine a suo parere perfetto. Ma non arrivò neanche alla lettera “E” che si accese un luccichio nel suo occhio nel leggere la denominazione del materiale che gli valse il posto di lavoro: Disegni per gli approfondimenti sui pokémon.
Si, lui era un osservatore di quelle magnifiche creature e il suo hobby era riportarne tutti i particolari nel disegno, e mai nessun pokémon seppe di venire studiato e che tutte le sue fattezze venissero schizzate in un taccuino da un tratto di matita o, quelle rare volte, dal carboncino.
Solo una volta Tracey colorò uno dei suoi disegni e ancora ora, era convinto che fosse proprio quello ad avergli aggiudicato l’assunzione: il Rhyhorn rosa.

Fu quasi tentato nel riguardarli quando...

CRACK

Cos’è stato?” gli scappò nel dire, preso dal momentaneo spavento.

Sono quasi sicuro che era un ramo spezzato, ma per provocare un rumore così forte non può essere un pokémon piccolo, però non dovrebbe essercene nessuno di così grande, se non nel giardino dietro al laboratorio.

Agguantò la pokéball e il suo fidato Marill era di fianco a lui, già in ascolto.
Il pokémon non ci mise molto nell’avvertire le presenze sospette e si voltò verso il suo allenatore emettendo versi veloci e più acuti del solito indicando la finestra.

Il ragazzo si voltò verso il vetro della finestra ma notò con orrore che non c’era più, solo il muso di un pokémon che non esitò a far uscire un getto d’acqua dalla bocca, puntandolo verso l’alto.

Fu buio.

Sentì il verso del suo Marill probabilmente più spaventato di lui ed ebbe l’istinto di girarsi, ma come faceva se non riusciva neanche a muoversi?

Fissava quella luce rossa derivante dal pokémon, gli occhi concentrati e senza emanazioni di alcuna emozione, incalcolabili. Tutto ciò che vide poi fu solo un scemando d’immagini dovuto solo ad uno spostamento ad alta velocità, gli riuscì solo a capire questo.

Freddo e dolore.

Il contatto brutale con il muro dello studio, il dilagarsi delle brucianti pulsazioni, veloci e prepotenti dal cuore della spalla che temeva si fosse incassata nella scapola, abbastanza veloci da precedere il colpo alla testa.

Svenne.


*              *              *


Il laboratorio fu illuminato dalla luce fioca della torcia quando persona e pokémon entrarono con cautela dalla finestra rotta. Sentì i frammenti di vetro polverizzarsi sotto la suola e sperò che al suo compagno non gli penetrasse alcuna scheggia nelle zampe.
Osservò l’operato di cui era responsabile: un adolescente che non potrà aver avuto più di 16 anni e il piccolo pokémon d’acqua dietro di lui, stesi a terra privi di sensi.

Mi dispiace, ma meno sapete di me e meglio starete

Dette un’occhiata più da vicino al ragazzo e gli scoprì un bernoccolo sulla testa e una slogatura alla spalla, infine decretò che al risveglio, a parte un po’ di mal di testa, non avrebbe avuto alcun problema che un po’ di ghiaccio e una buona fasciatura non avrebbero potuto gestire.

Si avvicinò allo schedario ancora aperto, aprì diverse cartelle cercando in modo sempre più affrettato e scocciato ma piano piano i fogli e le buste iniziarono ad accumularsi in modo disordinato e sparso ai suoi piedi. “Non ci sono!” disse allarmandosi e afferrando con sempre più foga i fogli, i cui li appallottolava un momento dopo per sfogarsi, lasciandoli cadere a terra.

Perquisito tutto lo schedario, percorse a passi pesanti l’intera superficie della stanza cercando quelle preziose informazioni per cui aveva fatto tanta strada e che sembrava non fossero mai neanche esistite.
Valutò se provare a svegliare il ragazzo, ma l’ordine supremo in quella particolare missione era di non farsi vedere da nessuno.
Personalmente credeva che quell'ordine non avesse senso.

Sarebbe bastato mascherarsi il volto e il gioco era fatto, ma a quanto pareva, vigeva l’assoluta richiesta di segretezza e prudenza.

Non potendo adempiere allo scopo principale di quella visita, per quanto frustrante, si diresse verso il computer per iniziare quello secondario.
A quel punto il suo socio si avvicinò abbandonando quattro pokéball sul tavolo indicando le scale.
Ah, ecco dov’eri finito, non ti vedevo più! Noto con piacere che hai trovato lo sgabuzzino delle meraviglie
Dagli occhi delusi e dall'aria interrogativa che il suo amico assunse, capì che la battuta era squallida.
Ok, non era granché” il pokémon fissò più intensamente “Non prendermi in giro e sta' al tuo posto!” dopo questo il pokémon non poté far altro se non alzare gli occhi al cielo esasperato.

Bene, sono dentro” esaltò davanti allo schermo richiedente la password e fu felice di constatare che la conosceva quando il programma ne riconobbe l’autenticità.
Solitamente essa era segreta, eccetto che per pochissime persone e se anche fosse stato solo per una notte, in quel momento poteva considerarsi parte di quel strettissimo gruppo.


*              *              *

Oak ascoltò attentamente le parole del suo assistente che sembrava deprimersi ad ogni frase in più che pronunciava.

Cercò di organizzarsi un attimo le idee: non era possibile che in manco mezza giornata potessero arrivargli così tante notizie!
Quando il ragazzo gli disse come l’aggressore lo mise K.O. si spaventò ma lo rassicurò che il ghiaccio aveva fatto bene il suo ruolo e che non aveva niente di troppo gonfio.


Ma le gambe cedettero alla notizia che tutti i pokémon del laboratorio fossero spariti e si lasciò accasciare a terra, scivolando sulla parete.

E dimmi, hai visto chi era l’aggressore?

Passò un minuto buono prima Tracey disse con voce funerea:
No professore, non so nemmeno dirle se fosse un uomo o una donna e anche il pokémon non sono riuscito a vederlo bene, come le ho detto avevano spento la luce

Mmm, un bel problema – rispose lo scienziato – ma per il pokémon avrei già un’idea



Angolo dell’autrice:
Ciao a tutti! Temo di non avere alcuna scusa da adottare per il mio ritardo stratosferico se non la scuola.
Perciò per chi stava aspettando il continuo, sono davvero ma davvero dispiaciuta.
Non so se o quanto il capitolo piacerà, ma ci sarà una trama d'ora in poi.
Comunque spero che ci sia qualcuno a cui non dispiaccia questo capitolo e fatemi sapere cosa ne pensate che siano buone nuove o cattive ^^
Unica domanda: avete capito che pokémon è?
Un saluto a tutti e alla prossima
Blackama
   
 
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