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Autore: Henya    06/02/2017    3 recensioni
Salve a tutti :) questo è il proseguimento della mia prima fanfiction "Never Lose Hope".
Anya , dopo essere partita con Rai per la Cina, ritorna a Tokyo dopo avere ricevuto alcune notizie dalla sua amica Hilary. Da qui ha inizio una lunga e ingarbugliata serie di eventi che, per chi già mi conosce, non saranno certo rose e fiori ^_^""
Spero possa piacervi :) Buona Lettura!
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Hilary, Kei Hiwatari, Nuovo personaggio, Rei Kon, Yuri
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sono passati tre giorni.

Non è da me preoccuparmi, ma stavolta…il modo in cui se n’è andata, insomma…sembrava veramente infuriata. Per cosa, poi?
Per gelosia di una bambina di quattro anni.
Lasciamo perdere.
Ho deciso di mettere per un attimo da parte il mio orgoglio, che lei dice di odiare tanto, e andare a cercarla: giusto per farle vedere che ogni tanto mi preoccupo per lei!
Il primo luogo che mi è venuto in mente è il suo ufficio. E infatti sono qui a percorrere il corridoio dell’edificio in cui lavora per quella rivista ( che non ricordo mai come cazzo si chiama!) ma l’ho accompagnata spesso a lavoro, per questo l’ho trovato subito.
“ Eva Hernandez!” chiedo senza giri di parole a colei che sembra la segretaria di questo ufficio.
Inizialmente mi squadra dalla testa ai piedi, poi con fare altezzoso, osserva attraverso le sue piccole lenti l’agenda sulla scrivania.
“ Mi dispiace, non c’è!” risponde con voce fredda e professionale.
“ E dov’è?” domando con tono scocciato.
“ Ha preso qualche giorno di ferie anticipato! Mi dispiace non posso aiutarla!”.
Perfetto. Eva è in ferie. Potrebbe essere ovunque.
Pensa Kai, pensa!
Dove potrebbe essere?
Beh… non è difficile arrivarci.
È uno dei primi posti in cui si andrebbe a rifugiare.







***







Inizio ad agitarmi, voltandomi e rivoltandomi su qualcosa che non sembra il mio letto. I miei occhi sembrano sigillati. È come se fossero ricoperti da grossi macigni.

Mio dio, che mal di testa.
Ecco che mi rigiro, stavolta a pancia in su e con grande sforzo apro lentamente gli occhi, ancora ricoperti da un velo che fa apparire tutto poco nitido.
Sbatto più volte le palpebre, mentre pesantemente stacco la schiena dal letto, o divano…non capisco cosa sia.
Dopo alcuni secondi di totale smarrimento, durante i quali i miei occhi assonati cercano di focalizzare le immagini degli oggetti che mi circondano, riesco a vedere chiaramente e a rendermi conto che non sono su un letto, ma su un divano. E non è il divano di casa mia questo, come ogni oggetto e mobile di questa stanza. Nulla appartiene a me, proprio nulla.
Dove mi trovo?
Con una spinta cerco di alzarmi, ma un vortice alla testa mi costringe a ricadere indietro sul divano.
“ Ahi!” esclamo, toccandomi la testa dolorante.
Dove sono? Perché sono qui? E soprattutto, cosa è successo?
Non riesco più a capire niente: non so nemmeno che ore siano!
Oh mio dio!
La mia espressione è completamente persa, la mente vuota: possibile che non riesca a ricordare?
Prendo un profondo respiro, chiudendo gli occhi.
Alzati Anya!
alzati!
Perfetto, sono in piedi. Adesso non mi resta che esplorare il resto di questo appartamento e trovare qualcuno.
A passi lenti e felpati inizio a camminare, osservandomi intorno con sospetto. I miei occhi puntano ad un bastone poggiato alla parete e la mia mano lo afferra. Adesso le mie orecchie percepiscono un rumore: sono dei passi. Mio dio sta arrivando qualcuno! Che faccio?
L’istinto mi porta a chiedere : “ C’è qualcuno?”.
Ecco che arriva, dal corridoio. Deglutisco e “…Boris?” chiedo accigliata, osservando il platinato che si erge dinanzi a me in mutande.
“ Anya! Finalmente ti sei svegliata, pensavo fossi morta!” afferma scherzosamente, sotto il mio sguardo completamente allibito. Oserei dire pietrificato. Non so se per il fatto di avere visto Boris in boxer o per il fatto di essere a casa sua, per non so quale motivo. “ Perché hai quel bastone in mano?” chiede con espressione interrogativa.
“ Eeemh…”. Riposo l’oggetto al suo posto. “Che cosa ci faccio qui?” chiedo confusa, cercando di tenere lo sguardo alto, verso il suo viso ed evitare che i miei occhi puntino più in giù del suo torace.
“ Non ti ricordi nulla?” chiede sorpreso e divertito allo stesso tempo.
“ N-no…” . Questo suo atteggiamento inizia a confondermi.
 “ Davvero non ricordi nulla?”.
E a preoccuparmi.
“ No, cioè ho dei vuoti di memoria!”.  Rivelo, seguendo con gli occhi il suo corpo seminudo avanzare verso il frigo, incurante della mia presenza.
“  E cosa ricordi?”.




***   




“ Ricordo…”.
Anya inizia a far vagare il suo sguardo a destra e sinistra, quasi a voler trovare indizi. Insomma non ricorda veramente nulla?... Grandioso!
“ Ricordo delle cose strane e non so distinguere quello che potrebbe essere successo realmente da quello che avrei potuto sognare!” spiega con espressione seria.
“ Dunque…” . La incoraggio a continuare, riposando in frigo la bottiglia, da cui ho bevuto un po’ di succo di arancia.
“ Ricordo che sei passato a  prendermi…” inizia a raccontare fissando un punto indefinito del pavimento “ …Poi siamo andati in quel posto, di cui non ricordo il nome, e…e poi abbiamo iniziato a bere”.
Annuisco, confermando quanto ha appena detto “ Poi…” aggiungo.
“ Poi… da qui inizio ad avere dei dubbi: non so se ho sognato di avere ballato su dei tavoli o se l’ho fatto veramente!” mormora confusa cercando in me la soluzione al suo dilemma.
Devo dirle la verita?...
Ma sì, dai!
“ Lo hai fatto veramente!” le rivelo trattenendo una risata.
“ Coooosa?!”.
È sconvolta, decisamente sconvolta.
“  E  cos’altro avrei fatto? Dimmelo!” minaccia furibonda e spaventata, avvicinandosi al sottoscritto.
“ Vediamo…” faccio finta di ricordare e “ hai ballato sui tavoli, bevuto come un vichingo e fumato erba!” affermo d’un fiato senza farmi troppi scrupoli.
I suoi occhi diventano sempre più spalancati, insieme alla bocca.
“ Stai scherzando?”.
Scherzando? Forse sta scherzando lei facendo finta di non ricordare!
“ Se stessi scherzando avresti l’alito che puzza di alcol e i vestiti che puzzano di fumo?” le faccio notare, osservandola a mo’ di sfida.
Ecco che come previsto si porta un lembo della maglietta al naso per verificare quanto ho appena detto.
“ Non so nemmeno che odore abbia l’erba!” ammette sconvolta.
“ Beh, proprio quello che hai addosso! Ti consiglio di fare una bella doccia prima di andare al lavoro!”.
“ Il lavoro! Cacchio! Ma che ore sono?”.
“ Ehm… le dieci e trenta! Forse sei ancora in tempo, Dana non avrà avuto il tempo di affilare le lame dei coltelli!” affermo scherzosamente, osservandola mentre si dispera silenziosamente.


***





Sono una deficiente! Sono una persona orribile! Dopo queste rivelazioni mi sento male, sento che potrei…potrei…

Ommioddio!
“ Il bagno!” chiedo in fretta.
“ Cosa?” .
“ Il bagno, dov’…” non ho il tempo di finire la frase che un conato di vomito mi blocca e sono costretta a trattenerlo ponendo una mano sulla bocca. Solo adesso Boris capisce e con un gesto repentino mi prende per un braccio trascinandomi fino in bagno dove, senza dargli il tempo di scappare via, rigetto tutto in un sol colpo, tossendo, dimenandomi e tossendo ancora, mentre alcune lacrime rigano il mio volto.






***








Ce l’ho fatta per un pelo! Per poco non si allagava la cucina. Sarebbe stato un vero disastro ed io non lo avrei raccolto, piuttosto avrei cambiato appartamento!

Poverina, il suo stomaco alla fine ha ceduto. In effetti, aveva decisamente esagerato, e forse, avrei dovuto fermarla. Ma ormai è fatta: ti serva da lezione, Boris!
So che non dovrei guardare: non è il massimo vedere vomitare una persona di prima mattina, abbracciando la tazza del water, ma sembra strano dirlo, sono preoccupato. E anche se la mia espressione in questo momento sembra dire: mio dio che schifo! Beh, sono, ripeto, preoccupato.
“ Finito? Ti senti meglio?”. Chiedo osservandola mentre si accascia a terra, pulendosi come meglio riesce.
Sembra annuire, anche se non capisco cosa vogliano dire quelle lacrime.
Tiro lo sciacquone, evitando  assolutamente che i miei occhi vedano quello scempio e infine mi abbasso piegando le ginocchia, spostandole qualche ciocca di capelli dal viso.
“ Perché piangi? Vuoi che ti porti in ospedale?” chiedo seriamente preoccupato.
“ No…” risponde a tono basso “ Voglio solo sparire dalla faccia della terra!” asserisce duramente.
“ Dai, non dire così!” cerco di tirarla su con un braccio, per farla riprendere. “ Capita a tutti di perdere la testa, non è mai morto nessuno…”, beh forse qualcuno. Ok, cambiamo discorso! “ Adesso ti fai una bella doccia e poi ti sentirai meglio, vedrai!”. La incoraggio.
“ Perché sono qui a casa tua?”.
“ Perché qualcuno ha perso o dimenticato a casa le chiavi!” le ricordo severamente.
“ Ma io ricordo di averle prese, giuro!”.
“ Allora le hai perse, controlla meglio in borsa!” le consiglio.
Con uno scatto felino raggiunge la cucina, prende la borsa e in un battibaleno ecco che…
“ Com’è possibile?”.
Le chiavi che ieri sera sembravano essere scomparse, ora penzolano dalla sua mano.
“ C’è una tasca interna, in cui io metto le chiavi…” spiega felice di averle ritrovate.
“ Evidentemente ieri sera eri troppo ubriaca per ricordarti di questo particolare ed io non so cercare nella borsa di una donna: siamo una squadra vincente, devo ammetterlo!”.
“ Boris?”.
“ Si?”.
“ Oltre ad avere ballato sui tavoli, avere bevuto come un vichingo e fumato roba strana… c’è altro che dovrei ricordare?” chiede sospettosa.
Cazzo! Non capisco dalla sua espressione se me lo stia chiedendo perché non se lo ricorda o… ricorda ma vuole capire se sia successo realmente.
Indugio qualche attimo a rispondere e questo la insospettisce.
“ Bo-ris! C’è qualcosa che devi dirmi? Ti prego dimmelo, è successo qualcos’altro?” chiede nuovamente, interponendo la parola altro tra virgolette alludendo ad altro, appunto.
Dovrei dire la verità? Mi sei saltata addosso e volevi quasi stuprarmi, e, porca la miseria se il mio senso di colpa non mi avesse fermato, forse sarebbe successo qualcosa di cui pentirsi amaramente? Dovrei dirglielo?
“ No…” rivelo d’istinto, rispondendo forse alla domanda che il mio cervello si era posto.
“ No cosa?”.
“ Non è successo niente!” le spiego cercando di apparire nella maniera più tranquilla possibile.
In fondo non è successo niente. È stato solo qualche bacio.
“ Mi stai dicendo la verità?” chiede ancora una volta riducendo gli occhi a due fessure.
Perché non mi crede, cazzo!! Ok , non è da me rinunciare a una scopata, ma non sono stronzo a tal punto da portare a letto l’ex di Hiwatari con cui ha una figlia. Se lo avessi fatto, avrei potuto iniziare a scavare la mia tomba.
“ Ascolta le mie parole: se fosse successo qualcosa…” inizio a dire con tono lento e scandito “…lo ricorderesti ancora, credimi!” concludo con sguardo malizioso, indicando con una mano il mio corpo seminudo, come a voler dire – guarda tu stessa!-.
Questa mossa riesce a metterla ko, facendola arrossire come un peperone.
“okok!” dice arrendevole. “ Ti credo!” conclude forzando un sorriso imbarazzato.







***










Stranamente credo nelle sue parole.

In queste sere ci siamo solo divertiti come avrebbero fatto due vecchi amici, non credo che Boris avesse cattive intenzioni.
Probabilmente l’immagine nella mia mente in cui mi bacia è solo frutto della mia immaginazione, mista agli effetti di alcool e qualcos’altro.
Come frutto della mia immaginazione sarà stato il vago ricordo di essere caduca dalle scale.
“ Sono per caso caduta dalle scale?” chiedo interrogativa a Boris che mi accompagna alla porta.
“ Mmh… Non che io ricordi!” risponde facendo spallucce.
Allora avrò sognato anche quello, anche se ho dolori ovunque…








***









Ho fatto più in fretta che potevo. Non appena Anya è andata via dal mio appartamento ho fatto una doccia lampo e sono corso qui a lavoro. Mentre aprivo la saracinesca ho sperato per un momento che la montagna di lavoro che avevo messo da parte, fosse magicamente sparita. E invece no, le quattro auto da riparare erano ancora qui, ad aspettarmi!

“Huznestov!”.
Il suono di una voce mi prende di sorpresa facendomi voltare di scatto: non l’ho nemmeno sentito arrivare!
“ Hiwatari, qual buon vento!” sorrido beffardo, pulendo un pezzo del motore fatto di grasso.
“ Vado al dunque…”.








***










“ E’ stata da te?” chiedo senza giri di parole.

Le sue mani che prima pulivano con veloci movimenti quell’oggetto, adesso si fanno più lente e i suoi occhi si alzano evitando di incrociare i miei.
Lo sapevo, è stata da lui.
“ Di cosa stai parlando?”. Di colpo si riprende, facendo finta di nulla e mi passa davanti, a occhi bassi, dirigendosi in un tavolino con vari attrezzi posti disordinatamente.
“ Forse vuoi dire: di chi sto parlando?”. I miei occhi cercano i suoi, troppo impegnati a osservare su quel tavolino alla ricerca di qualcosa. Prende un oggetto e prova a montarlo a quello che aveva in mano, fingendo di essere troppo impegnato per darmi retta.
“ Mi stai ascoltando?” chiedo con tono serio ed irritato.
“ Sì, senti non so di cosa o di chi tu stia parlando!” ripete ancora una volta, passandomi di nuovo davanti per ritornare all’auto.
Mi sta facendo girare la testa e anche qualcos’altro.
“ Non prendermi per il culo, tanto lo so che è venuta da te!”.









***









Come cazzo fa a saperlo? Insomma, Anya è andata via solo qualche ora fa da casa mia.

Che glielo abbia detto lei? Perché avrebbe dovuto?
Sento i suoi occhi minacciosi su di me, ed i miei fanno di tutto per non incontrarli.
Questo aggeggio non si monta, cazzo! Mi serve un pezzo nuovo…
Inizio a sudare freddo.
“ Allora?” chiede ancora una volta.
“ Senti che cosa vuoi?” . Mi sto innervosendo e adesso gliene dico quattro. “ Non devo darti conto di quello che faccio. Anya ha solo…”.
“ Anya?”.
Stavo per svuotare il sacco, una volta per tutte, così da porre fine a questa storia, ma mi fermo all’istante non appena, dopo avere pronunciato il nome di Anya, rimane a osservarmi interrogativo, come se stessi dicendo qualcosa che non c’entri assolutamente niente.
“ Sì…cioè…”. Non capisco più niente. Perché mi guarda così. Non stavamo parlando di… “ Senti, di chi stiamo parlando?” chiedo una volta per tutte, in modo da essere sicuro e non dire cazzate.
“ Di Eva!” asserisce come fosse la cosa più ovvia del mondo.
In un attimo mi crolla il mondo addosso. Io credevo che avesse scoperto tutto e ci stesse solo girando intorno per farmi cantare tutto quanto su me e Anya, e invece si stava riferendo a Eva?!
Che cazzo ne so io di Eva?
“ Oh Eva…”. Emetto un profondo respiro di sollievo dentro di me. “ Perché cerchi Eva?” domando confuso e curioso allo stesso tempo.
“ Tu dimmi dov’è!”.
“ Non so dov’è! Perché lo chiedi a me?”.
“ Perché so che verrebbe da te!” dichiara infastidito.
“ Per cosa?”.
Io sto impazzendo. Stamattina non ho la lucidità per affrontare indovinelli. Quindi è meglio che parli chiaro!










***











Perché mi sento profondamente preso per il culo?

Fa tanto il finto tonto, ma so che è a conoscenza di tutto.
“ Dimmi dov’è!”. chiedo sempre più innervosito.
“ Non so dov’è! Perché dovrei sapere dov’è la tua fidanzata?”. Adesso sembra lui quello innervosito, visto il modo infastidito con cui ha rivolto queste parole.
“ Beh forse…perché lo hai sempre saputo?” gli ricordo sarcastico.
“ Beh mi dispiace ma questa volta non lo so! E sai perché? Perché non vedo Eva da… da, da non ricordo nemmeno quando! Perché non vai a cercarla tu, dovresti sapere dove è, ci vivi insieme!” conclude pungente.
Mi soffermo per un attimo a osservarlo con astio, e verificare dal suo sguardo la veridicità delle sue parole.
Ok.
Forse per una volta, Boris Huznestov sta dicendo la verità, altrimenti avrebbe ceduto e svuotato il sacco dopo due secondi.
Se non sa neanche lui dov’è, sono spacciato, non la troverò mai.
Va bene, ti lascio al tuo lavoro Huznestov.
Roteo gli occhi, palesemente infastidito .
Sto per mettere piede fuori dall’officina ma ad un tratto mi ritorna in mente il fatto che lui abbia menzionato Anya: perché? Cosa c’entrava?
Senza rendermene conto mi ritrovo a osservarlo immobile, con occhi sospettosi.
Perché pensava che stessi parlando di Anya?-.
Lui, probabilmente sentendosi osservato, alza gli occhi dal motore a cui sta lavorando, per osservarmi interrogativo e scocciato allo stesso tempo. La sua espressione sembra dire –cosa vuoi ancora?-.
Bah.. lasciamo perdere!
Vado via.
A proposito di Anya: abbiamo un conto in sospeso.











***










“ Spero che tu non ti sia dimenticata di tua figlia!”.

Ho appena sentito il rumore della porta chiudersi e questa voce arriva tagliente alle mie orecchie.
“ No!” rispondo scocciata, alzando gli occhi verso di lui, che si siede su uno degli sgabelli.
In realtà sì, per un attimo ho dimenticato di avere una figlia, ma non gli darò la soddisfazione di saperlo.
“ Allora quando hai intenzione di riprendertela? Piange ogni sera disperata!”.
Queste parole mi provocano una stretta al cuore. Come posso essere così crudele.
Mi sento uno schifo, m allo stesso tempo credo di volere altro, un po’ di tempo per me stessa. In questo periodo non mi sento in grado di badare a Hope. Sono interiormente e, forse anche esteriormente, distrutta. Per questo l’ho lasciata da lui. Non l’ho mica abbandonata…
“ Stasera!” rispondo in modo secco, scacciando via questi pensieri, per non destare in lui sospetti.
“ Bene!” afferma.
“ bene!” ripeto a mia volta, invitandolo con lo sguardo ad andare via, mentre i suoi occhi mi osservano sospettosi.
“ posso avere un caffè?” chiede ironico.
“ Certo!” rispondo con falso sorriso, per poi girarmi e portare gli occhi al cielo.
Pensavo se ne andasse subito.








***









Non ha l’aria di una che ha dormito.

Sembra quasi che non dorma da giorni.
Che cosa nascondi Sarizawa? Perché lasci tua figlia nelle mie mani senza tanti problemi?







***








Gli servo il caffè, mentre i suoi occhi mi fissano in modo strano.

Che diamine ha da guardare in questo modo?
“ Il tuo caffè!” gli ricordo facendo cenno verso la tazzina.
Mi sorride beffardamente e afferra la tazzina, scuotendo la testa.
Ma cosa avrà da ridere?
Ritorno a servire ai tavoli, mentre lui col cellulare in mano sorseggia il suo caffè.
Non sembra intenzionato ad andare via subito… che odio!









***











Come cacchio ti trovo, Hernandez.

Sono qui, seduto a sorseggiare questo caffè amaro, scorrendo con un dito sul diplay del cellulare, alla ricerca di una soluzione per trovare la ragazza smarrita.
Potrebbe essere dai suoi genitori…
No, non credo. Non è il tipo che va a piangere dalla mammina.
Forse dalle amiche.
Sì, potrebbe darsi.
Sarà sicuramente da qualche amica.
Ma quale?
Ma soprattutto: chi sono le sue amiche?
Io non ne conosco neanche una.
Improvvisamente fanno eco nella mia mente le sue parole : - non mi conosci e bla bla bla!
Che cazzo! Perché ci sto pensando: è lei ad essere andata via, quindi perché mi dovrei preoccupare?
Ecco che ritorna Anya: sembra volermi mandare via a calci.
Forse lei sa qualcosa…
Nah, si odiano troppo per scambiarsi certe confidenze.
“ Me ne vado!” affermo alzandomi e mettendo i soldi sul bancone.
“ Di già?” mente ironica, raccogliendo i soldi.
“ Non dimenticarti di nuovo di tua figlia!” le ricordo pungente.
“ E tu non dimenticare le tue responsabilità di padre!” afferma acidamente, osservandomi andare via.

Entro in auto, sedendomi pesantemente sul sedile e sbuffando sonoramente.
Eva, Eva, dove sei?
I miei occhi saettano da un punto all’altro della strada, alla ricerca di una soluzione. Casualmente i miei occhi puntano su un oggetto posto sul cruscotto dell’auto.
E’ andata via con la sua macchina, quindi… forse è possibile rintracciarla col gps…
Riafferro il cellulare, e dopo avere atteso qualche secondo…“ Pronto? Devi farmi un favore!”.










***











“ E’ adorabile non trovi?”.

“ Sì!” affermo osservando il manichino posto nella vetrina di questo negozio.
“ Perché non andiamo a mangiare qualcosa? Ho proprio voglia di fritto oggi! Andiamo in quel fast food?”.
“ Sì, cosa ne pensi Eva?”.
“ Per me va bene!”.
Mi aggrego al gruppo, anche se l’idea di mangiare schifezze non mi entusiasma. In questi giorni sono stata presa da una fame chimica mostruosa. Causa: il nervosismo!
Ho deciso di passare qualche giorno a casa della mia amica, prendendo qualche giorno di ferie. Kai non si è fatto sentire e questo mi fa capire che è proprio uno stronzo.
Mi fa rabbia: sono sparita da tre giorni e non si è degnato neanche di mandarmi un messaggio per sapere se sono viva o morta. Niente!
Sono sparita per metterlo alla prova. Ho fatto perdere le mie tracce, per verificare se gli importasse qualcosa di me, venendomi a cercare ma…E’ incredibile: le mie parole non lo hanno neppure scalfito!
Perfetto Hiwatari, se è questo quello che vuoi, fottiti.
Ho perso fin troppo tempo con te.
Perdonarlo per tutti i suoi errori non è servito a nulla, anzi.
Lo detesto.
Mi sono innamorata di un bastardo senza cuore, e finalmente ne ho la dimostrazione.








***










Eccomi qui. Finalmente l’ho trovata, seppur con l’aiuto di qualche trucchetto.

La sua auto è parcheggiata proprio di fronte alla mia, ma non vi è nessuno dentro. Starà ancora girando negozi al centro commerciale. Non mi resta che aspettare che ritorni.
Perché sto facendo tutto questo?
Non lo so.
Anzi sì… forse!
Capita a volte, anzi, molto raramente, diciamo quasi mai, che Kai Hiwatari si senta in colpa. Non subito, ovviamente, ma dopo un po’ di tempo. Questa volta ci ho messo tre giorni e tre notti, durante le quali non sono riuscito a dormire. Quindi ho pensato che fosse per questo, per il fatto di non sapere dove si trovi Eva. Inoltre, il sapere che non fosse stata da Boris mi ha preoccupato ancora di più.
Sì, anche Kai Hiwatari si preoccupa, ogni tanto, ma non lo ammetterà mai, fidatevi.
Ecco che arriva, avvicinandosi alla sua auto insieme a delle amiche.
Cavolo, non è sola.
No, un momento: si stanno salutando. Ecco che si allontanano, se ne vanno e… ok, vado.
Esco dall’auto, e mi avvicino giungendo alle sue spalle, osservandola mentre è intenta a posare delle buste in auto.
“ Serve una mano?” chiedo con voce calma e seria, cogliendola di sorpresa.








***










Mi giro di scatto, mentre il cuore mi sale in gola.

Ho davanti agli occhi Lui, Hiwatari, che mi osserva con la sua faccia da schiaffi.
Dovrei essere felice, è venuto a cercarmi, ma non lo sono.
Chiudo violentemente il portabagagli e a passi veloci mi accingo ad entrare in auto, chiudendo ancora più violentemente la portiera.
Giro la chiave, dando gas al motore, ingrano la marcia per andare indietro ed uscire dal parcheggio ma capisco che non posso. Vedo la sua figura attraverso lo specchietto retrovisore: si è piazzato dietro a osservarmi minaccioso.
Ammetto che una parte di me vorrebbe andare indietro il più velocemente possibile e investirlo in pieno, passando e ripassando sul suo cadavere spiaccicato al suolo, ponendo fine a quel faccino dall’espressione irritante; ma un’altra parte mi suggerisce che non posso, sia perché significherebbe commettere un omicidio e sia perché… in fondo…
Grrr!!
Digrigno i denti e arriccio il muso, ormai consapevole di non potere uscire da questo parcheggio. Quindi spengo l’auto, scendo, richiudendo violentemente la portiera e andando via a passi da gigante per scappare via da lui.
Non voglio parlarci.







***










Questo è il colmo!

Kai Hiwatari si abbassa a tal punto da piegare le corna e sottomettersi a lei per cercare di chiederle un seppur insignificante scusa e lei cosa fa? Fa ancora l’offesa?
Eccola passarmi davanti mentre mi osserva minacciosa.
Crede che la seguirò?
Tzè, ho già perso nove decimi della mia dignità venendo qui a cercarti, voglio almeno conservare il minimo che resta.
Rimango qui a osservare la sua figura che se ne va via senza voltarsi indietro.
Stringo i denti.
Ok, la seguo, ma solo per dirgliene quattro.
Ed ecco che inizio anche io la mia corsa, a passi svelti e decisi , per raggiungerla.
Cazzo, ha i tacchi è corre come uno struzzo, ma non importa , riesco ugualmente a raggiungerla.
“ Hernandez!” la richiamo autoritario.
“ Che cosa vuoi?” chiede senza voltarsi e continuando a camminare furibonda.
“ Vuoi fermarti solo un minuto?”.
“ Perché dovrei?”.








***










Non ho intenzione di fermarmi, nonostante questi tacchi non siano proprio adatti a correre.

“ Perché devo parlarti!”.
“ Ah vuoi parlarmi?”. Adesso mi fermo voltandomi verso di lui e facendolo fermare di colpo a sua volta, prima che mi finisse addosso. “ Come mi hai trovata?” chiedo senza giri di parole.
“ Questo non ha importanza!”.
“ Allora rispondi alla seconda domanda, cosa vuoi?”.
“ Sono venuto a cercarti, non è questo che volevi?”.
“ No, non è questo che volevo, ancora una volta non capisci niente!”.
Ecco che riprendo la mia corsa, ma la sua mano afferra il mio braccio, impedendo la fuga.
“ Senti, ti ho cercata, e ti ho persino trovata! Dovrei affrontare leoni e tigri per dimostrartelo?”.
“ Dimostrarmi cosa?” chiedo incrociando le braccia al petto con fare di sfida.
Ecco che porta gli occhi al cielo, seccato.
E’ proprio questo che mi dà fastidio, questo suo atteggiamento orgoglioso e di sufficienza.
“ Ascolta, lo ammetto: mi ha stupita il fatto che tu sia venuto a cercarmi, proprio quando avevo perso le speranze, ma…non basta! Non mi hai dimostrato proprio nulla! Come non lo hai fatto in tutti questi anni! Quindi.. perché continuare?”.
Una domanda retorica, che rimane sospesa in aria, che non riceverà mai una risposta.
Il suo sguardo è arrendevole, come se concordasse con le mie parole e mi fa intuire la possibile risposta.
Lo osservo amareggiata per qualche secondo, poi dopo qualche attimo di esitazione, durante il quale spero vanamente in una sua reazione, gli volto le spalle e me ne vado, con un grosso e pesante magone alla gola.
Ho già percorso cinque passi, sei… osservo l’asfalto che diviene ad ogni passo poco nitido quando una parola mi ferma all’istante provocandomi un sussulto nel petto.
…“ Sposiamoci!”.
Sono ferma, immobile, a stringere il manico della borsa sulla spalla, e non ho il coraggio di voltarmi.
Adesso, senza rendermene conto, i miei occhi increduli sono rivolti su di lui, e la sua espressione è ancora più incredula della mia, seppur cerchi di celarlo rimanendo serio e immobile in attesa di una mia reazione.
Deglutisco…
“ Cosa hai… detto?” chiedo con tono scandito e tremolante.
Non sono sicura di avere capito bene. Ero nel panico e disperata, e forse le mie orecchie hanno percepito solo quello che volevano sentirsi dire da tempo. Potrebbe essere stata solo un’allucinazione.
“ Hai… capito…” ripete seppur con esitazione, mostrandosi anche imbarazzato e forse ferito nell’orgoglio.
“ Mi hai chiesto di… sposarci?” chiedo conferma nei suoi occhi, che si abbassano a terra, ancora troppo orgogliosi per ammetterlo apertamente.
La mia bocca inizia a tremare, vorrei piangere e sorridere nello stesso momento, ma non so come reagire.
“ Tu lo vuoi veramente? Non me lo chiedi solo per farti perdonare, vero?”. Vorrei assicurarmi che questa sua richiesta sia venuta dal cuore e non da un momento di follia.
I suoi occhi confermano.
Sono incredula.
“ Non mi inginocchierò a chiedertelo, quindi…”.
Vuole una risposta, adesso.
Mio dio, sono nel panico: è quello che desidero da tanto tempo, da qualche mese a questa parte. Ormai ero convinta che fosse un desiderio irrealizzabile, credevo che Kai Hiwatari non me lo avrebbe mai chiesto e poco fa ho pure sfiorato l’idea di lasciarlo e ora mi chiede di sposarlo?
Il mio cuore batte all’impazzata.









***











Sono qui, da un tempo indefinito ad aspettare una risposta. Le ho già detto chiaramente che non mi inginocchierò come un citrullo a chiederle la mano come in quei film del cazzo, quindi cosa aspetta?

E poi da dove mi è venuta questa idea? Le ho veramente chiesto di sposarci?
Io … non… io non lo so!
Questa parola è uscita così, senza che io riuscissi a controllarla, e adesso che l’ho detto non posso tirarmi indietro. Se l’ho detto magari è perché inconsciamente lo pensavo. Non capisco più niente.
“ Se fossi in lei accetterei subito!”. Eravamo entrambi persi nel nostro flusso di pensieri, quando le parole di questa signora ci riportano alla realtà. Mi volto in sua direzione fissandola in malo modo, soprattutto dopo averla vista mangiarmi con gli occhi ed espressione sognante.
Non l’ho chiesto a te, brutta baldracca, vedi di sparire!
La gente non si fa mai gli affari propri: chissà da quanto tempo era lì ad ascoltare!
Ora ho pure un testimone e non potrò negare quanto ho detto, mannaggia.
“ Sì!” risponde Eva improvvisamente, facendomi dimenticare la presenza di questa spettatrice.
Ha detto sì…
Ecco che si avvicina lentamente e mi abbraccia, mentre io incredulo cerco di ricambiare.
“ Aspettavo da tanto che tu me lo chiedessi…” afferma felice.
La signora, commossa se ne va, spingendo il suo carrello della spesa.
I miei occhi la seguono , seppur  persi nel vuoto più totale…
Ho veramente chiesto di sposarmi?
Forse tra cinque minuti suonerà la sveglia e mi sveglierò…




















Ciao a tutti!
Ooooook! Calma gente.
So che vi starete chiedendo WTF?
E avete tutto il diritto di odiarmi. Kai ha chiesto ad Eva di sposarlo, avete capito bene. Ora, se lo abbia fatto col cuore o per un attimo di follia, non so dirvelo nemmeno io ( sei tu che scrivi, come fai a non saperlo?nd Lettori). Beh sì, ma oramai è fatta!
( Lancio di pomodori e altra frutta marcia*)
Ci meditavo da tempo e finalmente ho scritto questa parte.
Non so se l’ho resa bene, fatemi sapere voi, segnalandomi eventuali errori.
Ora non ci resta che scoprire se si sposeranno o no. Un matrimonio è già saltato ( Anya/Rai) ora non resta che scoprire cosa faranno questi due. Nei prossimi capitoli Kai scapperà per il Messico? ( ho già un volo prenotato da tempo! ndKai) o porterà la sua Hernandez all’altare? E soprattutto come la prenderanno gli altri? Penseranno che Kai si sia bevuto il cervello? Probabile.
Aspetto le vostre considerazioni.


Dedico questo video a Kai ed Eva, immaginate Kai come il bello e dannato Damon   -->    https://www.youtube.com/watch?v=BfRD63bpi7o

Un bacio e a presto!

   
 
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