Ciao a tutti,
Capitolo IX
Michela camminava lentamente lungo la strada illuminata dalle luci
giallognole dei lampioni che portava verso casa, immersa nei suoi pensieri.
Era così arrabbiata per ciò che quello stronzo aveva fatto proprio a lei.
Fissava la schiena del ragazzo, mentre ricurvo si scambiava messaggini con
quella stupida oca. Avrebbe voluto strapparglielo dalle mani e
lanciarglielo in testa, ma era talmente arrabbiata che temeva che invece
glielo avrebbe ficcato in gola e non voleva essere accusata di omicidio,
anche se sarebbe stata sicuramente assolta per aver liberato il mondo
dall'ennesimo stronzo.
*
“Cristo che scopata!” ululò Giacomo stiracchiandosi “Che notte da sballo”
*Leggende Napoletane (1881) di Matilde Serao.
NdA: Dal prossimo capitolo saremo nella testa di Giacomo e, per quanto mi senta più vicina ad una donna,
per ovvi motivi, mi diverte sempre interpretare i pensieri di un uomo:). Ovviamente la storia si alleggerirà parecchio. Ora toccherà a Giacomo
capire cosa vuole, cosa vuole fare e cosa è disposto a fare pur di ottenerlo.
mi scuso per il lunghissimo silenzio di questi mesi, ma come vi avevo detto ho avuto un'opportunità di pubblicazione di una delle
mie storie e quindi sono entrata in un vortice di impegni che andavano ad aggiungersi alla mia già piena vita lavorative e personale.
Grazie a tutti per la pazienza:).
Prima di lasciarvi al capitolo, vi anticipo che finalmente saranno svelate le ragioni che hanno spinto Giacomo a
coinvolgere Michela nella sua assurda pantomima (e vi accorgerete che era una cosa normalissima, che in molti abbiamo fatto!).
Il capitolo è abbastanza pesante, anche se ho provato ad alleggerirlo il più possibile,
ma dal prossimo la storia diventerà più leggera e divertente e capirete perché nella seconda parte di questo ottavo
capitolo.
Per ora vi lascio alla lettura...
Raffa
PS: Avrete notato che ho cambiato nickname, ma mi avevano beccata, quindi spero così di essere ritornata nell'ombra, in caso poi ci
penserò;P!!! Quasi tutte le mie storie hanno numerosi riferimenti personali e non tutti apprezzerebbero il modo in cui rielaboro le loro persone... diciamo che vorrei continuare ad avere una vitaXD!
La leggenda di Nisida e Posillipo*
Senza accorgersene era arrivata al portone della sua casa, della loro casa. Osservò distratta Giacomo che le reggeva il pesante
portone in attesa che lei entrasse.
“Non entri?” domandò astioso, infilando il cellulare nella tasca posteriore
dei jeans
“Forse dovresti andare da lei a parlale da vicino, invece di messaggiarle
come se non ci fosse un domani” sbottò la ragazza fuori di sé. Perché era gelosa di lei, dopo quello che lui le aveva fatto? “Ti
trovo particolarmente fastidioso”
“Io trovo particolarmente fastidioso che tu mi abbia ignorato per tutta la
strada, quindi siamo pari”replicò acido
“E quando avrei dovuto comunicare con te, fra un messaggino e l'altro?”
scosse la testa infastidita
“Ho provato a fare conversazione appena usciti dal locale, ma mi hai
trattato come se ti dessi fastidio” sbottò stizzito “Ho provato ad essere
divertente, visto che sembrava che ti avessero ucciso il cane; anzi, che io
ti avessi ucciso il cane, ma ovviamente anche quello ti dava fastidio”
sospirò profondamente “quindi ho deciso che forse avevi bisogno di
riflettere su qualcosa, ma pare che anche quello ti dia fastidio”
strinse gli occhi “Ti da fastidio che messaggi con Valeria, non vuoi che
parli con te e non vuoi nemmeno che stia zitto; dimmi cara, c'è qualcosa
che possa fare che non ti infastidisca?”
Se si fosse preso a scudisciate forse lei sarebbe stata capace di provare
meno fastidio per la sua presenza. “Come mai non corri da lei?”
Giacomo la fissò come se avesse di fronte una matta. “Almeno hai capito
qualcosa di quello che ho appena finito di dirti?”
“Certo, non sono mica stupida?”
Il ragazzo si passò le mani tra i corti capelli castani e fece un lungo
sospiro. “Michi, devi dirmi qualcosa?” domandò tranquillo, invitandola
nuovamente a entrare
“Avvocato Ferri, di cosa dovrei parlarle? Ha suggerimenti utili?” replicò
la ragazza sprezzante, attraversando il portone e dirigendosi lesta
all'ascensore
Michela sentì il rumore del portone che si richiudeva, mentre l'ascensore
arrivava lentamente al piano. Giacomo si era avvicinata a lei. “Michi, devi
dirmi qualcosa?” domandò nuovamente
“Sei tu il principe del foro, dimmi tu cosa devo chiederti”
“Sono un avvocato, non un veggente” sostenne con sufficienza, aprendo la
porta dell'ascensore
Il cellulare trillò nuovamente. Era diventato ossessionante. Michela si
chiese cosa quella avesse da chiedergli di tanto importante. “Non
rispondi? Davvero non vuoi correre dalla donna che ami? Sua madre sarebbe
così contenta se tu lo facessi” sorrise ironica “Sono sicura che anche suo
padre si toglierebbe un gran peso dal cuore”
“Questa storia comincia a darmi sui nervi, quindi se hai qualcosa da dirmi
ti invito a farlo, senza fare la ragazzina permalosa a cui bisogna leggere
nel pensiero”
Michela rimase in silenzio. Entrarono in ascensore senza spiccicare parola.
Giacomo aveva ragione, si stava comportando come una bambina capricciosa a
cui era stato sottratto il suo giocattolo preferito, ma proprio non
riusciva ad essere sincera con lui. Aveva mentito per talmente di quel
tempo sui suoi sentimenti che non era più capace di esternare le sue
emozioni. I muri che aveva eretto non erano serviti a renderla più forte,
ma l'avevano solo indebolita. Non aveva mai affrontato la situazione, si
era solo trincerata dietro quelle alte mura, nascondendo quel sentimento
fino a dimenticarlo, ma lui aveva abbattuto i muri, scoperchiato il vaso e
liberato quell'antico ricordo. Era debole e insicura con lui, perché lei
affrontava la vita di petto senza paura e senza esitazione, ma aveva
relegato quel sentimento in un angolo, ignorandolo e, alla fine, era
cresciuto come un gigantesco blob che aveva fagocitato ogni cosa.
La porta dell'ascensore era aperta, Giacomo la fissava stranito. Tutti quei
pensieri le vorticavano nella testa facendole perdere il senso del tempo e
dello spazio, come se fosse prigioniera in un'enorme bolla di cristallo
galleggiante nel vuoto.
“Hai deciso di piantare una tenda in ascensore?”
“Claudia ha deciso di raccontare tutta la verità alla figlia” spiegò atona,
uscendo dall'ascensore e sedendosi sugli scalini, “mi ha chiesto di
permetterti di starle accanto, di aiutarla e sostenerla in questa grave
tragedia che le è capitata”
“Sei ingiusta con Valeria. Il tradimento di un genitore non è una cosa
facile da digerire e anche se non è una tipa particolarmente simpatica,
sarà difficile per lei”
“Non è più una bambina!”
“No, non lo è, ma lei è molto più fragile di quello che pensi, di quello
che dà a vedere agli altri”
“Lei, lei, lei” esplose stizzita “Tu la ami?”
“Michi”
Il tono pietoso della sua voce la rese ancora più nervosa. “Perché non lo
ammetti?”
“Perché ne abbiamo già parlato e ti ho già detto che mi piace e che sono
attratto da lei”
Avvicinò le ginocchia al petto. “Ho pensato molto alle ragioni che ti hanno
spinto a mettere su questa pantomima” lui provò ad interromperla, ma lei
sollevò la mano e lo zittì prontamente “È già abbastanza difficile, quindi
sta' zitto e ascolta” ordinò senza ammettere repliche “Lo hai fatto per
Claudia perché volevi proteggerla. È questo quello che mi hai detto e sono
sicura che è vero. Io ti credo! Ma questa è solo parte della verità. Tu lo
fai anche per Valeria, perché lei ti piace, perché vuoi proteggerla, perché
Claudia dice che lei è fragile e, a quanto pare, anche tu lo pensi” sollevò
gli occhi e li fissò in quelli di lui “Era tutto chiarissimo, tranne la mia
presenza nella tua storia. Ti serviva una finta fidanzata per pararti le
spalle con l'avvocato Petroli, ma per questo giochino era sufficiente una
tipa qualsiasi e tu conosci una marea di tipe qualsiasi disposte a tutto
pur di assecondarti. Mi hai detto che avevi scelto me perché non volevi
complicazioni. Com'era? Tu sei brava a erigere alti muri fra noi ed io non
ho alcun interesse ad abbatterli” lo scimmiottò con gli occhi che
saettavano per la rabbia “Sono state queste le tue parole precise!”
“Michi, fra due giorni hai il test, poi partirai per Milano, non ha alcun
senso parlarne ora e questa storia è quasi...”
“Ha senso per me!” lo interruppe, sorridendo malinconica “Sono stanca di
provare quello che provo, sono stanca di ricadere sempre nello stesso
circolo vizioso. Io devo cancellarti dal mio cuore”
“Michi, io volevo solo...”
“Uno scudo” Giacomo la fissava allarmato “Credevi che non me ne sarei mai
accorta? La pantomima era per proteggere Claudia, Valeria e te stesso, ma proprio non capisco come tu possa aver usato me!”
affondò la faccia nelle braccia conserte, ancora appoggiate alle ginocchia.
Lui allungò la mano e le carezzò i capelli, ma lei lo allontanò furiosa e
si alzò.
“Michi, mi dispiace”
“Bene, ne sono convinta. Dovresti vedere la tua faccia. Ora, però, devi
andartene”
“Michi, parliamone, ok? Entriamo in casa e parliamone con calma” tentò di
rassicurarla il ragazzo conciliante
“Devi smentire le mie parole?” Giacomo rimase in silenzio, fissandola
affranto “Allora non abbiamo nulla di cui parlare, quindi devi proprio
andartene”
“E dove vuoi che vada?”
“Non mi interessa dove: in albergo, dalla tua fidanzata pazza, dai tuoi
genitori, all'inferno, ma devi andartene da casa mia”
Giacomo afferrò il polso della ragazza e lo strinse con forza. “Almeno
prova ad ascoltarmi”
Era stranamente calma; si sentiva improvvisamente libera. “Non mi interessa
ascoltarti. Devi andartene” il cellulare di Giacomo cominciò a squillare
con insistenza “Corri da lei, Giacomo. Lasciami libera!”
Il ragazzo le lasciò il polso e Michela scivolò via da lui, entrando come
una leggera brezza in casa.
Era così stanca. Chiuse la porta e rimase immobile e senza forza sull'uscio
chiuso, mentre Pallottola saltellava in cerca di coccole, felice per il suo
ritorno. La ragazza gli carezzò il peloso testone, cercando di chetare
l'entusiasmo del suo amico a quattro zampe.
“Stai buono, piccolo!”
Aveva freddo e si sentiva senza forze. Aveva una necessità impellente di
una doccia calda. Si spogliò rapidamente, disseminando i vestiti per la
stanza e si infilò sotto il gettito caldo dell'acqua, cercando di liberare
la mente dalla rabbia e dalla disperazione. Amava Giacomo e aveva sempre
pensato che seppur lui non ricambiava i suoi sentimenti, la rispettasse,
che le volesse bene e che non l'avrebbe mai ferita volontariamente. Era
stata così stupida; uno stronzo rimane sempre uno stronzo, lo
aveva dimenticato o forse, in cuor suo, sperava che Giacomo fosse migliore
di quanto mostrasse. Avvolta nell'accappatoio, ripensò a quelle intense
settimane passate insieme, alle risate, alle chiacchiere serali, alle liti
sulle faccende domestiche e sull'educazione del cane, a quella quotidianità
che le sarebbe mancata come l'aria. Mentre indossava la leggera camicia da
notte di raso viola, che le cadeva morbida sulle cosce nude, ripensò ai
suoi baci, alle sue carezze e scosse violentemente la testa, cercando di
allontanare quei pensieri che si dibattevano tra i suoi neuroni.
Carezzò con lentezza il liscio e fresco tessuto della camiciola e pensò che
poteva finalmente indossare un tipo di lingerie che non scatenasse le
voglie del suo smanioso coinquilino. Si versò un'enorme coppa di vino rosso
e uscì in balcone, mentre il cane la seguiva silenzioso e scodinzolante.
Faceva caldo e, nonostante fosse da un po' passata la mezzanotte, c'erano
numerose stanze illuminate, finestre aperte, persone in balcone. Appoggiò
il bicchiere sulla balconata in muratura e si coprì la faccia con le mani.
Era furiosa e non riusciva a calmarsi; forse prima di mandarlo via avrebbe
dovuto prenderlo a secchiate. Si era liberato di lui, ma la cosa più
difficile sarebbe stata liberarsi di quei sentimenti malati. Respirò
profondamente e ululò di rabbia. Pallottola si avvicinò a lei scodinzolante
e con le orecchie basse, nel tentativo di farsi perdonare da colpe che non
erano sue.
Michela gli sorrise affettuosa e gli carezzò il musetto impaurito.
“Tranquillo piccolo, non è colpa tua. È stato quell'idiota del tuo papà,
come sempre. Comunque, Pallottola, mi dispiace, ma da oggi sei orfano di
padre; perché io ho deciso di investirlo con la macchina che non ho; quindi
mi toccherà pure comprarne una”
“Tutto bene?” domandò una voce calda e profonda
Sobbalzò spaventata; non poteva essere Pallottola, perché i cani non
parlavano e se il suo avesse cominciato a farlo sarebbe stata una vera
svolta. Si voltò in direzione della voce e vide Valerio che, dal suo lato
di balcone, la fissava con tenerezza. Da quanto tempo era lì? I
due balconi erano disposti a elle e la luce che proveniva dalla finestra
alle sue spalle lo avvolgeva in una delicata penombra.
“Certo, va tutto benissimo; sono solo un po' seccata” replicò imbarazzata
“È andata così male la cena con mia madre?”
La cena, la serata, la settimana, il mese, tutto era andato male, niente
era andato come aveva previsto.
“Tua madre è una donna piacevole e la sua amica Martina è molto simpatica.
È stata una serata particolare” rispose compita
“Martina è più di un'amica per mia madre” lo sapeva? Michela lo
fissava silenziosa e incredula. Era sicura che la donna le avesse detto che
i figli non sapevano niente o forse le aveva detto che solo quella
deficiente della figlia non ne era a conoscenza. Non aveva voglia di
parlare con nessuno, voleva stare da sola a commiserarsi e, invece, era lì
a parlare con il suo vicino sexy, mentre si sentiva uno straccio “e il
fatto che tu mi guardi così senza dire niente vuol dire che lo sai anche
tu. Te lo ha detto Giacomo?” lei scosse la testa senza aggiungere altro.
Non lo aveva saputo da Giacomo, ma non voleva raccontare al ragazzo che la
madre si era confessata con una perfetta estranea. Le sembrava indelicato
nei confronti di un ragazzo così garbato “Tranquilla, non è un problema” le
sorrise sereno “Ora puoi ricominciare a respirare”
“Scusami, sono solo stupita! Pensavo che voi non sapeste nulla”
“Mia madre nell'ultimo anno si comportava stranamente” appoggiò i gomiti
sulla balconata in muratura, cominciando a raccontare con voce calda e
rassicurante “Avevo come l'impressione che si sentisse in colpa per
qualcosa. Sai, a differenza di papà, lei è sempre stata molto espansiva con
noi; invece, negli ultimi tempi era piuttosto sfuggente. Ho provato
parecchie volte a domandarle che cosa stesse succedendo, ma continuava a
ripetere: va tutto bene. Sapevo che non andava tutto bene e ho
cominciato a sospettare che ci nascondesse qualcosa di grave. Poi Giacomo
ha messo in giro voci su lui e mia madre”
“Ha messo lui in giro le voci su loro due?” domandò la ragazza incredula
“Non proprio, le voci giravano incontrollate, ma lui non faceva nulla per
smorzarle, anzi sembrava alimentarle. In ufficio, Giacomo non era proprio
uno stinco di santo e un paio di volte sono uscito con lui e so che non si
tira indietro quando si trova davanti una bella donna, ma noi siamo amici,
mia madre è la moglie del suo capo e dopo che ha conosciuto mia sorella e
aver notato il suo interesse per lei, non ho avuto più dubbi” stava proprio sottovalutando la stronzaggine di Giacomo Ferri
“c'era sotto qualcosa, così ho cominciato a seguire la mamma”
“Che cosa hai fatto?” domandò Michela interdetta “Ma sei impazzito?”
Sospirò profondamente. “Ero preoccupato, perché non capivo cosa stesse
succedendo ed ero sicuro che mi stesse nascondendo qualcosa in cui era
coinvolto Giacomo. Dopo qualche giorno di pedinamento serrato, ho avuto
certezza che non aveva una relazione con lui e ho notato che passava tutto
il tempo con la sua amica Martina. Avrei dovuto fermarmi, ma avevo anche
notato che c'era troppa intimità tra quelle due. Stasera le hai viste
insieme, quindi sai di cosa parlo, all'inizio avevo categoricamente escluso
una relazione di natura diversa dall'amicizia tra loro, ma...”
Sembrava molto cauto, come se temesse di esternarlo ad alta voce. “E allora
come fai a dire che...”
“Le ho viste” la interruppe secco “e se ti dicessi che l'ho presa bene ti
mentirei. Mi è preso un colpo” era turbato “non riuscivo nemmeno a
guardarla in faccia. Non voglio che tu pensi che abbia remore su queste
cose, anzi i miei genitori mi hanno cresciuto con la massima apertura
mentale e ho molti amici omosessuali, solo che è molto più facile quando
accade agli altri. Se fossi cresciuto in una famiglia arcobaleno, se avessi
avuto qualche minimo sospetto, non so, sarebbe stato diverso; ma così,
all'improvviso di punto in bianco, scoprire che tua madre ti ha sempre
mentito”
“Non devi giustificarti” lo rassicurò Michela sincera
“Scusami” sollevò le spalle “Non voglio giustificarmi, voglio solo che tu
capisca. Io amo mia madre, è voglio che lei sia felice, ma mi serve tempo.
Forse quando lei avrà voglia di parlarne con me, sarà tutto più semplice
per entrambi. In ogni modo, ho parlato con papà e gli ho detto che volevo
andare via di casa, ma l'appartamento che abbiamo sulla Balduina è ancora
in ristrutturazione e, quindi, mio padre ha trovato questa soluzione per
venirmi incontro”
“Tuo padre ha trovato questa soluzione per spiare Giacomo, non per venirti
incontro” puntualizzò la ragazza “Era venuto qui per chiedere spiegazioni
sulle voci che giravano in ufficio su di lui e tua madre e, dopo averci
visto insieme e dopo che era venuto fuori che noi convivevamo e che
l'appartamento di Giacomo era sfitto, ha colto la palla al balzo”
“Ecco perché mi domandava di voi continuamente” sollevò le spalle
rassegnato “Povero papà, non la prenderà per niente bene” sorrise amaro “e
da uomo, devo dire che un po' lo capisco”
“Non sarà facile per lui”
“Non lo sarà per nessuno. Io credo di riuscire a capire mia madre e ho
deciso che le starò accanto, quando me lo chiederà, ma per Valeria e papà
sarà un duro colpo”
“Lo supereranno!” replicò la ragazza secca. Il solo nome di Valeria le
faceva saltare i nervi.
“Può darsi. In ogni modo, se la serata è andata bene come dici, perché sei
seccata e stai bevendo, anche se non potresti visto il tuo stato”
insistette Valerio, riportando il discorso sull'argomento iniziale
Il mio stato,
pensò amaramente Michela. Un'altra delle tante bugie in cui Giacomo l'aveva
trascinata. Bugie, bugie, bugie. Era nauseata da tutte quelle bugie. Dopo
la sincera confessione di Valerio, era tentata di confidarsi con lui e di
alleggerirsi da quel macigno che le appesantiva il cuore da troppo tempo,
ma, nonostante il comportamento poco corretto di Giacomo, lei era sempre
stata un'amica leale e non avrebbe contravvenuto ai suoi principi per
vendicarsi di lui .
“Vorrei smettere di soffrire per un uomo che non mi amerà mai”
“Giacomo ti ama, Michi”
Sembravano saperlo tutti tranne lui. Sembravano esserne tutti sicuri tranne
lei.
“Ti sbagli e presto lo capirai anche tu. Lui è...” … solo uno stronzo!, pensò, senza riuscire ad esternare quel
pensiero con ferma lucidità, ma presto quella storia avrebbe avuto
finalmente fine.
“Michi, nel caso in cui tu non te ne fossi accorta quando mi avvicino a te,
lui va fuori di testa e Giacomo non è un uomo che compete per una donna per
cui non prova interesse e poi voi aspettate un bambino e anche questo non è
una cosa che Giacomo accetterebbe se non provasse per te un sentimento
sincero” la fissò imbarazzato “Non vorrei sembrarti maschilista, ma ho
sentito dire che gli ormoni della gravidanza a volte annebbiano un po' il
giudizio”
Michela sospirò profondamente. Giacomo Ferri non sapeva nemmeno dove stava
di casa un sentimento sincero e il suo giudizio non era affatto annebbiato
dagli ormoni della gravidanza, visto che non aspettava nessun bambino. Era
sul punto di controbattere, ma Pallottola, scodinzolando in un guaito
strozzato, si allontanò da lei. Michela udì il rumore dello scatto della
serratura e il familiare suono della porta aprirsi e richiudersi subito
dopo. Il suo cuore si fermò nel petto, Giacomo era rientrato. Perché?
“Stai calmo Pallottola; papà è tornato, però ora stai giù”
perché non riusciva a controllarsi? Perché il suo cuore galoppava come
quello di Pallottola? Cosa c'era di sbagliato in lei?
Giacomo si affacciò in balcone e il suo sguardo guizzò rapido tra i due
ragazzi che lo fissavano silenziosi “Scusaci Valerio, ma io e Michi
dobbiamo chiarire alcune cose” sorrise sicuro di sé “in privato”
“Io non ho nulla da chiarire, per oggi abbiamo chiarito abbastanza!”
esclamò la ragazza seccata
“Ok, non devi chiarire tu, ma devo farlo io e non mi va di farlo mentre un
estraneo ci fissa”
“Scusate” si scusò Valerio garbato
“Non devi andare solo perché lui te lo ordina, non tutti dobbiamo
sottostare ai suoi capricci e io non ho alcuna voglia di sentire i suoi
chiarimenti” sbottò stizzita “noi non siamo i pupazzi del tuo personale
teatrino, brutto stronzo!”
Giacomo le afferrò il polso “Scusaci Valerio, so che ti sembrerò sgarbato e
brutale, ma noi abbiamo bisogno di chiarire anche se lei non è dello stesso
parere, quindi buonanotte” trascinò la ragazza all'interno della stanza,
sotto lo sguardo attonito del loro vicino. Abbassò rapido la tapparella e
chiuse le finestre “Così potrai anche urlarmi contro senza testimoni”
“Non viviamo in una casa insonorizzata e poi, fa caldo” sbottò Michela
risentita “quindi apri immediatamente queste finestre”
Il suo cuore sembrava impazzito per la rabbia, mentre pensieri sconnessi di
insana violenza le rimbalzavano tra i neuroni.
“Sei praticamente nuda, quindi credo che sopporterai il caldo alla
perfezione” strinse gli occhi “Vedo che non hai aspettato molto prima di
sedurre il nostro sbavante vicino”
“Che cazzo vuoi da me? Che cosa ti interessa con chi voglio stare o chi
voglio sedurre e, soprattutto, perché sei qui? Che c'è la tua bella ti ha
mandato in bianco e sei ritornato a casa, così la scema di turno leccherà
le tue ferite? Povera stella, dimmi cosa posso fare per te?” la sua voce
rimbalzò furente e acida
La stanza era buia e, attraverso la tapparella abbassata a metà, trapelava
solo una flebile luce dall'esterno. Pallottola continuava a saltellare
festoso, cercando di attirare la loro attenzione.
“Piccolo devi proprio uscire, io e mamma dobbiamo parlare da soli” sussurrò
Giacomo affettuoso all'enorme cagnone. Il ragazzo afferrò il collare
dall'alto e accompagnò il cane, alquanto recalcitrante, fuori dalla stanza.
Chiuse la porta, si sedette sul letto e sospirò profondamente “Mi dispiace,
Michi, mi dispiace tanto”
“Non mi interessa di sentire le tue ragioni e non mi interessa sentire che
ti dispiace. Io voglio solo che tu vada via” insistette Michela stancamente
“Me ne andrò, ma prima voglio che mi ascolti”
“Perché?” squittì esasperata
“Perché ho bisogno che tu capisca le mie ragioni; non mi interessa se le
accetterai, voglio solo che tu capisca” giocherellava nervosamente con le
mani, continuando a toccarsi il collo con insistenza “Quel giorno Valeria
aveva passato la notte a casa mia. Era stata una notte strepitosa e...”
“Ti prego risparmiami i dettagli” lo interruppe stizzita, serrando le
braccia al petto.
Se avesse avuto la forza fisica lo avrebbe sbattuto fuori di casa, ma non
sarebbe mai riuscita a prenderlo di peso; era troppo più grosso di lei.
Chiamare i carabinieri le sembrava eccessivo, quindi non aveva altra scelta
che ascoltare. Voleva solo che lui andasse via e prima terminava la sua
patetica storia prima se ne sarebbe andato.
“Ti assicuro che non era nelle mie intenzioni. In ogni modo, la mattina
dopo le ho chiesto di passare la domenica con me. Ero stato bene con lei,
come non stavo bene con una donna da tanto tempo e mi sembrava una cosa
carina da proporre, ma lei è esplosa in una risata poco cortese e mi ha
detto, troppo divertita, che noi due non avevamo quel tipo di relazione. Tu
non sei un uomo da giorno dopo, lo sappiamo entrambi. Sono state queste le
sue parole” sollevò lo sguardo e la fissò. Era troppo buio e Michela non
riusciva a scorgere l'espressione del viso di lui, ma la sua voce sembrava
malinconica “Non so perché, ma ho cominciato a parlarle di te, di noi” noi? “Le ho detto che si sbagliava, che ero stato il ragazzo del
giorno dopo solo una volta, per una sola donna, solo per te! Si è alzata
dal letto ed è uscita in balcone. Sapevo che era uscita fuori solo perché
voleva che la vedessi”
“Non ero ancora parte del piano, visto che il piano, se non ricordo male è
cominciato dopo”
“Non ancora! Mi aveva semplicemente fatto arrabbiare e volevo che
abbassasse la cresta, che sapesse che c'era una donna speciale nella mia
vita” speciale? “È rientrata, si è rivestita ed è andata via senza
aggiungere altro. Mi aveva fatto incazzare, ma sapevo di averla fatta
innervosire parecchio. Mi sono infilato il pigiama e mi sono seduto sulla
tazza nella speranza di cagare. Avevo un terribile mal di pancia; sai anche
tu quanto io sia stitico”
“Tu non sei stitico, mangi semplicemente male. Non mangi fibre, come credi
di riuscire ad andare regolarmente di corpo?” spiegò cattedratica
“Credo che tu abbia proprio ragione. Effettivamente da quando viviamo
insieme ora vado al bagno regolarmente e non ho nemmeno quel fastidioso e
continuo dolore di stomaco” osservò scuotendo la testa
“Perché con me mangi le verdure”
“Io odio le cose verdi”
Stavano inutilmente divagando. “Dopo aver parlato dei tuoi problemi
gastro-intestinali, magari potresti anche continuare nel tuo interessante
racconto” lo spronò caustica “Così magari te ne vai!”
Sospirò. “Scusa! Comunque mentre ero sulla tazza, comincia a suonare il
campanello, mi alzo pensando che Valeria avesse cambiato idea, ma quando
arrivo alla porta sento la voce di suo padre che mi incita ad uscire. Ero
combattuto se aprire o meno, poi ho deciso che non potevo affrontarlo e ho
ritenuto più importante riuscire a cagare, avevo un mal di pancia
terribile, e speravo che lui demordesse. Invece, niente! Ho avuto la
certezza che non mi sarei mai liberato di lui e ho pensato che dovevo
trovare una soluzione altrimenti prima o poi mi avrebbe ucciso. Era proprio
roso dalla gelosia e le persone gelose sono sempre molto pericolose”
“Quindi hai architettato il tuo geniale piano” sintetizzò rapida
“Già; non volevo mica lasciarci le penne nel tentativo di aiutare Claudia e
ho pensato che mi serviva una fidanzata d'urgenza per tentare di depistarlo
e, in quel momento, avevo anche un'idea precisa della ragazza a cui l'avrei
chiesto. Una cosa senza impegno, lei si sarebbe goduta la mia presenza per
qualche settimana e, in cambio, mi avrebbe aiutato a liberarmi di
quell'idiota. Un quid pro quo, in cui non ci rimetteva nessuno e
ci guadagnavano tutti” era veramente uno stronzo egoista “Solo che
in quel momento, mentre spulciavo la rubrica sono arrivato al tuo nome e ho
ripensato a Valeria. Mi sono rivisto mentre le chiedevo di restare, ho
risentito la sua cristallina e schietta risata e ho capito immediatamente
che dovevo liberarmi di lei; che dovevo trovare un modo per arginare quello
che provavo per lei. Ho ripensato a quello che un tempo avevo provato per
te a quello che ancora provo per te, a quello che c'è sempre stato fra noi.
Parafrasandoti, ho pensato che saresti stata un ottimo scudo”
“E quindi tutte le volte che lei ti faceva uscire fuori di testa, mi
cercavi per...”
“Stare di nuovo bene” terminò sincero “perché tu mi fai stare bene”
“Tu mi hai usata e me lo stai raccontando come se fosse una cosa normale.
Sei una merda!” sbottò fuori di sé dalla rabbia
Giacomo si alzò e si avvicinò alla ragazza, che indietreggiò disgustata.
“Hai ragione, sono una merda, ma quello che provo per te Michi è sempre
stato complicato, forse quattro anni fa, se non fossi stato terrorizzato
dal tuo sguardo da cuccioli e gattini, non mi sarei ritirato. Avevo finito
da poco l'università, avevo cominciato il praticantato, avevamo solo
ventitré anni e tu ti comportavi come se dovessimo stare insieme per
l'eternità; mi piacevi da morire, ma pensavo che mi sarei ritrovato
fidanzato contro la mia volontà e che mi sarei perso scopate formidabili
per una appena conosciuta”
Grandioso; di bene in meglio!
“Scusa? Proprio non capisco questo cosa c'entri con te che mi hai usata”
“Non lo so, forse niente, forse voglio solo che tu sappia che sto bene con
te, che mi piace stare con te, che finché sto con te non sento il desiderio
di lei”
Forse non era uno stronzo, era solo un idiota!
“Ma ti senti quando parli?” scosse la testa incredula “E io?”
Lui strinse gli occhi confuso. “Non capisco!”
“Certo; perché dovresti? Nel tuo fantastico discorso ci sei solo tu, quello
che provi tu, quello che serve a te. Io. Io. Io. Dimmi Giacomo, mentre
cercavi di difendere te stesso da un uomo geloso, da una donna che ti stava
manipolando come un pupazzo senza coglioni e mentre scappavi dalla me di
quattro anni fa che cercava di incastrarti con lo sguardo da oggi sposi, la
tua cara amica Michela dove si collocava? Ti sei fermato anche solo per un
attimo a pensare cosa sarebbe stato di me? Di noi? Della nostra amicizia?”
“No, non ci ho pensato” espresse con leggerezza
Era veramente uno stronzo egoista!
“Davvero?” indagò Michela in un sorriso ironico “Preferirei che tu fossi
sincero con me, almeno per una volta”
“Ci ho pensato, ma subito dopo ho realizzato che non mi interessava, che tu
lo avesti superato, che magari le cose fra noi sarebbero funzionate questa
volta. Io ho provato a fare le cose fatte bene, ma tu hai reso tutto più
complicato”
Ora era anche colpa di lei!
“Non ti nascondo che sono molto incuriosita dal conoscere quali siano state
le terribili cose che ho fatto per indurti a comportarti da stronzo, visto
che tu volevi fare le cose fatte bene, ma sai che c'è, non mi interessa,
quindi Giacomo, se hai finito; credo che sia molto meglio che tu vada via,
prima che peggiori irrimediabilmente la tua già traballante posizione” si
massaggiò nervosamente le palpebre “Anzi, gradirei che tu non ti facessi
vedere mai più nella vita, nella mia almeno”
Giacomo le strinse il polso della mano destra e l'avvicino a sé. “Non sono
andato da lei, perché questa notte voglio stare con te”
“E domani?” Michela gli sorrise caustica “Tranquillo non è necessario che
tu risponda, voglio solo che tu vada via” ordinò senza ammettere repliche
Giacomo rimase fermo a fissarla, come se non avesse compreso il senso delle
sue parole, poi la strattonò e la serrò in uno stretto abbraccio. “Non
mandarmi via, tienimi con te, solo per questa notte. Ti supplico Michela,
non voglio andarmene”
“Devi andartene!” ribadì senza esitazione
“Non mandarmi via” insistette supplichevole, stringendola con più forza
“Devi andartene” ma ella stessa sentì nella sua voce un tono di cedimento
“Non ho mai supplicato una donna” la sciolse dal suo disperato abbraccio e
le carezzò il viso con lenta premura “Non ho mai supplicato nessuna donna
prima di adesso, prima di te. Non mandarmi via, Michi. Tienimi con te
stanotte” si chinò e avvicinò le sue labbra a quelle tremanti di lei
“Tienimi dentro di te, solo per stanotte e poi giuro che ti libererai di me
per sempre, se domani sarai della stessa idea, se domani al tuo risveglio
non vorrai avermi più al tuo fianco”
“Perché?” domandò la ragazza a fior di labbra
Giacomo chiuse gli occhi. “Perché ne ho bisogno” replicò deciso, premendo
le labbra contro quelle di lei. Michela lasciò che le labbra del ragazzo
carezzassero le sue, ma non riusciva a corrispondere a quel bacio tentatore
“Ti prego, Michi” supplicò, continuando a titillare le sue labbra “lasciati
andare, solo per questa volta!”
Lasciati andare
... lo aveva già fatto. Si era lasciata andare con lui, per lui e lui
l'aveva lasciata andare. Solo per questa volta... e poi? C'era
sempre un solo per questa volta con Giacomo e poi entrava con
prepotenza per sempre nella tua vita, non solo per questa volta.
La ragazza chinò il capo confusa e i suoi lunghissimi e lisci capelli
castani le scivolarono sul viso. “Non posso” sussurrò appena. Perché vacillava?
Giacomo le sollevò il viso e le sorrise rassicurante. “Cosa te lo
impedisce?” domandò tentatore
Tu, quello che rappresenti, quello che sei, quello che sei disposto a fare
per agguantare ciò che desideri, quelli che sei capace di calpestare per
proteggere te stesso. C'erano mille e più risposte a quella semplice
domanda, ma nonostante avesse ben chiare le ragioni per cui non poteva, le
sue labbra rimanevano sigillate, il suo cuore continuava ad incespicarle
nel petto e i suoi occhi erano fermi sulle labbra di lui, strette, umide,
sensuali.
“Non posso” ripeté, ma sapeva che non c'era forza in quelle parole perché
non c'era convinzione nel suo cuore
“Puoi!” le suggerì il giovane avvocato del diavolo con la voce arrochita
dal desiderio. Le mani del ragazzo scivolarono sulla pelle nuda delle sue
spalle ambrate. Le dita della mano sinistra di lui giocherellavano
sensualmente con la sottile spallina della camicia di raso viola di lei
“Possiamo, Michi” sollevò la spallina e la lasciò cadere “Solo per questa
volta” la sua voce era così suadente “niente più muri” con la mano destra
sollevò l'altra spallina “niente bugie” la delicata camicina viola scivolò
lentamente sul suo corpo accaldato, in una fresca carezza “Solo io e te”
avvicinò nuovamente le sue labbra a quelle della ragazza, le cinse la vita
con la mano destra avvicinando i loro corpi e spinse l'altra mano sul suo
morbido seno “Solo per questa notte”.
Solo per una notte e poi lui sarebbe uscito per sempre dalla sua vita!
Lo desiderava così tanto e da così tanto tempo. Si era trincerata dietro un
muro crepato che le aveva mostrato quanto di allettante ci fosse dall'altro
lato e ora c'era una sola soluzione; abbattere il muro e ricostruirne uno
più solido. La sua mente razionale le urlava che era la scelta sbagliata,
gridava a squarciagola di prenderlo a schiaffi e di buttarlo fuori dalla
sua casa, ululava che quel muro non poteva essere abbattuto, ma la
martellante e sottile vocina del desiderio le sussurrava appena che non
c'era altra scelta che cedere a quell'ultima smania per liberarsi di lui,
per abbattere il muro e costruirne uno più solido.
Il flebile sussurro del desiderio coprì le urla della ragione e lei
corrispose a quel bacio senza respiro fatto di puro desiderio, mentre con
fregolosa rapidità sganciava i bottoni della stropicciata camicia di lino
del ragazzo con entrambe le mani. Mentre la camicia toccava il suolo,
Giacomo si staccò da lei di malavoglia e si liberò con rapida premura di
jeans e boxer, mentre lei si sfilò le mutandine di cotone viola. Rimasero
nudi, l'uno di fronte all'altra a fissarsi, mentre i loro petti si
muovevano pesantemente e il loro respiro era corto e mozzato dalla paura di
quel desiderio. In mezzo a quel sopito desiderio erano passati quattro
anni, altri uomini, altre donne, una solida amicizia eppure si sentiva
proprio come la prima volta che si erano visti nudi e indifesi, spogliati
di ogni falsità, ammantati da quella penombra che rendeva tutto
impalpabile, spaventata da quello che quella sola volta avrebbe significato
per lei.
Giacomo carezzò con le nocche della mano la liscia guancia della ragazza.
“Sei bellissima” afferrò il polso di lei e senza perdere il contatto
visivo, indietreggiando con cautela, la guidò verso il letto. Si sedette
sulla sponda e l'attirò a sé. “Mi sembra di essere ritornato indietro nel
tempo” confessò emozionato, affondando la testa tra i seni della ragazza.
Anche lui sentiva la stessa emozione di allora?
Michela affondò le mani nei capelli del ragazzo e lo strinse al suo petto.
Il suo cuore sembrava essere impazzito. Solo per questa notte.
Allontanò con delicatezza il viso di lui e si chinò per baciarlo. Un bacio
intenso che sembrava essere rimasto sospeso nel tempo. Si sedette
cavalcioni sul cosce nude del ragazzo. Mentre era persa in quel bacio
riusciva a percepire il calore del corpo di Giacomo, la carne che sfregava
contro la carne, il crescere della sua eccitazione, dell'eccitazione di
lui. La mano di Giacomo si insinuò tra le sue gambe e le sue dita
affondarono dentro di lei. Michela spinse istintivamente il bacino contro
la mano del ragazzo, rendendo più agevole i movimenti delle dita di lui e,
poi, strinse le labbra, perdendosi in un gemito di piacere.
“Direi che non c'è bisogno dei preliminari” esternò soddisfatto, mentre lei
gli sorrideva compiaciuta, continuando a spingere con insistenza il bacino
contro la mano di lui. “Non voglio ripensamenti su quello che accadrà
stanotte” spiegò serio, tirando via la mano e tenendo entrambe le mani
salde sui fianchi di lei “Voglio che tu mi dica che lo vuoi, come lo voglio
io” ordinò supplichevole
Michela lo fissava in silenzio, combattuta. Lo voleva, lo desiderava, ma
non c'era bisogno di parlarne, di raccontarlo ad alta voce; sarebbe stata
una sola notte e poi sarebbe uscito per sempre dalla sua vita. La ragazza
gli sorrise, con il cuore stretto dalla malinconia e la mente imbrigliata
dal desiderio e poi, spinse la mano tra le gambe dell'uomo, scivolando con
la punta delle dita lungo la sua eccitazione. Giacomo strinse i denti e il
suo respiro divenne improvvisamente affannoso, chiuse gli occhi, mentre lei
strinse la mano e cominciò a muoverla con più energia.
“Cristo, Michi” ululò, reclinando la testa all'indietro
“Niente ripensamenti” sostenne lei senza esitazione, perdendosi in un nuovo
e ancor più intenso bacio
Giacomo allontanò rapido la mano della ragazza, che ancora sfregava
smaniosa e accompagnò con la sua mano il lento scivolare del suo corpo
eccitato dentro quello di lei. Il corpo di Michela vibrò di impaziente
desiderio, aveva dimenticato il piacere che poteva procurare quel tipo di
intimità. Serrò le labbra e, come ridestata da un sogno, lo fissò sgomenta
per un attimo. Giacomo era entrato dentro di lei senza alcuna protezione.
Lui non faceva sesso senza preservativo. Lei non aveva mai fatto sesso
senza preservativo.
“Voglio che sia diverso” le sussurrò all'orecchio sinistro, mentre
cominciava a muoversi “Voglio condividere con te una mia prima volta”
Michela cominciò a riflettere rapidamente, il ciclo le era finito da
qualche giorno, quindi tecnicamente era in una botte di ferro, ma non
riusciva ad essere partecipativa di quella pericolosa stramberia e se le
avesse attaccato qualche malattia? “Sarà speciale”
“Non so Giacomo e se...”
“Non ho malattie strane, tranquilla” asserì ammiccante, rispondendo ad una
domanda non ancora formulata “faccio parecchio sesso e proprio per questo
sono parecchio attento. Te l'ho detto è la mia prima volta” le carezzò il
viso “Starò attento, stai tranquilla, fidati di me” appoggiò delicatamente
le labbra su quelle di lei “Voglio che sia speciale, questa notte; che sia
speciale per entrambi”
Lo aveva detto anche nelle due settimane che erano stati insieme. Durante
il coito Giacomo Ferri era sempre prodigo di belle parole. Sapeva di cosa
era capace, sapeva che si trattava solo di una notte.
“Parli troppo Giacomo” lo redarguì lei divertita, assecondando i movimenti
del ragazzo “Ora sta' zitto e concentrati su cose più pratiche”
Il ragazzo la fissò serio, come se avesse appena preso una decisione
importante. La spinse supina sulla schiena e senza uscire dal suo corpo,
entrò più in profondità nel corpo di lei. “Tutto quello che vuoi, Michi”
ansimò in un gemito strozzato.
La ragazza avvinghiò le gambe intorno al bacino di Giacomo che si muoveva
sempre più rapido. Non una sola parola ruppe il silenzio della camera da
letto, solo gemiti, ansimi e grida strozzate saturavano quel denso
silenzio. Mentre l'uomo si muoveva sempre più velocemente, Michela cercava
di trattenere le grida di piacere che si libravano incontrollate dalla sua
gola. Il fiato le si era mozzato in gola, non riusciva più a respirare;
desiderava solo che il suo corpo in tensione liberasse tutta quell'energia
che sembrava essersi concentrata nel suo basso ventre. I movimenti di
Giacomo assecondavano l'esplodere di quel desiderio, ma non lo lasciavano
libero. Voleva raggiungere l'apice del piacere, ma il ragazzo non sembrava
della stessa opinione.
Michela strinse le cosce più fortemente intorno ai suoi fianchi. “Vai più
veloce” ordinò sfinita
Lui sorrise compiaciuto e aumentò il ritmo, sempre più veloce, sempre più
veloce, in una sciarada dei sensi, finché il suo corpo esplose. Giacomo
continuò a muoversi, ululando di orgasmico piacere mentre ancora il suo
corpo pulsava di desiderio. Rimasero ansimanti, stretti l'uno all'altra.
Era stato incredibile. D'altronde il sesso, sembrava essere l'unico
linguaggio che Giacomo conoscesse realmente; tutto il resto per lui non
aveva alcun valore.
Il giovane avvocato si sollevò appena, carezzandole il viso e scostandole
una ciocca di capelli castani dalla fronte imperlata di sudore.
“Cristo, piccola! È stato incredibile” sorrise, cercando di riprendere
fiato.
Il viso di lui affondò nell'incavo del collo della ragazza. Le umide labbra
di Giacomo scivolarono lungo la scapola sinistra, affondando sul suo petto
e soffermandosi titillanti sulla pelle del suo seno inturgidito dal piacere
“Che fai?” domandò la ragazza perplessa
“Non sono ancora sazio” spiegò ammiccante, insinuando la mano destra tra le
gambe della ragazza e rubandole un ennesimo gemito “e nemmeno tu!”
Michela chiuse gli occhi e spinse entrambe le mani nei corti capelli di
lui, persa in quella nuova ondata di piacere.
Sarebbe stata una lunga notte!
Aveva dimenticato quanto fosse inebriante il sesso con Michela. Se non
fosse stata per quella sua faccia da oggi sposi la loro storia
sarebbe durata un po' più di qualche settimana, ma lei era chiaramente
pronta ad accasarsi e lui non era della stessa opinione. Il sesso con lei
era stupefacente, ma non era sufficiente a rinunciare a tutte le altre
donne. E poi, a quel tempo, era troppo giovane per una storia più lunga di
un paio di settimane, quindi era stato costretto a scaricarla. Michela era
stata piuttosto ostica all'inizio. Una delle cose che aveva notato con un
certo disappunto era che le donne non avevano una gran voglia di rimanergli
amiche dopo e anche Michela era stata piuttosto recalcitrante su
quella possibilità, ma lui non aveva desistito. Aveva deciso di non
lasciarla andare, nello stesso momento in cui aveva deciso di mollarla. Lei
si stava attaccando troppo e lui temeva che l'estasi sessuale e la naturale
propensione della ragazza all'accudimento lo incastrasse senza rimedio.
Temeva che anche lui potesse attaccarsi troppo. Non voleva stare con lei,
ma le piaceva che gli gironzolasse intorno e poi erano vicini di casa,
anche volendo se la sarebbe ritrovata comunque tra i piedi, quindi dovevano
trovare un modo per convivere pacificamente.
Inizialmente aveva sopportato con stoicismo tutte quelle acide frecciatine
di cui lei era traboccante, tutte le lagne sulle donne che si portava a
casa, tutte le sue sfuriate su cose senza senso che non ricordava nemmeno
più. Poi, all'improvviso, il suo amico Davide era arrivato nella vita della
sua Michi e la ragazza si era tranquillizzata.Cristo, quanto lo detestava! Un vero rincoglionito coglione, un rincoglione. Il pensiero di lui che si scopava Michela lo aveva
mandato ai matti per qualche giorno, aveva cercato di dissuaderla, aveva
anche coniato un nuovo termine, rincoglione, per farle capire che
era veramente una nullità e che lei meritava di più.
Michela, a quelle sue lagne, aveva semplicemente replicato. “Non potrà mai
essere peggiore di te!”
Era stata molto più che acida la replica della ragazza e lo aveva molto
colpito. Si erano allontanati per un po', ma poi era arrivato il loro
cagnolone, Pallottola, e si erano nuovamente avvicinati. Non voleva stare
con lei, ma non voleva nemmeno stare senza di lei.
Era passato tempo! Lui e Davide avevano smesso di essere amici, mentre lui
e Michela erano diventati amici, anche se fra loro c'era sempre una
tensione sessuale legata a quelle settimane di frenesia dei sensi delle
quali nessuno dei due si era mai completamente liberato. Ma lei aveva
eretto dei muri altissimi e lui non aveva nessuna intenzione di abbatterli.
Poi c'era stata la storia di Claudia, di quel rompicazzo del marito e aveva
conosciuto Valeria.
Valeria, la ragazza più bella, più capricciosa e più sensuale che avesse
mai conosciuto. Non riusciva a saziarsi di lei, non riusciva a smettere di
desiderarla. Le loro scopate erano più di semplici scopate, erano delle
vere e proprie battaglie tra le lenzuola. Era diventata una vera
ossessione. La voleva, ma più lui la voleva, più lei scivolava via, più lei
scivolava via, più lui la voleva. Aveva provato lo stesso desiderio solo
per Michela e quando aveva temuto di affondare si era aggrappato a quel
ricordo. Lei e Davide si erano lasciati, un ritorno di fiamma non avrebbe
ferito nessuno. A Michela serviva qualcuno a cui aggrapparsi per superare
quella storia finita e a lui serviva qualcuno con cui distrarsi
per non incastrarsi ancora di più in un sentimento malato. Era un quid pro quo che non danneggiava nessuno. Ovviamente, non poteva
raccontare a Michela quali erano le sue reali intenzioni, lei non lo
avrebbe capito. Le donne non capivano mai quelle cose, erano troppo
cervellotiche, quindi aveva deciso di raccontare una mezza verità. Le mezze
verità erano sempre più credibili di una bugia, anche se ben raccontata.
Le cose all'inizio erano andate abbastanza bene, anche se vederla sudata ed
in pantaloncini tutta la giornata, lo eccitava da matti e l'astinenza
forzata non aiutava a tenere i nervi saldi. Il sesso non era contemplato
nel suo articolato piano di distrazione, lui voleva solo giocherellare un
po', ma lei era così sensuale e aveva un profumo inebriante e poi, c'era
Valeria che lo stuzzicava continuamente perché voleva riprenderselo certa
che appartenesse ad un altra donna. Lui ci aveva provato per davvero a fare
la cosa giusta, ma alla fine aveva deciso che non poteva non cedere al
desiderio, d'altronde Michela sembrava desiderare la stessa cosa, anche se
poi si tirava inspiegabilmente indietro. Per quanto lo desiderasse, sapeva
che non era la cosa giusta da fare, quindi riprendeva il controllo,
rimetteva la cintura di castità e andava avanti. Finché lei manteneva il
controllo le cose sarebbero state sotto controllo, ma poi le cose gli erano
sfuggite di mano.
La bella gemella era diventata sempre più insistente, il desiderio di
scopare con la sua sensuale coinquilina sempre più impellente, quel cornuto
del marito di Claudia era sempre più pressante, stava impazzendo e quelle
due squinternate non lo aiutavano. Si sentiva messo in mezzo a due fuochi.
Valeria lo braccava come un'antilope nella savana e Michela con quel suo
comportamento ondivago non gli faceva capire fin dove poteva spingere il
suo gioco. Era chiaramente gelosa di Valeria e voleva decisamente fare
sesso con lui, ma quelli non erano segnali certi di innamoramento,
d'altronde anche lui era geloso di Valerio e voleva decisamente scopare con
Michela, però era sicuro di non essere innamorato di lei.
Aveva spinto il gioco troppo oltre e quando Michela gli aveva confessato di
provare ancora qualcosa per lui e gli aveva sbattuto in faccia che aveva
capito ogni cosa, aveva intuito che lei la stava prendendo piuttosto male,
ma non si aspettava che la prendesse così male. Lui non aveva intenzione di
usarla e anche analizzando la cosa col senno del poi, non gli sembrava poi
così grave. Lei lo aveva addirittura cacciato di casa. Era uscito, si era
fiondato a passo spedito in garage, aveva indossato il suo casco blu
elettrico, si era messo in sella alla sua velocissima Ducati Multistrada
1200 S Touring e, senza nemmeno guardare il tachimetro, si era diretto
verso casa di Valeria. Non c'era più nessuna promessa da mantenere, nessun
finto legame che lo costringeva all'astinenza e alla monogamia e non gli
importava un cazzo di perdersi tra le braccia di una donna che lo avrebbe
fatto a pezzi; aveva solo voglia di una sana e rigenerante scopata che con
un colpo di spugna avesse cancellato ogni senso di colpa che Michela aveva
tentato, maldestramente, di insinuargli dentro. Arrivato sotto casa di
Valeria, si era sentito perso e insicuro, nella sua mente era impresso il
viso deluso di Michela, lo stomaco era stretto in una morsa e riusciva solo
a pensare che non poteva lasciarla sola, non poteva lasciare che lei
pensasse che lui non si interessasse di lei. Era ritornato, era ritornato
da lei, ma, entrando in casa, l'aveva trovata mezza nuda a parlare con
Valerio; forse anche lei aveva voglia di cancellare quella giornata
perdendosi tra le braccia di un altro uomo. Era confuso!
Lui era un avvocato, era bravo con le parole ed era sempre stato bravo con
le donne, ma non riusciva a trovare le parole giuste con lei. Aveva provato
inutilmente a spiegarsi, ma non riusciva a farsi capire da lei. Michela
aveva eretto un muro gigantesco tra loro e si rifiutava di ascoltare. Lui
non voleva usarla, voleva solo che lei lo aiutasse a distrarsi da Valeria.
Questo era un concetto ben diverso dall'usare una persona per cui si prova
affetto e stima. Le cose erano solo evolute diversamente da come lui aveva
preventivato. Mentre le parlava era consapevole che non avrebbe mai
sfondato quel muro, il fatto che fosse ritornato da lei non era sufficiente
a motivare le sue buone intenzioni, perché Michela era troppo arrabbiata,
l'unica carta che poteva giocare era quella del sesso. Era bravo
nell'eloquio, ma lo era molto di più nelle attività fisiche di tipo ludico.
Il suo corpo avrebbe parlato per lui con maggiore vigore, la sua lingua
sarebbe stata molto più eloquente se impegnata nel procurarle piacere.
D'altronde, lei voleva farlo, lui voleva farlo anche di più, quindi, doveva
solo forzare la mano e sperare che la lunga astinenza di lei la spingesse
arrendevole tra le sue braccia. Si era giocato quell'ultima carta e si era
impegnato in quella lunga scopata come mai nella vita. Si era dedicato
completamente a lei, trascurando il suo stesso piacere; era bravo a
scopare, anche se non era un tipo particolarmente generoso a letto, ma
aveva profuso tutte le sue energie per compiacerla, per farsi perdonare,
per rendere quella notte speciale, per farle capire che, anche se non era
pronto per una vita fatta di cuccioli e gattini, voleva almeno provare;
perché lei era speciale in maniera speciale, anche se non glielo aveva mai
detto.
“Sono a pezzi” rotolò sul fianco e affondò la testa nel cuscino di Michela
inebriandosi dell'odore di lei “Forse però un altro giro riesco a farlo” si
pavoneggiò, perso nel rumore dello scorrere dell'acqua
Forse poteva raggiungerla sotto la doccia per una scopata mattutina, anche
se si sentiva veramente spossato.
Mentre cercava di rialzarsi dal letto, ancora sfiancato da quella notte di
sesso, Michela rientrò seguita a ruota da Pallottola. Era avvolta in uno
striminzito asciugamano e aveva la pelle ancora umida e lucida ed i capelli
erano raccolti in uno strettissimo chignon. Il suo sguardo era fisso sul
sensuale corpo della ragazza e, memore di quanto di seducente e invitante era
ancora nascosto sotto quel piccolo telo di cotone bianco, si sentì invadere
da una nuova e pulsante energia. La parte meno razionale del suo corpo gli
ululava di alzarsi dal letto e di divorare in un sol boccone la piccola
cappuccetto rosso che si era addentrata troppo in profondità nella tana del famelico lupo.
Pallottola si avvicinò per fargli le feste, lui, ormai fuori dal letto, si
chinò e, carezzandogli il fulvo testone, disse: “Ok, piccolo, se la mamma ti
ha già dato la pappa, ora devi fare il bravo e devi andare fuori, perché io
e la mamma abbiamo ancora un discorso in sospeso” il cane lo fissò
reclinando la testa e lui si avvicinò alla ragazza, spinse la mano dietro i
fianchi di lei, serrandola contro il suo corpo eccitato “Un discorso molto
piacevole” le sussurrò, avvicinando le sue labbra a quelle di lei “Ti ho
già detto che sei bellissima?”
Lei appoggiò entrambe le mani sul largo petto di lui e lo allontanò con
freddezza “Devi andartene!”
Devi andartene?
Era sicuro che dopo la notte passata insieme, quella specie di nenia
avrebbe avuto fine, invece continuava a ripeterla come un disco rotto.
“Avevi detto niente ripensamenti” osservò confuso
“Infatti, non ho ripensamenti per quello che è accaduto stanotte. È stato
elettrizzante, come sempre, ma davvero pensavi che una scopata avrebbe
risolto tutto?” domandò sarcastica “Perché se lo hai pensato allora se più
stupido di quanto immaginassi”
Certo che pensava che fosse sufficiente, ma lei con quel tono supponente la
faceva sembrare l'idea più stupida del mondo. “No, ma pensavo che saresti
stata quantomeno più ragionevole” replicò, mostrandole, come sempre, una
mezza verità
Scosse la testa incredula. “Tu sei uno stronzo e mi hai usata per
difenderti da una che è più stronza di te. Scusa, perché dovrei essere più
ragionevole?” sbuffò stancamente “Devi uscire! Ora devo vestirmi; fra un
po' ho il pullman per casa”
“Torni a casa?”
“Fammi pensare. Ho il pullman per casa; quindi direi che un pullman per
casa mi porterà proprio a casa”
“Il sarcasmo è sempre molto utile” esplicitò seccato
Cosa era successo durante la notte?
Forse aveva scopato con una donna diversa, perché quella che aveva di
fronte non sembrava nemmeno più Michela. Non era arrabbiata, acida,
stizzita, malinconica, come la notte prima; non c'era nessuna emozione in
lei, solo una fredda risolutezza.
“Vado a casa! Così ti suona meglio?” ripeté sbrigativa “Hai quindici giorni
per trovare una sistemazione. Lascia pure la tua copia delle chiavi di questa casa al portiere; gli lascerò detto prima di partire di conservarle per me”
“Se ti do la copia, come faremo con Pallottola?” domandò confuso
“Lui viene via con me. Lo lascerò dai miei nel periodo che resterò a Milano per il
test, poi andrò a riprenderlo”
Che cosa aveva in mente? Voleva davvero che lui uscisse dalla sua vita?
Lo stava liquidando come uno qualsiasi conosciuto da pochi giorni, come un ragazzo rimorchiato in una discoteca e messo alla porta con garbo. Stava decisamente esagerando!
“E ritornerai oppure hai deciso di restare dai tuoi per sempre?”
“Non sono fatti tuoi e, giusto per precisare, Pallottola è il mio cane, non
il tuo; quindi visto che uscirai dalla mia vita, uscirai anche dalla sua”
Non poteva dire sul serio!
“Michi, sei ancora arrabbiata e stai prendendo decisioni avventate nel
momento sbagliato” le spiegò, afferrandole il polso
La ragazza tentò di districarsi dalla presa di lui, ma il ragazzo la
stringeva con troppa forza. “Lasciami!” sibilò stizzita “Non fare stupidi
capricci” il cellulare cominciò a suonare con insistenza “Va' da lei, così
potrà consolarti per la perdita del cane”
“Michela, stai rendendo le cose inutilmente complicate” sbuffò seccato
“Per entrare meglio nel personaggio dell'uomo abbandonato dalla brutta
stronza che ha perso il bambino e che ti ha abbandonato nel tuo dolore,
puoi pensare alla brutta stronza che ti ha messo in mezzo alla strada e ti
ha impedito di rivedere il cane” spiegò sarcastica
“Non voglio andare da lei, voglio stare qui, voglio riuscire a convincerti
che mi dispiace e che voglio rimediare”
“Se vuoi rimediare, te ne devi andare”
“Quindi tutto quello che c'è stato stanotte?”
“Il sesso?” strinse gli occhi perplessa “Pensavi che sarei impazzita per il
sesso? Perché l'unico modo per dimenticare quello che mi hai fatto è che io
sia colta da una grave forma di malattia neurodegenerativa che cancelli per
sempre la mia memoria, quindi se non mi hai attaccato la sifilide, la vedo
piuttosto dura”
“Stai decisamente esagerando” la redarguì Giacomo lasciandole il polso “Non
credo di aver fatto nulla di così grave da meritare tanto disprezzo. Sono
pentito per quello che è successo e sto cercando di rimediare facendo la
cosa giusta”
Michela scosse la testa. “Devi andartene, se vuoi fare la cosa giusta”
Giacomo non sapeva cosa altro fare, ci stava provando, ci aveva provato, ma
lei era irragionevole e non ascoltava. Era consapevole di aver commesso un
errore, di avere ferito una delle persone a cui teneva di più al mondo, ma
cosa poteva fare per rimediare? Si massaggiò nervosamente le palpebre.
Forse doveva lasciarla andare, forse doveva darle il tempo di riflettere
con calma, col tempo avrebbe capito che lui non l'aveva fatto col pensiero
di ferirla; era solo successo.
“Michi, Io...”
“Conosci la storia di Nisida e Posillipo*?” domandò lei, appoggiando la
schiena contro la cassettiera. Lui scosse la testa confuso “Me la raccontò
la mia mamma quando andammo in gita a Napoli e da lontano, dal golfo di
Posillipo, vedemmo l'isola di Nisida. Sai che sono separati solo da una
strisciolina di terra?”
“Non capisco”
“Ascolta” insistette Michela decisa “C'era una volta un ragazzo, il cui
nome era Posillipo. Era un ragazzino gentile, sorridente, sensibile, ma
anche giocoso e chiassoso. Chi lo vedeva, lo amava e tutti cercavano la sua
compagnia” il tono della sua voce era come quello di una madre che racconta
una storia di vita ad un ingenuo bambino “ma un giorno il bel giovanetto si
innamorò perdutamente di una donna di campagna, cui era stato dato in dono
la bellezza del corpo, ma a cui era stata negata quella dell'anima. Il suo
nome era Nisida, ella era una di quelle donne incantatrici, fredde e
malvagie che non possono né godere, né soffrire. Nonostante il suo
smisurato amore e i suoi tentativi Posillipo non riuscì mai a conquistare
la bella e sprezzante Nisida e non riuscendo più a sfuggire alla donna e a
quell'amore impossibile, decise di precipitarsi nel mare e finire così la
sua misera vita. Ma i Fati, il cui volere è superiore anche a quello degli
Dei, decisero per entrambi una sorte diversa” cosa stava cercando di dire attraverso quell'antica leggenda?
“Essi mutarono il bel giovanetto, in poggio che si bagna nel mare e
trasformarono la bella Nisida nello scoglio che gli è dirimpetto. Destinati
ad essere per sempre l'uno di fronte all'altro, senza mai toccarsi;
Posilipo, poggio bellissimo dove accorrono le gioconde brigate e Nisida
destinata ad albergare gli omicidi ed i ladri, che gli uomini condannano
alla eterna prigionia, così eterno il premio, così, eterno il castigo”
“Non capisco” ribadì Giacomo confuso
“Questa notte è stato il mio precipitare nel mare” spiegò Michela, serrando
le braccia al petto “Stanotte ho posto una striscia di terra fra noi.
Niente più muri Giacomo, solo un'invalicabile distanza”
Giacomo si sedette pesantemente sul letto e affondò entrambe le mani nei
capelli “È questo quello che vuoi?”
Il maledetto cellulare continuava a trillare sul comodino. Sapeva che era
Valeria ed era tentato di leggere i messaggi, ma non voleva peggiorare le
cose, perché nonostante la calma della ragazza e nonostante quella storia
lo avesse confuso senza capire bene il perché, lui era certo che quella era
solo una pausa e che loro sarebbero ritornati amici.
“Sì” la voce di Michela gli era sembrata malinconica, ma decisa, senza
alcuna indecisione “Rispondile Giacomo, non mi offendo se lo fai” come faceva a sapere che desiderava farlo? “Avrei preferito che
fosse finita in maniera diversa fra noi” aggiunse serena “ma sapevamo
entrambi che era solo questione di tempo. Non sono sufficienti i muri per
proteggermi da te!”
“Michela”
“Esci, Giacomo, devo vestirmi. Io e Pallottola dobbiamo partire”
“Posso accompagnarvi” si propose, raccogliendo i suoi vestiti dal pavimento
“Non è necessario. Io e Pallottola ce la caveremo anche senza di te;
dobbiamo imparare a fare le cose da soli” spiegò in un rassicurante sorriso
Giacomo Ferri non replicò a quella affermazione troppo decisa. Era così
arrabbiato con lei e con quella sua avventatezza. Come poteva liquidarlo con tanta facilità? Aveva davvero deciso di
condannare entrambi, come fecero i Fati con Posillipo e Nisida, a vivere
l'uno di fronte all'altra, divisi da un lembo di terra e da un amore
impossibile?
Uscì dalla stanza in silenzio, mentre quei pensieri confusi si agitavano
dentro di lui. La porta si chiuse in un sordo rumore alle sua spalle.
Non voleva lasciarla andare, ma non sapeva come trattenerla!
Alla prossima...
Lella