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Autore: _NimRod_    24/03/2017    1 recensioni
In piedi nello stretto corridoio centrale del treno, il ragazzo guardò il sedile accanto a sé. La tizia con il taglio alla Semola e gli anfibi si esaminava le unghie smaltate di rosso scuro. Era quasi certo ci fosse un girone speciale dell’Inferno riservato unicamente a coloro che nell’ora di punta occupavano la seduta di fianco alla propria con giacca e borsa, costretti per l’eternità a rimanere scalzi, in piedi su braci ardenti, impossibilitati a sedersi per via delle giacche e delle borse inamovibili che ricoprivano ogni superficie rialzata del girone. Aveva un quarto d’ora scarso di treno davanti, era mattina presto e si moriva di caldo: non aveva per niente voglia di mettersi a sindacare e probabilmente dover discutere per uno stupido sedile per una questione di principio.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago, Universitario
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Evitò per un soffio di impattare contro un trio di ragazze che gli avevano tagliato la strada sbucando dalla folla, bloccandosi sul posto e sollevando istintivamente verso l’alto le due birre medie che stringeva tra le dita: i polpastrelli facevano poca presa sulla plastica inumidita dalla condensa e un urto di qualsiasi natura sarebbe stato fatale. La paranoia che la mamma gli aveva fatto venire fin dal tempo delle sue prime uscite del sabato sera si era sedimentata nel suo inconscio, rendendo un gesto automatico il tenere l’apertura dei bicchieri coperta dalla mano. Riflettendo razionalmente, le probabilità che un malintenzionato sprecasse una dose di una non meglio identificata droga nei cocktail di Valentino era prossima allo zero, ma sempre meglio essere prudenti.

“Scusa!” esclamò una delle ragazze, voltandosi verso Valentino.

“Tutto ok”, rispose lui.

La tizia fece marcia indietro e si avvicinò a Valentino inclinando leggermente la testa verso sinistra.

“Te non eri mica uno del gruppo che ha suonato prima? Quello con la chitarra al contrario?”

Basso. Basso per mancini. “Sì, esatto.”

“Non si sentiva bene come le altre chitarre.”

Per forza, non essendo una chitarra… “L’acustica non era un granché, in effetti”, sorrise Valentino.

“Mi sono divertita, non avevo mai ballato quella musica. Siete stati bravi!”

Guardandola meglio, quella ragazza non doveva avere più di quindici anni e beveva il suo Mojito come se fosse succo di frutta. Aveva i capelli biondi stirati e perfettamente divisi da una riga al centro della testa, lunghi fin sotto al seno coperto da una canotta bianca che aveva più scollatura che stoffa. Non poté fare a meno di pensare a Ilaria da lì a una decina d’anni.

“Grazie. Sentire queste cose è la soddisfazione più grande per me, addirittura meglio della birra gratis.”

“Suonate ancora qui in giro prossimamente?”

“Sì, passiamo un po’ tutte le Feste dell’Unità, i locali all’aperto e le Feste della Birra della zona. Se guardi la nostra pagina Facebook ci sono le date.”

“Okay”, disse dopo aver succhiato un po’ di cocktail dalla cannuccia. “Non è che posso lasciarti il mio numero?”

Valentino pensò di nuovo a Ilaria da lì a una decina d’anni, scosciata e scollacciata, intenta a fare l’ochetta con ragazzi molto più grandi di lei.

“Sei un po’ piccola e sarei già impegnato. Mi spiace.”

La ragazzina si strinse nelle spalle e sparì nella folla, Valentino sospirò e proseguì il proprio cammino.

L’essere più alto della media gli permise di individuare il divanetto dov’era seduto Michele piuttosto facilmente e si avvicinò seguendo il tragitto più breve.

Milena, palesemente brilla, gli si parò davanti e gli puntò il dito in direzione del volto: “E’ giunto il momento. Non ti sei dimenticato, eh?”

“Posso portare la birra al mio moroso, prima?”

“Sì, ma poi sei mio.”

Valentino girò intorno a Milena e raggiunse il divanetto. “Per te”, disse porgendo a Michele la birra che aveva preso per lui.

Michele svuotò il bicchiere di Negroni che aveva in mano, lo appoggiò sul tavolino e strinse tra le dita quello offertogli da Valentino: “Sei il mio Barone Birra!”

“Mi hai ascoltato? Sono stato bravo?”

“Sei sempre il migliore”, sorrise Michele. Valentino doveva ancora abituarsi a vederlo senza piercing al labbro inferiore e al sopracciglio sinistro. Aveva subito lo stesso trauma quando l’anno precedente si era rasato i capelli da un giorno all’altro per farseli crescere del proprio colore naturale: nei periodi immediatamente successivi ai cambiamenti drastici, Valentino faticava a farseli piacere.

Si allentò il cravattino nero e aprì i primi due bottoni della camicia con la mano non occupata dalla seconda birra: la combinazione letale dell’umidità della bassa modenese in pieno agosto e dei faretti del palcoscenico l’aveva disintegrato dal caldo. I capelli sembravano reggere ancora decentemente, nonostante tutte le volte che aveva dovuto asciugarsi la fronte durante l’esibizione.

“Faccio una cosa con la Milena e poi possiamo andare, ok?”

Michele diede il proprio nulla osta con un sonoro rutto e un pollice alzato; Valentino prese per mano Milena e la condusse di nuovo in mezzo alla gente, verso il piccolo palco dal quale era sceso una quarantina di minuti prima.

Appena trovò un punto tranquillo, si fermò e guardò la ragazza negli occhi: “Ribadisco che non sono d’accordo con questa cosa. Conosco bene Gatto, è un ottimo amico tanto quanto è un pessimo partner.”

Milena si strinse nelle spalle: “Ho solo voglia di divertirmi un po’.”

“Non ti sei già divertita abbastanza da quando è finita con Simo?”

“Evidentemente no”, rispose lei, improvvisamente seccata.

Valentino si strofinò gli occhi stanchi con il dorso della mano: “Scusami, mi è uscita male. E’ solo che mi fa soffrire vederti fare così.”

“Dovrei starmene in casa a piangere? Non posso permettermelo, non ho tempo da perdere. Il giorno dopo la maturità ero già a studiare per il test di Medicina, sto passando quella che dovrebbe essere l’ultima estate di libertà della mia vita sopra i libri e la sera voglio soltanto pensare ad altro, bere e fare la scema. So quello che sto facendo e sono quasi certa sia uno dei modi migliori di affrontare la situazione nella quale mi trovo.”

Valentino non disse nulla in risposta, con tutta probabilità continuare a criticare le sue scelte non le sarebbe stato d’aiuto: non potendo in nessun modo renderla felice come lei avrebbe voluto, era perlomeno in grado di fare sì che Milena si sentisse un po’ meno triste. La prese nuovamente per mano e la guidò fin dietro il palco.

Davide “Gatto” Catelli aveva quella spavalderia tipica dei frontman di quei gruppi musicali che non rientravano nemmeno nelle spese del metano per andare a suonare nei locali dove venivano chiamati: è necessaria una certa abilità per attirare e intrattenere un pubblico che non sa nemmeno quale sia il nome della band che è appena salita sul palco.

Era in piedi, con le mani nelle tasche e la punta della cravatta infilata nel taschino della camicia, intento a parlare con Fabio il batterista e Luso il chitarrista davanti al baule aperto della Punto: appena vide Valentino, si allontanò dagli altri due e lo raggiunse.

“Lei è Milena, la mia amica che ti dicevo.”

“Ma la conosco, è la nostra groupie numero uno”, sorrise Gatto tendendole la mano. “Davide, piacere. Devi lasciarti offrire qualcosa da bere, ci segui sempre ovunque, è il minimo. Mi offendo se rifiuti.”

“Allora mi tocca accettare”, rispose Milena stringendogli la mano.

Nel vederli girargli le spalle per dirigersi verso il chiosco dei cocktail, Valentino si sentì uno squallido pappone.

“Gatto”, disse. L’altro si voltò. Valentino lo guardò fisso negli occhi e Gatto annuì.

Salutò gli altri due ragazzi e si avviò verso il punto in cui aveva lasciato Michele: durante il tragitto svuotò il bicchiere di birra e lo buttò nel primo bidone lungo il percorso.

Fece appena in tempo ad accendersi una sigaretta prima che la scena che si trovò davanti superato il muro di gente lo paralizzasse.

 


N.d.A.

Mi ero ripromessa che non l'avrei fatto anche in questa storia, e invece ecco qui un capitolo flashback. Non riesco a ridurre alcune situazioni del passato dei personaggi ad accenni nella narrazione principale, cosa abbastanza strana dato che il dono della sintesi scorre potente in me (spesso più di quanto gradirei). 
Oltre a un marchio di fabbrica che mi continuo ad augurare non sia troppo fastidioso per il lettore, in questa prima parte avete potuto essere spettatori di una mia pessima esibizione in "Descrivere gente che fa spostamenti ripetuti in uno spazio circoscritto": non pensavo mi avrebbe causato così tanti problemi. Spero di riuscire a smussare un po' l'impressione meccanica in fase di revisione: arrivata al punto di voler sbattere la testa sulla tastiera mi sono convinta a lasciare tutto così, per il momento.
Ma passiamo alle cose interessanti: voi. Perché ringraziarvi non è mai abbastanza. Come al solito voglio dedicare un po' di tempo esclusivamente alle risposte per le recensioni quindi salvo imprevisti ci si sente domani o dopodomani.
A presto!

 

   
 
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