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Autore: Gryfferinpuff    27/03/2017    3 recensioni
Amanda Waller si comporta in modo strano durante le sue visite a Belle Reve, ormai sempre più frequenti.
L'arrivo di un nuovo misterioso ragazzo sembra scatenare una serie di eventi, apparentemente casuali, che creano scompiglio all'interno della prigione. Il caos giunge l'apice quando il sistema di allarme viene disattivato e molti criminali riescono a fuggire dalle celle.
Ma c'è di più: ormai da tempo circolano voci di misteriosi disordini in città.
Che l'evasione di massa sia il tassello di un intricato piano di Amanda Waller? Oppure i carcerati sono stati liberati da qualcuno legato agli strani avvenimenti cittadini?
Tra dubbi e grosse sorprese, la Squadra Suicida viene nuovamente riunita e, affiancata da nuovi membri, si ritroverà a combattere contro un nemico inaspettato.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Harley Quinn, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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SUICIDE SQUAD 2 - NECROPOLIS





- Capitolo 1. "L'evasione" -




Non c’era mai silenzio nella sua testa, ma il sibilo di quel dannato allarme lo stava facendo impazzire.
“Cos’è?”
“Che sta succedendo?”
“Fammi prendere un attimo il controllo, voglio vedere!”
- Ragazzi, vi prego, è solo una stupida sirena. E la porta della cella si è appena aperta.
“Come sarebbe?”
“Si è aperta?”
“Scappiamo!”
“Idioti, è sicuramente una trappola!”
“Corbin, fammi guardare!”
“No, fai guardare me!”
Il giovane uomo premette forte i palmi delle mani contro le tempie, reprimendo a fatica una smorfia di dolore: - Smettetela! Mi state facendo diventare matto! State zitti per un secondo!
“Perché, non sei già matto?”
“La vera matta qui è Ice”
“Guarda che ti sento, coglione!”
- Ragazzi, vi prego!
Annaspando come ubriaco, il carcerato avanzò fino alla soglia della stanzetta in cui si era fatto volontariamente rinchiudere. Si accasciò quindi contro il muro, cercando di decidere il da farsi, ma, proprio mentre le altre personalità riprendevano il chiacchiericcio insistente, la sua attenzione venne catalizzata da una figura scura ed imponente che avanzava verso di lui lungo il corridoio solitario.
Il primo impulso fu quello di scappare, poi, però, all’interno della sua mente giunse un’altra voce, una voce esterna, tranquilla, androgina e confortante, che lo isolò completamente dai borbottii irritati degli altri.
“Perché sei qui?”
- Sono un criminale… - rispose lui, quasi in trance. – Sono pericoloso.
“Il manicomio si è rivelato un fiasco, vero?”
Un piccolo sorriso si dipinse sul volto del giovane: - Non so come tu faccia a saperlo, ma sì… qui è più sicuro. Qui hanno i mezzi per tenermi a bada.
La voce tacque per qualche secondo, poi sussurrò in tono ammaliante: “Vorresti aiutarmi in una piccola missione? Sto cercando di migliorare il mondo…”


***


- Ma non mi dire…
Digger Harkness sedeva sul letto con aria furtiva, dando le spalle alla porta. Era riuscito a rubare un giornale durante l’ora d’aria, con l’intento di provocare un piccolo falò all’interno della cella - tanto per creare un po’ di scompiglio -  ma il titolo impresso a caratteri cubitali in prima pagina aveva attirato all’istante la sua attenzione.
- Disordini in città, eh? – mormorò l’australiano. – Chi è lo stronzo che si diverte a fare casino mentre io sono chiuso qua ad ammuffire? Dunque… strane scosse… cani rabbiosi… aggressioni… bah, fin qui nulla di che, ma… sconvolgenti omicidi? Esagerati, sarà qualche serial killer del cazzo e… aspetta, cuori strappati? Questo inizia ad essere interessante…
Aguzzò lo sguardo, cercando di capire a quale creatura potesse appartenere l’ombra impressa sulla fotografia stampata sopra i paragrafi, quando all’improvviso un suono acuto e assordate gli colpì i timpani con la violenza di un pugno.
- Non ho toccato niente, giuro! – gridò, balzando in piedi. – Stavolta io non c’entro!
Il suono dell’allarme era insistente e fastidioso, di intensità diversa rispetto al solito. L’ultima volta che si era udito un simile chiasso era stato alcuni mesi prima, quando il Joker aveva fatto irruzione nel carcere liberando Harley Quinn.
Capitan Boomerang si tappò le orecchie con le mani, sferrando un calcio contro la porta della cella: - Fate smettere questa fottuta sirena! Mi avete sentito, bastardi? Che cazzo sta succedendo?
Caricò nuovamente la gamba per colpire con un secondo calcio, quando, con suo sommo stupore, i cardini della porta cigolarono, per poi scattare con un “clang” metallico.
Il criminale spalancò gli occhi azzurri, restando per qualche secondo immobile, con le mani ancora premute contro le orecchie e la gamba sollevata a mezz’aria. Inizialmente si aspettò l’irruzione di una decine di guardie pronte a immobilizzarlo e bastonarlo, ma, poiché non accadde nulla di simile, prese coraggio e si affacciò alla soglia della propria sudicia stanza: tutte le celle erano aperte e la feccia sigillata all’interno fino a pochi istanti prima si stava riversando in fretta nel corridoio, fuggendo in un tripudio di risa e passi pesanti.
L’australiano si prese un paio di secondi per metabolizzare la cosa, poi, esplodendo in un grido di gioia, si unì agli evasi, dirigendosi verso la via d’uscita più vicina.
A differenza degli altri, lui aveva ancora quella dannata capsula esplosiva piantata nel collo, ma avrebbe risolto la questione a tempo debito.
- Sì! Sono libero! – esultò, facendosi largo tra i colleghi carcerati a spintoni. – Sono libero, cazzo! Beccatevi questo, brutti figli di puttana, finalmente sono…
La sottile puntura di uno spillo interruppe il suo discorso e la sua fuga. Harkness fece appena in tempo ad estrarre la minuscola siringa piantata tra il collo e la scapola destra, poi cadde a terra privo di sensi. Buio.



Toby osservò in silenzio il timer sullo schermo elettronico incorporato nel polso meccanico. Mancavano cinquanta secondi esatti.
- Finalmente – disse tra sé, inginocchiandosi sul letto e facendo scorrere lo sportellino che si affacciava sulla cella di Raisa.
Aveva passato solo tre giorni a Belle Reve, ma, per un ragazzo iperattivo come lui, quel breve soggiorno aveva rappresentato un’autentica forma di tortura.
“Se non corressi il rischio di venire disintegrato, chiederei al Grande Capo un aumento” pensò, attirando poi l’attenzione della vicina con un furtivo “pssst”.
Raisa era stesa sul letto e lanciava svogliatamente in aria una pallina azzurra e arancione, per poi afferrarla al volo e ripetere il movimento. Volse lo sguardo in direzione del ragazzo, aggrottando la fronte quando lui sussurrò: - Ascolta, tra qualche secondo le porte delle nostre celle si apriranno e da quel momento dovrai soltanto fidarti di me.
- Che stai dicendo? – domandò confusa la russa, mettendosi a sedere.
- Non potevo spiegartelo prima, Waller mi ha ordinato di agire in questo modo, suppongo per via dei tuoi problemi di memoria. Se non ti fidi puoi provare a frugare nella mia mente o fare quello che vuoi, ma nel momento in cui quelle porte si apriranno dovrai seguirmi ed essere collaborativa.
- E questo tra quanto accadrà?
Toby controllò il timer: - Tra dieci secondi. Nove… otto… sette… prepariamoci ad uscire, davanti alla porta… tre… due… uno…
Non appena il conto alla rovescia raggiunse lo zero, i cardini cigolarono, aprendo presto una via di fuga per i due detenuti. Ma non andò tutto come previsto.
- Cos’è questa sirena? – gridò Raisa per sovrastare il rumore, tappandosi le orecchie.
Bionic Boy si guardò attorno con aria smarrita, mentre l’intero corridoio cominciava a brulicare di criminali evasi.
- No, no, no! Questo non fa parte del piano! Perché stanno uscendo tutti?
- Toby?
Il ventenne diede una rapida controllata allo schermo del timer, ora occupato dal testo di un messaggio scritto in maiuscolo.
“IGNORA L’IMPREVISTO. CONTINUA AD AGIRE SECONDO IL PIANO.”
Cercando di non farsi travolgere dai fuggitivi scalmanati, afferrò la mano di Raisa e cominciò a correre seguendo la direzione del flusso.
- Appena fuori da questo scompartimento scenderemo le scale, arriveremo al secondo piano per poi raggiungere l’Ala Est.
- Che cosa c’è nell’Ala Est? – domandò Raisa, cercando di tenere il passo.
- Incontreremo una persona… o almeno spero riusciremo ad incontrarla, visto che rischia di perdersi in mezzo agli altri prigionieri evasi… cazzo, questo intoppo proprio non ci voleva!
Scesero al secondo piano senza interrompere la corsa, giungendo in una zona del carcere piuttosto silenziosa e semi-desertica. Un’ordinata fila di celle vuote si affacciava su un lungo andito dalle mura grigiastre.
- Forse siamo arrivati tardi – borbottò Bionic Boy con fare nervoso. – Maledizione, se scopro chi ha provocato questa evasione di massa io lo…
- Ah, quindi l’intero sistema è andato in tilt – disse una voce femminile, proveniente da una cella poco distante. – Carcere di “massima sicurezza”, dicevano…
Una donna slanciata sulla quarantina fece capolino dal proprio angusto alloggio con fare flemmatico, poggiando distrattamente la spalla contro il muro. Aveva i capelli castani raccolti in un approssimativo chignon ed il volto caratterizzato da marcati lineamenti irlandesi.
Un sorriso speranzoso affiorò sulle labbra di Toby: - Sei Evergreen?
- Diciamo di sì – rispose quella, gettandosi un’occhiata annoiata attorno. – Si può sapere cosa è successo qui?
- Che culo! – esultò il ragazzo, troppo eccitato per rispondere alla domanda. – Sono così felice che tu non sia fuggita insieme agli altri, Waller mi avrebbe ammazzato se non avessi portato te e Raisa al Punto di Raccolta!
- Ah, quindi è Waller l’artefice di questo casino – osservò Evergreen. – Chissà perché la cosa non mi sorprende…
- Toby, potresti spiegarmi cosa significa tutto questo? Perché Waller vuole me e questa donna? E dove si trova il Punto di Raccolta? – domandò Raisa con fare spazientito.
Il giovane assunse un’espressione afflitta: - Purtroppo non posso spiegarvi tutto, non ho idea del perché il Grande Capo mi abbia chiesto di portarvi da lei, ho semplicemente ricevuto degli ordini e devo limitarmi ad eseguirli. Vi condurrò al Punto di Raccolta, dove vi verranno date tutte le informazioni che vorrete. Potreste fidarvi di me ancora per un po’?
Le due donne restarono in silenzio per qualche secondo, poi, Evergreen sospirò: - Mi fido.
- Davvero? – s’illuminò il ventenne, quasi incredulo di fronte alla risposta affermativa.
L’irlandese sogghignò: - Mi fido di quello che ti succederà se oserai giocarmi un brutto tiro. Avanti, ragazzino, portaci dalla Somma Megera.
 


L’ultima cosa che Floyd Lawton si sarebbe aspettato era vedere la porta della propria cella spalancarsi all’improvviso, mentre la sirena d’allarme echeggiava per tutta la prigione con il suo assordante grido.
Il cecchino avanzò lentamente, affacciandosi sulla soglia: poteva benissimo trattarsi di una trappola organizzata dai sadici secondini, eppure nessuno dei prigionieri che in quel momento ne approfittavano per fuggire aveva ancora affrontato conseguenze spiacevoli.
- Floyd!
Roma si fiondò fuori dal proprio cubicolo, raggiungendo l’amico ed afferrandogli le mani: il volto dai tratti gitani era tinto di un’espressione preoccupata e confusa, i lunghi capelli ricci e scuri sembravano più ribelli e spettinati del solito.
- Che sta succedendo?
- Non ne ho idea – rispose l’uomo, gridando per sovrastare il rumore della sirena. – Potrebbe esserci una falla nel sistema, forse si può davvero provare a scappare, o almeno tu potrai farlo. Io ho ancora la nano-capsula esplosiva piantata nel collo, non penso andrei molto lontano…
- Per quella non preoccuparti – s’intromise la ragazza dai capelli biondi e lo sguardo aggressivo che tanto amava unirsi alle conversazioni dei due colleghi carcerati. – Conosco qualcuno che potrebbe aiutarti, ma bisogna fare presto.
- Sono un po’ restio a fidarmi di una come te, Scarf, ma a questo punto non vedo alternativa, si può provare – ragionò Floyd, avviandosi con le due donne verso l’uscita del corridoio. La loro sezione si era svuotata rapidamente ed erano rimasti soli.
“Se quella stronza di Waller avesse voluto ammazzarmi forse l’avrebbe già fatto” pensò tra sé il cecchino “E’ anche vero che potrebbe essere talmente impegnata a cercare di bloccare l’evasione di massa da scordarsi della mia capsula e di quella degli altri… no, impossibile, a quella donna non ne sfugge una…”
Non era preoccupato per sé stesso, ma per Zoe: non poteva lasciarla da sola definitivamente, non con quella stronza irresponsabile della sua ex moglie.
Era talmente preso dai propri pensieri da non rendersi conto che Roma l’aveva appena afferrato per un polso, cercando di bloccare la sua corsa: tornò bruscamente alla realtà quando rischiò di scontrarsi con un soldato alto e atletico, con i capelli castani quasi rasati.
- Vai di fretta, Deadshot?
Floyd fece un passo indietro, preparandosi ad attaccare, ma rilassò immediatamente i muscoli non appena riconobbe l’interlocutore: - Flag… sei venuto qui per riportarmi in cella? Vuoi farmi saltare la testa?
- Anche per me è un piacere vederti – replicò ironico l’altro. – Comunque non sono qui per fermarti né per ucciderti, a meno che non ti rifiuti di collaborare. Vorrei che tu e le signore mi seguiste in fretta e senza fare domande.
- E perché dovremmo fidarci di te, Coso? – ghignò Scarf in tono di sfida.
- Perché non avete alternative – disse calmo Flag. – O meglio, la mia alternativa sarebbe uccidervi tutti e tre seduta stante: non siete armati e, per quanto riguarda voi due, signore mie, i vostri poteri sono neutralizzati dalla droga che vi è stata iniettata giornalmente. Vi consiglio di decidere in fretta.
Le due donne alzarono istintivamente lo sguardo sul cecchino dalla pelle scura.
- Floyd – Roma appariva piuttosto titubante. - Tu hai avuto modo di conoscere quest’uomo, noi no. Dobbiamo prendere una decisione alla svelta.
-Possiamo fidarci – assicurò infine lui, rivolgendo al Colonnello un’occhiata severa ma amichevole. – È un po’ stronzo ma è anche una brava persona.
- Sagge parole – rispose Flag, ricambiando con un sorrisetto. – Ora seguitemi.   



L’assordante suono della sirena raggiunse in breve tempo la piccola stanza segreta, mentre le luci dei neon si accendevano e spegnevano a intermittenza.
Chato Santana batté un paio di volte il palmo della mano contro il vetro della capsula, cercando di sbirciare gli schermi dei monitor che lo circondavano. L’espressione allarmata sul volto di Maysie non prometteva nulla di buono.
- Che succede?
La giovane scienziata armeggiò nervosamente sulla tastiera, lanciandosi attorno occhiate nevrotiche: - Non lo so… credo ci sia appena stata un’evasione di massa, sto cercando di contattare Waller… l’intero sistema ha qualcosa che non va…
Dopo aver digitato un messaggio breve e conciso, raggiunse la capsula e cominciò a testarne la funzione: - Sta andando tutto in tilt… non posso lasciarti chiuso lì dentro, ne va della tua sicurezza. Dobbiamo anticipare i tempi e arrangiarci da soli…
Inserì il codice di accesso e premette un grande pulsante blu: il coperchio della capsula si sollevò all’istante.
El Diablo provò ad alzarsi per mettersi seduto, ma fu necessario l’aiuto della ragazza per riuscire a vincere i capogiri.
- Non mi incenerirai, vero? – domandò lei, con una comprensibile nota di preoccupazione.
Chato scosse la testa debolmente, cercando a fatica di uscire dal contenitore in cui aveva riposato per giorni. Indossava soltanto dei pantaloni dalla stoffa leggera color beige.
- Non ne ho motivo. E anche se volessi, penso di essere ancora troppo debole per produrre più di una piccola fiammella…
- Ce la fai a camminare?
-Posso provarci.
Maysie circondò le proprie spalle col braccio tatuato del metaumano e, cercando un po’ goffamente di sostenerlo, si avviò verso una porticina scura che si affacciava su un lungo corridoio scarsamente illuminato.
Arrancarono per una decina di metri, raggiungendo un portellone d’acciaio bloccato da una grossa maniglia circolare. Lì, la giovane allungò la mano sinistra, facendo combaciare la parte superiore dell’indice con il centro esatto della maniglia: quella ruotò un paio di volte su sé stessa, facendo infine scattare il meccanismo di apertura.
Una luce artificiale ferì per qualche istante gli occhi scuri del criminale, che però riuscì presto a mettere a fuoco l’ambiente circostante. Si trovavano sulla soglia di un immenso salone di forma esagonale, le cui pareti erano quasi interamente coperte da schermi di computer, telecamere e monitor e, al centro di esso, svettava un imponente tavolo di metallo, circondato da poltroncine a due posti; c’erano delle persone radunate lì – persone che Chato conosceva bene- e lo stavano fissando tutte con aria sbigottita, fatta eccezione per Amanda Waller e Rick Flag.
- Entriamo – sussurrò Maysie, aiutando il trentacinquenne a compiere un paio di passi in avanti. Il portellone si chiuse silenzioso alle loro spalle.
- Che mi prenda un accidente! – esclamò Capitan Boomerang, sdraiato sul tavolo. – Sono ancora stordito per via di quel sedativo del cazzo, oppure quello che vedo è il nostro amico piromane?
- Non sono stato sedato, eppure lo vedo anch’io – soggiunse Deadshot, con un piccolo sorriso. – Allora sei sopravvissuto, eh? Che razza di figlio di puttana, avvisare con un messaggino, no? Una chiamata? Una cartolina?
El Diablo aprì la bocca per rispondere, ma fu interrotto dalla voce severa di Waller: - Ebbene sì, il vostro compagno è vivo, siamo riusciti a recuperarlo soprattutto grazie all’aiuto della dottoressa Hughes.
- Che sono io – balbettò Maysie un po’ impacciata, alzando la mano.
- Ad ogni modo, ci sono cose più importanti da spiegare, al momento. Tra pochi istanti arriveranno gli ultimi componenti della squadra e…
- Gli ultimi… componenti? – mormorò Chato confuso, guardandosi attorno. C’erano sei persone che non conosceva in quella stanza: una donna sui quarant’anni, tre ragazze sulla trentina ed un giovanotto dall’aria simpatica.
In quel momento, uno dei portelloni si spalancò e Tatsu Yamashiro, alias Katana, fece il proprio ingresso nella sala, accompagnata dall’imponente figura di Killer Croc e da due ragazze poco sopra i vent’anni, una piccola e castana, l’altra piuttosto alta, dai capelli neri ed il corpo ricoperto di strani tatuaggi.
- Bene, direi che ci siamo tutti – esordì Flag, mentre Capitan Boomerang si metteva a sedere, agitando la mano in cenno di saluto.
- Ciao, Ragazza Samurai! Ti ricordi di me?
- Mi ricordo – replicò Katana, alzando gli occhi al soffitto con fare annoiato.
Il colonnello rivolse all’australiano uno sguardo severo e gli fece cenno di scendere dal tavolo: - Non cominciare ad importunare le ragazze, Harkness. Bene, signori, vi consiglio di prendere posto e ascoltare attentamente ciò che abbiamo da dirvi.
I componenti superstiti della Suicide Squad ed i membri sconosciuti obbedirono in silenzio alla richiesta dell’uomo: Waylon Jones si avvicinò a Chato e gli permise di appoggiarsi alle proprie braccia, liberando Maysie dal non proprio dolce peso.
- Katana mi ha detto di te, poco fa, ma faticavo a crederle. Sono contento di vederti, amico.
- Lo sono anch’io – replicò debolmente El Diablo, sospirando di sollievo non appena si sedette su una delle poltroncine. Era ancora un po’ stordito e gli girava la testa.
- Ci siamo tutti, eccetto Harley Quinn che, come si sa, risulta attualmente dispersa – cominciò Waller. – Dunque, di recente ho svolto svariate ricerche sui detenuti di questo carcere, in modo da poter integrare nuovi individui all’interno della squadra, rafforzandola ed equilibrandola. Direi di cominciare il discorso con le dovute presentazioni…
- Domanda – la interruppe George Harkness. – Sbaglio o i nuovi membri sono quasi tutte donne?
- Non sbagli – replicò calma la donna di colore – Prima eravate quasi tutti uomini, ma non mi pare che Harley Quinn e Katana abbiano fatto osservazioni idiote o espresso lamentale a riguardo.
- Ah, non mi lamenterò, promesso – sogghignò l’australiano con aria furba.
- Come stavo dicendo – proseguì Waller. – Cominciamo con delle rapide presentazioni partendo dal membro più giovane: Tobias Castilla-Marquez, alias Bionic Boy, nato il 20 Maggio 1996. Non sottovalutatelo per via dell’età, questo ragazzino possiede uno dei quozienti intellettivi più alti del pianeta, ed il braccio bionico che ha ideato e costruito da solo contiene al proprio interno almeno una cinquantina di accessori tecnologici, armi incluse.
- Potete chiamarmi Toby – salutò lui con fare allegro.
- Come potrete immaginare, Bionic Boy non è un detenuto, ma un volontario – soggiunse il colonnello Flag, indicando poi la ragazza bassa che aveva accompagnato Katana e Killer Croc. – E lo stesso vale per questa signorina: Amelia Capuleti, o Snakebones, classe 1993. In seguito ad un incidente, la sua intera colonna vertebrale è stata sostituita da una struttura resistente ed elastica, frutto di un esperimento ben riuscito al quale la stessa signorina Capuleti ha avuto il coraggio di sottoporsi.
La giovane si lasciò sfuggire un sorriso, spalancando i grandi occhi scuri. Portava i capelli tagliati all’altezza delle spalle ed indossava una canotta tricolore con la scritta “I love Italy”.
- Raisa Khovansky – proseguì Waller, indicando la ragazza formosa dalla chioma fulva. – Conosciuta anche come Mnemos. Nata ad Omsk nel 1988, classificata come metaumano: le sue abilità influiscono sulla memoria e sui ricordi altrui, al prezzo di frequenti e pesanti amnesie. Per via di queste amnesie, la signorina Khovansky non sarà in grado di raccontarvi da sé il motivo per cui è stata rinchiusa a Belle Reve, perciò le darò una mano: secondo il suo fascicolo, è accusata di omicidio, frequenti aggressioni e rapina a mano armata.
I presenti lanciarono occhiate perplesse alla carcerata rossa, la quale rispose con un’alzata di spalle. Era vero, non ricordava di aver commesso quei crimini, ma era propensa a fidarsi delle parole della corpulenta donna.
- Lei invece è Roma Petrescu, nata nel 1984 con il nome di Roman – disse Flag, ponendo vicino al volto della gitana la fotografia di un ragazzo attraente dai lineamenti affilati. – Arrestata per furto, rapina a mano armata ed aggressione a pubblico ufficiale. La sua particolarità…
-  Ve la spiego io – lo interruppe Floyd, poggiando i gomiti sul tavolo . – Allora, a diciotto anni Roma si è sottoposta ad un intervento per il cambio di sesso, ma è finita inconsapevolmente nelle mani di un ricercatore fuori di testa. Risultato dell’operazione: questa signorina può cambiare genere a comando, ecco perché è conosciuta anche come Shifter. E visto che è mia amica, vi consiglio fortemente di non fare gli stronzi.
- Perché guardi me? – esclamò Capitan Boomerang con un tono di voce insolitamente acuto, mentre Roma rivolgeva all’amico un sorriso di gratitudine.
Waller alzò gli occhi al soffitto: - Bene, ringraziamo Deadshot per il suo intervento. Passiamo alla prossima componente della squadra: Clarice Montague, nata a Bray nel 1993. Il suo nome di battaglia è Hydra e, come potrete immaginare, i suoi poteri ricordano quelli della creatura mitologica: il suo sangue ed il suo morso sono velenosi e le parti del suo corpo che vengono tagliate sono in grado di rigenerarsi, senza però duplicarsi. Incarcerata con le accuse di svariate aggressioni e distruzione di proprietà privata. Ah, vi consiglio fortemente di tenere d’occhio i suoi tatuaggi, soprattutto in periodo di luna calante.
Clarice lanciò un’occhiata stoica a tutti i presenti, senza dire una parola, poi abbassò di nuovo lo sguardo, seguendo distrattamente con il dito le linee misteriose impresse sulla dorso della propria mano. Nonostante la calma apparente, muoveva nervosamente la gamba sotto il tavolo.
Fu la volta della ragazza bionda dall’aria tosta, la quale attese che Flag aprisse bocca per il semplice gusto di interromperlo brutalmente.
- Visto che possiedo il dono della parola, posso presentarmi da sola: sono Scarlett Tremblay, conosciuta anche come Scarf, ho trent’anni e possiedo il potere di muovere telepaticamente le fibre dei tessuti. Purtroppo, sono stata drogata regolarmente da quando mi hanno rinchiusa a Belle Reve per omicidio, quindi, in questo momento, le mie abilità sono un tantino assopite.
- Stamattina non ti è stata iniettata alcuna dose, quindi l’effetto della droga svanirà nelle prossime dodici ore – puntualizzò annoiata Waller, assumendo però un sorriso sadico non appena realizzò di dover presentare l’ultima componente della squadra.
- Qualcuno di voi potrebbe aver sentito parlare di questa signora – cominciò, ricevendo un’occhiataccia dalla diretta interessata. – Spero vi sentirete onorati di lavorare con la Commissaria, o meglio, l’ex Commissaria Ashlynn McKinley, figlia dell’eroina nazionale Caìtriona Shaw, alias Leprechaun. Avete a che fare con una donna che è riuscita in un colpo solo a buttare nel cesso anni di onorata carriera e ad infangare il nome della propria madre, nascondendosi dietro una maschera di nome Evergreen. Incarcerata con l’accusa di duplice omicidio, i suoi poteri ricordano in parte quelli dei folletti irlandesi meglio noti come leprecani: Evergreen può manipolare la fortuna e la sfortuna con l’aiuto di un’antica moneta d’oro, oltre a possedere agilità e velocità leggermente superiori rispetto la media degli esseri umani.
- Mi sembrava di averla già vista  – sì intromise Killer Croc, squadrando con curiosità l’ex poliziotta. – Hanno trasmesso parecchi servizi su di lei in tv.  
Evergreen incrociò le braccia al petto con fare scocciato: - Non siamo qui per soffermare il discorso su di me, comunque. Suppongo abbiate un valido motivo per aver convocato in questa “super stanza segreta” un manipolo di detenuti e due ragazzini presi dalla strada.
- Veramente, io vengo dall’università – la corresse Toby con un mezzo sorriso, e stava per aggiungere altro quando Waller lo zittì con un cenno della mano.
Flag posò diversi fascicoli al centro del tavolo, invitando la squadra a sfogliarli: - A Gotham cominciano ad accadere cose strane. O meglio, cose molto più strane del solito: sono stati rilevati giornalmente alti picchi di energia nell’entroterra, simili a pulsazioni cardiache; emettono qualche “battito” e si fermano all’improvviso, per poi ripresentarsi in una zona diversa ad intervalli di tempo irregolari. E queste anomalie non sono che la punta dell’iceberg: di recente, in città, diverse persone sono state aggredite o brutalmente uccise; tutte le vittime sono state trovate prive del cuore, a qualcuno mancavano anche altri organi interni. L’ultima ma non meno importante anomalia riguarda il comportamento animale: i cani sembrano impazzire ogni qualvolta si ripresenti uno di quei misteriosi picchi di energia, inoltre sono stati denunciati diversi avvistamenti di sciacalli, lupi, licaoni ed altre specie “insolite” a zonzo per le strade urbane. Io e Waller abbiamo ragione di credere che tutto questo sia opera di metaumani, ecco perché vi abbiamo convocati. La missione comincerà domani mattina all’alba. I vecchi membri della Task Force X già conoscono le regole: io sarò il vostro comandante e la vostra guida, non vi azzardate a scappare, disobbedire o fare mosse false. A voi nuovi, la notte scorsa, è stata impiantata nel collo la stessa nano-capsula esplosiva  presente nei vostri compagni veterani, un piccolo accorgimento che speriamo vi dissuaderà dal fare cazzate. Ne sono privi Katana, Bionic Boy e Snakebones in quanto volontari, ma ciò non garantirà loro l’immunità da eventuali e severe punizioni. Per ora è tutto, ci sono domande?
- In realtà sì – rispose Toby, alzando la mano. – L’evasione di massa fa sempre parte del piano oppure c’è stata una falla nel sistema?
Waller e Flag si scambiarono una rapida occhiata, poi, la donna replicò con fare spiccio: - Al momento questo non deve interessarvi. La maggior parte dei detenuti evasi è già stata sedata e riportata in gabbia. Ora vi consiglio di godere dei vostri ultimi momenti di riposo: vi aspettano lunghe e faticose giornate di lavoro.


***


I raggi di una flebile luce diurna filtravano attraverso le tende tirate, schiarendo appena i contorni della stanza semibuia.
Harley legò le stringhe degli stivaletti, per poi indossare un attillato corsetto rosso e nero. I suoi movimenti erano silenziosi e furtivi, di tanto in tanto si voltava per controllare il compagno addormentato, il cui corpo nudo era celato solo in parte dalle lenzuola leopardate.
La ventiseienne lanciò un’ultima occhiata allo specchio a muro che sovrastava un costoso comodino, diede un’aggiustata ai capelli raccolti in due codini alti e, quando fu soddisfatta, si avviò in punta di piedi verso la soglia della stanza.
- Dove stai andando?
Harley si fermò, raccogliendo la mazza da baseball abbandonata sul pavimento: - Vado a fare un giro, Puddin', a fare un po’ di casini in città – sussurrò in tono amorevole.
Il Joker emise una specie di grugnito annoiato: - Fa’ come ti pare.
La ragazza saltellò per casa fino a raggiungere la porta d’ingresso, fece scattare la maniglia e scivolò furtivamente in strada. Erano le prime ore del pomeriggio ed il cielo aveva un aspetto livido e grigiastro.
Harley sospirò, attorcigliando distrattamente il dito indice attorno ad una ciocca di capelli, poi si inoltrò in un vicolo che portava al retro dell’abitazione, saltò in sella alla moto parcheggiata a ridosso del muro e, dopo aver dato una bella scossa al motore, accelerò gradualmente, ritrovandosi presto nel bel mezzo del traffico cittadino.
Non era necessario rivelare a Puddin' ogni dettaglio delle proprie intenzioni, se le cose si fossero messe male gli avrebbe mandato un messaggio e lui sarebbe sicuramente corso a salvarla.
“Sì, il mio pasticcino verrà ad aiutarmi” gongolò tra sé, mentre svoltava bruscamente a destra, provocando un incidente “Non può fare a meno di me.”
Con questi pensieri ed il sorriso stampato sulle labbra cremisi, la Regina di Gotham si dirigeva rapidamente verso l’ultimo posto in cui, fino a pochi giorni prima, credeva avrebbe più messo piede. Non la entusiasmava affatto l’idea di rivedere quella donna, ma non poteva nemmeno ignorare la notizia appresa quella mattina stessa: c’erano stati dei casini a Belle Reve, qualcosa come una tentata evasione di massa, forse collegata a tutto ciò su cui la polizia stava indagando in quei giorni.
Non aveva naturalmente idea di come stessero Deadshot e gli altri, ma era piuttosto propensa a fidarsi del proprio istinto, ed il suo istinto in quel momento diceva che i suoi compagni (perché si rifiutava di chiamarli ex compagni), i suoi amici, avevano bisogno di lei.
E questa volta no, non li avrebbe abbandonati di nuovo.





***
Angolo degli Autori: Ecco qua il primo vero capitolo della storia!
Finalmente siamo riusciti ad introdurre i nuovi personaggi e tenetevi forte perché, durante il corso della storia, appariranno anche quelli legati all’universo DC al di fuori della Suicide Squad cinematografica.
Il primo “atto” è incentrato su un OC che al momento preferiamo lasciare avvolto nel mistero, ma che avrà comunque una funzione importante all’interno del racconto.
Speriamo inoltre che abbiate trovato IC i vari personaggi non inventati (noi ODIAMO andare OOC), attingendo un po’ dal film ma anche un po’ dal fumetto (in particolare per quanto riguarda la caratterizzazione di Joker ed il suo rapporto malsano con Harley).
Ci auguriamo che il capitolo vi sia piaciuto e che gli OCs vi ispirino: siamo solo all’inizio, ognuno di loro ha una caratterizzazione psicologica approfondita, dei segreti ed una storia da raccontare, e ci farebbe molti piacere se foste abbastanza incuriositi da volerli conoscere e scoprire passo per passo.
Si creeranno molte nuove relazioni di tutti i tipi, altre già esistenti nel film saranno più volte confermate (come, ad esempio, l’amicizia tra Floyd/Harley e Floyd/Flag di cui vi abbiamo dato piccoli assaggi) e, in generale, ogni membro della squadra riuscirà ad imparare qualcosa interagendo e stringendo legami con gli altri.
Grazie mille a chi ha letto il capitolo, alla prossima!
Gryfferinpuff

   
 
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