Film > The Avengers
Segui la storia  |       
Autore: BrownRabbit    04/04/2017    3 recensioni
"Skinny love" viene usato per indicare un tipo di relazione fra due persone innamorate, o che hanno una cotta l'una per l'altra da tanto tempo, ma sono troppo imbarazzate per esprimere i propri sentimenti. La relazione è "skinny" perché devono ancora esternare e spiegare ciò che provano. Non vi è comunicazione, per questo non si può definire davvero come relazione.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Steve Rogers/Captain America, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Villa Stark era vuota. Non che fosse una novità a quell’ora del giorno, c’era solo Edwin Jarvis intento a fare tutti i metri quadri di quel luogo più volte. Quando il signorino Stark era uscito di corsa la sera prima non ci aveva dato molto peso, dove poteva andare a piedi, infondo? Convinto di un suo ritorno prima di mezzanotte aveva ripreso a fare le sue cose e controllare che tutto fosse apposto. Però quella mattina il ragazzo non era in camera sua, il letto era intatto ed il signor Stark aveva rinunciato alla colazione andandosene a lavoro con uno sguardo perso nel nulla.
Anthony aveva dormito fuori, questo era logico. Più che altro preferiva pensare ciò piuttosto di immaginarselo da qualche parte legato per un riscatto o peggio, nell’Hudson. Howard non se lo sarebbe mai perdonato.
Sembrava improbabile, ma quell’uomo ci teneva davvero a suo figlio. Era stata la notizia più bella della sua vita, quando andò da lui a dargli la novizia aveva la felicità stampata in volto. Ma dopo il parto sua moglie Maria si ammalò. Fece tutto il possibile per resistere: terapie, pastiglie, riposo, psicologi, tutto. Riuscì fino ai due anni del piccolo Tony, già oltre ogni previsione.
Un pezzo del mondo di Howard era crollato. No, crollato no, se qualcosa crolla poi si può provare a ricostruire.
Un pezzo del mondo di Howard era scomparso. Suo figlio aveva bisogno di qualcuno che stesse con lui tutto il giorno, quindi ecco spuntare una tata tutta per lui da mattina a pomeriggio. Cercava di stare in sua compagnia almeno la sera, ma all’età di cinque anni iniziò a diventare pesante con domande da non fare e l’impulso di toccare cose da lasciare stare –tutto ciò presente nello studio del padre, ad esempio. Iniziò a sgridarlo troppo spesso e due anni dopo la tata si trasferì lì con loro.
Al nono compleanno decise di portare il piccolo Stark a fare un viaggio, così partirono. Poteva recuperare il rapporto e ricredersi su se stesso. Voleva essere un bravo padre, doveva farlo per suo figlio e per Maria, ce l’avrebbe fatta. Al ritorno decise di costruire un laboratorio in una zona inutilizzata della casa dove poter insegnare qualcosa a Tony, ma il lavoro diventava sempre più opprimente e le possibilità di fare qualcosa insieme diventarono sempre meno.
Poi arrivarono le chiamate dalla scuola; le risposte sarcastiche e solo tre amici a cui dare la colpa. L’adolescenza peggiorò tutto: si addormentava in classe; rispondeva con saccenza ai professori; stava ore nel laboratorio senza far entrare nessuno; faceva fin troppe feste in fin troppi posti.
Howard aveva tanto sperato di vederlo crescere con il carattere della madre, invece no. Ecco un piccolo se stesso girare per la casa non solo d’aspetto ma anche di comportamento. Quando guardava suo figlio vedeva quella parte di lui che avrebbe voluto cancellare dalla sua memoria.
Sapevo di non potercela fare senza di lei.” L’aveva detto una volta quando erano solo Jarvis e Howard in salotto, dopo un litigio con il figlio quattordicenne, la quale faccia da mezzo ubriaco era finita su un paio di giornali di gossip.
Tutto cambiò.
I pensieri di Jarvis vennero interrotti dal rumore del portone d’entrata che lo portò a fare retromarcia il più veloce possibile per vedere chi fosse arrivato.
«E’ VIVO!» Tony si trovò avvolto dalle braccia del maggiordomo ancor prima di entrare completamente nell’atrio. Odiava quando c’era un contatto fisico non richiesto e per quanto volesse bene ad Edwin reggeva poco quell’abbraccio soffocante. Picchiettò un paio di volte sulla spalla destra ricevendo come reazione dieci “scusi” consecutivi e la possibilità di tornare a respirare.
«Tranquillo Jarvis, mi fa piacere sapere che ci sia qualcuno preoccupato per me in questa casa.» Si sistemò la camicia con le mani prima di tornare a guardare il maggiordomo, ora con un’espressione accigliata e mirata oltre la sua figura. Non ci volle molto prima di capire cosa –o meglio chi- avesse attirato la sua attenzione. «Va tutto bene, mi ha solo accompagnato a casa.»
Dietro Tony, Steve iniziò a spostare il peso da un piede all’altro. L’occhiata lanciatagli da Jarvis non era stata delle migliori, se lo ricordava sempre cortese e sorridente, mentre in quel momento nemmeno lo salutò, tornò direttamente a guardare il moro.
«Sarebbe meglio che andasse via, signorino Stark.»
Bene, perfetto, nessuno voleva più Rogers in quella casa. Forse era davvero meglio andarsene. Sì, avrebbe detto a Tony che sarebbe passato a prenderlo dopo, nel caso avesse avuto voglia di conoscere Wanda, altrimenti alla sera successiva e basta. Appoggiò una mano sulla spalla del ragazzo davanti a lui, facendolo girare nella sua direzione.
«No, lui rimane.» Steve inarcò un sopracciglio a quelle parole. Okay che a Stark piaceva andare contro i desideri del padre, ma il biondo ci teneva davvero a non rischiare qualche denuncia per chissà quale motivazione. «Dopo dobbiamo andare da Clint. Devo solo farmi una doccia…» Tony si rivoltò verso Jarvis, che ora aveva uno sguardo seriamente preoccupato. «…sarò veloce, Jarvis.» Quest’ultimo annuì in silenzio e li fece entrare.
Non sarebbe stato veloce. Il signorino Stark non era mai veloce.
 
 
 
Fai come se fossi a casa tua.” Furono le parole di Tony prima che scomparisse su per le scale. Facile dirlo, un po’ più difficile farlo. Soprattutto quando c’è un maggiordomo con lo sguardo puntato nella tua direzione e ti prende il panico anche solo a fare un passo. Sguardo che stava diventando un po’ opprimente, ma non aveva delle cose da fare? Dubitava gli Stark lo pagassero per stare fermo a fissare gli ospiti indesiderati. Doveva trovare un modo per andare via dall’atrio e da quella presenza, subito.
Si guardò intorno alla ricerca di qualcosa, eccolo là un interessantissimo corridoio da esaminare. Voltò lo sguardo a Jarvis ed indicò verso la parte di casa che aveva attirato la sua attenzione.
«Penso che esplorerò un po’.» Come risposta ebbe uno sguardo che doveva essere fulminante, ma evidentemente il signor Edwin non era proprio il massimo con le espressioni intimidatorie. Non era il tipo, lo si capiva subito.
Decise di ricambiare con un sorriso ed andare per quella direzione.
Perché anche lui sembrava non gradirlo era una domanda della quale forse preferiva evitare la risposta. In fin dei conti erano solo finiti su un paio di siti e qualche trafiletto di giornale letto solo dagli amanti del gossip, niente di totalmente irrecuperabile. A quanto aveva saputo Tony ci era finito per cose ben peggiori. Forse quella era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso, ma sarebbe successa la stessa cosa se Steve fosse stata una ragazza? Probabilmente no. Sua madre aveva catalogato Howard come “mentalità poco aperta su certe cose” e poteva benissimo aver ragione –infondo lo conosceva meglio lei, sicuro- però poteva anche darsi che si preoccupasse per suo figlio. Più un “che penseranno di lui”. Certo, questo non cambiava gli avvenimenti della sera prima e l’aver fatto girare Tony da solo per mezza New York senza mandare qualcuno a controllare. No, forse la sua preoccupazione era più un “cosa penseranno di me”.
Si sentì un po’ in colpa a pensarlo, Peggy gli aveva raccontato belle cose sul magnante per prepararlo alla cena. Poi non poteva essere così pessimo se sua madre ci teneva. Eppure quella Domenica mattina c’era davvero stata. Forse era solo un uomo intento a fare il meglio che poteva come padre, non tutti sono ottimi in quel campo, Steve lo sapeva bene.
Comunque era meglio concentrarsi sul corridoio e lasciare certi pensieri da parte senza rischiare di tirare fuori ricordi ben riposti nel loro cassettino. La sua attenzione venne attirata da una porta in mezzo alla parete di sinistra. Solo quella in tutto il corridoio. Una vocina continuava a ripetergli di non andare, ma la curiosità prendeva sempre il sopravvento quando non doveva, quindi eccolo scendere delle scale di metallo che lo portarono a quello che sembrava tutto un altro mondo.
Ora, Steve Rogers e la tecnologia avevano un rapporto davvero complicato, era abbastanza sicuro che se si fosse messo a toccare qualcosa in quel posto sarebbe esplosa la Villa –o implosa, dipendeva dalle sostanze presenti lì-, eppure si ritrovò a girare per il laboratorio.
Passò ben lontano dallo scaffale con le ampolle dirigendosi verso la scrivania piena di fogli, alcuni sembravano caduti per terra. Era un casino di numeri, formule e pagine sparse. Il suo occhio venne attirato dall’unico foglio con massimo due formule al quale centro c’era lo schizzo di una specie di armatura. Partivano freccette ovunque che portavano alla spiegazione delle specifiche, la scrittura era un po’ incasinata per capire bene cosa dicessero, l’unica cosa in stampato maiuscolo e comprensibile era un “CERCARE SOLUZIONE PER ESIGENZE FISICHE, ANCHE I SOLDATI VANNO IN BAGNO”, il che comportò una leggera risata da parte del biondo. Le Stark Industries erano nate principalmente per il settore artiglieria pesante, poi vennero ampliate con il passaggio dal nonno di Tony al padre. Comunque continuavano a rifornire l’esercito americano e le loro armi erano tra le migliori. Forse il moro voleva collaborare, in qualche modo.
Però quelli non erano affari suoi, mettere il naso nelle faccende di altra gente lo entusiasmava poco. Anche se era quello che stava facendo in un certo senso, ma son dettagli.
Una volta riposto il disegno sulla scrivania il suo sguardo venne catturato da una moto vecchio stile con in parte una cassetta degli attrezzi. Quella era la cosa più bella che avesse visto.
Amava le moto. Le amava da quando aveva più o meno nove anni e suo padre aveva deciso essere l’età giusta per poter salire su una moto -ovviamente con il dissenso di Peggy. A Rogers senior doveva tutto ciò che sapeva su quel mondo, tipo i pezzi particolari necessitati dal veicolo di fronte a lui. Tony non l’avrebbe rimessa in sesto tanto velocemente. In più delle cose non andavano, ma se avesse cambiato un minimo nessuno se ne sarebbe accorto, no?
 
 
 
La doccia era il posto in cui Tony si rilassava di più e faceva pace con le sue ansie. Si stava anche per dimenticare di aver lasciato Steve libero di gironzolare per la Villa senza problemi, fu questa illuminazione a farlo catapultare fuori dalla doccia prima dei suoi quaranta minuti obbligatori.
Forse non era stata una delle sue idee migliori, avrebbe dovuto dire qualcosa tipo “Jarvis, offri qualcosa al nostro ospite mentre mi preparo”, invece no “fai come se fossi a casa tua”, certo, tanto cosa mai potrebbe succedere? Infondo non ci sono posti a cui è vietato l’ingresso a lui stesso, assolutamente no. L’ultima cosa che Rogers gli sembrava era un probabile ficcanaso, ma poteva entrare per sbaglio in una di quelle stanze e far partire un qualche allarme ed addio a tutto ciò ancora permesso a Stark.  
Si asciugò malamente il corpo, prese la prima maglia a tiro ed un paio di jeans e corse fuori dalla stanza. Si bloccò solo una volta trovatosi davanti Jarvis, il quale comprese subito il motivo della corsa ed indicò il corridoio con una sola porta.
Tony spalancò gli occhi. No, quello era il suo laboratorio, altre persone potevano entrarci solo sotto suo permesso e mai senza di lui. Si era sbagliato, Rogers era decisamente un ficcanaso.
Strinse i pugni lungo i fianchi, avviandosi verso il laboratorio con passo veloce. Doveva solo essersi azzardato a toccare qualcosa in quel posto. Era meglio per lui che fosse appena entrato e stesse per fare retromarcia, era molto meglio per lui.
Non ci volle tanto prima che entrasse nella sua visuale uno Steve Rogers intento ad armeggiare con la moto.
«Giù le mani, Rogers!» Gli strappò di mano la chiave inglese ancor prima che il biondo lo vedesse arrivare.
Com’è che era? Nessuno se ne sarebbe accorto? Doveva averci preso troppo gusto.
Alzò lo sguardo verso il ragazzo appena arrivato nella stanza incrociando due occhi furiosi, dannato lui e la sua curiosità.
«Scusa, mi sembrava avesse bisogno di una sistemata e…»
«Oh, no! E’ qui perché è perfettamente funzionante!» Si posizionò dall’altra parte della moto per vedere cosa avesse combinato.
«Calmati, non tocco cose se non so quello che faccio.» Scrutò il viso di Stark, che piano piano si rendeva conto quanto l’avesse sistemata. Rogers ci sapeva fare con le moto, non l’avrebbe mai detto.
Sbuffò e si passò una mano tra i capelli ancora bagnati senza dire niente. Già scusarsi per il comportamento della mattina prima era stato uno sforzo immane, figuriamoci chiedere venia una seconda volta nello stesso giorno. Steve lo sospettava, quindi decise di prendere quel silenzio per buono ed iniziò a mettere nella scatola gli attrezzi.
Una volta tutto sistemato rialzò lo sguardo verso il moro, il quale stava ancora osservando la moto, rendendosi conto solo in quel momento delle condizioni in cui era il coetaneo.
Precisiamo: Steve era un ragazzo di diciassette anni e Tony aveva la maglietta quasi appiccicata al busto con tanto di capelli gocciolanti su volto e spalle, quindi era del tutto normale sentire improvvisamente caldo. Ma quello era Stark e non andava bene, non andava bene per niente.
«Hofamepensocheandròamangiarefammisaperesevienioggiciao.» Rogers si tirò su di scatto, facendo sobbalzare il ragazzo di fronte, e si diresse verso l’uscita.
Tony ci mise un po’ a decifrare la frase, però ce la fece prima che l’altro potesse uscire dalla stanza. «Puoi mangiare qui!»
Lasciarlo tornare al suo appartamento era la cosa migliora, lo sapeva benissimo, il problema era che voleva rimanesse lì e lui raramente faceva la cosa migliore rispetto a quella voluta.
Steve si bloccò all’inizio delle scale.
No.
Certo, quella sarebbe stata la risposta più saggia. Andarsene a casa per farsi una bella doccia fredda e rivederlo solo nel pomeriggio, in caso. Però era anche vero Tony poteva benissimo prenderla male, rischiando di far tornare il loro rapporto ad un livello instabile.
«Dipende che mi offri?» Anche se il moro l’aveva raggiunto, lui aveva tenuto lo sguardo sulle scale iniziando a farle una volta superato dal padrone di casa.
«Dovrei vedere come è messa la dispensa, ma se mi dici cosa ti piace posso inventarmi qualcosa.» Steve si bloccò con uno sguardo incredulo verso Stark.
«Vuoi dire che cucinerai te?»
 
 
 
Stark era stato in dispensa per dieci minuti buoni prima di uscire con uno scatolone tra le mani. Poi via dritto la cucina seguito da Steve, il quale aveva insistito per poterlo aiutare, quindi perché no? Gli avrebbe fatto fare quelle cose odiose tipo tagliare salsiccia e radicchio. Acconsentì senza controbattere lasciando Tony libero di tirare fuori l’occorrente. Tagliando le cose riuscì anche a calmarsi.
«Quando hai imparato a cucinare?» Steve tagliò l’ultimo pezzo di radicchio e lo versò in una ciotola accanto a quella con dentro la salsiccia sbriciolata, per poi prenderle entrambe e poggiarle sullo spazio vuoto in parte ai fornetti dove l’altro ragazzo stava controllando la cipolla.
«Penso sui tredici anni. Jarvis faceva sempre le solite cose, ero un po’ stufo.» Prese la ciotola contente la salsiccia e la unì al soffritto. «Alcune cose le ho imparate su internet, altre dal vivo.»
«In che senso “dal vivo”?» Rogers si era appoggiato con la schiena al mobile della cucina dove aveva appoggiato le ciotole così da poter guardare meglio cosa stesse facendo il cuoco in erba, il quale prese l’ultima ciotolina portata da Steve e buttò il radicchio nella padella.
«Beh, questo –ad esempio- è un piatto che ho imparato in Italia. Mio padre gira spesso per lavoro ed a volte mi prende con sé.» In teoria per imparare qualcosa, in pratica ci rinunciava e faceva fare al figlio quello che preferiva, l’importante era rimanesse dentro l’Hotel. «Sono rimasto tutto il tempo nella cucina dell’albergo, il cuoco mi prese in simpatia e mi ha insegnò qualcosina.»
«Sei stato in Italia?» Il volto di Steve si accese.
L’Europa aveva un certo fascino per lui, vuoi per la sua storia artistica o per le miriadi di cose che si potevano visitare. Aveva sempre sognato di andarci.
«Sì, ma non chiedermi niente. Ho visto solo la cucina dell’Hotel.» Fece un sorriso amaro mentre faceva saltare la dose di riso.
Era stato a Parigi, Roma, Berlino, Bruxelles ma non le aveva mai veramente viste. Aveva sempre fatto finta gli importasse poco, c’era sempre qualcosa di nuovo in ogni struttura alberghiera da scoprire. Sapeva fare un sacco di piatti italiani, ad esempio. Però ora doveva ammettere che avrebbe voluto vedere qualcosina, almeno il Colosseo.
Steve intravide un’ombreggiatura nello sguardo di Tony, procurandogli un leggero senso di colpa per averglielo chiesto con così tanto entusiasmo.
«Speriamo ne sia valsa la pena.» Il biondo fece ancora quel sorriso capace di rimettere tutto a posto in un nano secondo e Stark si maledisse per aver scostato lo sguardo dalla pentola verso di lui proprio in quel momento.    
«Beh, dimmelo tu.» Tirò su una piccola porzione di riso con la punta di un cucchiaio di metallo avvicinandola poi all’altro, talmente sicuro gli prendesse il cucchiaio dalla mano che non lo stava minimamente guardando.
Invece Steve sembrava non averlo pensato. Era rimasto in stallo per un attimo, poi aveva fatto spallucce e si era abbassato verso il cucchiaio poggiando una mano su quella di Tony, il quale si voltò di scatto con gli occhi spalancati ed il volto troppo caldo. Il colpo di grazia arrivò quando il biondo si leccò il labbro superiore per pulirselo.
Ecco, tutto quello non andava bene, ma proprio per niente. Ritornò con lo sguardo sul riso prima che l’altro potesse accorgersi del suo cambiamento di colorito.
«Sì, ne è valsa la pena.» Era una delle cose più buone che avesse mai mangiato. Erano sicuramente gli ingredienti, non si sarebbe stupido se Howard Stark avesse fatto importare anche quelli.
«Quindi è pronto?» Tony non staccava gli occhi dalla pentola, si sentiva quelli di Steve addosso e non aiutava.
«Penso di sì. Non deve essere troppo duro, giusto?» Il moro annuì e spense il fornello per poi fare gesto al biondo di passargli i piatti. Stava diventando di nuovo tutto troppo silenzioso, cosa poco gradita a Tony.
«Spero sia la prima ed ultima volta tu dica una frase simile.» Okay, forse era meglio il silenzio di prima.
Perché a volte non rifletteva prima di aprire bocca? Dannati ormoni adolescenziali, non si poteva saltare quella parte d’età a piedi pari? Erano instabili, fastidiosi e mandavano in pappa buona parte del cervello. Lui era un genio, certe uscite non erano per niente da persona con un alto quoziente intellettivo.
Però Steve stava ridendo con due piatti di riso in mano. Quindi, forse, non era tanto pessimo.
«Dai, Jarvis ci aspetta.» Fece segno al moro di prendere in mano l’altro piatto e di seguirlo.
 
 
 
Durante il pranzo erano uscite un sacco di cose: Steve aveva appreso cose sul mondo delle moto grazie al padre, ma di lui era meglio non parlarne perché declinava con più gentilezza possibile l’argomento; Tony era stato preso alla MIT ancora due anni fa, ma aveva preferito stare ancora un po’ con i suoi amici –questo era uscito grazie al maggiordomo, incapace di stare zitto-; Steve non apprezzava più di tanto l’arte dal ’60 in su, carine le idee ma poco di più; Tony sapeva parlare francese, italiano, tedesco e spagnolo, tutto grazie ai viaggi del padre; Jarvis lavorava per il signor Stark da più di venticinque anni –si era sentito messo un po’ in disparte, aveva dovuto dire qualcosa.
Entrambi avevano preso le informazioni sull’altro segnandole mentalmente, un po’ per evitare gaffe future, un po’ per ampliare la visione avuta dell’altro.  
In quel momento il maggiordomo si rese conto di poter lasciar da parte le preoccupazioni, perché era da diversi anni che il signorino Stark non stava in quella stanza per più di dieci minuti. Anche se i rumor fossero stati falsi sarebbe stata comunque una buona influenza sul giovane moro.
Decise di lasciarli lì a parlare ignorando completamente il ragazzo biondo ed il suo “lasci pure fare a me” una volta presi i piatti vuoti. Tanto c’era solo da piazzare tutto in lavastoviglie, non era un grande sforzo.
A Steve cadde l’occhio sull’ora, per poi spostare lo sguardo a Tony. Quest’ultimo si morse il labbro inferiore internamente, sapeva qual era la domanda, era un po’ meno convinto della risposta.
Ci aveva pensato un po’ mentre era in doccia arrivando a convincersi quanto fosse una pessima idea. Prima di tutto non avrebbe mai fatto un gioco di ruolo dove doveva stare agli ordini di qualcun altro, men che meno si sarebbe vestito, doveva già fare un grande sforzo per la festa di Clint e bastava. Poi, come già ricordato, era una frana con i bambini e con ogni essere vivente. Aveva appena guadagnato punti con Steve -almeno così gli sembrava- perderli per aver fatto piangere la bambina per cui sembrava stravedere suonava davvero male.
Il silenzio era stato abbastanza eloquente e Rogers s’era alzato dalla sedie senza dire una parola sotto lo sguardo di Tony. Era un diritto di Stark scegliere se andare con lui o meno, quindi perché rimanerci così male? No, non aveva senso, quindi il biondo si sforzò di fargli un sorriso ed apparire il più naturale possibile.
«Devo andare o rischio di passare tutto il giorno con una bambina imbronciata.» Tony annuì in silenzio e rimase a fissare la schiena di Steve allontanarsi.
Passò giusto qualche minuto, il tempo di sentire il saluto a Jarvis e il portone chiudersi, prima che si alzasse con un “Oh, al diavolo” e facesse la stessa strada dell’altro.
Steve era appena salito in macchina quando sentì la portiera del passeggero aprirsi e richiudersi. Non aveva bisogno di guardare chi fosse per sapere, c’erano veramente poco opzioni.
«Sappi che non indosserò niente di umiliante.» Lo sguardo di Tony era fisso sul parabrezza da quando era entrato in macchina. Sentiva di aver fatto una stronzata, ma ormai era lì.
«In bocca al lupo, Tony.»
Avrebbe dovuto preoccuparsi, ma il suo cervello era andato in standby. L’aveva chiamato per nome. Niente “Stark”.
Sì, aveva decisamente guadagnato dei punti.




-----
Note dell'autrice: Buondì! 
Niente, alla fine mi son persa via a scrivere e Wandina cara arriva nel prossimo capitolo, spero non dispiaccia come cosa.
Stevexmoto rimarrà una delle mie più grandi ship, sappevatelo. 
Ringrazio chi ha commentato, siete dolcini e carini e vi riempirei di cioccolatini. <3 

Un bacio, 
BR.
   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Film > The Avengers / Vai alla pagina dell'autore: BrownRabbit