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Autore: StormyPhoenix    24/04/2017    4 recensioni
Los Angeles, primi anni del nuovo secolo. Quasi per caso si incrociano le strade di una ragazza sola e in fuga dal suo passato spiacevole e di una delle band più famose del posto; un sentimento combattuto che diventa prepotente salderà il legame.
(Prima storia sui SOAD, so che è un po' cliché ma vabbè.)
Genere: Erotico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Daron Malakian, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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Salve!
Non so di nuovo quand'è che potrò aggiornare la prossima volta e, vi giuro, la voglia di aggiornare per vedere le vostre reazioni è sempre tantissima... ma ho deciso di postare di nuovo, anche se da dopo questo capitolo ne restano soltanto due già pronti e poi ci sarà da attendere un poco :c
Unica anticipazione: siete preparati psicologicamente? Non vi dirò perché, l'importante è che abbiate risposto sì, perché servirà xD
Ringrazio tutti come sempre, sia lettori che recensori, e per questo capitolo, pure un po' più lungo del solito, aspetto con trepidazione i vostri pareri, e mi auspico che siano lunghi e ricchi :'D
Buona lettura <3




 

-Shavo-

Si avvicina la prima ora della notte: Morfeo ancora non si è deciso a venire a farmi visita, per cui continuo a rigirarmi nel letto e a pensare nonostante la stanchezza. Detesto quando questo succede, davvero.
Dopo ancora qualche minuto di inquietudine mi alzo, esasperato e intenzionato a scroccare a Daron un po' di erba per tentare di rilassarmi abbastanza da addormentarmi: una volta nel corridoio, però, noto che la porta della sua camera è socchiusa e le sue scarpe sono lì vicino all'ingresso. Do un'occhiata cauta all'interno e constato l'assenza del ragazzo, poi all'uscita mi rendo conto che anche la porta della stanza che è temporaneamente l'alloggio di Nikki non è chiusa come al solito; sbircio dallo spiraglio e, oltre all'esile forma del corpo di lei sotto la coperta, distinguo un'altra figura distesa al lato.
Daron è lì con Nikki.
All'apparenza le loro interazioni si sono ridotte alquanto e in maniera graduale almeno dalla fine di gennaio in poi, forse la ragazza sperava che mettere un po' di distanza fra lei e il chitarrista potesse essere un rimedio per i sentimenti da lei maturati verso di lui... ma se fosse accaduto lo stesso anche a lui? Daron non è stato loquace nella piccola chiacchierata di un'ora fa circa, ma ormai da un po' vedo stranezze nel suo comportamento che mi danno da pensare... ricordo ancora, per esempio, che espressione assunse quando gli fu riferito che Nikki era in giro con Bree e Paul e, ancora di più, che faccia aveva quando tornò dalla passeggiata che decise di fare subito dopo aver avuto quella notizia.
Ho il presentimento che anche lui si sia innamorato di lei, ce l'ho fin dalla fine delle feste natalizie, quando l'assenza della ragazza, perdurata fino alla partenza per il tour, pareva rendere il mio amico più malinconico e pensoso del solito, ma, mi ci gioco la testa, sono quasi certo che le sue mille seghe mentali lo spingano a non voler ammettere né fare alcunché al riguardo. Cielo, che situazione... se dovesse avvenire prima o poi una "esplosione" non vorrei dover assistere invero perché non saprei nemmeno cosa aspettarmi.
Sospiro profondamente, poi torno nella mia camera e mi stendo sul letto, rassegnato.

-Nikki-

Dopo le lunghe ore di incoscienza del sonno percepisco l'arrivo del mattino, ma mi rifiuto di aprire gli occhi. Non so come sia possibile, ma la qualità del sonno di questa notte appena trascorsa è stata di gran lunga migliore della solita e non so come questo sia potuto accadere; ad un certo punto mi è parso di non essere più sola nel mio letto e di percepire il calore di un corpo umano, ma con tutta probabilità sono state cose provate nei sogni di stanotte che ormai non ricordo nemmeno più... dopo qualche minuto, sentendo i primi raggi di sole arrivare fin sul letto, mi rassegno al risveglio e finalmente sollevo le palpebre ancora un poco pesanti.
Sono sola, come previsto, ma c'è qualcosa che non mi torna: ricordavo di non essere nemmeno riuscita a spegnere l'abat-jour prima di addormentarmi, stanca e con le lacrime agli occhi come spesso mi succede di recente, ma eccola lì spenta... forse uno dei ragazzi si è accorto della cosa ed è venuto a farmi questa cortesia. Improvvisamente sento un profumo familiare e un po' di pelle d'oca affiora sulle mie braccia; prendo cautamente uno dei cuscini vicino ai due o tre che di solito uso, lo annuso e l'odore di prima torna inaspettatamente nelle mie narici... credo che Daron sia stato qui stanotte a tenermi compagnia mentre dormivo. Il pensiero mi fa inizialmente sorridere, poi le lacrime mi riempiono di nuovo gli occhi: probabilmente avrà provato pena vedendo qualche traccia di trucco sbavato sulle mie guance e sarà rimasto solo per quello.
Settimane di distanza fisica e di interazioni diradate non hanno sortito l'effetto desiderato, i miei sentimenti sono riemersi più potenti di prima, ho fallito nel mio tentativo di soffocarli... sono soltanto una stupida che si è innamorata di un ragazzo che non può avere. Perché, perché a me?!
Dopo alcuni minuti di pianto silenzioso mi riscuoto, mi asciugo le guance con un fazzoletto per rimuovere anche le piccole strisce nere e mi esercito a dipingermi in faccia il sorriso realistico e rilassato che indosso ogni giorno come una maschera.

«Sei sicura?» chiede Serj, sorseggiando il suo caffè.
«Sì, se non è estremamente necessaria la mia presenza in studio preferisco rimanere a casa» rispondo, tranquilla «così posso anche dare una ripulita per tenermi occupata.»
«Ma non preoccuparti, possiamo fare anche noi, ci sentiamo in colpa al pensiero che in nostra assenza tu ti metta a fare la donna delle pulizie al posto nostro» protesta lievemente Shavo, ma scuoto la testa e lui si zittisce.
«Farò come ho già pensato e deciso, voi non preoccupatevi.»
«Come preferisci» dice John, accomodante «e grazie mille per tutto ciò che fai per noi.»
Mi si inumidiscono un po' gli occhi ma non lo do a vedere. «Non c'è di che, ragazzi.»
Giusto in quel momento passa il postino, lo capisco dal trillo del campanello sulla sua bici, e poco dopo esco a ritirare la posta dalla cassetta; una volta rientrata mi fermo per controllare di cosa si tratti e, improvvisamente, una busta decisamente più piccola scivola dalla pila e atterra sul pavimento senza quasi far rumore. La raccolgo immediatamente e salta all'occhio il candore della busta, su cui apparentemente non vi è alcun riferimento ad un possibile mittente; la giro e vi trovo scritto il mio nome in una calligrafia alquanto impersonale.
Chi mai può avermi inviato qualcosa? E come fa a sapere che risiedo dai ragazzi di recente?
Sento l'ansia aumentare percettibilmente assieme alla velocità del mio battito cardiaco mentre apro la busta con mani malferme, finendo per stracciarla alquanto, e mi ritrovo fra le mani un biglietto.
"So dove sei, troia. I tuoi amichetti non mi fermeranno. Verrò presto a prenderti e vendicherò la vergogna che hai gettato sulla tua famiglia e sulla tua città. J."
Mi costringo a mantenere l'equilibrio a dispetto delle gambe improvvisamente tremanti, poi infilo la lettera in una tasca e torno in cucina a consegnare le buste a Serj, cercando di non far trasparire nulla di sospetto... per ora non dirò nulla al cantante e ai suoi colleghi, hanno già abbastanza da fare e non voglio dare loro noie, devo cavarmela da sola in qualche modo.
Quando i ragazzi vanno via li saluto sulla soglia con un sorriso e un abbraccio per ognuno di loro e, una volta di nuovo dentro, mi barrico girando la chiave nella serratura, chiudendo ogni singola finestra al primo piano e tirando anche le tende dove ci sono, poi finalmente mi sento abbastanza sicura e mi butto nelle pulizie a capofitto e con alacrità.
Qualche ora più tardi, mentre sono seduta sul divano per riprendermi da un capogiro che mi ha assalito alla fine del tour de force che ho appena fatto, sento squillare il mio cellulare lì vicino; lo afferro e rispondo senza neanche controllare numero o nome sul display.
«Pronto?»
«Nikki, sono Shavo!»
«Shavo! Dimmi tutto.»
«Oggi torniamo a casa dallo studio nel pomeriggio e ti meriti doppio ringraziamento.»
«Suvvia, perché mai?»
«Perché ci siamo appena ricordati che stasera verranno da noi Sako, Beno e Rick e ci hai salvato le chiappe facendo le pulizie visto che ce ne siamo dimenticati.»
«Oh! Beh, fortuna che è capitata questa coincidenza allora...»
«Tu stai bene, è tutto okay lì a casa?»
«Certo, tutto okay.» Quanto mi costa dirlo e cercare di mantenermi naturale...
«Bene, a più tardi allora! Ti salutano tutti qui in studio, specialmente Daron.»
Sento il chitarrista protestare in qualche modo e ridacchio appena. «Grazie mille, ricambia i saluti da parte mia. A dopo!»
Una volta chiusa la chiamata mi stendo sul divano e sospiro, pensando alla lunga serata che mi attende.

«...dunque, ti stai trovando bene?»
La sera è tiepida e, mentre alcuni sono dentro, io sono sul terrazzino a chiacchierare con Rick e Sako, sorseggiando un bicchiere di Sprite.
«Sì, grazie» rispondo all'indirizzo del produttore, con un sorriso.
«Meglio così. Di recente qualcuno dei ragazzi ha espresso preoccupazioni riguardo alla tua salute e mi sono preoccupato un po' anche io, è qualcosa di serio?»
«No, nulla di grave... è solo un periodo in cui spesso sono stanca e tornano alla mente brutti pensieri, ma finora me la sono cavata piuttosto bene, quindi non c'è bisogno di preoccuparsi per me.»
«Mi raccomando, Gray, non fare scherzi!» interviene Sako, chiamandomi per cognome come talvolta fa per prendermi in giro.
«Tranquillo, Karaian, non ne farò» replico, scoppiando poi in una sonora risata quando vedo l'espressione da lui assunta.
In quel momento si avvicina a noi Shavo con il resto della comitiva, con l'aria di chi ha qualcosa da dire.
«Sembra che stiate avendo una conversazione piacevole» esordisce sorridendo «possiamo aggregarci?»
«E c'è bisogno di chiederlo?» è la risposta di Rick; un attimo e poi ci sistemiamo in una sorta di cerchio stretto, rimanendo in piedi.
Dopo poco i discorsi virano su argomenti come la politica e la mia attenzione diminuisce, non avendo nulla da dire al riguardo per carenza di cultura, così mi distraggo a fissare il cielo scuro, troppo inquinato dalle luci per poter vedere più di qualche misera stella qua e là. All'improvviso sento qualcosa sfiorarmi una mano che penzola nel vuoto e il contatto mi fa trasalire appena; quando mi volto per capire qualcosa di ciò che è appena accaduto mi trovo ad incrociare i grandi occhi scuri di Daron che, colto in flagrante osservazione attenta, abbassa un attimo la testa e poi la rialza e mi sorride appena... subito una sensazione di calore mi assale, facendosi sentire sulle guance e all'altezza del petto, ma mi sforzo di ricambiare il gesto.
«Stai bene?» mi domanda, con una nota di preoccupazione nella voce.
«Sì, grazie» replico quasi senza pensarci, sperando di apparire convincente. «Tu?»
«Anche.»
Torniamo a concentrarci sui nostri discorsi con gli altri e per un bel po' ci rivolgiamo soltanto frequenti sguardi furtivi... beh, va sicuramente meglio di quando sono trascorsi giorni senza che quasi ci rivolgessimo la parola.

È notte. Sono in una stanza simile alla mia, con una lampada accesa che illumina soffusamente e delicatamente l'ambiente con una calda luce quasi rossastra, e sono distesa sul mio letto con indosso soltanto biancheria intima... ma non sono da sola. Improvvisamente la figura piuttosto piccola ed esile di un uomo compare sul materasso vicino a me. La poca luminosità mi permette di distinguere un viso familiare: occhi castani e grandi, sopracciglia spesse e regolari, naso diritto, labbra sottili, capelli scuri ribelli che gli sfiorano la base del collo...
Daron.
Cosa ci fa qui?!
Un subitaneo moto interiore di vergogna per le mie condizioni mi spinge a coprirmi come posso e fa bruciare il mio viso paonazzo, ma le braccia non possono nascondere nulla e lui, osservando i miei sforzi, si lascia sfuggire una piccola risata bassa e più profonda del solito prima di prendermi gentilmente per i polsi e stendermi sotto di lui. Il desiderio che leggo nei suoi occhi fa correre un brivido lungo la mia schiena, e quando mi bacia con foga non oppongo alcuna resistenza.
Le sue mani sottili e callose esplorano avidamente il mio corpo e rimuovono i pochi ostacoli rimasti fra i nostri corpi; sento il suo petto premere contro il mio e un'espressione intensa appare sul suo viso, ma di lì a poco risprofondo nel buio totale prima di poter fare qualunque cosa.
Mi risveglio quasi di colpo e getto via le coperte, assalita da un caldo insopportabile; i miei occhi scrutano la semioscurità affannosamente prima di realizzare che è stato soltanto un sogno... un sogno così verosimile da scombussolarmi come se il suo contenuto fosse un fatto realmente avvenuto.
L'iniziale mix di sorpresa, piacere e persino eccitazione degrada in una malinconia venata di desiderio nel giro di pochi minuti: tutto ciò che la mia mente ha elaborato è bello ma dannatamente irreale e pensare che forse non avverrà mai davvero mi fa male, provoca piccole fitte al cuore come spilli infilzati in un cuscinetto.
Il mio cervello si è definitivamente ammutinato contro di me, grandioso.

-Daron-

Siamo arrivati a Tucson da cinque minuti e già ho proferito un numero imprecisato di maledizioni e parolacce: il dannato clima tropicale dell'Arizona mi sta facendo sudare più per l'umidità che per la reale temperatura e mi sento osservato, quasi passato ai raggi X.
Sbircio per l'ennesima volta in direzione di Nikki, che è più avanti e intenta a conversare con Serj su chissà quale argomento. Da dopo quella notte in cui le ho tenuto compagnia a letto fin quasi all'alba e in cui ho capito cosa provo per lei, non riesco a starle vicino... sento il desiderio di stringerla a me con forza, di baciarla fino a non farla respirare, di rivelarle ciò che mi brucia dentro, ma non posso, non ce la faccio...
All'improvviso mi rendo conto di essere rimasto un po' indietro rispetto ai miei colleghi e mi fermo e, proprio in quel momento, da un angolo nascosto spunta una figura femminile familiare...
Tina.
Una lampadina si accende repentinamente nella mia testa, per cui non arretro né cambio direzione e la fisso mentre mi si avvicina.
«Ciao caro» esordisce, con un sorriso palesemente finto.
«Ciao Tina» rispondo con tono di voce piatto, poi la fermo prima che possa parlare di nuovo «dopo la fine dell'evento aspettami sul retro, dobbiamo parlare.»
«Oh, va bene!» si illumina in viso.
«No, non accadrà nulla di ciò che pensi» mi affretto a smontare il suo entusiasmo, cosa che mi dà un sottile piacere «e avrò da dirti cose serie. A dopo» concludo, piantandola in asso per raggiungere il resto del gruppo.

A concerto finito, fradicio come non mai, mi accascio su una sedia nel backstage e mi asciugo, poi resto per alcuni minuti come incantato a fissare le persone che si muovono intorno a me e ad ascoltare i rumori della folla sotto il palco che ora sta mostrando il suo apprezzamento alla band che è succeduta a noi.
«Hey, tutto okay?» dopo un tempo indefinito Serj mi scuote dal mio torpore, posandomi una mano su una spalla.
«Sì, certo, sono solo un po' affaticato e sudato. Odio questo clima così caldo.»
«Io e gli altri stiamo tornando al tour bus così possiamo lavarci e sistemarci, Shavo e John hanno anche intenzione di andare a fare un giro in città. Tu che vuoi fare?»
«Vengo certamente per farmi una doccia, ma non credo che vi accompagnerò a fare i turisti, non sono in vena.»
«Va bene, come preferisci.»
Una volta lì, per fortuna, capita a me il privilegio di essere il primo ad usare il bagno: la doccia è un sollievo immane dall'afa e dal sudore ma cerco di non impiegarci troppo per non far aspettare a lungo gli altri e perché ho fretta.
Mi allontano dal bus con molta circospezione, favorito dalla notte già arrivata, vestito con banale t-shirt nera, jeans e sneakers e così nervoso da percepire una sorta di elettricità nel mio corpo; giunto a destinazione noto che non c'è nessuno ad attendermi.
Dove diamine si è cacciata Tina?
Dopo questo tiro mancino per me è ufficialmente come morta, questo è sicuro.
Un fruscio nei dintorni mi distrae, poi due braccia si serrano al mio collo da dietro e sobbalzo violentemente, liberandomi dalla presa e voltandomi a fronteggiare il possessore di quegli arti.
«Caro, non te l'aspettavi?» la voce acuta di Tina raggiunge le mie orecchie e ha l'effetto di un'unghia che striscia su una lavagna.
«Mi hai fatto prendere un colpo, idiota!» ribatto, irritato. «Non c'era bisogno di architettare questo scherzetto. Pensavo di essere stato chiaro prima, questo non è l'inizio di una nuova serie di incontri segreti per fare sesso.»
«E cosa significa questo appuntamento, allora?» domanda lei di ritorno, palesemente infastidita, incrociando le braccia.
«Significa quel che ti ho detto oggi pomeriggio: è un incontro per parlare. Dobbiamo parlare.»
La ragazza sta erigendo un muro fatto di indifferenza ed ostinazione, questo non promette bene. «E di cosa? Io non ho niente da dirti.»
Prendo un respiro profondo per resistere all'impulso di liquidarla con male parole e gestacci. «Sono io ad avere qualcosa da dirti, invece.»
Lei pare improvvisamente incuriosita, ma la sua espressione rimane ugualmente stolida. «Okay... dici.»
«Ebbene, voglio dirti che non voglio più vederti... intendo mai più, intendo dire che devi sparire per sempre.»
«Cosa?» si indigna, pur impallidendo allo stesso tempo.
«Visto che queste parole sono per te aria fritta se dette dai miei amici, ho pensato che forse avresti ascoltato se te le avessi dette io» proseguo, stranamente calmo. «Se davvero ci tieni a me come hai sempre detto, fai come ti chiedo.»
«Qual è il problema?» Tina inizia a puntare i piedi, classica bamboccia viziata e capricciosa. «Perché ti fai mettere i piedi in testa dai tuoi colleghi che mi odiano? Ti hanno chiesto loro di dirmi questo, ne sono sicura!»
«Ma quali piedi in testa, è un'opinione condivisa» replico, ironico. «Nessuno mi ha scelto come piccione viaggiatore per questo messaggio.»
«Allora chi c'entra in questo?» la ragazza prosegue, in tono lagnoso. «C'entra forse Nikki, quella sciacquetta sfigata e con i capelli orrendi che era con voi nel backstage quel giorno? Ma sì, è chiaro che c'entra lei, dev'essere diventata la vostra nuova groupie!»
Una repentina ondata di rabbia mi assale al sentirla parlare di Nikki in quei termini. «No, Nikki non è la nostra nuova groupie, è nel team tecnico. Ripeto, sono io a non volerti più fra i piedi.»
«Sei forse innamorato di lei, cretino?»
«Può darsi, ma non sono affari tuoi!»
Di colpo tacciamo entrambi, io ancora furente, lei assorta in chissà quale pensiero, poi improvvisamente inizia ad avanzare verso di me, ancheggiando.
«Un tempo stavamo benissimo insieme, c'era un'alchimia innegabile» comincia, con tono suadente, sempre più vicina mentre io resto immobile «a letto facevamo faville, soprattutto appena dopo ogni volta che ritornavi single. Possiamo ancora recuperare tutto se lo vuoi, devi solo dirmelo...»
«Non funzionano le tue lusinghe, Tina Carter» proferisco sottovoce, gelido, quando lei si ferma ad una trentina di centimetri di distanza da me. «Il passato è passato, non tornerà mai più. Non provo più assolutamente nulla per te, voglio solo che tu sparisca dalla mia vita.»
«Smettila di pensare troppo, lasciati andare!» urla di colpo la ragazza prima di fiondarsi contro di me; prima di poter parlare sento la sua bocca impiastricciata di lipgloss premere sulla mia e la sua lingua che tenta di farsi strada per raggiungere la mia, ma dopo l'iniziale sorpresa respingo con forza il suo assalto, mi stacco e la spingo via da me con una tale energia che quasi cade. In quel momento scorgo qualcosa in movimento con la coda dell'occhio, sposto velocemente lo sguardo e metto a fuoco Nikki e la sua aria ferita per pochi secondi prima che lei si dia ad una rapida fuga... oh no, che guaio...
«Finiamola qui. Non osare ricomparire davanti ai miei occhi o sei finita, è una promessa. A mai più rivederci!» concludo, ripulendomi il viso dal glitter appiccicoso lasciatomi da lei, poi mi volto e inizio a correre più velocemente possibile.
«C'è qualcuno sul bus?» chiedo all'autista una volta giunto a destinazione, trafelato.
«I ragazzi sono andati via, c'è soltanto una ragazza che-»
«Okay, grazie» rispondo, poi prendo l'uomo per un braccio e lo porto fuori dal bus con una certa energia «vai a fare anche tu una passeggiata, per favore, ho bisogno di privacy.»
«Ma...» il tipo non fa in tempo a protestare che ormai io sono salito e gli chiudo la porta in faccia, bloccandola subito dopo; scorgo la sua faccia preoccupata dall'altra parte del vetro e cerco di rassicurarlo con un gesto, poi mi allontano.
Lo spazio in cui mi trovo è apparentemente silenzioso, ma quasi subito capto dei suoni, rumore di singhiozzi soffocati e di naso chiuso.
«Nikki?»
«Vai via!» una voce strozzata giunge da un punto imprecisato, ma di certo non demordo così facilmente.
«No, non vado via, parliamo piuttosto!» cerco di essere conciliante, ma ciò che di lì a poco accade è davvero imprevisto: la ragazza esce come una furia dal bagno e mi raggiunge a grandi passi, più incazzata che mai, non so se temerla anche solo un poco oppure no.
«Va bene, parliamo!» ruggisce, con gli occhi rossi, il naso paonazzo e le guance ancora bagnate e sporche di kajal nero colato. «Di cosa dobbiamo parlare? Di quanto tu sia uno stronzo incoerente? Prima dici che non vuoi più avere a che fare con quell'oca di merda e poi invece lasci che ti baci con quella bocca laida dopo che ti ha detto due paroline dolci per persuaderti!» mi dà improvvisamente uno spintone sul petto, barcollo e poi arretro di un passo. «Ma sì, prima giochi con un'altra ragazza, due coccole di qua, due bacetti di là, cosa vuoi che siano?, poi te la fai con altre come se niente fosse!»
«Non me la stavo spassando con Tina, ci stavo parlando seriamente, lei ha avuto la balzana idea di baciarmi ed è successo tutto così velocemente che non ho potuto evitare e ci è voluto un po' per reagire, scusa se non ho i riflessi di Superman!» rispondo, un tantino piccato, ma lei pare non sentirmi e prosegue nella sua furia.
«Ti credevo diverso, pensavo fossi un ragazzo maturo nonostante tutto, e invece ecco che io, povera fessa, devo ricredermi per l'ennesima volta, come sempre nella mia miserabile vita!»
Le sue rabbiose rimostranze proseguono ancora per un po', a tratti confuse e quasi incomprensibili, poi però decido che è giunto il momento di fermare il suo fiume in piena.
«Ora basta! Time out!» alzo un poco il tono di voce e le blocco i polsi mentre le sue mani premono ancora sul mio torace, lei si divincola per qualche istante ma poi rinuncia e si ferma, ansante, gli occhi ardenti e le mascelle serrate e contratte. «Ho ordinato a Tina di sparire, ecco perché l'ho incontrata. Contenta?»
«Non mi fa piacere il contentino, non sono un fottuto cane» Nikki risponde a denti stretti.
«Ma poi, perché reagire così? Qual è il senso?» riprendo, fingendo di non sapere qualcosa per vedere la possibile reazione. «Capisco che Tina ti sta proprio sul cazzo, ma lei per me non è niente e, oltretutto, io e te siamo amici...»
«Ed è qui che ti sbagli! Sbagli su tutta la linea! Gli amici di sesso opposto non si baciano e non condividono il letto come abbiamo fatto, e inoltre reagisco così perché mi importa, mi riguarda!»
«Mi sbaglio? E perché, allora? Spiegami perché allora ti senti così punta sul vivo, su!» mi concedo di riassumere il tono di voce usato in precedenza per frenarla.
«Perché ti amo, coglione!» Nikki urla infine; le lacrime tornano a riempirle gli occhi e a scorrere senza freno mentre lei si divincola dalla mia presa e si allontana a testa bassa, scossa dai singulti.
Ho... ho capito bene?
Mi ama?
E io in tutto questo tempo ho ignorato la cosa e le ho fatto del male...
Ciò che mi ero ripromesso di non farle.
Sono davvero un gran coglione, ha ragione.
«Nikki, aspetta!» proferisco, poi muovo dei passi in avanti, l'acchiappo e quasi le faccio fare una piroetta per far sì che mi fronteggi di nuovo; lei fa come per spingermi via di nuovo, ma torno a bloccarle i polsi come prima.
«Cosa vuoi, ora? Prenderti gioco della scema che ti sta davanti? Non ce n'è bisogno, l'ho capito da sola quanto sono patetica, è meglio che mi dilegui in questo istante» mi apostrofa, smozzicando alcune parole per via del pianto, senza guardarmi.
«Lasciami rimediare, ti prego» il mio tono di voce si fa supplichevole, ma lei non mi dà retta.
«Non voglio la tua pietà» risponde, amara «non ho bisogno della pietà di qualcuno, voglio solo sparire...»
Le sue rimostranze sommesse proseguono e decido che è ora di fare qualcosa di concreto: spingo la ragazza contro una parete del bus, certo che nessuno vedrà alcunché dall'esterno grazie ai finestrini oscurati, poi le sollevo la testa con una mano.
«Nikki» pronuncio il suo nome con calma decisa «guardami.»
Lei obbedisce quasi di malavoglia, ma una volta che i suoi occhi incrociano i miei pare quasi ipnotizzata e la sua bocca si schiude come se volesse parlare...
Questo è il momento di agire.
Senza preavviso la bacio con foga, come mai ho fatto prima, e la sua risposta arriva dopo qualche secondo di iniziale sorpresa con uguale forza; non oppone resistenza alla mia lingua che si insinua fra le sue labbra, anzi, replica il gesto subito dopo e mi sento assalire da un capogiro causato da quel meraviglioso contatto.
Dio, ne voglio ancora...

-Nikki-

Qualunque rabbia o risentimento io abbia provato nei confronti del chitarrista negli ultimi dieci minuti è sparito, la parte irrazionale e sentimentale di me ha preso le redini... non c'è ritorno da tutto questo.
I baci di Daron sono febbrili, quasi prepotenti, ma mi piacciono da morire e sento la necessità di ricambiarli in ogni fibra del mio corpo; un improvviso bisogno di stringerlo a me più forte possibile mi assale e allaccio le braccia al suo collo, affondando una mano nei suoi capelli alla ricerca di un appiglio.
Mi trovo costretta a staccarmi per qualche attimo nel tentativo di recuperare un po' di fiato ed aria e lui ne approfitta per iniziare a rimuovere gli ostacoli fra me e lui, cominciando dalle rispettive t-shirt che vanno a finire chissà dove, poi si riappropria delle mie labbra con fame ancora per qualche secondo prima di spostare la sua bocca bollente sul mio collo, disegnando lunghe scie di saliva e lasciando morsi. Il piacere sta annebbiando sempre più la mia mente e, nel tentativo di mantenere ancora un barlume di lucidità, porto una delle mani sul suo petto; sento il battito forte e rapido del suo cuore dietro la pelle morbida e i muscoli tesi e accenno delle carezze, al che Daron vacilla per alcuni istanti e geme contro la mia clavicola destra prima di riprendere da dove ha lasciato. I miei shorts vanno a raggiungere le magliette sul pavimento e l'improvvisa consapevolezza di essere rimasta con indosso soltanto l'intimo mi provoca un piccolo ma inutile moto di vergogna dovuto alla mia timidezza e alla mia poca autostima, poi serro le gambe attorno ai fianchi del ragazzo quando lui mi solleva un po'.
Nelle mie rare fantasie immaginavo di sentirmi bene in un momento del genere, ma non così tanto, visto il mio passato: sarà diverso forse perché sto acconsentendo, perché lo voglio anch'io e non solo lui, perché non c'è traccia di violenza ma solo passione e sentimento.
Nell'attimo in cui cadono a terra i jeans del ragazzo con cintura compresa e il mio reggiseno mi sento improvvisamente vulnerabile; la pressione del suo petto caldo e tonico sui miei capezzoli così duri da essere dolenti è per me un mix fra un tormento e un sollievo.
«Ti prego...» mugolo fra i denti, quasi incapace di sopportare ulteriormente.
«Sssh...» sussurra lui ad un mio orecchio, tracciandone il contorno con un sinuoso movimento di lingua. L'ultimo mio indumento viene via e una sua mano si fa spazio fra le mie cosce con esitazione percettibile; appena il contatto fra le sue dita lunghe e sottili e il mio intimo avviene mi sfugge un forte gemito e gli rivolgo uno sguardo implorante prima di tornare a posare i piedi per terra.
L'ultimo ostacolo scompare in quel momento e il chitarrista compare finalmente in tutta la sua nudità, incredibilmente bello; mi soffermo a guardarlo mentre strappa con i denti un quadratino argentato e fa scivolare un preservativo sul suo membro con un gesto di consumata esperienza. Oh Dio, ora arriva la parte seria...
Un'altra volta vengo sollevata e poggiata contro la parete del bus mentre il mio corpo inizia a tremare un poco per la tensione, ma stare pelle contro pelle mi infonde gradualmente benessere.
«Sei sicura?» la domanda di Daron arriva all'improvviso, in un tono gutturale e inusuale, mentre i nostri busti tornano ad aderire e il suo naso si poggia contro il mio.
«Sì.»
Dopo un ultimo sospiro lo sento affondare in me e gemiamo nello stesso momento.
Presto il ritmo si fa sostenuto, una sensazione di forte calore si allarga a macchia d'olio sulla mia pelle e il mio sangue si fa bollente. Nessuno dei prodotti della mia immaginazione è riuscito mai ad avvicinarsi a ciò che sto sperimentando adesso e devo ammettere che, dannazione, il ragazzo ci sa fare...
Più avanti, dopo un lasso di tempo non quantificabile, l'incapacità di contenere ulteriormente ciò che sto provando dentro di me si manifesta con l'aumento di volume della mia voce, cosa che pare non dispiacere al chitarrista che, anzi, rinforza le spinte e mi dedica un sorrisino malizioso prima di riprendere a segnare il mio collo e le mie spalle con baci e morsi.
Sono così presa dalle sensazioni e dal momento da non riuscire a mettere in fila delle lettere per formare una parola qualunque, fosse anche il nome di lui; ad un certo punto percepisco che ormai non manca molto al culmine e chiudo gli occhi, preparandomi. Le labbra del ragazzo si impossessano delle mie e diventa di colpo difficile respirare, tutti i miei mugolii muoiono sul nascere.
Le spinte continuano a toccare il punto giusto in me e per questo il tremito del mio corpo aumenta, strizzo gli occhi così forte da vedere migliaia di minuscole luci... finalmente l'agognato orgasmo arriva e mi sento come travolta da una forte onda e do fondo alla forza delle mie corde vocali e, mentre il tutto si prolunga ancora un poco prima di iniziare a scemare, il ritmo rallenta di botto fino a bloccarsi e un meraviglioso verso di piacere dai toni quasi selvaggi viene fuori dalla bocca di Daron; dopo essere uscito con cautela da me le gambe gli cedono e finisce prima in ginocchio e poi disteso a terra, con me ancora aggrappata al suo corpo. Per diverso tempo ansimiamo all'unisono, sfiniti; nel frattempo continuo ad apprezzare il contatto con la sua pelle nuda, ora caldissima e sudata.
«Nikki...» dopo diverso finalmente parla, ancora un poco affaticato, e subito drizzo la testa, attenta.
«Dimmi.»
«Avevi ragione, sono un coglione.»
«E perché mai?»
Una piccola pausa di silenzio e un respiro. «Perché ti amo anche io... da un po', solo che le mie insicurezze mi hanno spinto a comportarmi da coglione.»
Mi sollevo e sorreggo sulle braccia e lo guardo, incurante della mia nudità e alquanto incredula, con gli occhi sgranati. «Non lo stai dicendo solo perché non vuoi rovinare il momento che abbiamo appena condiviso, vero?»
«No, lo sto dicendo perché è vero» risponde lui placidamente, poi allunga un braccio e mi accarezza una guancia.
«Voglio dire... s-sei sicuro? Ami una... come me?» balbetto, ora a mia volta preda delle mie paranoie come un animale in pasto ai piranha.
«Non hai nulla che non va, cosina. Sei bella, intelligente, capace, spiritosa, adorabile. Come ti dissi dopo averti conosciuta, sei una bestiolina di quel tipo che adoro. Sì, sono sicuro di amarti, ora lo sono davvero.»
Sentir menzionare i miei vecchi soprannomi che non venivano usati ormai da tempo mi fa sorridere e dissipa qualunque cattiva sensazione io stia provando; una sensazione piacevole che credevo dimenticata mi riempie il petto e per un attimo le volte in cui il mio cuore si è spezzato finiscono obliate.
«I-io...» la gioia mi riempie gli occhi di lacrime e di colpo diventa difficile parlare; mi riavvicino a lui e finalmente mi sento libera di baciarlo e felice di sentirlo ricambiare quel contatto così intimo e delizioso.
Una volta calma dopo la tempesta di emozioni, la consapevolezza del tempo trascorso e del fatto che l'autista sia bloccato fuori insieme agli altri riemerge nella mia mente. «Daron, ma... quanto tempo è passato?»
«Un po', credo. Perché?»
«C'è l'autista bloccato fuori e probabilmente ci sono anche gli altri con lui!»
Il chitarrista si sbatte una mano in fronte. «Cazzo, è vero... allora forza, rivestiamoci e poniamo rimedio a questo.»

  
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