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Autore: Kim WinterNight    29/04/2017    2 recensioni
[Sequel di 'Alive'.]
«Siamo giunti all'ultimo campo per Laura.
Stavolta però si ritrova ad avere qualcuno al suo fianco, qualcuno che però non è Marco.
Forse questa è la volta buona, forse la ragazza riuscirà a superare l'attrazione che da sempre la lega a qualcuno che non la ama.
Lei ci proverà, supportata da sua sorella Tamara, dall'immancabile e storica amica Viola e da tutti i loro compagni di avventura, sotto la supervisione di educatori e istruttori che non rinunceranno a mettere i ragazzi alla prova e a combinare un bel po' di casini.»
Come per le due storie precedente, troverete una colonna sonora diversa per ogni capitolo. Vi basterà cliccare sul collegamento presente sul titolo per essere rimandati direttamene al brano su YouTube.
Inoltre, come di consueto, il titolo della storia porta il nome di una canzone dei P.O.D. intitolata proprio 'Boom': vi consiglio di andarla a sentire! ;)
Buon ascolto e buona lettura e, come sempre, non esitate a farmi sapere il vostro parere ♥
Genere: Romantico, Sentimentale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Youth Of The Nation'
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ReggaeFamily

Capitolo tre: Rize up




Il pranzo era stato più buono di quanto avessi sperato, e anche aver parlato con Danilo al telefono mi aveva messo di buonumore. Ero pronta per affrontare quel pomeriggio di orientamento e mobilità con Marco, non mi importava granché di lui, non dovevo pensarci e non mi restava che godermi l'ennesima esperienza atta ad aumentare la mia autonomia personale.

Ma accadde qualcosa che mi fece capire che Marco stava facendo di tutto per attaccarsi a me come al solito; stranamente la cosa non mi andava proprio, ma non potei fare altro che accettare la situazione. Gli istruttori, a fine pranzo, chiesero chi volesse cucinare la cena della sera seguente, così io mi proposi per quell'attività, tanto prima o poi sarebbe toccato a tutti. Poco dopo Marco disse, con finto disinteresse, che anche lui era d'accordo, perciò compresi che saremmo stati in coppia insieme e la cosa mi irritò. Tuttavia lasciai perdere e discussi con lui e gli altri sul menu da preparare: decidemmo che avremmo servito una buona insalata di riso e degli anelli di cipolla in pastella. A quel punto Tamara e Viola si proposero per andare a fare la spesa, così anche loro sarebbero state impegnate quel pomeriggio in una spedizione all'Eurospin insieme a Lorenzo.

Sperai vivamente che quell'atteggiamento di Marco non mirasse a qualcos'altro, e decisi di evitare di dar troppo peso alla cosa per il momento.

Prima di uscire con il nuovo istruttore, salii in camera e esortai Tamara e Viola a seguirmi perché avevo voglia di un caffè; alla fine anche Marco ci raggiunse e io preparai la caffettiera. Avevo come l'impressione che quello sarebbe diventato una sorta di rituale per noi quattro.

Quando io e Marco, verso le quattro, scendemmo a raggiungere Samuele, lui ci annunciò in tono piatto che ci saremmo occupati di prenotare in pizzeria per la cena, il che comprendeva il dover raggiungere in autonomia il locale, per poi ripercorrere la strada verso il residence. Ordinaria amministrazione.

Ci avviammo per le assolate vie del paese, e solo allora scoprii che Samuele non era muto e che, anzi, parlava un sacco, ma solo degli argomenti che lo interessavano veramente. Infatti, cominciò a raccontare a me e Marco di tutti i concerti a cui aveva assistito, di tutti i viaggi che aveva fatto sia per piacere che per accompagnare dei ragazzi come noi in dei campi simili a quello che stavamo vivendo. Era molto entusiasta quando parlava di musica e di viaggi, ci svelò un sacco di aneddoti e ci fece ridere più di una volta. Alla fin fine era simpatico, con lui si riusciva a instaurare una conversazione accettabile, anche se non l'avrei mai detto.

Raggiungemmo lo stesso locale in cui avevamo cenato la sera prima e trovammo i camerieri intenti a ripulire e preparare la sala all'interno. Ci accomodammo all'esterno, in cui si trovavano parecchi tavoli circondati da panche in legno. Una cameriera ci chiese se volessimo ordinare qualcosa e noi prendemmo un caffè a testa, poi prenotammo due tavoli per quella stessa sera, precisando che quello occupato da noi ragazzi – che eravamo in otto – doveva essere separato da quello di educatori e istruttori.

Intanto continuammo a chiacchierare di musica con Samuele, e infine mi stupii parecchio quando Marco decise di offrirci il caffè. Ero allibita, da quando era diventato così generoso?

Mentre lui andava a pagare, ricevetti una telefonata: si trattava della mia amica Beatrice, colei che, folle quanto e più di me, mi aveva aiutato a buttare giù il copione che avrei dovuto inscenare durante il precedente campo per far stare Marco al suo posto. Avevo fallito miseramente, ma almeno avevo capito che una sciocchezza del genere non avrei dovuto neanche pensarla. Ci eravamo ritrovate a riderci su, pensando che stavolta avevo davvero un ragazzo con cui uscivo e non ci sarebbe stato bisogno di mentire a Marco.

«Lau! Tutto bene?» esordì lei in tono allegro.

«Ciao Bea. Tutto okay, attualmente sto facendo un'attività di orientamento» raccontai.

«Uhm, bello. E con il coso come va?»

Risi. «Il coso. Tutto sotto controllo, direi.» Lasciai che Marco e Samuele si allontanassero di qualche metro da me e bisbigliai: «Sono con lui a fare l'attività. Poi dopo, via SMS, ti racconto una cosa. Riderai, fidati».

«Ci sta provando?» volle sapere Beatrice.

«Quello sempre, ma stavolta gli va male. E tu che mi racconti?»

«Stamattina ho fatto un affare...» E prese a raccontarmi di un paio di scarpe carinissime che aveva comprato per pochi euro, esaltando il fatto che fossero comode ed eleganti allo stesso tempo.

Evitai di farle notare che un paio di stivali estivi color beige mi avrebbero fatto venire il voltastomaco al solo vederli e continuai a chiacchierare con lei per un po', finché non ci salutammo perché dovevo concentrarmi sul percorso di ritorno verso il residence.

Una volta rientrata, ero abbastanza stanca, ma Lorenzo mi annunciò che per raggiungere nuovamente il ristorante avrei dovuto fare nuovamente il percorso a piedi, utilizzando il bastone bianco.

Rimasi sorpresa. «Sul serio? Okay, ma... spero di farcela» replicai.

«Ma sì, ci sarò io con te. E anche Marco e Gabriella faranno una passeggiata con noi, che ne pensi?» mi rassicurò con calma l'istruttore.

«Okay, proviamoci.»

Nel frattempo Tamara mi raggiunse; pareva sconvolta e un po' triste, così le circondai le spalle con un braccio e le chiesi: «Che succede, sorellina?».

«Ho assistito a una scena terribile...»

«E cioè?»

«Lalli, Tami, dove siete?» ci chiamò Viola, che intanto si trovava nei pressi delle scale che conducevano alla nostra stanza. Io e mia sorella la raggiungemmo e salimmo tutte e tre in camera.

«Dicevate? Che è successo mentre eravate all'Eurospin?» chiesi curiosa.

«Non è successo all'Eurospin, che scema! È stato in strada...» borbottò Tamara.

«Oh sì, hanno investito quei cagnolini!»

«Eh? Dei cani?»

Tamara sospirò. «Eh, due cani! Li hanno investiti... il più grande non si è fatto nulla, mentre il piccolo è rimasto steso lì ed è stato subito soccorso, solo che... oddio, è stato orribile quel tonfo...»

«Vero, Tami ha ragione!»

«Mi dispiace ragazze, ma non fatevi rovinare la vita da questa cosa, dai!» tentai di sdrammatizzare, entrando in bagno per rinfrescarmi un po' il viso.

«Tu sei insensibile, sempre la solita! Solo perché tu hai paura dei cani...» mi accusò subito mia sorella.

«Ma stai zitta, questo cosa c'entra? Ho paura dei cani, ma mica vuol dire che voglio che siano maltrattati...» ribattei irritata.

«Ragazze, state litigando?» intervenne all'improvviso Marta, facendo il suo ingresso in camera. «Lau, ti cercano per andare a piedi al ristorante.»

«Ora scendo!»

Mentre mi avviavo verso l'esterno, sentii Tamara e Viola raccontare il loro pomeriggio di spesa all'educatrice e sorrisi: ero orgogliosa di loro, erano state brave e non avevano riscontrato particolari problemi nell'affrontare la loro attività.

Mentre aspettavo di partire per il ristorante, scambiai dei messaggi con Danilo e Beatrice. Speravo ardentemente che lui venisse a trovarmi, mi mancava davvero troppo.

Poco dopo afferrai il mio bastone e cominciai ad avviarmi insieme a Lorenzo, Marco e Gabriella verso il ristorante; mentre camminavo lentamente, stando attenta a trovare tutti gli ostacoli e superarli senza farmi male; avrei voluto che Danilo mi vedesse, che capisse quanto quell'esperienza stava diventando importante per me, che mi osservasse mentre riuscivo a prendermi la mia autonomia una volta tanto.

Il tragitto fu molto lungo, proprio perché non ero in grado di procedere troppo in fretta e dovevo stare molto attenta a dove mettevo i piedi. Alla fine, con un fastidiosissimo mal di schiena e l'autostima alle stelle, raggiunsi finalmente la mia meta. Ero felice, non riuscivo a credere di esserci riuscita con le mie sole forze.

«Ma quanto ci hai messo? Noi siamo arrivati una vita fa!» si lamentò Marco, intento a fumare vicino all'ingresso.

Irritata, replicai: «Grazie, tu riesci a spostarti più in fretta perché hai un residuo visivo».

«E che ostacoli vuoi che ci siano in questo tragitto? Non ho capito...»

«Prova a farlo con il bastone e poi ne riparliamo» tagliai corto, avviandomi all'interno del locale. Stavo cominciando a stancarmi dell'atteggiamento da stronzo di Marco, non riuscivo proprio a sopportare quel suo modo di fare da altezzoso che si vantava di aver capito tutto della vita, mentre invece era soltanto un cretino pieno di sé. Come avevo potuto innamorarmi di lui in passato? Mi sentivo proprio una stupida a ripensarci.

La cena procedette in tranquillità e, durante il viaggio di ritorno, decisi di salire sul furgoncino perché ero troppo stanca per rifare il tragitto a piedi con il bastone. Capitai seduta accanto a Marco e, pur di stargli il più lontano possibile, mi spiaccicai contro la portiera e lo ignorai deliberatamente.

Non faceva che innervosirmi, e sinceramente mi stava passando la voglia di fare attività con lui anche il giorno seguente. Al solo pensiero mi sentivo nauseata.

Perché gli istruttori permettevano certe cose? Stavolta avrebbero dovuto separarci, invece le cose stavano andando male e stavano degenerando fin troppo per i miei gusti.


Il giorno dopo cominciò nel modo sbagliato.

Mentre mi preparavo per andare in spiaggia, mi accorsi che mi era arrivato il ciclo. In anticipo di cinque giorni, cazzo.

Non aspettavo altro che andare al mare perché mi sentivo proprio in vena di un bel bagno, dato che durante l'estate non ci ero andata neanche una volta. Invece ero stata la solita sfigata e ora mi aspettava una bella mattinata in preda alla noia, mentre Tamara e tutti gli altri si tuffavano in quella meravigliosa acqua salata.

Imprecando, uscii dal bagno e trovai Viola che sistemava le sue cose in silenzio.

«Che succede, Lalli?»

«Mi sono arrivate...» borbottai contrariata.

«Oh no, che sfiga!»

«Già.» Controllai che nella borsa del mare ci fosse tutto il necessario e mi sedetti sul letto per rispondere a un messaggio di Danilo. «Tu stai bene?»

«Penso di sì» rispose con scarsa convinzione. «Mi sento un po' stanca, niente di che...»

Finimmo di prepararci e raggiungemmo gli altri al piano di sotto; neanche a dirlo, eravamo in ritardo per colpa di Viola, e il primo gruppo era già partito per la spiaggia.

Trascorsi gran parte della mattinata sotto l'ombrellone ad ascoltare musica con gli auricolari, il che mi fece sentire tremendamente annoiata. Non riuscivo a inviare dei messaggi perché c'era troppa luca intorno a me e non ero in grado di vedere lo schermo del cellulare, perciò le mie risorse in quel caso erano piuttosto scarse.

Mi ritrovai ad ascoltare Rize up, una canzone reggae bellissima di un gruppo australiano di nome Blue King Brown. Era cantata da una ragazza con una voce pazzesca, e in quel momento mi soffermai ad analizzarla con più attenzione.


Rize up, get up, rize up, right away!

Rize up, get up, rize up, right away!

Rize up, get up, rize up, right away!

Rize up, get up, rize up now!


Viola si mise in costume, ma non fece il bagno; si sdraiò all'ombra e rimase piuttosto in silenzio, così a un certo punto mi andai a sedere accanto a lei e cominciammo a scambiare qualche parola.

Intanto tutti uscirono dall'acqua e Nicolò si sistemò poco distante da noi, facendo un casino con la sabbia e con la sua voce altamente disturbante.

«Ma quando si spegne questo qui?» si lamentò Viola.

Poco dopo anche Tamara ci raggiunse e si sedette accanto a me, abbracciando le ginocchia con le braccia.

«Hai messo la crema?» le chiesi.

«Mmh... non ho voglia» bofonchiò.

«Tami, la crema devi metterla, lo sai!» la rimproverai.

«Uff...»

«Portala qui, te la spalmo io» insistetti.

«Ma... e va bene, che palle!» si arrese, contorcendosi per raggiungere il suo zaino. Ne estrasse la crema e me la passò controvoglia.

Gliela spruzzai sulla schiena e le spalle, poi presi a massaggiarla, mentre le intimavo di fare lo stesso sul viso e sulla parte anteriore del suo corpo.

«Ora sei contenta?» si lamentò.

«Ti fa male prendere troppo sole, è la prima volta che stiamo al mare quest'anno, quindi non rompere.»

Poco dopo presi a chiacchierare con Samuele, steso accanto a noi, mentre Nicolò blaterava e importunava il povero Giorgio. Gabriella parlava con il cellulare e Simona portava fuori discorsi che solo lei poteva capire. Poi c'era Marco che se ne stava per gli affari suoi con le cuffie e la sua solita aria cupa e imbronciata. Non sarebbe mai cambiato, ne ero certa. Ormai aveva diciannove anni e sarebbe già dovuto essere più maturo, invece continuava ad agire come un adolescente perenne.

A un certo punto sentii Viola afferrarmi la mano, una presa convulsa, forte, stranamente forte.

Posai lo sguardo su di lei e mi accorsi che storceva la bocca in una smorfia innaturale, mentre la sua stretta aumentava.

«Oh no» mormorai, poi mi voltai verso Samuele e gli dissi: «Samu? Samu, Viola ha una crisi».

«Come?» fece lui confuso.

«Ha una crisi» ripetei più forte.

Viola cominciò a mugolare e tra quei suoni quasi incomprensibili capii che stava chiamando sua madre. Era un mormorio flebile, eppure tutti se ne accorsero.

Poco dopo Samuele si inginocchiò accanto a lei, e proprio in quel momento arrivò Giovanna e prese la mano sinistra di Viola tra le sue; sia io che lei prendemmo a parlarle con molta calma, finché lei smise di mugolare e si calmò. Sentii pian piano il suo corpo rilassarsi, ma fu lieve, perché le crisi epilettiche richiedevano un po' di tempo per essere smaltite e superate.

Era stata lieve, per fortuna, e quando Viola riuscì a parlare, disse che in effetti non era successo niente di così grave. Riuscimmo a parlare e scherzare per un po', e mi resi conto a malapena che mia sorella era sparita.

«Ma dov'è Tami?» chiesi leggermente preoccupata.

«Lucrezia l'ha portata via, piangeva e...» mi spiegò Marta, in piedi vicino a me.

«Povera Tami...» sussurrò Viola. «Lei non... Lalli... sta...»

Poi la crisi riemerse e inghiottì nuovamente la mia amica, ma stavolta io e Giovanna fummo pronte per soccorrerla e starle accanto. Stavolta durò un po' di più, fu più intensa, ma alla fine Viola si calmò e si addormentò.

Le crisi erano tornate. Per quell'anno non eravamo stati fortunati come nel campo precedente, ma comunque sperai che Viola ne subisse il meno possibile.

Quella giornata era cominciata male e ora ne comprendevo il perché. E non era neanche a metà, chissà cosa ci aspettava.

Mi ricordai che avrei dovuto cucinare con Marco e mi venne l'angoscia. Non ne avevo nessuna voglia, mi sarei volentieri inventata una scusa per evitarlo.

Ma non potevo, dovevo tenere duro.

Dovevo risorgere, ribellarmi, proprio come Nattali Rize gridava nella canzone con i suoi Blue King Brown.

  
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