Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: Princess_of_Erebor    04/06/2017    18 recensioni
May è una giovane donna che vive nel XXI secolo. Un giorno si ritrova magicamente nella Terra di Mezzo, vedendo così realizzato il suo sogno più grande. Si unirà alla Compagnia dei Nani di Thorin Scudodiquercia e combatterà al loro fianco; vivrà esperienze uniche e incontrerà l'amore della sua vita.
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Fili, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, Movieverse, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A



CAPITOLO X

Verso la libertà





 

May correva con gli altri attraverso il bosco alla massima velocità che le gambe ancora deboli le consentivano, quasi dimenticando le recenti sofferenze e la felicità di vedere i compagni riuniti: un gruppo di orchi a cavallo di mannari selvaggi li stava inseguendo, e si avvicinava sempre più. La fanciulla sapeva da dove provenivano e da chi erano guidati. Le cose si stavano mettendo male e mentre fuggiva il suo pensiero andò a Thorin, che un pò più avanti incitava i compagni a scappare, con la spada sguainata.
Le sembrò che gli amici avessero le ali ai piedi, ma nonostante ciò furono presto raggiunti dai primi mannari, il cui attacco fu prontamente respinto con l’ausilio delle armi.
Spade e martelli da guerra roteavano tutt’intorno, quando May agguantò velocemente un lembo della giacca di Bilbo, e trascinò uno hobbit spaventato a morte dietro il tronco di un larice: non si poteva certo dire che in quel punto fossero al sicuro, ma era sempre meglio che sostare inermi nel bel mezzo alla battaglia. Stavano ancora riprendendo fiato, quando un grosso mannaro spalancò le sue fauci spiccando un salto verso di loro.
“Bilbo, attento!” gridò May. Lo hobbit sguainò rapidamente Pungolo, la sua piccola spada elfica, e con mani tremanti la puntò in avanti contro il lupo che gli si gettava addosso: la lama penetrò in profondità nella fronte della bestia che si afflosciò a terra, immobile, ed entrambi furono salvi.
“Ottimo lavoro, scasshobbit!” si congratulò lei, dandogli una pacca sulla spalla. Era la prima volta che Bilbo infilzava un essere vivente.
“May! Bilbo! State bene?”. Fili aveva udito il grido di May ed era accorso immediatamente, dopo aver staccato la testa ad un mannaro ringhiante.
“Tutto bene, grazie al nostro scassinatore!” disse lei, sorridendo a dispetto del terrore.
Il giovane nano aiutò lo hobbit a recuperare la spada estraendola dalla testa del lupo, prima di riprendere la sua corsa accanto a May e ai compagni. Ma non andarono lontano. Raggiungendo la sommità della collina, i viandanti si resero conto che non era possibile proseguire oltre; erano finiti in cima ad una rupe dove non c’era via d’uscita, tranne quella di lanciarsi nel vuoto, sfracellandosi sulle rocce sottostanti.
“Di nuovo in trappola, come temevo!” pensò May. Il panico si era impossessato di lei e di tutti gli altri, ma fortunatamente c’era qualcuno tra loro in grado di pensare lucidamente.
“Salite sugli alberi! Tutti! Forza!” gridò Gandalf, conscio del fatto che i mannari selvaggi non erano in grado di scalare un albero. I nani e Bilbo si affrettarono ad arrampicarsi sui rami, aiutandosi l’un l’altro a salire più in alto possibile, nel minor tempo possibile.
May tentò disperatamente di imitarli, ma le sue mani tremavano e continuava a mancare l’appiglio sui rami più bassi. Ci pensarono Fili e Kili a tirarla su risparmiandole la scalata, e riuscirono appena in tempo: i mannari e gli orchi stavano circondando gli alberi sui quali tutti loro si erano rifugiati.
La giovane donna li udì sghignazzare e ringhiare ferocemente, ma non osò guardare in basso; i suoi occhi vagarono invece verso l’alto come in cerca di un segno incoraggiante, ed ecco che intravide una falena volare via dalle mani di Gandalf, seduto in cima al pino un po’ più su della sua testa.
Era ciò di cui aveva bisogno: lo stregone chiedeva aiuto e lei si augurò che loro, le aquile, arrivassero al più presto. Nel frattempo, due mannari avevano cominciato a saltare contro l’albero, facendone vibrare pericolosamente il tronco. May temette di cadere giù e finire direttamente in pasto ai lupi, ma Fili – seduto sul ramo accanto a lei e Kili – l’afferrò per le spalle portandola al petto, dove la tenne stretta per impedire che precipitasse. Un senso di amorevole protezione e sicurezza avvolse la fanciulla, allontanando per un attimo dal suo cuore tutto lo spavento; abbandonata alle braccia di Fili, May sentiva che avrebbe potuto affrontare qualsiasi nemico, persino l’Orco Pallido.
 
“Azog!” esclamò Thorin, aggrappato ad un ramo poco più in alto.
Confusi, i nani si voltarono verso il loro capo, prima di puntare gli occhi in basso: al chiarore della luna, in mezzo al branco di lupi, May scorse un orco molto più grande e più terrificante degli altri avanzare verso gli alberi. Era particolarmente pallido e montava un mannaro bianco. Lo riconobbe subito.
Il suo corpo tremò e Fili la spinse ancora di più contro di sé. La voce di Azog suonava profonda e agghiacciante, mentre pronunciava parole in una lingua che nessuno comprendeva.
“No, non può essere…”.
Thorin fissava incredulo il nemico, che credeva morto in battaglia ormai da tempo. May strinse i pugni: se solo le fosse stato concesso, avrebbe risparmiato al nano quella dolorosa scoperta.
Quando l’Orco Pallido puntò la mazza contro Thorin, nessun membro della compagnia nutrì più alcun dubbio sul significato delle sue ignote parole: era il loro capo che voleva.
Al segnale di Azog, i mannari si lanciarono con rinnovata ferocia sugli alberi saltando più in alto che potevano, nel tentativo di catturare e uccidere i nani. Il pino sul quale May sedeva divenne sempre più debole a causa dei ripetuti attacchi da parte dei lupi e alla fine si spezzò, crollando sugli altri alberi dove i compagni avevano trovato riparo; i nani furono costretti a spostarsi saltando freneticamente da un albero all’altro, mentre ciascun tronco al quale erano di volta in volta aggrappati si spezzava, per poi cadere su quello a fianco. Infine si ritrovarono tutti insieme sullo stesso albero, il più vicino alla rupe, che sembrava abbastanza resistente da reggere il peso di sedici viaggiatori in difficoltà.
May, che grazie all’aiuto di Fili e Kili era riuscita a non piombare di sotto durante il passaggio da un tronco all’altro, si sorprese a fissare il baratro oltre il dirupo, pregando che quell’albero – l’unico rimasto in piedi – non cedesse alla furia dei mannari. La risata crudele di Azog giunse alle sue orecchie come la più infausta delle minacce e, malgrado le braccia di Fili non l’avessero mollata neppure un istante, la giovane donna sentì la speranza svanire.
In quel momento, Gandalf raccolse una grossa pigna da uno dei rami, la incendiò con la punta del suo bastone nodoso e la scaraventò giù, in mezzo al cerchio dei lupi; subito dopo ne accese un’altra che lanciò a Fili, sotto di lui, prima di fare lo stesso con gli altri.
Una pioggia di pigne incandescenti volò tosto dall’alto per esplodere al suolo in mezzo agli orchi e ai mannari i quali, terrorizzati dal fuoco, arretrarono allontanandosi dall’albero.
La compagnia esultò, sollevata, anche se per pochi attimi: il tronco s’incrinò all’improvviso cedendo al peso di tutti loro e, lentamente, cominciò a calare giù verso il precipizio. Per fortuna si fermò a metà strada rimanendo sospeso nel vuoto, ma le gambe di alcuni dei nani ondeggiavano paurosamente nell’aria, e tutto sembrava perduto. May, angosciosamente aggrappata al tronco con le unghie che – doloranti – iniziavano a spezzarsi, si domandò per quanto tempo avrebbe resistito prima di lasciarsi cadere. Fili, non lontano da lei, si dondolava appeso ad un ramo e cercava in tutti i modi di tirarsi su, per accorrere in suo aiuto.
Fu allora che Thorin si alzò dalla base del tronco a cui era appigliato e, sotto lo sguardo attonito dei compagni, sguainò la sua Orcrist avanzando verso l’Orco Pallido con feroce determinazione; stavolta nessun ramo di quercia gli avrebbe fatto da scudo, ad eccezione di un fiero coraggio.
May lo vide dapprima camminare, poi correre verso Azog e gli altri orchi; non ebbe bisogno di ragionare per capire le sue intenzioni e un senso di orrore le attanagliò il cuore. Non sarebbe rimasta a guardare.
 
“Gandalf!”.
 
Lesto, lo stregone distolse lo sguardo dal nano per rivolgerlo in basso e si accorse di May, che lo guardava con aria disperata. La giovane amica penzolava miseramente da un ramo, tuttavia non era per sé che supplicava aiuto. Egli scrutò i suoi occhi innocenti e decisi: non avrebbe potuto impedirle di fare ciò che intendeva fare. Senza indugio, Gandalf allungò il bastone e lei lo afferrò aggrappandovisi con tutta l’energia che le restava. Quando fu di nuovo coi piedi a terra, May arrancò in direzione di Thorin nel momento in cui Azog si lanciava su di lui a cavallo del suo enorme mannaro; il nano cadde all’indietro e, non appena si rialzò, l’Orco lo colpì sul viso con la sua terribile mazza.
L’urlo lacerante di Balin si mescolò con quello di Fili, il quale sentì il proprio sangue gelarsi nelle vene quando vide May spingersi avanti, andando incontro alla morte.
Il bianco mannaro affondò le zanne affilate nel corpo di Thorin, sollevandolo da terra e ferendolo in profondità. Ma il grande Scudodiquercia era ben lungi dal darsi per vinto: con un abile colpo di spada incise un taglio sul naso della bestia che, inferocita, fece un balzo indietro scagliando il corpo di lui sopra una grossa pietra.
Thorin giacque immobile.
Le grida di dolore dei compagni colpirono May con la violenza di mille lame. Le lacrime, pungenti come rovi, appannarono la vista della fanciulla rendendola quasi cieca, al punto che neanche notò la presenza di Bilbo al suo fianco: lo hobbit, infatti, si era lasciato cautamente scivolare dal tronco per correre in soccorso dei due amici. L’ostinato coraggio di May aveva risvegliato il suo. Con profondo raccapriccio, egli sentì la voce di Azog mormorare quello che doveva essere un ordine rivolto ad un orco, il quale scese dal proprio mannaro e avanzò verso Thorin, apparentemente privo di vita; nell’istante in cui il pugnale veniva alzato sulla testa del nano, lo hobbit impugnò la sua Pungolo e si avventò sul nemico. Entrambi rotolarono a terra. Con gli occhi offuscati dal pianto, improvvisamente May lo vide.
 
“Bilbo!”
 
Svelta, prima che l’orco potesse rendersi conto di quanto stava accadendo, May brandì la spada e si gettò su di lui con un grido di rabbia; la sua lama e quella di Bilbo finirono conficcate nelle viscere della spregevole creatura che, con un rantolo rivoltante, spirò. Lo hobbit sbandò rialzandosi e inciampò all’indietro; si guardò intorno boccheggiante, come smarrito, e quando si rese conto di trovarsi davanti all’Orco Pallido cercò ansioso lo sguardo di May.
Lei, in piedi un po’ più indietro, non badò all’amico; i suoi occhi scintillanti erano puntati su quelli mostruosi di Azog. Non vedeva né percepiva altro, attorno a sé. Dal volto della giovane donna, illuminato dalle fiamme, traspariva un tale spietato desiderio di vendetta che Bilbo, nel vederlo, si chiese cosa ne fosse della dolce e pacifica compagna di viaggio. May non si considerava di certo un’eroina; gli atti coraggiosi preferiva lasciarli ai personaggi dei suoi libri preferiti. Avrebbe dovuto tremare come un ramoscello al vento di fronte ad un simile nemico, invece si ritrovò a sostenere lo sguardo malvagio di Azog senza mostrare il minimo segno di paura, pur provandone molta. In fondo che cos’era la paura, se non mera saggezza di fronte al pericolo?
D’un tratto le ultime, strazianti immagini di quel sogno che a lungo l’aveva tormentata e che ormai sembrava così lontano, apparvero dinanzi ai suoi occhi: un corpo senza vita dai capelli d’oro, che veniva spinto giù da un precipizio… Due vivaci occhi scuri bagnati di lacrime, che si spegnevano per non rivedere più il cielo… L’estremo sorriso di un valoroso sovrano, che mai avrebbe regnato sul suo trono.
L’espressione di May si fece più dura. Ella avanzò di un passo; le gracili mani non tremolavano mentre puntava la spada contro l’Orco Pallido, che la fissava impassibile seduto in groppa al re dei mannari.
 
Tu non toccherai mai più un Durin. Non finché io avrò vita!
 
May aveva udito la propria voce pronunciare ferma e sicura quelle parole, e se ne meravigliò. Il riso sprezzante e disumano di Azog echeggiò nel bosco infuocato come unica risposta, facendo rabbrividire lei e Bilbo.
“Uccideteli!” ordinò il grande Orco, puntando la mazza contro i due piccoli ribelli. Immediatamente, un gruppo di orchi a cavallo di lupi si mosse in direzione delle prede, ma non ebbe il tempo di obbedire: dodici nani sopraggiunsero in mezzo a loro, gridando furibondi. Colpirono, distrussero e squartarono con una brutalità resa ancor più folle dalla disperazione. May gioì nel vedere gli amici salvi e agguerriti; sicuramente era stato Gandalf ad aiutarli, recuperandone uno alla volta dai rami su cui a malapena si reggevano.
“May, via di lì!” gridò Fili, afferrando la fanciulla per il mantello e trascinandola accanto a lui e Kili, lontano dall’incendio che si propagava sull’intera superficie del colle. Allora accadde qualcosa di straordinario: un gruppo di aquile giganti apparve nel cielo che albeggiava. Avevano risposto alla richiesta d’aiuto di Gandalf! May le vide roteare sopra la sua testa, per poi puntare dritto sulla collina e afferrare un gran numero di nemici, scaraventandoli nel burrone. Azog indietreggiò: aveva perso la battaglia.
Mentre la giovane si guardava intorno sbalordita, un’aquila strillò imperiosa e la sollevò non troppo delicatamente da terra, tenendola stretta fra gli artigli fino a lasciarla cadere – oltre la rupe – sul dorso di un’altra aquila in volo, che già ospitava Fili e Kili.
Con la testa che le girava, May si aggrappò saldamente alle folte piume del rapace, benché non esistesse un vero e proprio rischio di precipitare, soprattutto perché le braccia di Fili la stringevano sicure da dietro.
Non riusciva a crederci: stava volando! Volando via dal pericolo e dall’orrore, verso Erebor.
Spalancò gli occhi di fronte alle meraviglie che il paesaggio rivelava alle prime luci dell’alba: l’aquila – preceduta e seguita da altri suoi simili che conducevano in salvo il resto della compagnia – sorvolò imponenti vette innevate, valli ridenti e pianure sconfinate. Il mattino era freddo, ma i raggi del sole appena nato si riflettevano su cascate e ruscelli che, visti da lassù, parvero a May lucenti nastri argentati. Le maestose ali si immersero tra bianche e soffici nuvole, intanto che il mondo scivolava via leggero infondendo nell’aria il fresco profumo di una nuova speranza.
“Thorin!”
La voce di Fili alle sue spalle riportò May alla realtà che quel volo stupefacente le aveva fatto dimenticare. Ella guardò in basso e, ad una certa distanza, credette di scorgere un’aquila senza alcun fardello sul dorso che reggeva fra gli artigli il capo della compagnia. Thorin, comunque, non avrebbe potuto sentire il richiamo del nipote, essendo ancora privo di sensi.
“Tuo zio sta bene”, disse lei voltandosi indietro. “Ne sono certa!”.              
Fili, le bionde trecce al vento, la guardò con occhi sorridenti stringendola con maggior ardore sotto il mantello. Le braccia del nano erano avvolte intorno ai fianchi di May, che si sentì mancare quando lui avvicinò la guancia alla sua, sfiorandola con la corta barba morbida, mentre puntava lo sguardo verso l’orizzonte sconfinato.
 
 
-s-s-s-
 
 
Una ad una, le aquile planarono veloci su una grande roccia a strapiombo sulla quale depositarono i loro passeggeri. Da lassù si godeva di una vista eccezionale, anche se nessuno sembrò farci caso: quando Thorin venne posato a terra, gli occhi di tutti furono ansiosamente fissi su di lui. May trattenne il fiato.
Gandalf corse dal nano e si chinò su di lui; sfiorò con la mano il volto ferito, mormorando sottovoce parole in una lingua sconosciuta.
“Il mezzuomo…” sussurrò Thorin aprendo improvvisamente gli occhi, per la gioia e il sollievo dei compagni.
“Lui sta bene”, rispose Gandalf sorridendo. “Bilbo è qui. E’ salvo!”.
Kili e Dwalin aiutarono il loro capo ad alzarsi, ma egli si scostò bruscamente.
“Tu!”, tuonò rivolgendosi a Bilbo che gli sorrideva timidamente, “cosa credevi di fare?! Ti sei quasi fatto uccidere!”.
Quel tono aspro, che lasciò tutti sorpresi, vide il sorriso scomparire dal volto dello hobbit.
“Non ti avevo detto che saresti stato un peso?” continuò Thorin, avvicinandosi a lui con fare minaccioso, “che non saresti sopravvissuto alle Terre Selvagge? Che non c’è posto per te, tra noi?!”.
May poteva percepire il dispiacere dell’amico: dopo tutto ciò che Bilbo aveva fatto per loro non meritava la durezza di quelle parole, men che meno da lui.
 
“Non mi sono mai sbagliato tanto in vita mia!” concluse Thorin, cingendo lo hobbit nel suo caldo abbraccio.
 
Un gesto significativo, che nessuno si aspettava: il nano aveva finalmente accettato Bilbo nella compagnia.
Gli altri, un po’ in disparte, esultarono compiaciuti mentre lo hobbit – meravigliato e confuso – ricambiava l’abbraccio di Thorin. May si sentì particolarmente fortunata: aveva appena assistito ad una toccante manifestazione di amicizia che, da sola, valeva tutte le fatiche del viaggio. Chiunque fosse il misterioso personaggio che l’aveva voluta nella Terra di Mezzo – Gandalf, probabilmente – a lui andava tutta la sua gratitudine, per averle dato la possibilità di vivere in prima persona la sua storia preferita.
“Scusa se ho dubitato di te” disse Thorin, sciogliendosi dall’abbraccio.
“No, anch’io avrei dubitato di me”, confessò umilmente lo hobbit. “Non sono un eroe, né un guerriero… Neanche uno scassinatore”.
Le aquile volarono via. Fili vide May osservare commossa i due amici parlare, e rimase colpito una volta di più dalla bellezza di quell’animo puro e sensibile. Ma le sorprese non erano ancora finite.
Thorin si girò verso la giovane compagna e si avvicinò, posando le mani sulle sue spalle.
“Gandalf aveva ragione: in te vi è più di quanto le apparenze suggeriscano!” disse, con lo sguardo pieno di riconoscenza. May avrebbe di certo risposto qualcosa di gentile ed appropriato, se lo stupore e l’emozione non l’avessero privata delle parole. Si limitò a ricambiare il sorriso di Thorin, lieta del fatto che l’iniziale diffidenza del nano nei suoi riguardi avesse ceduto il posto ad una inattesa fiducia.
“E’ quelllo che penso che sia?” domandò Bilbo, guardando Thorin che si avvicinava al bordo della sporgenza di roccia; il nano fissava un punto lontano e gli altri lo imitavano.
“Erebor… La Montagna Solitaria. L’ultimo dei grandi regni dei nani della Terra di Mezzo!” illustrò Gandalf.
“Casa nostra!” mormorò Thorin; May non avrebbe saputo descrivere l’emozione che tradiva la sua voce.
Spaziò con lo sguardo e, in lontananza, vide delinearsi i contorni di Erebor. Istintivamente si voltò e i suoi occhi incontrarono quelli di Fili: lui sorrise, e lei provò il desiderio di volare al suo fianco fino alla Montagna Solitaria, in groppa ad un’aquila gigante.
“Un corvo! Gli uccelli stanno tornando alla Montagna!”, gridò Oin.
“Quello, mio caro Oin, è un tordo” lo corresse Gandalf.
“Lo prenderemo come un segno” proferì Thorin, sorridendo fiducioso. “Un buon auspicio!”.
“Hai ragione! Credo proprio che il peggio sia passato!”, considerò Bilbo.
 
“Quanto vorrei che fosse così!”, pensò May; volse gli occhi al cielo e sospirò.


-s-s-s-
 
 
Per quel giorno, i viandanti non proseguirono; le aquile avevano fatto guadagnare loro un bel po’ di vantaggio sugli orchi. Sapevano di essere inseguiti, ma sapevano altresì di essere stremati e, per di più, affamati. Non avevano molto cibo nei pochi bagagli rimasti, tuttavia divisero equamente le razioni, sbuffando insoddisfatti (in special modo i nani). Trovarono rifugio in una piccola grotta ai piedi della collina di pietra; la raggiunsero mediante un sentiero con molti gradini che partiva dal punto in cui le aquile li avevano posati, e che conduceva giù in basso fino al fiume sassoso al di qua dei pascoli. Gandalf spiegò che si trovavano alcune miglia più a nord rispetto al percorso che avrebbero dovuto seguire. La grande roccia sulla quale erano atterrati era stata denominata Carrock da qualcuno che abitava lì vicino; una figura misteriosa della quale lo stregone non volle rivelare nulla, lasciando intendere che probabilmente l’avrebbero incontrata a breve.
May approfittò della sosta per mangiare qualcosa, riposare e lavarsi nelle acque del fiume poco profondo che brillavano al sole. I feriti furono curati e, malgrado la tristezza dovuta alla scarsità di provviste, ci furono canti quella sera. La giovane donna, incoraggiata dai presenti, narrò alcune storie divertenti e curiose ambientate nel suo paese, guardandosi bene dal lasciarsi sfuggire certi dettagli che avrebbero inevitabilmente compromesso la sua delicata posizione; era pur sempre una straniera proveniente da un’altra realtà. Bilbo e i nani ascoltavano incantati ogni singola parola che usciva dalla sua bocca, reggendo in mano le pipe fumanti; alcuni di loro – come Kili, Dori e Ori – si permisero di fare qualche domanda, ma nessuna di queste fu così indiscreta o inopportuna da mettere May in difficoltà.
 
Dopo cena, la fanciulla decise di fare due passi; era immersa nei propri pensieri, quando giunsero alle sue orecchie le voci forti e allegre di due ragazzi che si burlavano l’uno dell’altro.
“Insomma, vuoi smetterla di contorcerti?! A vederti, pare che un ragno ti abbia morsicato sul di dietro!”, inveì Kili. Stava cercando di medicare la ferita sulla fronte del fratello, che sedeva su una bassa pietra vicino all’estremità del guado sassoso del fiume.
“Non è colpa mia, se hai il tocco leggiadro di un troll con l’ernia!” si giustificò Fili, scansandosi con una smorfia di dolore.
Nel vederli, May non poté trattenere una risata.
“Si può sapere che state combinando, voi due?”.
Entrambi si voltarono verso di lei e, nel vederla avvicinarsi, Kili si alzò in piedi.
“Come puoi notare, c’è un essere ingrato tra noi” si lamentò, tra l’infastidito e il divertito.
“Hey sorellina, perché non provi tu? Sono certo che il mio fratellone preferirebbe ricevere le cure dalle tue graziose manine…”. Ridacchiando, Kili porse un piccolo oggetto a May e si allontanò: era la scatolina che Fili aveva usato a Gran Burrone per disinfettarle la sbucciatura al ginocchio.
“Se ti prendo, ragazzaccio!” lo redarguì lei col pensiero; quel brutto birbante era riuscito a metterla in imbarazzo, ed ora Fili la guardava ridendo sotto i baffi dorati, quasi le avesse letto nella mente.
“Vediamo un pò” disse May, fingendo di non sentire il calore che stava salendo alle guance. S’inginocchiò di fronte al nano. La ferita accanto alla tempia era piuttosto profonda, benché non molto grande. Aprì la scatola, affondò l’indice nell’unguento oleoso color nocciola e lo strofinò appena sopra l’occhio sinistro di Fili; nonostante l’estrema delicatezza del gesto, lui si ritrasse con un moto involontario.
“Perdonami!” esclamò lei, dispiaciuta. “Non volevo…”.
“Va tutto bene, è già passato!” si affrettò a rispondere Fili, con un sorriso tranquillizzante. “Non è che un taglio di poca importanza”.
“Una volta, qualcuno mi fece notare che anche il più piccolo taglio può infettarsi”, ribatté May.
Lui colse l’allusione e un sorrisetto gli sfuggì dalle labbra. “Mah, non so fino a che punto questo qualcuno fosse degno di considerazione”.
“Io credo che fosse un nano alquanto saggio!”.
May aveva pronunciato queste parole mentre fasciava la fronte di Fili; stava giusto terminando il lavoro, quando sentì la mano calda di lui posarsi sulla sua, trattenendola dolcemente sulla benda. Quel tocco inaspettato le procurò un brivido che penetrò fino in fondo al suo cuore. Lo guardò: gli occhi ardenti del giovane sfavillavano di un’insolita luce, come due stelle in procinto di stregare la notte. Fili guidò la mano trepidante di lei fino alla propria guancia; le dita della donna scivolarono lentamente lungo la barba rasa e soffice del nano. I loro volti erano vicini… Pericolosamente vicini, per May.
Ma perché non riusciva a muoversi? Era forse impazzita? Aveva deciso di partire per proteggerlo, non per sedurlo! Per un attimo che le era parso fuori dal tempo, May aveva dimenticato il viaggio, la missione…
La ferita di lui.
Il senso di colpa – che fino a quel momento aveva cercato di reprimere – tornò a galla con rinnovato vigore, stringendole lo stomaco in una morsa.
“F-Fili…” balbettò con voce malferma, gli occhi pieni di lacrime, “mi dispiace così tanto! E’ colpa mia se sei ferito. Solo colpa mia! Se io non fossi svenuta, non ti saresti distratto e quel goblin non… Se Kili non avesse gridato, tu saresti…”.
“May!” esclamò Fili, sorpreso e chiaramente allarmato: non sopportava di vederla piangere.
“Come puoi pensare una simile assurdità?!”. Prese il viso di lei tra le mani e la guardò con incontenibile dolcezza: una dolcezza che lei sentiva di non meritare. “Tu non hai colpe, soltanto meriti. Tanti meriti! Lo sai questo?”.
L’unica cosa che May sapeva era che avrebbe voluto gettargli le braccia al collo e gridargli tutto il suo amore. Prima che potesse fare qualcosa di cui si sarebbe certamente pentita, si alzò in piedi staccandosi in silenzio da lui e tornò dai compagni.
 
 
-s-s-s-


La grotta era troppo piccola per ospitare più di due o tre nani per la notte; Bombur da solo ne aveva praticamente occupato l’entrata e già russava come un mantice quando gli altri fumavano ancora le loro pipe, chi parlando sottovoce, chi osservando la luna. May dovette accontentarsi di srotolare la sua coperta all’aperto, quindi scelse un punto abbastanza comodo del terreno vicino al fiume; aveva deciso che quella sera si sarebbe lasciata cullare dall’incessante, rassicurante musica dell’acqua, fino ad addormentarsi. Aveva bisogno di non pensare. Il suo corpo era scosso da violenti brividi che nemmeno il calore del fuoco era riuscito a placare; sentiva freddo, aveva la testa pesante e ogni tanto dava un colpo di tosse. Tutto ciò che desiderava, era abbandonarsi all’oblio del sonno.
 
Un’immensa scalinata di pietra, comparsa all’improvviso, la vide percorrere uno per volta gli innumerevoli gradini lucidi; chissà dove portavano. Forse al cielo, quantunque fosse buio completo sul soffito sopra la sua testa. Man mano che saliva, May sentiva crescere in lei un’inspiegabile ansia. Accelerò il passo, finché non si accorse di essere finita su un grande pianerottolo che si affacciava su di un vasto salone dalle trionfali colonne dorate; in fondo, una figura solitaria avanzava lenta verso di lei, nella penombra.
 
“Fili!”
 
May aprì lentamente gli occhi. La visione era svanita.
Faceva ancora buio, ma il freddo pungente se n’era andato; ella sentiva ora un gran calore invadere le sue membra e, per un attimo, credette di essere sprofondata di nuovo nel mondo dei sogni.
Si girò appena e vide che Fili era lì. Non accanto a lei, bensì stretto a lei.
Le braccia forti e accoglienti del giovane nano avvolgevano il suo corpo intirizzito facendole da scudo contro il freddo, sopra il cappotto con pelliccia di cui egli si era privato per coprire lei.
Fili era sveglio e l’aveva udita mormorare il suo nome nel sonno. D’istinto, avvicinò il volto a quello della fanciulla: i loro nasi si sfiorarono e lei sentì il respiro caldo di lui carezzarle il viso.
 
“May…”.
 
La voce di Fili era un sussurro appena percettibile. Il suo sguardo, colmo di una tenerezza struggente. May si sentì sciogliere il cuore. Avrebbe desiderato che quel momento durasse in eterno: era al sicuro tra le braccia di colui che amava e non esisteva un altro posto, nel mondo reale o nella Terra di Mezzo, dove si sarebbe sentita più felice.
Si strinse al petto di lui e chiuse gli occhi; attraverso la veste nanica, giungeva chiaro al suo orecchio il rapido battito del cuore di Fili. Egli la strinse più forte, sfiorandole il capo con le labbra; tutto ciò che voleva era farla sentire amata e protetta.
Entrambi si addormentarono così, col sorriso che illuminava i loro volti stanchi nella notte.












Nota dell'autrice:

Con questo capitolo, si chiude il film "Lo Hobbit - Un Viaggio Inaspettato". Seguirà "La Desolazione di Smaug": a breve, pubblicherò il primo capitolo. Mi auguro che abbiate gradito la storia fino ad ora. Ringrazio di cuore tutti coloro che mi seguono con interesse, curiosità ed entusiasmo, incoraggiandomi a dare il meglio di me!

Claudia







  
Leggi le 18 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: Princess_of_Erebor