Anime & Manga > Daiku Maryu Gaiking
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Autore: BrizMariluna    18/08/2017    5 recensioni
Il Gaiking, il Drago Spaziale e il loro equipaggio vagamente multietnico, erano i protagonisti di un anime degli anni settanta che guardavo da ragazzina. Ho leggermente (okay, molto più che leggermente...) adattato la trama alle mie esigenze, con momenti ispirati ad alcuni episodi e altri partoriti dai miei deliri. E' una storia d'amore con incursioni nell'avventura. Una ragazza italiana entra a far parte dell'equipaggio e darà filo da torcere allo scontroso capitano Richardson, pilota del Drago Spaziale. Prendetela com'è, con tutte le incongruenze e assurdità tipiche dei robottoni, e sappiate che io amo dialoghi, aforismi, schermaglie verbali e sono romantica da fare schifo. Tra dramma, azione e commedia, mi piace anche tirarla moooolto per le lunghe. Lettore avvisato...
Il rating arancione è per stare dal canto del sicuro per alcune tematiche trattate e perché la mia protagonista è un po' colorita nell'esprimersi, ed è assolutamente meno seria di come potrebbe apparire dal prologo.
Potete leggerla tranquillamente come una storia originale :)
Con FANART: mie e di Morghana
Nel 2022/23 la storia è stata revisionata e corretta, con aggiunta di nuove fanart; il capitolo 19 è stato spezzato in due capitoli che risultano così (secondo me) più arricchiti e chiari
Genere: Avventura, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Gaiking secondo me'
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Briz si stava ancora chiedendo cosa fosse successo, dopo il suo strano litigio con Pete.
Ricordava di averlo piantato lì come un allocco, di essersi diretta verso gli amici, di aver parlato con Sakon e Jami, e poi di averlo visto discutere con l’amico ingegnere. In seguito anche lui aveva raggiunto i compagni e si era fermato accanto a lei, che lo aveva ignorato e aveva aperto bocca per chiedere a Midori come si sentisse; e poi… puf! Era diventato tutto nero: le ultime sensazioni che aveva avvertito erano state di qualcuno che la afferrava al volo e la sollevava da terra, e la voce di Pete, lontana e ovattata, che diceva: “Ohi, ma che ti succede? Non lo perderai mai il vizio di svenirmi tra le braccia proprio quando è finito tutto?”
Si era risvegliata per pochi minuti a bordo del Drago in volo, in infermeria, nel letto accanto a quello di Midori, ma la mente ancora in subbuglio e vari dolori dappertutto, l’avevano spinta a sprofondare di nuovo nell’incoscienza. Quando si era ripresa era all’infermeria del Centro.
Un po’ alla volta, i ricordi delle ultime ore avevano ripreso forma: la fine della guerra, l’ultimo battibecco con Pete e, anche, la strana esperienza avuta come in sogno, in cui aveva incontrato Alessandro.
La dottoressa Mori l’aveva visitata a fondo, facendosi raccontare ogni più piccolo particolare di ciò che aveva vissuto dopo la fine della battaglia. Né lei, né il dottor Watanabe, riuscirono a pronunciarsi su quella singolare esperienza: non era l’unica, nella storia della medicina e della neurologia. Di certo c’era che Briz stava piuttosto bene, anche se sfinita, dolorante e frastornata.
Dopo averla rassicurata sulle condizioni dei compagni, Yumiko l’aveva lasciata a riposare, ed era tornata prima di cena per un ulteriore controllo.
– Come ti senti, Cuordileone? – chiese la dottoressa Mori, puntando la lucina nella sua pupilla.
– Molto confusa, ma è andata peggio a Midori, col suo braccio.
– Sì, ma stai tranquilla, sono due fratture semplici: ora che è ingessato guarirà in una ventina di giorni, il resto sono cose superficiali.
– E Pete? Aveva una ferita alla testa, sanguinava.
– Una sciocchezza, lo sai che le ferite al capo sanguinano molto anche quando sono roba da poco: sta bene ed è perfettamente in sé. È solo stanco e provato, come tutti voi, del resto. Questo non gli ha impedito di darmi l’assillo per vederti, ma gli ho detto che per il momento devi riposare.
– Grazie, ha fatto bene, aspetterà un altro po’. Abbiamo avuto una discussione e non ho voglia di vederlo, né di parlargli.  Sono troppo… disturbata, in questo momento.
– Ed è comprensibile, direi – concluse la dottoressa, cambiando argomento – Bisogna dire che è stata una vera fortuna: durante tutta questa guerra le batoste non sono mancate, ma nessuno del nostro equipaggio ci ha rimesso la pelle; mi sembra ancora incredibile. Direi che sei a posto, Briz – sentenziò Yumiko, concludendo la visita – Non hai niente che non vada, a parte lividi e contusioni varie di poco conto, ma vorrei che tu rimanessi in osservazione qui in infermeria, stanotte. Hai avuto un crollo non da poco, alla fine di tutto.
– Devo proprio? Jami è passata poco fa, per dirmi che il dottor Daimonji vuole dirci qualcosa stasera, dopo cena, e vorrei esserci anch’io. E vorrei dormire nella mia stanza.
– Dovresti startene buona almeno fino a domani; tenerti ferma è un’impresa, lo sai?
– Dovrei, appunto, ma mi conosce, ormai. Ha detto che sono a posto, no? E poi sono davvero stremata, subito dopo conto di andarmene a letto, glielo prometto.
– È esattamente quello che dovresti fare, e stavolta da sola – se ne uscì bel bella la dottoressa Mori, con uno sguardo birichino davvero insolito, su quel volto che era quasi sempre un po' severo.
– P-prego? – si sbalordì Briz, a quello stranissimo ordine – Certo che ci vado da sola! Con chi mai...
– Oh, andiamo! Credi che non lo sappia che, quando tu e Pete siete tornati tutti malconci dalla vostra brutta avventura con Zhora, avete passato praticamente tutta la notte insieme nel suo letto, qui in infermeria? Sarei davvero un pessimo medico, se a una cert'ora non fossi passata a controllarvi. La logica mi disse di lasciarvi stare, in fondo dormire era esattamente quello di cui avevate bisogno; che altro avreste mai potuto fare in quelle condizioni? Però si vede lontano un miglio che siete innamorati persi l'uno dell'altra, discussioni a parte...
– Dottoressa... ma che cosa sta…  – Briz stava quasi per dire vaneggiando, ma si trattenne per rispetto, senza riuscire a credere alle proprie orecchie; Yumiko Mori continuò imperterrita, senza nemmeno ascoltarla.
– A proposito, avevamo detto di rimuovere questo aggeggio, alla fine del conflitto – affermò prendendole una mano e toccandole l'interno del braccio per controllare il dispositivo a rilascio ormonale – Ma sei proprio sicura di volerlo fare? Voglio dire, io mi godrei un po' di pace da soli, prima di pensare a dei bambini – proseguì con un sorrisetto malizioso.
Briz la fissò a bocca aperta, senza riuscire a replicare, e Yumiko ne approfittò per continuare il suo discorso: – Anche se, a dire il vero, potremmo sostituirlo con un contraccettivo di quelli più tradizionali, in modo che il tuo corpo si abitui un po’ alla volta a tornare alle sue funzioni. Ma ti avverto che, sia rimuoverlo che sostituirlo, ti procurerebbe sicuramente alcuni malesseri, e per il momento mi pare che tu ne abbia già abbastanza. Tutto sommato, resto dell’idea che dovremmo pensarci un po’ più avanti. Tu che ne dici?
Questa volta Fabrizia arrossì come un tramonto tropicale, realizzando però che fosse più che urgente riprendersi subito.
– Ma si può sapere che diavolo succede? C'è un'invasione di ultracorpi? Di replicanti? Tutti si comportano da matti… Yumiko, io... io e Pete non siamo… non… non è come crede…
– Eh? Stai dicendo che tu e il Capitano Richardson non state insieme? Oh, bella! E per quale motivo? – chiese la dottoressa Mori, candidamente stupita.
Briz ci pensò pure sopra, per un attimo: già, bella domanda! Perché non stavano insieme?
– I… io non lo so, va bene? Non so di preciso cosa stia succedendo fra noi due! E… non lo so cosa fare, con questo coso, okay? – ammise alla fine, mostrandole l’interno del braccio al colmo della frustrazione.
La dottoressa Mori tornò finalmente seria, vedendola così agitata e confusa, e la guardò comprensiva. Briz sentì l'assoluto bisogno di confidarsi con una donna più matura delle sue amiche: si accorse che mai, come in quel momento, aveva sentito la mancanza di una mamma, e che la dottoressa Mori, probabilmente, sarebbe stata la migliore dei sostituti. Così finì per vuotare il sacco: le raccontò tutto, ma proprio tutto, di quello che era successo tra lei e Pete, sia a livello emotivo che fisico. E naturalmente, anche quello che non era accaduto.
– E adesso? Cosa faccio? – le chiese infine, cercando un consiglio che fosse sia da medico che da amica – Io ho fatto la grossa e l'arrogante, ma in realtà non ho capito niente di lui! Non comprendo se mi ama, e ha solo paura di dirlo, o se invece, semplicemente, gli dispiace dovermi dire che... non è così, e… magari gli piaccio soltanto, ma non vuole impegni! Però dice che devo fidarmi di lui… 
– Non so quanto possa valere il mio parere, considerando che con gli uomini non ne ho mai imbroccata una – ammise la dottoressa – Pete è una persona complessa, ma per quel poco che conosco di lui, penso che non sia né perfido, né stupido: non ti farebbe mai del male prendendoti in giro deliberatamente, non sarebbe nel suo stile. Ma sicuramente è uno che fatica ad esternare i propri sentimenti e, se vuoi sapere la mia, è cotto al forno, povero ragazzo! E sul fatto che abbia paura, non ci piove. Per me, non sa da che parte cominciare perché teme di farti soffrire.
Briz ci pensò, mentre si rivestiva. Anche lei aveva avuto quella paura, nei suoi confronti, e tanta… ma alla fine si era resa conto che era un'assurdità: non aveva più paura di non essere la donna adatta a lui, per quello aveva deciso di scoprire le carte. Ma dopo tutto quello che avevano passato, aveva urgente bisogno di conferme, ne andava della sua sanità mentale ed emotiva. Si sfiorò pensosa l'interno del braccio…
– Ha detto che rimuoverlo o sostituirlo mi procurerà qualche fastidio, quindi credo che per ora... lo terrò. E poi, stiamo a vedere cosa diavolo succede con Pete: se entro un paio di giorni la situazione non si sarà sbloccata, me lo toglierà e, a quel punto… prenderò un bel volo di sola andata per l’Italia, e chiuso!
Yumiko sorrise: – Non credo che lo farai. Comunque, sai che per qualunque consiglio, o anche solo due chiacchiere, io sono qui. Adesso mangia qualcosa e, se vuoi andare alla riunione di stasera, hai il via libera, a una condizione: dopo tornerai a riposare, anche in camera tua, se vuoi, ma non transigo. Oggi, per circa due minuti, sei stata praticamente morta, renditene conto.
– Lo so… – annuì la ragazza.
– Abbi fede… e un po’ di pazienza. Ce ne vuole tanta, con gli uomini – concluse la dottoressa, salutandola poi affettuosamente con una carezza sui capelli, e lasciandola a riposare.
Più tardi la raggiunse di nuovo Jami che, dopo averle concesso il tempo di una doccia rigenerante, la accompagnò a trovare Midori. La pilota di Infinity aveva avuto il permesso di dormire nella propria stanza e se ne stava seduta sul letto, giocosamente servita e riverita dalle amiche: il braccio immobilizzato non le doleva particolarmente, ma era imbottita di antibiotici e antidolorifici e, su ordine dei medici, non sarebbe scesa alla riunione.
Nonostante lo stravolgimento che tutti accusavano, c'erano comunque la felicità e l'euforia che, scorrendo a fiumi nelle loro vene, facevano temporaneamente dimenticare loro la stanchezza e il fastidio delle varie ferite e contusioni. Sapevano che sarebbero inesorabilmente crollati tutti più tardi, ma le ragazze si presero quell’ora tutta per loro, sentendo il bisogno di passare quel breve lasso di tempo in modo spensierato e frivolo, cacciando affettuosamente via Sakon e Sanshiro che erano venuti a reclamare le loro fidanzate. I ragazzi compresero la situazione, soprattutto sapendo, ormai, di avere tutta la vita a disposizione per dedicarsi a loro; così le lasciarono alle loro chiacchiere femminili.
La conversazione finì per concentrarsi su Jamilah e Sakon e sulla piega che finalmente il loro rapporto aveva preso, mentre entrambe le amiche di Briz, avendo assistito al confronto tra lei e Pete, dopo la battaglia, evitarono accuratamente di nominare il loro Capitano. Dal canto suo, Pete non si fece vedere né sentire, ma la cosa era sensata: qualunque cosa se ne potesse dire, in quel momento lui e Fabrizia non erano una coppia. Anzi, Briz ne fu quasi felice: come aveva già detto alla dottoressa Mori, non si sentiva in grado di affrontarlo, e preferiva di gran lunga passare quel po’ di tempo con le amiche.
Le tre ragazze mangiucchiarono qualcosa, ridendo insieme e godendosi quell'improvvisato mini party tra donne, in attesa che Jamilah e Briz scendessero in sala comune per la convocazione di Daimonji.
Jami sparì pochi minuti nella propria stanza, per poi rientrare e tirare a Briz un involto di stoffa e pizzo nero, che si rivelò essere un vestitino corto, con una fila di bottoncini luccicanti che correva sul davanti, dalla scollatura tonda fino all'orlo della gonna, ampia e arricciata.
– Che dovrei farmene? – le chiese perplessa sollevandoselo davanti al viso, tenendolo con due dita come fosse uno straccetto sporco, e osservandolo critica.
– Quello che di solito si fa con un vestito, tesoro: indossarlo.
– Ma tu sei fuoriIo, con un vestito!?
– La guerra è finita, Briz, torniamo a essere quello che siamo: donne! O devo pensare che non hai molta voglia di conquistarlo, il tuo Capitano?
Midori intervenne: – Lo ha già conquistato, Jami. La prossima mossa tocca a lui, Briz deve solo aspettare.
– Ben detto, Dori. Se davvero mi ama, mi prende come sono; e se non mi ama, non sarà un vestito o qualsiasi altro orpello femminile, a far sì che ciò accada. Non ho bisogno di queste... stronzate – esclamò Briz, gettando indietro a Jami il vestito.
– Quindi ti presenterai di sotto, in una serata così speciale, la prima sera di pace, non so se mi spiego, con i soliti jeans bucati, una camicia improponibile e le Nike da ginnastica? O, peggio ancora, gli anfibi? – protestò Jamilah.
– Jami, non è mica una festa, solo una convocazione di Doc! E ha pure detto che sarà una cosa breve. Siamo sempre noi, dai!
– Sei pallida e sciupatella, però! – disse Jami, avvicinandosi a Briz e studiandola in viso – Ci veniamo incontro? Una via di mezzo?
Briz la fulminò con gli occhi: era quasi morta, certo che era sciupatella! Ma non aveva voglia di discutere e si arrese, più per sfinimento che per convinzione, all’idea della sua amica.

 
* * *

Un'ora più tardi, davanti alla porta chiusa della sala comune, Fabrizia scostò, con un cenno insofferente, la mano di Jamilah che le sistemava il ciuffo candido, e le tirò l’ennesima occhiataccia prima di entrare a passo di carica nella sala riunioni.
Il loro ingresso fece ammutolire tutti gli uomini presenti, compreso Sanshiro.
Sakon, in camicia bianca e gilet sportivo slacciato, grigio scuro come i jeans, rimase senza fiato quando vide Jamilah, che indossava un tubino rosso e un paio di sandali dai tacchi alti dello stesso colore. Non era una piccoletta, ma nemmeno una stangona come Briz: poteva permetterseli, eccome.
– Ma… sei tu? – le chiese indeciso; le rare volte in cui aveva visto Jami non in divisa, aveva sempre indossato roba semplice e sportiva.
Era sempre stata bellissima, ma ora era stupefacente; e non era solo per il vestito. Sicuramente era l’euforia per la fine del conflitto, il sollievo per esserne usciti tutti vivi, e la felicità per quello che era finalmente successo tra loro due, ma… la osservò attentamente, e per un attimo gli balenò nella mente un pensiero folle; folle almeno quanto lo erano stati loro due su Marte… Sarebbe stato davvero pazzesco se…
Le parole di Jami lo distrassero da quel pensiero, mentre, sorridendogli, lo prendeva sottobraccio per andare insieme a sedersi.
– Forse ci sono lati di me che non conosci ancora, Prof: a volte mi piace essere un po’… mondana.
No, era evidente che lei, da quel pensiero, non era stata nemmeno sfiorata, si disse Sakon; si ripromise di affrontarlo con lei più tardi, quando sarebbero stati soli.
Pete aveva guardato di sfuggita Jamilah, poi il suo sguardo era stato irrimediabilmente calamitato da Fabrizia – che era avanzata da sola, indifferente e disinvolta, per andare a sedersi – e si prese una gomitata in una costola da Yamatake.
– Chiudi la bocca, Capitano, prima di mangiarti una mosca...
Jamilah, naturalmente, non era riuscita a convincere Briz ad indossare il vestito, ma i pantaloni, di una stoffa leggera di un nero vagamente iridescente, le fasciavano i fianchi e le gambe in un modo che definire seducente sarebbe stato poco; insieme alla camicetta bianca di seta senza maniche creavano un insieme semplice, ma assolutamente piacevole, forse insolito per lei ma, in fondo, niente che tradisse il suo stile. Briz era rimasta abbastanza fedele a sé stessa, anche se solo fino a un certo punto: al posto dei soliti stivali o scarpe di tela, calzava delle classiche ballerine nere.
Pete odiava le ballerine, eppure… addosso a lei, gli piacevano.
I capelli erano raccolti in uno chignon basso e morbido, dal quale sfuggiva parte della ciocca bianca sul lato destro del viso, e poi... c'era il mascara, che le allungava le già foltissime ciglia e che, insieme all'ombretto verde scuro, le esaltava e approfondiva lo sguardo.
Pete si ritrovò a deglutire vistosamente, mentre osservava l’ultimo particolare che lo aveva colpito: un velo di rossetto chiaro rendeva le labbra della ragazza lucide, morbide e invitanti, più di quanto già non fossero. Poteva anche non indossare un vestito sexy, ma era semplicemente stupenda, perché era comunque lei.
Briz gli passò accanto e lo osservò di sottecchi: lui indossava una camicia  leggera, senza colletto, bianca a righine azzurre; il fatto che tenesse i primi tre bottoni slacciati e sapesse, in modo per nulla sfacciato, di shampoo e dopobarba, non aiutava a mantenere gli ormoni a posto. I suoi capelli ancora umidi le fecero desiderare di affondarci le dita… ma lei, essendo diventata brava con l'autocontrollo, gli sorrise, angelica e diabolica allo stesso tempo. Pete, nel frattempo, non riusciva a staccarle gli occhi di dosso.
– Piantala di guardarmi così, sono solo le insane idee della mia amica qui presente! – sbottò lievemente indispettita, soffiando verso l’alto per spostare il ciuffo bianco che le cascava continuamente  sugli occhi, accidenti a  Jami e alla sua maledetta piastra per capelli! Che poi, per quale motivo ne possedeva una, visto che portava sempre i capelli ricci naturali?
 
Briz-ciuffo
 
A passo rapido, si diresse a prendere posto su un divanetto dove lui la raggiunse, sedendosi al suo fianco.
– Con tutto il posto che c'è, perché proprio qui? – gli chiese sferzante, ma non sgarbata.
– Eh, beh... perché... – cominciò lui.
– No, è okay, stai pure, ma ricordati: guardare e non toccare – lo zittì lei, stordendolo con una nuvola di profumo di biancospino.
– Uno a zero. Vai così, Briz: fallo morire! – sussurrò Jami, suscitando un paio di risate sommesse in chi l'aveva sentita, e trovando pieno appoggio.
Daimonji richiamò la loro attenzione, accendendo il grande monitor appeso alla parete che, in quel momento, era collegato al computer centrale della base. Tutti si zittirono, quando lo schermo mostrò loro un corpo celeste che viaggiava a velocità iperspaziale fra le stelle.
– Sapete cos'è? – chiese il dottore.
– Sembrerebbe una cometa – disse Yamatake.
– Già, sembrerebbe. In realtà è una sfera, fatta dello stesso materiale di quella che, su Marte, ci aveva imprigionati, solo molto più grande. Si sta dirigendo qui, sulla Terra, e viene da Zela.
– Eh, no, dottore! Non vorrà mica dire che siamo da capo? – saltò su Bunta, dando voce ai pensieri di tutto il gruppo.
– No, ragazzi, tranquilli: non sono nemici! Questa sfera è governata come un'astronave, e contiene la Città-Fortezza che era stata costruita dai Ribelli nei sotterranei del pianeta Zela. Il loro mondo, alla fine, è stato inghiottito dal buco nero, ma loro sono vivi: sono riusciti a fuggire all'ultimo istante, e mi hanno contattato, chiedendo asilo sul nostro pianeta. Cosa che, d'accordo con i governi dell'Alleanza Terrestre, gli è già stata accordata. Abbiamo calcolato che raggiungeranno la Terra fra circa settantadue ore, in un luogo per il momento ancora segreto ai più, me compreso – concluse Daimonji.
I ragazzi rimasero tutti stupiti per un attimo, poi si lasciarono andare ad esclamazioni di felicità e soddisfazione. A Briz brillarono gli occhi, mentre esternava il suo pensiero.
– Vuol dire che Yock e Lyra... non resteranno gli ultimi della loro razza?
– Esattamente; e forse hanno anche dei parenti, tra i Ribelli superstiti. Domani mattina presto andrò a prenderli, perché hanno espresso il desiderio di passare qualche tempo con noi, prima di riunirsi al loro popolo.
– Sono felice, di questo – sussurrò Briz commossa.
– Ehi, non rimetterti a piangere, che ti rovini il trucco – le disse Pete, sottovoce, mascherando con l'ironia il fatto di comprendere più che bene il suo stato d'animo: essere orfani era una condizione che, purtroppo, in quella compagnia condividevano in molti.
Briz, però, non si fece prendere in contropiede.
–  Sai cosa me ne frega? Tanto lo so, che ti piaccio anche col trucco sfatto.
– Ohoh... siamo diventate presuntuose, eh, fanciullina?
– Sai com'è, avendo avuto a che fare per un anno abbondante con un professionista nel settore...
– Due a zero – sussurrò Jamilah e, a quel punto, Pete decise che fosse meglio il silenzio.
– Detto questo, – proseguì il dottore – da stasera potete considerarvi, in un certo senso, in vacanza, almeno per un po'.
– Bene, perché domani ho intenzione di andare a prendere Solange a Yokohama, e portarla qui per farvela conoscere – commentò Bunta – Ma perché ha detto che saremo in vacanza solo per un po'?
– I governi dell'Alleanza chiedono se siamo disponibili a portare aiuto e collaborazione ai Paesi che sono stati più devastati da questo conflitto. I nostri mezzi corazzati e le nostre armi potrebbero essere utili in altri modi, diversi da quelli per cui erano stati concepiti, senza contare che vederci interessati a loro di persona, solleverà il morale delle popolazioni.
– Vuole dire che da mezzi da guerra e distruzione, il Drago Spaziale e compagnia potrebbero diventare mezzi di ricostruzione e strumenti per allacciare rapporti e svolgere missioni umanitarie? – chiese Fan Lee.
– Io ci sto! Missioni di pace: mi sembra una cosa bellissima, dopo tutto ciò che è accaduto – esclamò un entusiasta Yamatake, subito spalleggiato dagli altri.
– In mezzo a tutto ciò, naturalmente, ci saranno anche doveri diplomatici o, diciamo così, di società – disse il dottore, tirando un’occhiata strana a Briz.
– Cioè? Si spieghi meglio… – chiese lei, preoccupata.
Jamilah cominciò a ridere, rendendosi conto di dove stesse andando a parare il discorso e guardando l'amica, che ci mise un niente a capire.
– Vi prego, no… Intende davvero... conferenze stampa? O ancora peggio, ricevimenti e serate di gala alla presenza di Presidenti, Governatori e Ministri...? – ansimò Fabrizia sconvolta.
– In realtà anche Re, Regine e persino Imperatori... – infierì Sakon.
– Oh, cazzo! Se non so nemmeno ballare! E poi? Cosa dovrei, infilarmi in un fottutissimo abito da sera? Magari col tacco dodici, col rischio di svettarvi tutti, accopparmi a ogni passo e somigliare a un trans, maldestra come sono? Ma non esiste! – esclamò lei.
Tutti scoppiarono a ridere e Pete intervenne ironico.
– Magari sui tacchi si potrà soprassedere, ma sul resto dovremo lavorarci sopra. E non solo sul fatto del ballare, visto come ti sei appena espressa.
– Dovremo chi? Mica io e te per forza...
– Beh, ballare in due non è così difficile: almeno il valzer, posso insegnartelo.
– Te sogni, povero! Doc... Non dirà sul serio – fece lei, implorante.
– Contro la ragion di stato non si combatte, Briz: sono certo che imparerai – rispose lo scienziato.
– E qui si segna il due a uno... – ridacchiò Yamatake.
Anche Daimonji rise sommessamente, poi riprese.
– Sempre a proposito di te, Briz, cambiamo discorso: che ti è successo, oggi? Hai usato, e per ben due volte ciascuna, due armi potentissime. Tra l'altro, il Supernova Starfire sembra devastante... e, nonostante questo, ti sei disconnessa immediatamente, senza problemi e senza i soliti malesseri collaterali, a parte quello svenimento finale, che però mi pare sia stato una cosa a sé stante, che non c’entrasse con la disconnessione.
Fabrizia accantonò il futile pensiero delle feste ufficiali, in compagnia di capi di stato e teste coronate, e si intristì un attimo, poi si riprese.
– È così, sono morta di stanchezza, ma nel complesso sto bene. È che... ho come la sensazione che problemi di questo tipo, anche se dovessi ricorrere nuovamente alla connessione, non si ripresenterebbero più.
– Perché dici questo?
– Mi è successa una cosa, oggi, alla fine della battaglia. Siete padroni di crederci o meno, perché nemmeno io so come considerare questa faccenda, ma la dottoressa Mori e il dottor Watanabe non hanno escluso del tutto la possibilità di una specie di esperienza... non so come dire… extra-corporea. Una specie di pre-morte. 
Nessuno di loro fiatò e così, senza temere di essere presa per matta, Briz raccontò di ciò che aveva vissuto in quella specie di limbo in cui si era trovata, e tutto ciò che lei e Alessandro si erano detti.
– La parte più razionale di me, mi dice di classificarla solo come una specie di sogno – concluse – Eppure... io so che Alessandro, oggi, mi ha lasciata davvero definitivamente, perché una volta risvegliata, anche da connessa, non l'ho più sentito. Non era la disconnessione da Balthazar, a farmi stare male, ma la disconnessione da lui. Oggi è un po' come... se lo avessi perso per la seconda volta, e per sempre. Questo pensiero mi intristisce, ma sono serena e perfettamente consapevole del fatto che questa sia una realtà impossibile da cambiare: Ale è morto tre anni fa, e dal Paradiso non si torna. Ma almeno… sono riuscita a salutarlo. E lo so che mi crederete pazza, ma… questa strana vicenda mi ha convinta di una cosa nella quale, già da tempo, avevo cominciato ad avere fede. Ognuno ha il diritto di crederci solo se gli pare, ma per me... la morte non è la fine di un bel niente – sentenziò sicura – È solo uno dei tanti ostacoli... lungo il cammino.1 E dopo quest’ultima, profonda considerazione, se Doc non ha altro da aggiungere, io andrei a letto. Dottore, dormita libera, domattina, vero?
– Assolutamente sì. Buona notte, piccola.
Briz si lasciò sfuggire uno sbadiglio, mentre si alzava in piedi e si dirigeva stancamente verso la porta.
– Ma anche voi, non siete stanchi? – sbottò di colpo Yamatake – Perché io sì... – concluse alzandosi anche lui, stiracchiandosi in tutta la sua mole.
Tutti si resero conto di quanto il lottatore di sumo avesse ragione: la stanchezza piombò loro addosso tutta in una volta, e le parole dormita libera suonarono come le più allettanti che ognuno avesse sentito da parecchio tempo.
– Bri, aspetta! – la fermò Pete, mentre uscivano in corridoio insieme agli altri.
– Sììì...? Devi dirmi qualcosa? – fece lei, suadente, girandosi.
– Volevo solo… assicurarmi che stessi bene e… darti la buonanotte.
– Mi hai dato di nuovo la risposta sbagliata, non ce la puoi proprio fare… Comunque sto bene, grazie, buonanotte anche a te – lo liquidò la ragazza.
– Senti, fanciullina…
– Senti tu: sai già cosa voglio! Tu invece cosa vorresti, venire a dormire da me? Beh, sai una cosa? Contravvengo gli ordini della dottoressa Mori: ti lascio la porta aperta, puoi venire. Tanto, qualunque cosa tu dica o faccia, ti garantisco che sono troppo stanca, dolorante e incasinata mentalmente per fare qualunque cosa che non sia proprio questo: dormire! Quindi, regolati! E comunque… so già che non avrai il coraggio di farlo – concluse, con un sorriso stanco e pungente allo stesso tempo.
Pete rimase a guardarla sparire dietro l'angolo, chiedendosi se dicesse sul serio o se fosse una delle sue solite prese per i fondelli. Optò per la seconda ipotesi e si girò verso gli amici, che lo guardarono e scossero le teste.
– Un altro due di picche… – commentò Fan Lee.
– Tre a uno. Briz ha ragione, sei proprio senza speranza... – sospirò Sanshiro.

 
* * *

Pete aveva visto Sanshiro salire alla Piccionaia per raggiungere Midori, e poco dopo anche Jamilah e Sakon avevano preso la stessa strada. Era un pensiero pazzesco quello che, in quella mezz’ora appena trascorsa, si era formato quasi da solo nella sua mente, circa questi ultimi due.
Sakon, per tutta la durata della riunione, aveva continuato a guardare Jami in un modo strano, con una specie di adorazione negli occhi, come se la ragazza fosse qualcosa di prezioso da proteggere a tutti i costi. Qualcosa che… andava oltre il fatto di essere felice che fosse diventata ufficialmente la sua compagna. L’amico ingegnere rimuginava su qualcosa, era chiaro.
A Pete sfuggì un sorriso: sarebbe stata davvero grossa, se…
Eppure… se c’era una cosa che aveva imparato, in quell’ultimo anno, era che la vita era un miracolo, che poteva essere davvero imprevedibile e che a volte, per manifestarsi, poteva scegliere le strade più strane.
O magari si stava sbagliando, la stanchezza lo faceva sragionare… proprio lui,  che non era mai stato un tipo particolarmente empatico.
Accantonò il pensiero degli amici e, visto che ormai tutti si erano dileguati, decise di raggiungere davvero, anche lui, la Piccionaia. Gli era venuto un dubbio: magari Briz non aveva scherzato, anzi lo aveva proprio sfidato! Gli aveva detto che non aveva intenzione di fare altro che dormire, e lui di quello si sarebbe accontentato.
Sapeva di averla fatta arrabbiare, ma sapeva anche che quello non era il momento per affrontare certi argomenti; non lo era per lui, almeno. La sua natura calcolatrice continuava a farsi sentire: le cose importanti dovevano andare come lui le programmava, l’idea del contrario lo metteva in crisi, e Briz, quel pomeriggio, lo aveva completamente spiazzato… ma poi, forse, anche compreso. Di certo quella sera si era divertita e sfogata un bel po’, provocandolo pungente, come una vespa dispettosa.
Capì che lei aveva detto sul serio, circa il dormire da lei, quando, uscendo dall’ascensore, vide che aveva davvero lasciato la sua porta accostata.
Entrò titubante, richiudendosela alle spalle, e fu accolto dalla penombra e dall'aria appena rinfrescata dal condizionatore; non vedendola in giro, fece capolino dallo scaffale di legno a cubi che nascondeva parzialmente la zona notte, illuminata solo dalla lampada sul comodino che era rimasta accesa. La ragazza era lì sul letto, raggomitolata e girata verso la parete, dandogli la schiena; indossava il pigiamino con gli orsetti, quello della notte passata con lui in infermeria.
Pete si appoggiò alla libreria con una spalla e valutò la scena, che evidenziava come si fosse liberata in fretta degli abiti, che non sentiva molto parte della sua personalità: i pantaloni neri e la camicetta bianca erano gettati sul pavimento, insieme a una manciata di forcine per capelli e alle ballerine che, con ogni probabilità, erano state scalciate via, essendo ad alcuni metri di distanza l’una dall’altra.
Alla fine era crollata, e non c'era da stupirsene: l'adrenalina, che l'euforia per la vittoria aveva pompato nelle loro vene per ore, si era finalmente esaurita; anche lui era davvero sfinito, confuso e con il mal di testa. Quella lunga giornata avrebbe messo K.O. chiunque.
Si avvicinò al letto, deciso a prendersi quel poco che Briz gli aveva concesso, in attesa di chiarire ogni cosa con lei; non più tardi del giorno dopo, promise a sé stesso.
Spense la lampada, lasciando spazio solo al tenue pallore della luna che filtrava dalla finestrella sul soffitto, e posò un ginocchio sul letto, alle spalle di lei. Non riuscendo a resistere, si chinò sulla sua guancia, notando che non si era nemmeno struccata e che aveva avuto ragione: a lui piaceva da impazzire, anche con il trucco sbavato.
Briz aveva aperto gli occhi, quando aveva sentito Pete entrare, e li aveva richiusi immediatamente; non aveva mosso un muscolo. L'aveva percepito avvicinarsi, esitare, aveva intravisto la luce spegnersi e, infine, sentito il materasso cedere sotto il suo peso. Lo sentì chinarsi su di lei e baciarle lievemente la guancia, poi avvertì la sua mano posarsi, indecisa, sul suo fianco e stringerla appena.
Pete non sapeva perché lo avesse fatto, ma a quel gesto la sentì irrigidirsi e capì due cose: che Briz era sveglia, e che, forse, si era spinto troppo in là. Ritrasse la mano di scatto e si sollevò, pronto ad andarsene.
Ma, con suo stupore, la mano di Briz si mosse all'indietro rapidissima e afferrò la sua, portandosi il suo braccio attorno alla vita; tutto ciò che lui poté fare fu assecondare quel gesto: tornò a chinarsi, sdraiandosi dietro di lei e stringendola a sé. La ragazza si spostò appena, appoggiandosi più comodamente contro di lui, ma non disse una parola.
– Avanti, bestiolina, dormi, adesso. Ci sarà tempo per tutto.
La sentì rilassarsi e stringergli la mano che lui le teneva appoggiata contro il ventre; non la vide in faccia, ma Pete ebbe la netta sensazione che lei stesse sorridendo, e non si sbagliava.
Entrambi pensarono per qualche istante all'altra volta in cui avevano dormito in quella posizione, nella cella sotterranea nel Sahara.
Ma stavolta non erano in guerra, né prigionieri, né al freddo.
Erano in pace, liberi, in un letto comodo, in una notte d'estate.
Peccato solo che fossero distrutti dalla stanchezza, ma Briz si sentì di nuovo al sicuro, mentre lui la stringeva.
“Resta pure qui, capitano. E domattina, al nostro risveglio, te la dovrai vedere con me, cascasse il mondo!” pensò prima di abbandonarsi al sonno, finalmente dolce, profondo e senza sogni, nel quale scivolarono insieme, lasciandosi avvolgere entrambi dal suo abbraccio.

 
sonno-sereno
 
* * *

Fabrizia riemerse dal sonno a fatica. Solo la sua coscienza realizzò di essersi svegliata, perché il suo fisico era ancora immerso in un'immobilità totale e torpida; non ricordava nemmeno più da quanto tempo avesse dormito così profondamente, senza nemmeno sognare. Tenne gli occhi chiusi e si concentrò sugli altri sensi: stringeva fra le braccia qualcosa di caldo e una stoffa morbida le premeva contro la guancia; e odorava di buono.
E all'improvviso la realtà si fece strada e gli ultimi avvenimenti e i programmi futuri dell’equipaggio del Drago le si affacciarono alla mente: la guerra era finita. Sapeva che probabilmente Bunta e Daimonji erano già partiti: il primo per Yokohama, a prendere la fidanzata Solange; il secondo per non si sa dove, a recuperare Yock e Lyra Zenon, che avevano espresso il desiderio di rivedere i loro salvatori ma soprattutto amici.
Poi ricordò lo strano litigio con Pete, concluso con una specie di tregua, in attesa di un chiarimento, e lui che aveva passato quella notte con lei. A dormire, naturalmente.
Eppure... qualcosa non le tornava: ciò che stringeva tra le braccia era troppo... soffice; e immobile; e silenzioso. Aprì gli occhi lentamente e mise a fuoco.
Ma porca vigliacca...! Non riusciva a crederci: di nuovo!? Stava abbracciando quel maledetto, caldissimo, morbidoso e stradannato... cuscino!
Ma possibile che avesse di nuovo sognato? Mollò un sonoro sbuffo, si sollevò a sedere, e lo tirò contro il muro; il cuscino rimbalzò e atterrò nuovamente sul letto accanto a lei, che gli mollò un paio di pugni ben assestati. Poi ci ripensò e se lo strinse nuovamente al seno. No, non era del tutto scema: Richardson, lì con lei, ci aveva dormito, perché il cuscino conservava ancora il suo profumo fresco e pulito. Peccato che lui avesse palesemente deciso di tagliare la corda prima che lei si svegliasse. Che avesse un vago timore di ritrovarsi ad affrontare certi argomenti, il ragazzo?
Faticosamente, Briz mise i piedi giù dal letto e raggiunse il bagno. Si guardò allo specchio e trasalì: oddio, un panda!
Non era stato sufficiente passare una notte tra le braccia di Pete, a dormire come un geco in letargo: pure col trucco sfatto, per forza al mattino era scappato, povero! Questo dava la misura di quanto fosse abituata ad aver a che fare con frivolezze femminili come ombretti, mascara e struccanti! Mugugnando si spogliò, si infilò sotto la doccia e si impose di svegliarsi.
Più tardi, tornata all'aspetto di essere umano, recuperò lo smartphone sul comodino e trovò un messaggio: fu con una certa delusione che si accorse che proveniva da Yamatake.
“Ehi, Anoressina! Stasera, grigliata di pesce sulla spiaggia: si mangia, si canta e si balla! Dovremo pur festeggiare, no? Alle 19. Non ammetto defezioni, né ritardi!”
“Tranquillo, amico mio, ci sarò ad ogni costo” digitò velocemente lei in risposta, prima di raggiungere la zona giorno del suo alloggio, dove si avvide di un paio di cose: che erano già le undici e tre quarti, e che sul tavolo c'era un foglio.
La grafia chiara e precisa di Pete le augurò il buongiorno: "Ciao, ben alzata! Scusa se me ne vado come un ladro, ma dormivi troppo beatamente, non ho avuto il coraggio di svegliarti. Ma dopotutto, non è successo niente di compromettente, da dovermi sentire in colpa. Ho un po' di cose da fare stamattina, ma vorrei vederti nel pomeriggio. Fammi sapere, okay? P".
Briz spalancò gli occhi, incredula.
– "Non è successo niente di compromettente...?" "Vorrei vederti nel pomeriggio?" Ah, fantastico, adesso sei tu che decidi, fai e disfi? E da quando, di grazia? Te lo do io, "Un po' di cose da fare!" Mo' te la faccio pagare, giuro! – ringhiò la ragazza, piegando in due il foglietto.
Afferrò lo smartphone e gli mandò un messaggio brusco e pungente: "Ho da fare anch'io, oggi. Non so a che ora sarò disponibile! Ci vediamo alle sette alla grigliata organizzata da Yamatake. Ciao".
Rilesse e inviò, soddisfatta. Che se ne stesse sulle spine, visto che si divertiva tanto a tenerci lei!
La parte di sé stessa ancora minata dall'insicurezza e dalla scarsa autostima, la avvisava di non illudersi e di prepararsi a venire di nuovo friendzonata senza possibilità di remissione.
Ma al diavolo, stavolta i giochi li dirigeva lei!
Forse.
 
> Continua…


 
Note:
“La morte non è la fine di un bel niente. È solo uno dei tanti ostacoli, lungo il cammino”.
Questa frase l’ho bellamente presa in prestito da un episodio di un vecchio telefilm, il cui protagonista adoravo alla follia: MacGyver.
(E comunque, io ci credo… ;) )
  
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