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Autore: Jeo 95    07/09/2017    1 recensioni
[Saga del Filo Rosso; Storia 1- Destino Maledetto]
***
La leggenda del Filo Rosso del Destino è una romantica leggenda che racconta di come al mondo, per ogni persona, ve ne sia una predestinata, la cosiddetta Anima Gemella.
Eppure non è l'unico Destino che il Filo Rosso può creare. Ve ne è uno più cupo, crudele, che da secoli colpisce determinate persone, accomunate tutte da particolare accessori.
Lo sanno bene Tikki e gli altri Kwamii, o almeno dovrebbero, poichè quello stesso destino sta per bussare alla porta dei loro Prescelti, ancora una volta.
Memorie perdute, passati remoti, mentre le vecchie e le nuove generazioni di Eroi si incontrano, Marinette dovrà trovare il modo di sfuggire ad un fato che non desidera.
Perchè lei è Ladybug, ed il suo destino è scritto col sangue.
***
Spero che vi incuriosisca almeno un po? :3 non so quante saghe saranno, dipenderà dall'audience xD
Bacioni e ringraziamenti a chiunque mi seguirà
Jeo 95 =3 (o ArhiShay)
p.s. La storia verrà aggiornata ogni Mercoledì u.u
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Adrien Agreste/Chat Noir, Altri, Marinette Dupain-Cheng/Ladybug, Sorpresa, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Spoiler!, Triangolo
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N.d.A- E stavolta sono in orario (più o meno)! Incredibile vero? Non ci credo nemmeno io xD quindi preparatevi ad un mese e mezzo di ritardi u.u
Un bacio a tutti e alla prossima!

Jeo 95 =3 (o ArhiShay)

 

p.s. mi trovate anche su

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Fil Rouge


Livre 1

~ Destin Maudit~

  


Non riusciva davvero a crederci. Con che incredibile capacità riusciva ogni volta a mettersi nei guai senza nemmeno accorgersene?

A Londra nella sua piccola stanza di collegio, gli unici guai a cui Ameliè andava incontro erano noia e solitudine, misti anche agli scherzi delle compagne di stanza che in lei altro non vedevano che una facile preda per dispetti di pessimo gusto.

Da quando si era trasferita a Parigi, quasi un mese ormai, la sua vita era cambiata decisamente in meglio. Se non fosse stato per i mostri che ogni tanto si divertivano a scorrazzare per le strade della città, avrebbe quasi detto che la sua vita era finalmente perfetta.

Certo era grazie a quei mostri che aveva conosciuto Chat Noir, forse avrebbe dovuto ringraziarli piuttosto che piagnucolare, ma era più forte di lei. Gli Akuma le facevano paura, la terrorizzavano più di qualsiasi altra cosa si fosse mai ritrovata ad affrontare in vita sua.

Pioveva quel pomeriggio, e mentre tornava a casa Ameliè si era fermata ad ammirare alcune vetrine di dolci. La strada che dalla struttura scolastica portava all'enorme Hotel Bourgeois era piena di ristoranti, pasticcerie e qualsiasi tipo di edificio offrisse altrettante varietà di cibarie.

Ad Ameliè piaceva fermarsi ad osservare le magnifiche torte nuziali esposte in bella mostra, assaporare gli odori che riempivano l'aria attorno ai negozi, a volte addirittura fermarsi ad assaporare qualche nuova specialità a lei sconosciuta. Quel giorno invece si era limitata ad osservare le vetrine appena allestite, con l'ombrellino giallo che le copriva la testa dalla caduta battente della pioggia.

Poi era accaduto di nuovo, si era trovata davanti ad una scena cui non aveva saputo cosa fare, e come il giorno in cui aveva conosciuto Lila, si era semplicemente lasciata guidare dalla follia.

Un anziano vecchietto era stato messo all'angolo in un vicolo, accerchiato da due bestioni alti il triplo e larghi quanto uno degli armadi di Chloè. Indossavano dei passamontagna oltre i quali Ameliè non riuscì a scorgere, e soltanto il vedere le figure nere dei malviventi la fece tremare.

Presto le lacrime salirono svelte agli angoli degli occhi, e forti tremiti le scossero il corpo. Cosa fare? Cosa poteva fare?

Si guardò attorno un paio di volte, ma sfortunatamente sembrava che la pioggia avesse bloccato tutti quanti nelle proprie case, ignari di quanto stava accadendo ora in quella strada.

C'erano soltanto lei, il vecchio e quei due brutti ceffi. Tremava di paura, avrebbe potuto scoppiare a piangere da un momento all'altro, o peggio avrebbe assistito ad un orribile aggressione senza poter fare nulla per impedirlo.

Si sentì una codarda. Pensò a Chat Noir, a come avrebbe tanto voluto essere coraggiosa come lo erano lui e Ladybug, e si disse che il primo passo per cambiare, per diventare qualcuno di migliore che avrebbe potuto amare, era quello di affrontare le proprie paure in favore degli altri.

Ingoiò rumorosamente il nervosismo, e con un coraggio che non era il suo mosse i primi passi verso gli aggressori. Poi fu tutto improvvisamente chiaro.


 

«Dunque ricapitoliamo.» Marinette si massaggiò le tempie con insistenza, cercando le parole giuste per riassumere quanto il maestro Fu le aveva detto.«Lei è sparito per più di un mese senza dirmi nulla, nessun biglietto, nessuna spiegazione. Tutto per consegnare gli ultimi tre Miraculous ad altrettanti portatori?»

E Fu aveva semplicemente annuito, lasciando basita sia la ragazza che la piccola Kwamii.

«Quindi anche Wayzz...?» ed il silenzio di Fu si rivelò una risposta più che sufficente.

Tikki abbassò il capo malinconica, ricordando che erano ormai due generazioni di portatori che il vecchio maestro ed il Kwamii della tartaruga erano partner inseparabile, nella vita ed in battaglia. Doveva essere stato difficile per loro dividersi, benchè lo sapessero entrambi che prima o poi il giorno degli addii sarebbe arrivato.

Ne aveva salutate tante lei di Ladybug, e ancora si chiedeva cosa l'avesse strappata a quelle giovani ragazze che erano state le sue portatrici. Tikki le ricordava tutte, dalla prima all'ultima, eppure quando pensava agli addii non vi era altro che buio nella sua mente. Non era mai riuscita a ricordare l'ultimo giorno insieme a quelle che erano le sue amiche.

«Ma... perché? Voglio dire perché adesso? Cioè, io e Chat Noir ce la caviamo bene, non abbiamo ancora sconfitto Papillon è vero, ma i suoi Akuma non ci hanno mai dato grossi problemi.»

Eccetto gli ultimi, avrebbe voluto aggiungere, ma aspettò. Fu le stava nascondendo qualcosa, se lo sentiva nelle ossa che fosse così, e prima di raccontare all'anziano i suoi dubbi e le sue paure, Marinette voleva ascoltare cosa aveva da dirle.

Prendendo un profondo respiro, Fu decise che quello era il momento giusto per raccontarle parte della verità che stava tenendo nascosta.«Vedi, prima di separarci, Wayzz ha percepito Duusu, il Kwamii del pavone. Anche lui era andato perduto.»

Marinette e Tikki ascoltarono con attenzione, non perdendosi una sola parola uscita dalle vecchie labbra screpolate di Fu.

«Temo che chiunque abbia in possesso il Miraculous di Duusu non ne farà buon uso... già una volta, molti anni fa, qualcuno provò ad usare i Miraculous per scopi malvagi, e non è finita bene.»

Era successo anni prima, quando Fu e Wayzz erano alle loro prime missioni, un tempo sfocato che Tikki era riuscita a ricordare appena. Gli ultimi legami erano sempre i più confusi e sfocati, come se una sottile nebbiolina le impedisse di vedere oltre un certo punto.

Eppure sentiva di aver vissuto ogni parola che Fu stava pronunciando. C'era stato un tempo in cui qualcuno aveva provato ad utilizzare il potere dei Kwamii per scopi oscuri, malvagi, ed il risultato era stato una catastrofica guerra che aveva quasi distrutto il mondo.

«Sta arrivando una tempesta Marinette, tu e Chat Noir avete bisogno di aiuto.» guardò fuori dalla finestra. Pioveva ancora, e sembrava non voler smettere presto.

«Dobbiamo recuperare i Miraculous mancanti... prima che lui torni.»

Marinette deglutì, ed improvvisamente gli si chiuse lo stomaco. Non sapeva perché, ma improvvisamente ebbe paura.

«Lui... chi?»

Fu le sorrise, poggiandole con dolcezza una mano sul capo e cercando di tranquillizzarla. Non era ancora il momento, troppo presto ancora per gettarle sulle spalle il destino maledetto che accompagnava la fortuna di Ladybug.

«Spero di sbagliarmi Marinette, ma se così non fosse, ci aspettano tempi duri. Temo che il Perduto stia per tornare.»

Tikki sobbalzò. Era vero, ora ricordava frammenti di qualcosa che poteva essere il passato, e tra tutti i fotogrammi rovinati che la sua mente riportava a galla, un paio di occhi rossi come il sangue la scossero profondamente. Si strinse vicino a Marinette, scossa da violenti brividi.

«Il Perduto?» Marinette non aveva mai sentito prima questo nome, eppure sia il maestro che la sua partner sembravano spaventati da questa figura misteriosa.

Improvvisamente fu curiosa di saperne di più.

«È una storia lunga, ti va una tazza di tè?»

Accettò con piacere. Probabilmente non avrebbe lasciato la dimora del vecchio maestro tanto presto.


 

Papillon continuava ad osservare dal suo covo i movimenti dell'uomo che era stato approcciato da Le Paon qualche mese prima. Sembrava felice, nel suo piccolo mondo di luce che si era creato. Un buon posto di lavoro, una bella famiglia, ed ora anche in attesa del primo figlio.

E più lo guardava, più non capiva dove Le Paon volesse andare a parere. Lui aveva la capacità di creare eroi, di donare abilità speciali a chi più riteneva degno di tale potere.

Per i suoi Akuma sceglieva vittime fragili, a cui la vita non aveva fatto altro che torti. Persone sole, ferite, sconvolte, quelli che a detta sua erano facilmente manipolabili. Quel tipo tuttavia, non aveva nessuna delle caratteristiche adatte a diventare un Akuma, e soprattutto se anche fosse riuscito a trasformarlo, non avrebbe potuto manipolarlo a piacimento.

Più ci pensava, più non capiva.

«Sembri pensieroso Papillon, qualcosa ti turba?»

Si girò a guardare l'alleata con un misto di rabbia e confusione, ed espose i suoi giusti dubbi a colei che tirava le fila di ogni cosa.

Le Paon sorrise.«La tua tecnica è molto intrigante, ti permette di creare servitori potenti, che però vengono puntualmente sconfitti da Ladybug e Chat Noir.»

Papillon digrignò i denti, ma non potè controbattere.

«Il problema è che tu scegli le tue vittime in base alla sofferenza dell'attimo, un fugace attimo negativo in una vita di gioia. Quanto potere negativo credi che abbia una persona così?»

Non ci aveva mai riflettuto prima, sempre concentrato sull'obbiettivo finale di mettere finalmente le mani sui Miraculous dei suoi nemici e procedere così con il piano principale. Fino a quel momento non aveva mai analizzato davvero cosa il potere di Nooro fosse in grado di fare.

«Il signor Laverre sembra avere una vita perfetta vero? La fortuna sembra sorridergli ad ogni passo, ma cosa credi succederebbe se all'improvviso perdesse tutto?» Le Paon sorrise.«Il lavoro... gli amici... l'amore... un figlio! Riesci ad immaginare il potenziale distruttivo di un cuore sconvolto fin nel profondo?»

Papillon tentennò. Aveva capito dove volesse andare a parare, ma non era più sicuro di voler proseguire sulla stessa linea di quella che ormai gli sembrava una pazza.

Poi pensò alla causa che l'aveva portato a quel punto, che fino a quel giorno l'aveva spinto a compiere atti folli ed efferati. D'improvviso non ebbe più dubbi.

Ghignò malignamente verso l'immagine sfocata di Laverre, sentendosi più carico e motivato che mai.«Presto volerai da lui mia piccola Akuma, e finalmente i Miraculous saranno nostri.» stavolta era certo che non avrebbe fallito.


 

«Sono a casa!»

Seguito dal fedele Gorilla dietro di lui, Adrien varcò l'enorme porta di casa con stanchezza, intenzionato soltanto a rifugiarsi nella sua stanza e farsi una bella dormita. Tutto questo non senza aver reperito dalla cucina una discreta scorta di formaggio, così che Plagg non lo disturbasse per almeno qualche ora.

«Il formaggio, ricorda il formaggio!» ecco appunto.

Non aveva alcun impegno fotografico quel giorno, nessuna lezione e nessun incontro di lavoro, e ringraziò mentalmente Nathalie per aver accolto la sua preghiera di avere una giornata libera.

«Avrei gradito saperlo in anticipo.»

La voce di suo padre lo colse di sorpresa. Era a casa? Era convinto fosse da qualche parte a progettare gli abiti della nuova collezione, per quale ragione invece era rimasto?

«Papà...?» chiamò piano, aprendo la porta della sala da pranzo con cautela, mentre il suo richiamo fu coperto dalla squillante voce di una donna che Adrien conosceva bene, ma che non vedeva da anni.

«Suvvia Gabriel, non essere così rigido! Siamo una famiglia no?»

Il sorriso nacque spontaneo sulle labbra di Adrien, che allora spalancò la porta e si fiondò con energia nella stanza.

«Zia Zoe?»

Zoe Roux in Ramos era la sorella gemella più piccola di Julie Roux in Agreste, la madre di Adrien.

Aveva lineamenti dolci e morbidi, i capelli biondi erano corti, sparati in ogni direzione anche grazie al gel che Zoe metteva per acconciarli. Assomigliava tantissimo a sua madre, e se non fosse stato per il taglio di capelli e per gli occhi nocciola, probabilmente non le si sarebbero distinte.

Zoe Ramos sorrise alla vista del nipote prediletto, e corse ad abbracciarlo nell'esatto istante in cui si era accorta di lui.

«Il mio piccolo Adri! Ma guarda quanto sei cresciuto, sei diventato un bellissimo chico!»

Zoe viveva in Spagna assieme al marito ed al figlio da ormai diversi anni, da quando sua madre era scomparsa prematuramente. Da quel giorno aveva visto poco gli zii ed il cugino, ma ogni qual volta si presentava l'occasione di poter passare del tempo con loro, Adrien ne era ben felice.

«È sempre un piacere rivederti zia! Manuèl è con te?»

Zoe annuì, riferendo che il cugino lo stava aspettando con ansia nella sua stanza, e che gli avrebbe di sicuro fatto piacere fare una visita della città quando ne avesse avuto il tempo.

Adrien accettò con piacere, e senza farselo ripetere due volte corse nella sua stanza, la stanchezza con cui era tornato si era dissolta nel nulla.

Guardando il nipote correre via e richiudersi la porta alle spalle, Zoe non poteva fare a meno di sorridere nostalgica, pensando quanto quel ragazzo le ricordasse la sua amata sorella.

«Ha il suo stesso sorriso.»

Gabriel l'affiancò, e si ritrovò ad annuire con le parole della cognata.

«Sai qual è la cosa buffa? Che di quel giorno... non ricordo assolutamente nulla.» le veniva da ridere, pensando a come il giorno in cui la sua vita e quella i Gabriel erano andate a rotoli non fosse che un'accozzaglia di immagine offuscate e confuse.

C'era stato un grave incidente dicevano, eppure lei non ricordava assolutamente che tipo di incidente fosse. Sapeva soltanto che le aveva portato via tutto ciò che amava...

«Come sta Beltran?»

Zoe sussultò. Si voltò con lentezza verso Gabriel, sorridendo malinconica, quasi come se ci fosse davvero bisogno di parlare di quello benchè già sapesse.

«Nessun cambiamento, niente da quasi tredici anni Gabirel. Che razza d'incidente può averlo ridotto così?» prese un profondo respiro e si calmò.«Ce l'hanno fatto trasferire qui a Parigi, dicono che qui ci sono alcuni dottori interessati al suo caso.»

Gabriel le cinse una spalla con affetto, assicurandole che di qualunque cosa avesse bisogno non avrebbe dovuto esitare a chiedere aiuto. Ci si doveva sempre aiutare, in famiglia. Zoe gli sorrise.
«Ti ringrazio Gabriel. L'unica cosa che ti chiedo è di badare a Manuèl, è un ragazzo gentile, ma ne ha passate talmente tante che ho paura un giorno possa cedere.»

Suo figlio, il suo preziosissimo unico figlio era tutto ciò che le rimaneva ormai. Per anni l'aveva caricato di responsabilità cui un bambino non avrebbe mai dovuto trovarsi davanti, e benché avesse cercato di dargli una vita quantomeno normale, sentiva di aver fallito su tutti i fronti come madre.

D'improvviso, con la spalla di Gabriel su cui piangere, tutta l'energia caratteristica di Zoe sembrò crollare. Lui la capiva almeno un po', perché le loro situazioni non erano poi così diverse.

«Lo farò, non preoccuparti.» e per la prima volta dopo anni, Zoe Ramos pianse.


 

   
 
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