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Autore: crazyfred    21/03/2024    2 recensioni
La storia della Forestale e della Polizia di San Candido e dei personaggi che ruotano intorno al lago incastonato tra le montagne riparte dalla fine della quarta stagione: Albert Kroess è stato da poco arrestato, Deva è stata dissolta, Vincenzo è appena tornato con Eva e Francesco, dopo la morte di sua moglie, è ancora in bilico con Emma. Dimenticate quello che avete visto in tv, qui la quinta stagione è tutta a modo mio!
Genere: Commedia, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Commissario Nappi, Emma, Francesco
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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3. IL MATTINO HA L'ORO IN BOCCA

 
 
Il comandante entrò in caserma con fare distratto, assonnato. La notte, per lui, non era mai un buon momento: gli incubi si susseguivano regolari, sempre gli stessi, lasciandogli poco spazio per il riposo. C'era stata una piccola, parentesi, l'estate precedente, in cui gli era stata concessa una tregua e quando erano tornati, poco alla volta ma sempre più prepotenti, aveva capito quasi immediatamente cosa, o meglio dire chi aveva catalizzato quell'insperato momento di quiete.
Nei locali della caserma, però, c'era un'aria frizzante quella mattina, che non avrebbe aiutato per nulla ad alleviare la sua spossatezza: da un lato la segnalazione dell'avvelenamento di un cane nel centro di accoglienza, che aveva messo in agitazione tutti i responsabili per quell'ennesimo anello alla catena intimidatoria che erano costretti a subire da quando avevano aperto i battenti; dall'altro Nappi che, chiuso nel suo stanzino, sbracciava contro qualcuno che non riusciva a vedere e quando Huber aprì la porta per chiamarlo, anche le urla si propagarono.
“Francesco? Francesco!” “Che c'è?” “Ma perché non tieni sotto controllo i tuoi...uomini, diciamo” sbraitò, uscendo di corsa con Huber e un altro poliziotto. Dall'ufficio del commissario spuntò anche una ragazza mora dai capelli ricci e corti, in divisa da forestale, con un sorrisetto imbarazzato sì, ma nemmeno troppo.
“Martino...per cortesia, riusciresti a farmi una camomilla, non riesco nemmeno a muovermi questa mattina” chiese, massaggiando le tempie: persino gli occhi sembravano in procinto di esplodere. “Subito...ma non sarebbe meglio qualcosa di più forte?” “Per adesso va bene così, poi vediamo...grazie” la giornata era lunga, poteva succedere di tutto.
Fece cenno alla giovane forestale di avvicinarsi; notò le tre qualifiche sulle controspalline della camicia: sovrintendente, inferiore solo a lui in grado nella loro caserma. “Valeria Ferrante, giusto?” “Affermativo!” rispose, formale, la donna, tendendo al superiore una cartellina di presentazione “Chiedo scusa per poco fa, ma volevo prendere servizio subito e la foresteria era chiusa a chiave. Non ricordavo che qui ci fosse anche la polizia” “Sì, è una delle tante cose a cui dovrai abituarti”
La forestale spiegò che mancava da 10 anni dal paese e che, anche se tutto da fuori sembrava identico, faticava a riconoscere il posto in cui era nata.
“Ferrante...non proprio un cognome da Innichner” commentò Francesco mentre, seduto alla sua scrivania, leggeva il curriculum della nuova arrivata, cercando di restare impassibile di fronte a quel cognome che lui già conosceva. “Mio nonno è venuto qui dal sud negli anni '60 a fare il carabiniere e ha sposato mia nonna contro il volere di mezzo paese” spiegò, mostrando con una smorfia il suo disappunto per un fatto accaduto prima ancora che suo padre nascesse. “Un po' come il nostro Commissario...con cui le presentazioni sono state già fatte” “Avrei preferito diversamente” “Queste sono le chiavi della foresteria” disse Francesco, prendendole da un cassetto “così non succederanno altri incidenti simili...anche se a breve ci dovrai convivere per un po' col dottor Nappi, ma non ti preoccupare, è una brava persona, solo che a volte ha una mentalità un po' chiusa” “Vedremo di aprirgliela un po'” “Non esagerare, Ferrante, sei appena arrivata” “Scusi, comandante” Martino tornò con la tisana: il forestale ne bevve un lungo sorso, nonostante fosse ancora fumante. “Chiamami, Francesco...sei il mio vice” “Solo se lei mi chiama Valeria” “Affare fatto”
Il comandante domandò al fidato agente di accompagnare Valeria a fare un giro veloce della caserma e poi di andare insieme al centro accoglienza per il caso di avvelenamento. Tornò alla sua tisana, accendendo riluttante il computer per delle incombenze burocratiche: il lavoro da ufficio non faceva proprio per lui ma era una delle mansioni ingrate che competeva al suo grado.
“Comandante Neri!” Francesco si girò di scatto, attirato da quella voce femminile che sembrava richiamarlo all'attenti. La riconobbe in un nanosecondo, prima ancora che i suoi occhi mettessero a fuoco la figura alta e longilinea che se ne stava ferma davanti alla porta.
“Emma!” Con un giacchino blu e una sciarpa rosa velata attorno al collo, stringendo con una mano la borsa di pelle marroncina che portava a spalla, sembrava piuttosto un'apparizione della sua etologa preferita, complice anche il sole che alle sue spalle puntava verso l'ingresso dell'edificio, lasciandole un alone tutt'attorno. Era la sua versione di città, più alla moda e meno sportiva, ma era sempre inconfondibilmente lei. La ragazza si aprì in un sorriso brillante o almeno così era sembrato al forestale che ogni volta che la vedeva temeva di avere una delle sue visioni, il tempo e lo spazio sembravano intrappolati in una bolla, trattenendo fuori tutto e tutti tranne loro due.
“Sei tornata?” avvicinandosi, stupidamente ebbe bisogno di toccarle fugacemente il braccio. A lei sarà sembrata una cosa da niente, il contatto amichevole di due persone che non si vedono da un po', ma per lui era tutto, era il prendere coscienza che non fosse uno di quei fantasmi che talvolta si animano davanti a lui quando svolge le sue indagini. Era vera, era in carne ed ossa, il profumo che non riusciva a definire invadeva le sue narici e gli riempiva la testa, ma anziché stordirlo lo faceva sentire a casa. Se avesse avuto ancora più bisogno di prove, uno dei suoi uomini la salutò per nome, confermandogli di non essere il solo a vederla. “Te l'avevo promesso, no? Saresti stato il primo a saperlo a questo giro” Erano passate due settimane dalla loro telefonata e Francesco quasi non ci aveva creduto a quella promessa: sperato, di sicuro, ma come si spera in tutte le frasi che si dicono per cortesia nei riguardi di qualcuno.
“In tutta onestà anche questa volta toccata e fuga, ma almeno sono a San Candido, non sperduta in qualche frazione senza neanche un minimarket” “Ma come sei venuta qui? Potevi chiamarmi, sarei venuto a prenderti in stazione...” “Ho un auto a noleggio” lo tranquillizzò. “Allora...questo progetto, quando parte?” Francesco pensò che fosse meglio andare al dunque, non voleva fare la figura del disperato più di quanto non l'avesse già fatto chiamandola quella sera di due settimane prima “Roccia scalpita di riaverti con lui, ha detto di avere lasciato una stanza della sua pensione pronto esclusivamente per te!” 
Ogni volta che l'ex sovrintendente capo Scotton lo invitava a cena, non faceva altro che parlare di Emma, per lui ormai era diventata una seconda figlia, visto che né sua figlia Chiara, né suo genero Karl condividevano particolarmente con lui la passione per la montagna e gli animali. “Eeeeh … è un po' complicata la storia, vieni che ti spiego”
Gli cinse le spalle, invitandolo a seguirla fuori. In fondo alla scalinata, nello spiazzo davanti all'edificio ad attenderli c'era un tizio; Francesco non poteva esserne sicuro al 100% ma sembrava lo stesso che era in macchina di fianco ad Emma il giorno che l'aveva incrociata in auto: moro, con un filo di barba leggerissimo da ragazzino, la faccia di chi non vede il sole dalla gita del quinto superiore e passa tutto il giorno sui libri. “Lui è Giorgio, un mio collega dell'università. È al primo anno di dottorato e stiamo cercando di portarlo un po' sul campo” Gli fa bene, pensò il forestale, che gli strinse la mano cordialmente ma più forte del necessario e vide il ragazzo soffocare una smorfia di fastidio. Avesse potuto, Francesco avrebbe tirato un sospiro di sollievo platealmente, perché non ce la vedeva proprio Emma con uno così, ma sembravano affiatati e la vita è strana forte. “Insomma che mi devi dire?” 
Emma gli spiegò che alcuni lupi del branco che aveva seguito a San Candido si erano spostati, spingendosi addirittura fino ai boschi intorno a Livigno, in Valtellina. “È qualcosa che vorrei studiare ma mi manca il dono dell'ubiquità. Quindi qualcuno deve controllare i nostri lupi, e Giorgio potrebbe essere la persona giusta” “Sai andare a cavallo Giorgio?” lo mise alla prova il forestale “perché qui oltre una certa altitudine è difficile usare le auto” “Ho fatto dressage da ragazzo” Dressage, ma ca... Francesco faticò a trattenersi dal ridere. Sport da figli di papà, ovviamente; sarà stato pure un buon ricercatore ma non cominciava con le migliori premesse. “E in montagna di notte c'hai mai dormito?” “All'aperto? No mai, solo in rifugio”
Emma capì il giochetto di Francesco, e lo trascinò in disparte verso le scuderie, scusandosi con il collega.
“Che stai facendo?” Francesco non rispose, fingendo di non capire. “Perché lo devi sminuire?” “Non lo sto sminuendo, mi sto solo accertando che sia andato al tipo di ricerca che hai fatto tu. E mi pare evidente che non lo sia” “Non pensare a me, io ho i miei momenti di follia, e infatti mi sono cacciata in un sacco di guai...” 
In quelli, a discolpa della giovane, spesso ci finiva anche per colpa sua, pensò il forestale, perché di norma un etologo non è la prima persona a cui un criminale punta una pistola alla tempia “A lui non chiederei mai di seguire i lupi fuori dai sentieri battuti, tra rocce e boschi” “Ma proprio non puoi mandare lui a Livigno?” indagò l'uomo.
Quella domanda spiazzò Emma, che non se l'aspettava proprio da Francesco. Lui era quello che raramente diceva quello che pensava e per farlo bisognava stimolarlo a lungo e conquistare la sua fiducia con molta fatica. Allora decise di stuzzicarlo un po', perché doveva capire: forse, in fondo, dietro la corazza, c'era ancora quella persona che la supplicava di tornare. “Tu che dici?” Francesco, in silenzio, entrò nella stalla, verso il box di Oliver. Prese la sella, poggiata sulla staccionata e la passò sul dorso del cavallo, allacciando con cautela le cinghie al suo ventre; poi passò alle briglie. Emma rimase a guardare, incantata dai quei gesti lenti e delicati che le sue mani grandi ed energiche erano capaci di dedicare all'animale, tranquillizzandolo con delle carezze attente sulla fronte. Erano la situazione più pura del mondo e pure nella sua mente in pensieri diventarono incandescenti, perturbata dal fatto che riuscisse ad accenderla come un cerino dopo mesi di lontananza e senza fare alcunché, come mai era riuscito ad anima viva prima di lui. “Fai come meglio credi” sentenziò lui, montando in groppa “è la tua strada, non sta a me decidere”
Quella frase ferì Emma più di qualsiasi altra cosa avesse potuto dirle; non perché non avesse ragione, ne aveva da vendere, del resto era la vita, ma per i modi che aveva usato: era come se quella decisione non lo riguardasse, come se per lui non cambiasse nulla. E quella possibilità, benché purtroppo l'avesse messa in conto, le faceva male perché per lei, Francesco Neri, comandante della forestale di San Candido in provincia di Bolzano, uomo coraggioso, giusto e buono, contava ancora tantissimo.
Emma però non poteva nemmeno immaginare, invece, quanto anche su di lui, quella conversazione fosse pesata come un macigno legato ai piedi e gettato nelle acque del lago, mandandolo a fondo. Stava chiedendo a lui cosa pensasse di Livigno...proprio a lui, che conservava quel foglietto di carta con la famosa lista come fosse una reliquia. E poi sembrava già cosa fatta nel modo in cui ne parlava, ma se da lui cercava approvazione non ne avrebbe trovata, per quanto riconoscesse l'importanza e la bontà del progetto. Spronò Oliver ad andare più veloce e allontanarsi il più possibile: aveva bisogno di perdersi nei prati verdi brillanti che la primavera stava riscoprendo a poco a poco sotto la neve, nell'odore dell'erba bagnata e dei primi fiori sbocciati a valle, in quella montagna che stava riprendendo vita dopo l'inverno, nella speranza che ne infondesse un po' anche a lui.
   
 
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