Tredici.
Lo
svantaggio era che a volte colui che ti accompagnava era un tale
chiassone che
ti pentivi di aver deciso di giurare fedeltà ad Aizen. Anche
se, nella maggior
parte dei casi, si veniva costretti. Anche per lui era stato
così, ma preferiva
sempre sorvolare. Dopotutto, Aizen si era mostrata una persona discreta
e
gentile nei suoi confronti. Qualche sacrificio lo poteva pur fare.
« Che
noooooia! Non c’è niente qui! »
«
Smettila di lamentarti. Non siamo venuti qui per divertirci. »
« Sì,
sì, scusa. » il suo compagno faceva sempre una
piccola pausa prima di
riprendere a parlare. O rompere le scatole, eventualmente. «
Ulquiorra, chi è
il nostro obiettivo? »
«
Nessuno in particolare quest’oggi, Yammy. » rispose
Ulquiorra. Mani in tasca,
vesti bianche e spada al fianco. Non era cambiato di una virgola in
quei due
mesi che era al servizio di Aizen. Nel frattempo, i numeri degli
arrancar erano
aumentati, Yammy arrivò poco dopo di lui e divenne il numero
dieci, anche se
per la sua posizione faceva troppo lo spaccone. Lui era rimasto sempre
il
numero quattro, ma non aveva di che lamentarsi. Quel giorno Aizen li
aveva
mandati a perlustrare il mondo umano per vedere se c’erano
persone con forze
spirituali notevoli.
«
Potevano anche mandarci qualcun altro invece di noi espada, non pensi?
» fece
Yammy grattandosi la testa e guardandosi intorno con fare svogliato.
« Sua
eccellenza Aizen ha mandato noi perché siamo gli elementi
più fidati. » rispose
secco Ulquiorra. « E comunque è questione di poco.
Non c’è nulla di rilevante
qui. Ho sentito dire che nel mondo umano ci sono solo tre persone con
una forza
notevole, e pare che non siano in questo posto. »
«
Tanta fatica per niente. »
«
Idiota, se fosse davvero per niente non ci saremmo neanche mai mossi da
Las
Noches. »
Era
la prassi quotidiana ormai. Difficile dire che i due fossero amici.
Ulquiorra
avrebbe detto certamente di no; non faceva che trattare quel Yammy con
sufficienza, nonostante la stazza di quest’ultimo, almeno il
triplo del suo
corpo esile e alto il doppio. In fondo, però, non poteva
dargli torto in quella
circostanza; camminare in mezzo a tutta quella gente che Ulquiorra
apostrofava
come spazzatura per cercare un
nessuno, non era il massimo.
«
Possiamo andarcene, Yammy. Andiamo a far rapporto a sua eccellenza.
»
Ma
proprio quando entrambi si voltarono per cercare un posto appartato in
cui
aprire il varco per tornare a casa, Ulquiorra si fermò di
colpo, colpito da una
voce femminile che non ce l’aveva con lui, ma richiamava
un’altra presenza.
«
Murciélago, accidenti a te! »
Non
capitava certo tutti i giorni di scoprire che qualcuno conosceva quel
nome. Chi
aveva osato soffiarvi il nome della sua spada? Si voltò, con
calma, incuriosito
da quella presenza; una ragazza dai capelli nerissimi, molto scalati e
spinosi,
con una frangia irregolare che segnava degli occhi nocciola molto
espressivi,
che in quel momento dedicavano tutta l’attenzione a un
pipistrello che era tra
le sue braccia, esili, coperte da maniche lunghe e di lana a causa del
freddo
pungente. Quando il suo viso fu finalmente scoperto dalla grande
sciarpa verde,
Ulquiorra notò delle labbra che sembravano disegnate, che si
corrucciavano e
facevano uscire il suo respiro che, a contatto con l’aria
fredda, creava una
piccola nuvoletta. Era alta almeno quanto lui, e andava in giro con un
animale
così insolito e una ragazza più alta e castana,
che sembrava sua amica.
« Non
devi volare via così! Vuoi che ti metta al guinzaglio?
» diceva all’animale,
come se potesse capirla.
«
Nike, non credo che ti capisca. » fece la sua amica ridendo.
« Piuttosto,
perché te lo sei portato appresso? Hai idea di quanto sia
faticoso allevare un
animale come questo? »
«
Vuoi scherzare? Non potevo mica lasciarla a Berlino da sola con dei
piccoli da
tenere! »
« Se
ne sarebbe occupato qualche centro per gli animali…
»
«
Assolutamente no. Lui non lo avrebbe mai permesso. E nemmeno io lo
permetterò.
E scommetto che nemmeno a questa piccola fuggitiva piaccia
l’idea di stare
chiusa in quella gabbia di matti. »
«
Okay, okay. Piuttosto, stasera che farai? Accetterai l’invito
di Ivan? »
« Gli
ho detto di no. »
«
Cosa?! E perché? È un ragazzo così
carino e gentile! »
« Se
è tra amici, okay, ma se intende farmi la sua donna, non se
ne parla neanche.
Gliel’ho detto subito, così da non creare
illusioni, e lui ha detto che allora
era meglio di no. Davvero carino e gentile. »
«
Nike, accidenti! Sei ancora così giovane…
Perché non ti rifai una vita, ora che
sei a Budapest? »
« Io
il ragazzo ce l’ho già. »
Fu a
quel punto che la ragazza si rabbuiò un po’,
accarezzando con amore l’animale
tra le sue braccia, che si era appena addormentato. La sua amica cinse
la
spalla di lei con un braccio, con aria mortificata.
« E’
morto, Nike. Per salvarti. Io credo che lui sarebbe contento se ti
riprendessi
qui… Dopotutto te ne sei andata da Berlino per ricominciare,
no? »
« Lo
so… Lo so perfettamente. Il fatto è che non lo
voglio io. ormai non riesco più
a innamorarmi… Nessuno mi fa sentire come mi sapeva fare
lui. Se in questo
mondo esiste qualcuno come lui, ben venga. Ma fino ad
allora… Io resterò la sua
donna. Lui è morto per salvare me. Io c’ero,
l’ho visto morire tra le mie
braccia, senza che io potessi fare nulla. Non posso dimenticarlo, e
nemmeno
sostituirlo. Per favore, Natasha, non ne parliamo più, ormai
lo sai come la penso.
E quell’Ivan, poi, non è neanche tanto gentile,
visto come si è tirato indietro
quando ho messo in chiaro che non gliela davo. »
La
vide camminare, per poi tornare ad occuparsi del pipistrello che si era
svegliato e svolazzava, sfuggendo al suo controllo. Come se avesse
percepito
qualcosa. E, quando vide che si stava dirigendo verso di lui,
capì che era
proprio vero che i pipistrelli sentivano cose totalmente diverse. Gli
svolazzava accanto, senza fermarsi, guardandolo insistentemente, e con
uno
strano luccichio negli occhi. O era solo un impressione di Ulquiorra?
Per
un attimo non seppe che fare. Si ridestò quando Yammy
iniziò a parlare.
« Che
fastidio questo topo volante… Lo ammazzo. »
« No…
Lascia stare. » disse Ulquiorra, alzando una mano,
rivolgendola poi
all’animale, sfiorandolo. Notando che quell’animale
non aveva paura di lui, e
che quasi sentiva quella piccola carezza –o presunta tale-
Ulquiorra accennò un
sorrisetto.
«
Ciao. » disse. « Ti chiami Murciélago?
Che coincidenza, anche la mia spada si chiama
così. »
Improvvisamente
si ritrovò davanti quella ragazza, quella Nike, che
afferrava con forza il
pipistrello e la sgridò con tono amorevole. Guardandola da
vicino, Ulquiorra
ebbe la sensazione che avesse un’aria familiare, anche se non
riusciva a ricordare
cosa. E comunque, lei non poteva vederlo. Infatti tornò sui
suoi passi senza
degnarlo di un sguardo, al contrario del pipistrello.
«
Quella femmina… E’ proprio strana. »
disse a voce bassa, tant’è che Yammy non
poté sentirlo.
« Sei
davvero bizzarra, Nike. » disse la sua amica. «
Legarti così al passato… »
«
Legarmi? » fece lei. « Sbagli,
Natasha. Lui mi ha
imprigionata. »
Sparì
dalla vista di Ulquiorra, incrociando per un’ultima volta lo
sguardo con quel
pipistrello. Per un attimo sembrò felice di averlo visto.
Come se si
conoscessero da sempre, ma Ulquiorra non sapeva proprio dire il
perché. Le
stranezze da animali, pensò.
«
Ulquiorra? » lo chiamò Yammy.
Il
ragazzo si voltò, rimettendo le mani in tasca e passando
avanti. « Andiamocene,
Yammy. »
Non
lo confidò a nessuno, ma ripensò a quella ragazza
e al suo animaletto per molto
tempo. Anche quando quella femmina di nome Orihime Inoue fu portata al
covo di
Las Noches, nell’Hueco Mundo, dove lui risiedeva con Aizen e
altri arrancar per
contrastare il nemico giurato di sua eccellenza, un tale Ichigo
Kurosaki molto
legato alla ragazza. Per alcuni tratti gli ricordava quella incontrata
in quel
posto chiamato Budapest. Ciò servì solo a
confondergli di più le idee, a
sforzarlo di ricordare qualcosa che non veniva proprio in mente. Quando
diventò
un arrancar aveva stabilito un accordo con Aizen, ma ricordava
vagamente anche
quello. Sapeva a malapena perché era diventato un hollow.
Ricordava di essere
morto travolto da una macchina, e nulla di più. di
ciò che c’era pria, e ciò
che successe dopo, erano solo immagini confuse, in cui lui era un
mostro, o un
ragazzo che se ne stava appostato accanto a una pietra.
Concluse
che era inutile scervellarsi più di tanto su cose che non
ricordava e no
sarebbe mai riuscito a ricordare, ma c’era sempre qualcosa
che lo induceva a
tornare a pensare a lei, a Nike.
Sbagli,
Natasha. Lui mi ha imprigionata.
Da
chi? Ma poi, perché gli importava così tanto?
Cosa
c’entrava lui?
Sciocchezze
da umani.
O
forse era perché si era riconosciuto in quel disagio? In
quel senso di
appartenenza che non capiva e che aveva sfogato sulla sua spada, che
aveva lo
stesso nome del pipistrello di quella donna?
Si
rese conto solo mentre lottava con quell’Ichigo,
dell’incredibile, e se
vogliamo, crudele, ironia della sorte.
«
Imprigiona, Murciélago. »
Di
chi era stato prigioniero lui? Chi aveva imprigionato nella sua vita
precedente, con quelle enormi ali da pipistrello?
Cosa
portava di sé quella Nike?
Inutile,
non lo avrebbe mai capito.
Doveva
pensare a eseguire gli ordini di sua eccellenza Aizen, adesso.