Crossover
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Autore: StephEnKing1985    27/07/2010    1 recensioni
Ventiquattr'ore, sette storie di un giorno comune. Sotto il cielo di Roma sette personaggi vivono la loro vita, in un giorno come tanti, che forse segnerà la svolta della loro esistenza: Bulma ha un tumore ed un matrimonio in fallimento con suo marito Vegeta. Lui la tradisce con una giovane impiegata di banca, Hikaru, la quale è combattuta sul fatto di avere un uomo sposato come fidanzato; Takao è innamorato pazzo di Kei, e vorrebbe vivere con lui; Poi c'è Madoka, laureata in statistica che non riesce a trovare lavoro e viene bistrattata da tutti; Lorenzo decide che vuole farla finita con la sua vita e gira nel suo taxi con una rivoltella, ma Jason gli restituisce voglia di vivere ed amare di nuovo; Kyosuke è un medico che crede di riconoscere il responsabile dell'incidente che ha ridotto suo fratello a finire i suoi giorni su una sedia a rotelle e vuole farsi giustizia da solo. Sette personaggi come tanti, che in un normalissimo giorno d'inizio estate, in una Roma dei giorni nostri, troveranno la soluzione ai loro problemi, in un modo o nell'altro.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Anime/Manga
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Fin dal primo momento che l’aveva visto, se n’era innamorato

Fin dal primo momento che l’aveva visto, se n’era innamorato. I suoi capelli grigio-neri, la sua camminata particolare con quel portamento elegante e fiero, il suo viso bellissimo e bianco… E quella voce da fare impazzire. Takao era completamente cotto di quel ragazzo del corso di lingue straniere, Kei. Conosceva il suo nome solo per sentito dire, avendolo chiesto a delle ragazze che frequentavano il suo stesso corso. Tutto era cominciato una mattina di Ottobre, quando Takao, appena arrivato in aula, si dispose a ripassare la lezione di economia del turismo sul libro di testo. Mentre studiava le righe, la porta si aprì, rivelando la figura di un bellissimo ragazzo. Kei, appunto.

 

-Scusa… è questa l’aula di letteratura americana?-

-…-

-Eh?-

-…N..no, questa è l’aula di economia del turismo. La tua è più in fondo.-

-Grazie. Ciao!-

 

Non ebbe il tempo di replicare, che il ragazzo con i capelli grigi si eclissò dietro la porta a doppio battente. Takao rimase folgorato da quell’incontro. Sette parole, non una di più, bastarono ad ammaliarlo, tanto che nei giorni seguenti non faceva altro che pensare a lui. La notte non riusciva a dormire, e studiava con la mente annebbiata.

 

“Sarà gay? Non sarà gay? Ma certo che lo è, si vede lontano un miglio! Se lui non è gay io sono la Regina Elisabetta. Sì ma… anche se lo è.. gli piacerei? Non gli piacerei?”

 

Si riferiva al fatto che ultimamente aveva accumulato un po’ di ciccia… Non era obeso, però era piuttosto in carne. Tuttavia, con i vestiti larghi, sembrava anche abbastanza appetibile. Almeno così pensavano i suoi amici, avventori del Gay Village.

 

Ora lui si trovava da solo, a passeggiare per Roma. La città era così silenziosa, mentre dormiva, e pensò che se avesse avuto Kei al suo fianco, sarebbe stata una notte davvero romantica. Camminava tranquillamente con le mani in tasca, confortato dal rumore dei suoi passi sul marciapiede… Decise che avrebbe vagato fino a che non fosse stato stanco, dato che per un motivo preciso, non riusciva a prendere sonno.

 

Kei… Quanto vorrei che tu mi aiutassi a riprendere sonno.”

 

Pensava, camminando.

 

*****

 

Perso nei suoi pensieri, seduto al posto di guida del suo taxi, Lorenzo guardava nel vuoto. La giornata era stata particolarmente pesante, ma lui non aveva alcuna voglia di tornare a casa. Poco gli importava se c’era lì sua madre ad aspettarlo, probabilmente abbioccata sul divano mentre guardava un programma alla televisione, tanto lo sapeva che ormai anche lei era persa da qualche parte con la testa… Proprio come lui.

Buttò un’occhiata al portaoggetti della vecchia Fiat Brava. Con un gesto lo aprì e tirò fuori una revolver Smith & Wesson calibro 38. Aprì il tamburo, che era vuoto, quindi lo fece girare con un dito. Il rumore che produceva era simile a quello di una roulette, forse era per quello che i giochi suicidi venivano chiamati “Roulette Russa”… Lo richiuse, quindi osservò l’arma. Era una pistola relativamente piccola, più adatta alla difesa personale che all’offesa vera e propria, ma – suo padre gli aveva detto – comunque letale.

Da suo padre aveva ereditato una moglie ubriacona e scansafatiche (sua madre) e il suo taxi, nonché la passione per la letteratura. Prima che il vecchio morisse di infarto, appena un anno prima della pensione, Lorenzo stava per terminare gli studi di lettere e filosofia alla Sapienza, sognando di diventare scrittore o giornalista… Sfortunatamente, la morte prematura del padre e il conseguente impoverimento dovuto alla mancanza di fondi per il sostentamento, costrinsero il povero Lorenzo ad implorare il padrone di suo padre per trasferirgli la licenza di tassista. Così, da tre anni lui girava per le strade scarrozzando gente di qua e di là.

Lorenzo era anche stato innamorato, una volta. Sì, lo ricordava. Lo ricordava troppo bene…

Il suo fidanzato si chiamava Lucas. Il ragazzo più bello e gentile del mondo, che per due anni l’aveva fatto vivere nella completa tranquillità, illudendolo che l’amore fosse senza fine. Infatti, da un giorno all’altro, Lucas scaricò Lorenzo senza troppi complimenti, e a nulla servì implorarlo di tornare. Lucas aveva preso la sua decisione, e Lorenzo poteva tranquillamente attaccarsi al tram.

Sospirò, ripensando al ricordo dei bei giorni passati con il suo Lucas… Giorni ormai lontani, eppure così dolorosi per il suo cuore. A distanza di sei mesi, ancora pensava a lui, ancora sognava di stringerlo fra le braccia, di assaporare le sue labbra di ragazzo italo-brasiliano… Ma lui niente. Lui non c’era più, sparito dalla circolazione come una banconota fuori corso.

Ed ora era Lorenzo, che voleva sparire. Per sempre, come se non fosse mai esistito… Lo voleva da quando Lucas l’aveva lasciato, e ancor di più da quando aveva capito che nel mondo non c’era posto per lui, così maledettamente fuori forma e così fottutamente romantico che non riusciva a trovare un ragazzo che lo sopportasse.

Con la mano destra sollevò la pistola, portandosela alla bocca.

Inizialmente tremò come un disperato. Nonostante il suo desiderio di cancellarsi fosse così intenso, aveva paura.

 

“C…coraggio vecchio. D..Di che cos’hai p..paura? …Quest’arnese è scarico. Non potrà certo farti del male.”

 

E la sua bocca si deformò in un sorriso, prima che dalla sua gola venisse fuori una risata. Una risata allegra, divertita, che in breve si trasformò in una risata isterica, stridula ed alta.

 

“…Immagina di essere qui da solo. E lo sei. Sei qui solo al mondo, ma non c’è nessuno a cui chiedere aiuto, nessuno che può tirarti fuori dallo stato d’animo in cui ti trovi. E allora cosa fai? Semplice, prendi la porta e te ne vai.”

 

Quella voce che sentiva nella testa era quella di Lucas. Ribatté con la sua voce.

 

..Ma… e se domani fosse un altro giorno?”

“Domani è già oggi. E non sta succedendo niente. Allora, vuoi stare qui a guardare un altro giorno uguale a quelli passati oppure vuoi…

“No. D’accordo.”

“E allora fallo. Tira quel grilletto, e sarai libero.”

 

Senza ribattere più nulla a quel soliloquio interiore, Lorenzo premette il grilletto.

La deflagrazione fu assordante, nel piccolo abitacolo. La pistola che avrebbe dovuto essere scarica, esplose un colpo nella bocca di Lorenzo, che si addormentò ad occhi aperti in quell’abitacolo dai vetri ora colorati di rosso vermiglio e grigio, mentre fuori suonava un cicalino.

 

BI-BI-BI-BI-BIP!

BI-BI-BI-BI-BIP!

BI-BI-BI-BI-BIP!

 

Madido di sudore, Lorenzo si svegliò di soprassalto nella sua stanza da letto, spaventato dal suono improvviso della sveglia e dall’incubo che aveva fatto.

 

“Gesù, un altro incubo…. Cristo, non ce la faccio più.”

 

Si strofinò gli occhi, trattenendo l’impulso di piangere. Stringendo i denti, spense quella sveglia infernale, correndo verso il bagno per prepararsi ad una nuova giornata.

 

*****

 

Alla stessa ora, il dottor Kyosuke Kasuga stava per finire il suo turno di notte al Pronto Soccorso, di cui era responsabile.

 

“Ancora un minuto e poi potrò andarmene a letto… puff. Non vedo l’ora.”

 

Finì di firmare dei moduli di ricovero, poi si alzò dalla poltrona e velocemente si tolse il camice, appendendolo all’attaccapanni. Senza di esso, dimostrava ancor meno dei sui trentuno anni… Mentalmente tracciò la scaletta di quello che avrebbe fatto una volta sveglio: Riordinare casa, andare al supermercato, pagare le bollette… e….

 

“…Andarlo a trovare.”

 

Già, perché “lui” lo stava aspettando. Un brivido gli percorse la schiena, e un sorriso comparve sulla sua faccia.

 

“Chissà cosa mi racconterà oggi…”

 

Rincuorato dal pensiero di quella persona, il dottor Kyosuke si incamminò verso casa a bordo della sua Volvo.

   
 
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