.4.
I wanna be your
boyfriend
I’ve
got the money
And you’re always broke
I don't like cigarettes
And you like to smoke
Things in common
Just ain't a one
But when we get together
We have nothin' but fun
Eric sbuffò
annoiato, ruotando gli occhi con
stizza, per poi posare lo sguardo su Kyle. Il ragazzo ebreo stava
camminando su
e giù per la stanza da almeno una ventina di minuti,
fermandosi ogni tanto e
tendendo le orecchie, in allerta come un animale impaurito. Quando
aveva
appurato che il pericolo, che di nome faceva Sheila Broflovsky, non
fosse in
procinto di entrare nella sua camera allora si calmava, per poi
ricominciare
comunque a girare in tondo. Peccato solo che Eric si fosse stufato di
quel
silenzio e di quei gesti nervosi. Lui era lì per un motivo
ben preciso:
affrontare la delicata questione che era andato a proporre a Kyle e che
interessava entrambi alla stessa maniera.
< Allora? >
domandò, seccato. Ruppe il
silenzio in maniera tanto brusca da far scattare l'altro come una molla
troppo
tesa.
< A-allora cosa?
>.
< Secondo
te? >.
Kyle tentennò un
attimo, rimanendo spiazzato da
quella domanda, nonostante fosse proprio su di essa che stava
rimuginando.
< Vorrei... pensarci
ancora un po' > rispose
alla fine, con tono poco convinto.
< Ci siamo presi una
settimana, mi sembra che di
tempo ne hai avuto fin troppo >.
Non ricevendo ulteriore
risposta, Eric decise che
la sua pazienza necessitava di essere ricaricata. Tirò fuori
dalla tasca un
pacchetto di sigarette e, senza neppure chiedere il permesso, ne accese
una e
prese a fumare, guardando fuori dalla finestra. Kyle non se ne accorse
subito,
ma dopo qualche secondo il suo naso non poté di certo non
recepire un odore
estraneo a quello della sua stanza. Sì voltò
verso Eric, guardandolo a dir poco
inorridito.
< Butta via quella
dannata sigaretta! >.
L'interpellato, stupito che
gli venisse finalmente
dedicata attenzione, non si scompose più di tanto.
< No, perché
dovrei? >.
< Perché lo
sanno anche i bambini che il fumo fa
male! >.
< Anche fare a botte,
ma preferisco fumare
piuttosto che andare in giro a pestare la gente >.
< Che razza di discorso
è? Potresti, anzi, dovresti
evitare entrambe le cose invece
che scegliere con quale delle due farti male! >.
< Ho uno spirito
masochista, che ci vuoi fare
> sorrise Eric, facendo cadere la cenere in un bicchiere vuoto
sopra la
scrivania.
< Tu? Ma quando mai! E
poi quello che dici non
ha il minimo senso! >.
< E non deve avercelo,
Kahl >.
< Ma che... Cosa diavolo vuoi cercare di dire?
>.
< Che devi chiudere il becco e lasciarmi fumare
in pace! >.
Quella
risposta necessitava di un contro-attacco altrettanto feroce, ma
qualsiasi cosa
Kyle stesse per dire venne bloccata dalla voce di sua madre che, oltre
a fargli
quasi venire un infarto, lo avvertiva che stava per uscire con Gerald e
Ike.
Avrebbero portato il piccolo a fare una visita di controllo e non
sarebbero
tornati prima di un'ora, forse di più, e si raccomandava
affinché lui e Eric
Cartman studiassero senza distrarsi o la sua media sarebbe calata,
eccetera,
eccetera.
Quando
Kyle si fu ripreso completamente dallo spavento, ovvero solo dopo aver
sentito
i suoi allontanarsi con la macchina, respirò profondamente,
sollevato.
L'assenza della sua famiglia rendeva le cose un tantino più
semplici.
< O Mosè, ti
ringrazio >.
< Bene! >.
Eric, che aveva aspettato
diligentemente che i
Broflovsky sgombrassero, diede l'ultimo tiro alla sigaretta e
scattò in piedi.
Aveva aspettato quel momento per una settimana, dopo aver rimuginato
sopra quella spinosa questione fino
a farsi
venire il mal di testa ed ora era lì, con la sua risposta
pronta e con la
curiosità di sapere quella di Kyle che gli attanagliava le
viscere.
< Ora non hai scuse!
Siamo soli, quindi voglio
la risposta. Ci mettiamo insieme o no?
> e lo fissò, dritto negli occhi.
Kyle si sentì
confuso, spaesato. Anche lui,
quell'ultima settimana, aveva avuto ben poco da stare allegro. Non
aveva
dormito che poche ore a notte, ma quella
era una questione troppo delicata per poter sprecare inutilmente il
tempo a
dormire!
< Ascolta, Cartman. Io
ci ho davvero pensato
bene, però- >.
< Non c'è
nessun "però", Kahl. Sì o
no? >.
< Ecco, se mi
lasciassi- >.
< Ancora? Non voglio
sentire sermoni! Voglio
solo che pronunci un cazzo di monosillabo! >.
Kyle, irritato per essere
stato interrotto per ben
due volte, pestò un piede a terra con stizza e
ignorò bellamente quanto l’altro
aveva appena detto.
< Non voglio rispondere
così! Voglio fare un
discorso ben preciso, prima! >.
< A me non interessa
nulla del genere >.
< E va bene, ho capito!
> sospirò, seccato e
vinto dall’ansia. < Facciamo così: daremo
la risposta al mio tre all'unisono,
poi ognuno procederà con le spiegazioni, se ne
vorrà dare qualcuna >.
Eric stette un attimo a
pensarci sù, ma dovette
convenire sul fatto che l'idea non era male. Forse era la maniera
migliore di procedere,
tuttavia...
< Al mio tre, allora.
Uno... Due... Tre! >.
< NO!
> esclamarono all'unisono.
Rossi entrambi come pomodori,
si fissarono negli
occhi, increduli, strabuzzandoli più volte. Incredibile a
dirsi, ma a Eric
venne voglia di piangere. Ovvia sensazione, visto che, in
realtà, non aveva
risposto con sincerità. Il "sì"
che avrebbe voluto pronunciare lo aveva ancora incastrato in gola.
Aveva temuto
che la risposta di Kyle sarebbe stata negativa -con ragione-, quindi
aveva
cambiato la sua all'ultimo secondo per proteggersi dal rifiuto, creare
uno
scudo contro la delusione, perché lui voleva davvero essere
il ragazzo di Kyle.
Se non per amore, che fosse almeno per orgoglio. Ci aveva messo davvero
del
tempo ad accettare i suoi sentimenti, a smetterla di torturarsi, a
farsene una
ragione, ed era stata un'enorme fatica. Che i suoi sforzi venissero
premiati,
allora, se lo sarebbe meritato!
< Perché?
> domandarono, nuovamente
all'unisono, per poi abbassare la testa per l'imbarazzo.
< Ehm... Prima tu
> Eric riuscì a precedere
Kyle, anche se non aveva molta voglia di ascoltare la sua risposta, la
conosceva già.
Sarebbe stato tutto un
disquisire sul fatto che sua
madre lo avrebbe scuoiato vivo, che non avrebbe saputo come affrontare
la sua
comunità e la gente di South Park -da leggersi: "Stan"-, che tutto quello era assurdo e
cazzate varie. Si
preparò, dunque, ad ascoltare tutta una serie di baggianate
che lo avrebbero di
certo fatto star male per un po', ma poi si sarebbe certo ripreso,
magari
sarebbe tornato tutto come prima... a parte la cocente delusione che
avrebbe
presto ricevuto, che gli avrebbe lasciato addosso una cicatrice
talmente grande
da farlo diventare ancora più stronzo, irrispettoso, egoista
e bastardo di
quanto già non fosse. Bella prospettiva.
<
Ho... ho mentito > furono, invece, le uniche due parole a
giungergli
all'orecchio. Chiese di ripetere, sicuro di non aver capito bene, e Kyle
pronunciò nuovamente quelle due parole
esatte. Ora sì che era confuso.
<
Io… non so dire bugie, non ne sono capace. Però
avevo paura che la tua risposta
sarebbe stata “no”, quindi… ho pensato
di rispondere così anche io, per non
darti l’illusione di avermi dato una delusione o... >
lo guardò, mettendo su
un leggero broncio < …mi avresti preso per il culo a
vita >.
Detto
ciò, Kyle divenne ancor più rosso e si diede
mentalmente del codardo per non
aver saputo continuare con la sua recita. Era sicuro di aver dato a
Eric un
motivo più che valido per dargli dello stupido da allora
fino alla fine dei
secoli. Sperava, tuttavia, che avrebbe considerato la situazione da un
punto di
vista più… magnanimo,
facendo magari
finta che non fosse successo nulla e che quella conversazione non fosse
mai
avvenuta. Proprio per questo rimase non poco stupito quando si vide
rivolgere
un sorriso che, stranamente, non aveva nulla di cattivo. Il che suonava
alquanto strano, considerando che era di Cartman che si stava parlando.
<
Temo che dovrò ricambiare questo slancio di
sincerità confessando che… Beh, in
pratica anche la mia risposta non era quella giusta. I motivi sono gli
stessi,
quindi non mi metterò di certo a spiegare >.
I
sessanta secondi che seguirono queste parole furono lunghi e pesanti.
Soprattutto, diedero modo ad entrambi di assorbire bene quanto accaduto
e di
sentirsi due totali deficienti.
<
Siamo… due stupidi > ruppe il silenzio Kyle, non
credendo a quanto
stava succedendo. Aveva un che di
surreale, quella situazione.
<
No, tu sei stupido. Uno stupido ebreo >.
Ed
Eric, con il tatto che da anni lo contraddistingueva,
aggiustò tutto in un
lampo con una delle sue uscite più fini. Anzi, fece di
più. Mise in ordine e
poi rivoltò nuovamente il tutto quando, in un momento in cui
Kyle aveva
abbassato le difese, decise che, per come stavano andando le cose,
poteva anche
concedersi il lusso di fare qualcosa di veramente
stupido. Il bacio che gli diede fu leggero e delicato, uno sfiorarsi di
labbra
che durò due, forse tre secondi, ma che riuscì a
far diventare Kyle bianco come
un lenzuolo. Il che era ben strano, data la situazione.
<
Oddio, ti senti bene? > domandò, stupito, una volta
resosi conto delle
conseguenze del suo operato.
Il
ragazzo ebreo, contro ogni più oscura previsione, era
diventato un cadavere.
Fissava un punto alle sue spalle con la bocca semiaperta, come se fosse
in
stato vegetativo. Roba che, in altri tempi, lo avrebbe fatto ridere per
una
settimana ma che, al momento, rappresentava un pericolo, un motivo di
seria
preoccupazione.
<
Khal? > lo richiamò, almeno per essere sicuro che
fosse vivo.
<
S…sì > sentì sussurrare.
<
Sì cosa? >.
<
La… ris-posta a-alla tua domanda >.
Solo
dopo aver parlato, Kyle si rese conto di quanto stesse esagerando. Non
era in
fondo quello, che si aspettava? Non era quello che desiderava, che
sperava
tanto che Eric facesse, prima o dopo? Eppure, nonostante tutto, era
rimasto
sorpreso da quel gesto, da quel bacio leggero che aveva riassunto
l’inverosimiglianza di quel pomeriggio in pochi secondi e
che, quando Eric si
era allontanato, era come se gli avesse tirato via tutta la sorpresa,
l’ansia,
la preoccupazione, il nervoso che aveva incamerato in corpo in quei
giorni, per
lasciare solo il posto ad una sensazione di sfarfallio nello stomaco
affatto
piacevole, ma che era contento di avere. Era strano che non avesse
assunto
anche lui un vivace color porpora come quello di Eric, ritto davanti a
lui e
docile e sottomesso come mai. Erano opposti
anche nella maniera di provare imbarazzo, eppure erano
entrambi… contenti,
soddisfatti, persino, della decisione presa. Certo, le cose erano
andate in
maniera alquanto bizzarra, ma poi si resero entrambi conto che,
poiché era di
loro due che si parlava, era inconcepibile che andassero in maniera
normale.
<
Almeno non mi hai vomitato in faccia come faceva Stan con Wendy
> sussurrò
di nuovo Kyle, anche se quelle tenui parole rimbombarono nel silenzio
della
stanza come se le avesse urlate.
<
B-beh… ho voluto risparmiartelo >.
<
Oh, quanta premura >.
<
Non fare il gradasso, che non ti si addice >.
Di
nuovo silenzio, ma questa volta entrambi sapevano come evitare di
renderlo
pesante, mettendosi magari a guardare ognuno un punto imprecisato sul
muro o
sul soffitto. Si guardarono di nuovo negli occhi, per poi deglutire e,
allungando leggermente il collo, darsi un altro bacio. Sospirarono
entrambi
quando sentirono nuovamente il tocco l’uno delle labbra
dell’altro sulle
proprie, anche se ci sarebbe stato di che imbarazzarsi se solo si
fossero
potuti vedere: a parte le bocche, i loro corpi erano lontani
l’uno dall’altro
di almeno una ventina di centimetri. Eric teneva persino le mani dietro
la
schiena, mentre Kyle aveva serrato le braccia lungo i fianchi,
stringendo i
pugni. Più che un bacio di due diciassettenni, sembrava
quello che si sarebbero
potuti dare due bambini di non più di nove anni.
Però erano contenti. Quando si
allontanarono, non poterono fare a meno di ridacchiare, Eric sempre
più rosso,
Kyle sempre più cadaverico.
<
Allora… è sì, a quanto pare >
sussurrò Eric, grattandosi poi la nuca in
maniera nervosa.
<
Sì, cioè… ci possiamo provare, eh!
>.
<
Oh, certo! Provare, e se va male… nessun rancore >.
<
No, nessun rancore >.
<
Però… > e Eric si diede un po’
di coraggio, dando all’altro un buffetto
sulla testa < …a me piacerebbe che andasse, sai?
>.
Era
fatta, dunque. Erano insieme. Per il momento, per lo meno, ma entrambi
avevano
il sentore che, con un po’ di fortuna e –tanta-
pazienza, quel loro strano
rapporto, che aveva assunto una piega importante, avrebbe funzionato.
Anzi, ne
erano convinti. Rimaneva solo una piccola, importante questione.
<
Bisogna festeggiare. Che si fa? >.
<
Scommetto che ti andrebbe bene qualsiasi cosa, basta che si mangi,
culone!
>.
<
No! Ma come hai fatto ad indovinare? >.
Senza
aspettare risposta, Eric si prese un altro bacio e poi
afferrò la sua giacca,
che aveva buttato sulla scrivania di Kyle, per far capire
all’altro che aveva
davvero voglia di uscire e andare da qualche parte.
<
Sono le sei passate, quindi potremmo anche andare a prenderci un
hamburger >
esclamò, fin troppo contento.
<
O-ok > fu la semplice risposta di Kyle, che era rimasto a dir
poco sorpreso
da tanto entusiasmo. Se non altro, era per qualcosa di positivo. Dopo
un attimo
di disorientamento si avvicinò all’armadio,
aprendolo e trafficando un po’
all’interno per trovare qualcosa di più pesante
per uscire, visto che sentiva
stranamente freddo. Al contrario di Cartman, che invece sembrava avesse
incredibilmente caldo.
<
Però ti avviso che sono al verde, quindi dovrai attingere
alla borsa che porti
al collo e offrire la cena anche a me! >.
Kyle,
che si stava quasi cullando in quel silenzio armonioso che si era
venuto a creare,
rimase letteralmente fulminato da quelle parole.
< Dannato culone avaro! Non pensarci nemmeno! > urlò, facendo capolino da dietro l’anta dell’armadio, avendo giusto il tempo di vedere l’altro guardarlo con un sorriso furbetto e poi uscire in fretta dalla stanza, come se ormai fosse già stato tutto deciso. Afferrò il primo giaccone pesante a portata di mano e, senza neppure chiudere l’armadio, cercò di rincorrerlo, urlando che non doveva proprio sperare di vedersi offrire nulla più di un bicchiere d’acqua e cose del genere, ma con qualche parolaccia in più. Tuttavia, giusto per essere sicuri, ebbe premura di mettersi comunque una mano sul petto, tranquillizzandosi una volta sicuro che la borsa coi soldi che, effettivamente, aveva l’abitudine di portarsi sempre al collo, fosse abbastanza piena.
________________________________________
Note dell'autrice
Ad aggiornare prima proprio non ci sono riuscita XD
Che dire su questa one-shot? Niente, se non che non ha nulla di particolare. Avevo altre idee per la testa ma al contempo avevo pensato che a qualcuna delle gentili donzelle che ha il coraggio di leggere le mie storie fosse venuta l'idea di voler leggere come è cominciato il tutto, come avevo programmato che Kyle e Eric si mettessero insieme. In realtà anche io ero curiosa di saperlo, e il risultato è stato questo. Non poteva uscirmi nulla di più stupido e di estremamente meno introspettivo XD
C'è da dire che questa volta ho riletto la storia meno volte del solito prima di postarla, quindi se ci fossero degli errori sarò grata a chi me li vorrà segnalare. Ah, anche a chi mi dicesse perché ha trovato questa storia, magari, una vera cagata.
Prego il gentile pubblico di inQuinarsi di fronte alla canzone il cui titolo ha avuto il dicutibile piacere di divenire anche quello di questa one-shot, ovvero "I wanna be your boyfriend" dei grandi, immensi Ramones. Sono andata a scomodare persino loro, pensate un po'.
Per quanto riguarda la quarta strofa di Opposites Attract, ecco l'arronzata traduzione:
Io ho i soldi
e tu sei sempre al verde
A me non piacciono le sigarette
e a te piace fumare
Di cose in comune
non ce n'è neppure una
Ma quando stiamo insieme
non facciamo altro che divertirci
Boh, direi con questo è tutto. Ringrazio, senza tuttavia poter rispondere per mancanza di tempo, chi legge e chi commenterà, chi ha trovato due minuti di tempo per commentare la precedente one-shot, chi ha messo la raccolta tra i preferiti o tra i seguiti.
Buone feste a tutti :)
WindGoddess